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Commercio estero e struttura economica

XXVI. Stabilimenti dei settori metalmeccanico, chimico e cartario. Indici

1. Commercio estero e struttura economica

Più di una volta è stato detto che i meccanismi del commercio estero sono gli agenti attraverso i quali vengono trasmesse alle singole economie meno sviluppate le necessità delle economie più sviluppate. D ’altra parte, l’analisi di questi meccanismi ci sembra della massima importanza per comprendere il peculiare sviluppo dell’attività industriale cilena; infatti, poiché all’interno dell’economia nazionale non era intervenuta nessuna modificazione strutturale profonda, il mercato sul quale poteva contare la produzione di beni industriali poteva espandersi soltanto nella misura in cui una serie di beni, prima importati, fossero sostituiti da altri beni prodotti in loco. A ciò si deve aggiungere il fatto che, data l’incidenza del commercio d’esportazione sul reddito nazionale, qualsiasi modificazione della domanda poteva provocare delle serie conseguenze sulla struttura produttiva nazionale.

A partire dalla seconda metà del secolo xvm , il Cile s’inserisce nella struttura del commercio internazionale quale produttore — e quindi

esportatore — di materie prime, e quale compratore — e quindi importa­ tore — di beni di consumo durevoli, non durevoli e di capitale. Questo inserimento fu reso possibile dalla peculiare conformazione che acquista la struttura economica del paese fra il 1750 e il 1830, che — in un altro studio — abbiamo definito tendenzialmente coloniale in contrapposizione a quella caratteristica struttura economica, propria dei paesi dell’Europa occidentale, che è tendenzialmente capitalista 1.

L’evoluzione del commercio estero inglese può essere un buon indi­ catore delle modificazioni che avvengono a livello mondiale fra il 1840 e il 1920 e che hanno delle ripercussioni a livello cileno. Infatti più del 50% del commercio estero cileno si effettua con l’Inghilterra 2.

Se osserviamo le importazioni inglesi, notiamo che i loro tassi di in­ cremento annui sono del 4,396 fra il 1845-49 e il 1870-74; dell’196 fra il 1870-74 e il 1895-99 e del 4,696 fra il 1895-99 e il 1915-19, mentre le esportazioni cilene conoscono per gli stessi periodi i tassi annui se­ guenti: 4,796; 2,496 e 5,396. Per quanto riguarda le esportazioni inglesi, queste hanno i tassi seguenti: 7,4; 0,6 e 5,396 per i periodi citati, mentre le importazioni cilene conoscono i seguenti tassi: 4,996; 2,596 e 3,696 rispettivamente3.

Questi tassi d ’incremento sono suscettibili di due tipi di raffronto: si possono confrontare i tassi relativi alle importazioni cilene con quelli relativi alle esportazioni cilene, oppure si possono confrontare quelli rela­ tivi alle esportazioni inglesi con quelli relativi alle importazioni cilene e viceversa.

Se confrontiamo i tassi d’incremento che conoscono le importazioni e le esportazioni cilene, notiamo che essi sono assai simili per il periodo compreso tra il 1845-49 e il 1870-74 e per il periodo compreso tra il 1870-74 e il 1895-99, mentre nell’ultimo periodo (tra il 1895-99 e il 1915-19) il tasso annuo delle importazioni è inferiore a quello delle esportazioni, fatto questo che ci sembra della massima importanza e che esamineremo più avanti.

Se confrontiamo i tassi d ’incremento cileni con quelli inglesi notiamo che per le importazioni inglesi e le esportazioni cilene si delinea una

1. Cfr. M. Carmagnani, formazione di un mercato coloniale: Cile, 1680-1830, « Rivista Storica Italiana », 1969, n. 3, pp. 480-500.

2. Cfr. D. Martner, Politica Comercial e Historia Econòmica Nacional, San­

tiago, 1923, voi. II, pp. 338, 392, 433, 475, 515, 541, 582, 605 e 655.

3. I tassi inglesi sono stati calcolati sulla base dei dati forniti da W. Schlote, British Overseas Trade, Oxford, 1952, pp. 156-160. Per i tassi cileni, cfr. Appen­ dici XI e XII, pp. 186-190.

tendenza simile, così come per le esportazioni inglesi confrontate con le importazioni cilene.

Questa rapida analisi ci permette di constatare che il commercio estero cileno, sebbene conosca dei tassi diversi da quelli inglesi, presenta un’evo­ luzione tendenzialmente simile a quella inglese. Questo potrebbe signifi­ care che quella parte del reddito nazionale che proviene dal commercio estero, è dipendente dal commercio estero inglese, e quindi dalla doman­ da inglese quale indicatore della domanda mondiale.

Questa dipendenza avrà indubbiamente una forte incidenza sulla strut­ tura economica del paese dato che — come ha mostrato Bauer per quanto riguarda la principale esportazione agricola cilena (il grano) — le espor­ tazioni conoscono un incremento assai più rapido di quello del consumo interno, che presenta invece un ritmo stagnante4. Si potrebbe quindi pensare che il reddito nazionale cileno sia condizionato, in misura sempre maggiore, dal commercio estero.

Ma, per riuscire a comprendere meglio la dipendenza del commercio estero cileno da quello inglese, occorrerebbe in primo luogo conoscere con una certa precisione quale era l’incidenza delle importazioni e delle espor­ tazioni cilene, a livello globale e settoriale, sulle importazioni e le esporta­ zioni inglesi. A questo riguardo sappiamo soltanto che fra il 1850 e il 1915 le importazioni inglesi dall’America del Sud non superarono mai il 12% del totale importato e le esportazioni verso questo sottocontinente non superarono mai il 15% 5. Da questo si potrebbe dedurre che in nessun caso il peso relativo del commercio estero cileno sul commercio estero inglese superò il 5 % del totale, mentre sappiamo — come abbiamo accennato prima — che il commercio estero del Cile coll’Inghilterra giunge a superare il 50% del valore totale del commercio estero cileno.

Sono appunto queste diverse proporzioni che ci aiutano a compren­ dere perché è possibile parlare della dipendenza del commercio estero cileno da quello inglese, dipendenza che essendo connessa alla potenza economica dell’Inghilterra riusciva a generare una serie di meccanismi indiretti di dominazione. Mentre qualsiasi variazione nell’offerta e nella domanda inglese poteva essere per il Cile la causa determinante di una crisi economica, una variazione nell’offerta e nella domanda cilena, non avendo che una minuscola incidenza sul commercio estero inglese, finiva per non incidere sulla vita economica dell’Inghilterra.

Il rapporto fra l’Inghilterra e il Cile è quindi di natura asimmetrica, un tipo di legame, cioè, per mezzo del quale tutti o quasi tutti i vantaggi

4. Cfr. A. J. Bauer, op. cit., p. 12. 5. Cfr. W. Schlote, op. cit., pp. 156-160.

finiscono col toccare al paese più sviluppato economicamente, ossia — in questo caso — all’Inghilterra. Concludere che l’asimmetria di que­ sto rapporto sia essenzialmente dovuta al fatto che l’offerta dei beni pri­ mari — prodotti dal Cile — è più elastica dell’offerta dei beni indu­ striali — prodotti dall’Inghilterra — e che perciò la produzione dei beni industriali è sviluppante mentre la produzione dei beni primari è sotto­ sviluppante, è alquanto arbitrario, perché in questo modo non solo non si tiene conto delle caratteristiche strutturali dei paesi produttori di que­ sti beni, ma si corre il rischio di dimenticare completamente l’elemento rappresentato dalla potenza economica relativa dei diversi paesi, inten­ dendo in questo caso per potenza economica relativa il diverso rapporto dei fattori che stanno alla base delle produzioni nelle quali tende a spe­ cializzarsi un determinato paese.

Dalle osservazioni dei grafici riguardanti il commercio estero, vediamo che fra il 1844 e il 1920 si distinguono tre tendenze; la prima, che copre il periodo tra il 1845-49 e il 1870-74, è caratterizzata dall’espansione del commercio d ’importazione e d ’esportazione; la seconda, che copre il pe­ riodo tra il 1870-74 e il 1895-99, è caratterizzata dal ristagno delle espor­ tazioni e delle importazioni; e la terza, che copre il periodo tra il 1895- 1899 e il 1915-19, è caratterizzata dall’espansione delle importazioni ma soprattutto dalla espansione delle esportazioni.