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Tassi annui d’incremento del commercio estero *

XXVI. Stabilimenti dei settori metalmeccanico, chimico e cartario. Indici

1. Tassi annui d’incremento del commercio estero *

Anni

Esportazioni Importazioni

Agr. Min. Totali Min. Agr. Ind. al. Vini Tabac. Tessili Chim. Mecc. Capit. Totale

1845-49 \ 1870-74 J 8,4 4,2 4,7 8,7 1,2 5,5 7,2 1,5 3,9 7,2 5,5 11,7 4,9 1870-74 ! 1895-99 J 2,2 2,8 2,4 4,8 4,4 -0 ,1 -1 ,3 - 4 ,6 1,9 8,5 6,3 5,3 2,5 1895-99 ì 6 6 5,3 5,3 2,7 3,2 1,9 2,7 3,7 4,8 3,8 6,8 3,6 1915-19 /

a) Il periodo compreso fra il 1845-49 e il 1870-74.

Le importazioni e le esportazioni in questo periodo hanno tassi di incremento annui assai simili: 4,7% e 4,9% . Per quanto riguarda le esportazioni, quelle agricole hanno un tasso d ’incremento doppio di quelle

minerarie, il che ci indica che i beni che assicurano lo sviluppo del commercio estero d ’esportazione sono quelli agricoli '. Va detto inoltre che all’inizio del periodo, verso il 1845-49, le esportazioni agricole rap­ presentano appena un terzo del valore della produzione mineraria.

Una serie di elementi, quali l’apertura dei nuovi mercati di California e Australia, prima, e di quello inglese, poi, ci spiegano — insieme all’esi­ stenza di grandi unità agricole suscettibili d ’intensificare la loro produ­ zione — il rapido sviluppo delle esportazioni agricole.

Verso il 1840-45 le esportazioni agricole rappresentano il 14% del valore globale, e quelle minerarie il 54% . Verso il 1860, le prime rap­ presentano il 20% e le seconde il 70% ; verso il 1870, le percentuali sono del 30% per le esportazioni agricole e del 60% per le esportazioni mine­ rarie. Possiamo quindi dire che in questo periodo le esportazioni agricole — e di conseguenza la struttura produttiva agricola — conoscono un’e­ spansione che porta a raddoppiare il loro peso relativo sul valore totale delle esportazioni.

L’espansione delle esportazioni agricole è dovuta in sostanza ad un solo prodotto: il grano, il quale dalla fine del secolo xv u sino al decen­ nio del 1840 aveva un unico mercato estero, quello peruviano. Poi la scoperta dell’oro in California e nell’Australia incoraggiò la coltivazione e l’esportazione di questo bene, perché le due zone avevano bisogno di essere rifornite di grano, e il Cile ne era l’unico produttore nella zona del Pacifico. Questi due mercati ebbero però una brevissima durata: il mas­ simo delle esportazioni verso la California si concentra fra il 1850 e il 1853, con una media esportata di 180.000 qq. M. di grano e 150.000 qq. M. di farina, ma già nel 1855 le esportazioni verso la California non superavano i 15.000 qq. M. di grano e i 12.000 qq. M. di farina. Quando sopravvenne il ristagno in questo mercato, ci fu la scoperta dell’oro in Australia, ma anche il mercato australiano fu un mercato transitorio: il massimo delle esportazioni si raggiunse fra il 1854 e il 1856, poi ci fu una notevole diminuzione s.

L’avventura californiana e australiana del grano cileno e la capacità di adeguarsi a necessità così mutevoli, mostrata dalla struttura agraria, ci indicano che la struttura produttiva era già precedentemente modellata su uno schema di rapida espansione e di altrettanto rapida contrazione. I meccanismi che permettono alla struttura produttiva di adeguarsi così facilmente consistono, come nel secolo xvm , nell’imputazione di mag- 7 8

7. Cfr. grafico 3, p. 217.

8. Cfr. A. J. Bauer, op. cit., pp. 19-23; S. Sepulveda, El Erigo Chileno en el Mercado Mundial, Santiago, 1959, pp. 44-48.

giore quantità di lavoro fisico a basso costo e nell’aumento della super­ ficie coltivata con metodo estensivo. Questi meccanismi rimangono im­ mutati per buona parte del secolo xix: sappiamo infatti che per aumentare la produzione del grano furono messi a cultura 65.000 nuovi ettari di terreno 9.

Ma quella che abbiamo chiamata l’avventura del grano — in contrap­ posizione alla definizione di sviluppo del grano — non finì con la fine del mercato australiano verso il 1855 e col successivo periodo di contra­ zione che incidette sul totale delle esportazioni provocando un ristagno 10. L’espansione delle esportazioni agricole riprese verso il 1863-65, con l’in­ serimento del grano cileno nella domanda di questo bene da parte in­ glese, domanda risultante, in parte, dalla fine del protezionismo in materia agricola e dalla libertà d ’importazione dei beni agricoli in Inghilterra 11. Infatti, l’apparizione della nuova domanda inglese si traduce — a livello delle esportazioni agricole cilene — in un forte incremento quasi ininter­ rotto fino al 1875 12. Sul mercato inglese, l’indice del prezzo del grano (base 100 nel 1880-85) fluttua nel periodo 1856-80 fra 100 e 130, ten­ denza questa che ritroviamo anche nell’indice del prezzo del grano a Santiago e che testimonia la dipendenza della produzione — e quindi dell’esportazione — del grano dalla domanda inglese, la quale assorbiva da sola più del 50% delle esportazioni del grano dal Cile 13.

L ’inserimento delle esportazioni agricole cilene — e specialmente del grano — nel mercato inglese è stato di recente analizzato accuratamente da Bauer, il quale insiste particolarmente sul fatto che queste esportazioni furono rese possibili dagli alti prezzi imperanti sul mercato di Londra, ma soprattutto dalla riduzione di quasi un quarto, dopo il 1860, del costo del trasporto marittimo del grano, che accrebbe di conseguenza la competitività del grano cileno e il reddito fondiario cileno 14. Gli effetti sulla struttura produttiva agricola, però, non si videro: i rendimenti agri­ coli — che potrebbero essere degl’indicatori dell’incremento o del decre­ mento della produttività — sembrano essere diminuiti in questo periodo,

9. Cfr. A. J. Bauer, op. cit., p. 23.

10. Cfr. grafico 3, p. 217.

11. Le importazioni inglesi di grano e di farina raddopiano fra il 1845-1849 e il 1870-1874; infatti, il valore aumenta da 20,6 a 46,1 milioni di lire sterline, cfr. B. R. Mitchelle P. Deane, Abstract of British Historical Statistics, Cambridge, 1962, p. 298.

12. Cfr. grafico 3, p. 217.

13. Cfr. grafico 5, p. 222; S. Sepulveda, op. cit., pp. 63-64; A. J. Bauer, op. cit., pp. 29-35 e 45-48.

il che confermerebbe — in certo qual senso — l’ipotesi che l’aumento della produzione sia avvenuto specialmente grazie alla maggiore imputa­ zione di unità di terra e di unità di lavoro fìsico 1o.

Per quanto riguarda le esportazioni minerarie, notiamo che fino al 1860 esse conoscono un forte aumento (inferiore però a quello che regi­ strano le esportazioni agricole), al quale succede una fase di ristagno fino al 1880 16. Fino al 1860, la produzione mineraria e quindi l’esportazione, sono sostanzialmente le stesse che prima del 1840, ossia sono basate su tre produzioni: oro, argento e rame, notandosi però in questo primo ventennio una notevole riduzione della produzione aurifera, una triplica­ zione di quella dell’argento e una quintuplicazione di quella del rame, il quale aumenta da 6.400 a 21.000 tonnellate 17 18. Lo sviluppo di queste produzioni è dovuto essenzialmente alla forte domanda a livello interna­ zionale, di cui un utile indicatore sono i prezzi inglesi. Verso il 1860 l’in­ dice del prezzo del rame a Londra — con base 100 nel 1880-85 — era di 155 e quello dell’argento di 120 1S.

La situazione incomincia a modificarsi dopo il 1860, momento in cui si inizia il ristagno delle esportazioni di questi beni. L’indice di produ­ zione dell’argento si mantiene sull’80, mentre quello della produzione del rame mostra un leggero aumento, superando il 110 verso la fine di questo periodo. Questa evoluzione della produzione mineraria è associata al ristagno dei prezzi, che colpisce non solo l’argento, ma anche il rame. Al ristagno succede, dopo il 1875, un notevole crollo dei prezzi di questi beni sul mercato di Londra.

Il crollo del prezzo dell’argento provoca una riduzione delle esporta­ zioni cilene di questo bene; questa situazione però non si ripercuote sul­ l’esportazione globale di prodotti minerari, la quale tende ad aumentare poiché la domanda internazionale del rame continua a essere sostenuta, tonificando le esportazioni minerarie 19.

L ’inserimento delle produzioni cilene nel mercato internazionale, con il conseguente aumento del reddito nazionale, non si può adeguatamente spiegare soltanto attraverso le esportazioni. È vero che la peculiare strut­ tura economica lasciata in eredità dal secolo precedente rendeva il paese

15. Cfr. Anuario Estadístico de la Reptíblica de Chile, 1872-1880. 16. Cfr. grafico 3, p. 217.

17. Cfr. grafico 6, p. 223. 18. Cfr. grafico 5, p. 222.

19. Le importazioni inglesi di rame non superano le 50.000 tonellate annue nel decennio 1840-1849. Un forte incremento delle importazioni di rame si verifica solamente dopo il 1856 e nel periodo 1865-1869 esse superano le 100.000 tonellate annue, cfr. B. R. Mitchell, P. Deane, op. cìt., p. 166.

incapace di produrre altri beni che non fossero quelli che potevano as­ sorbire paesi con una struttura economica più sviluppata. Ma il tasso d’incremento delle esportazioni — vedi tabella I — è identico a quello delle importazioni, il che significa che, per assicurare al paese un forte incremento delle prime — rendendo possibile un incremento del reddito nazionale — , era indispensabile che ci fosse anche un forte incremento delle seconde. L ’incremento delle esportazioni non era quindi scindibile da un incremento simile delle importazioni; tu tt’al più si poteva cercare di fare in modo che il valore di queste fosse inferiore al valore di quelle.

Se osserviamo l’incremento dei diversi settori delle importazioni, no­ tiamo dei forti tassi non solo nelle importazioni dei beni di capitale e meccanici, che rispondono in gran misura alla necessità d ’adeguare la struttura produttiva per potere rispondere all’accresciuta domanda estera, ma anche nelle importazioni di beni quali gli alimenti conservati, i vini e le materie prime minerarie, fra cui al primo posto il carbone e il ferro 20. Troviamo quindi che i paesi ad economia dominante — come l’Inghilter­ ra — riescono non solo ad esportare beni che contengono alta intensità di capitale, ma anche beni primari, la cui esportazione è la naturale con­ seguenza dell’esportazione dei primi. Infatti le locomotive costruite in Inghilterra, per esempio, erano state concepite per bruciare carbone in­ glese, avente un determinato contenuto calorico, e non carbone cileno con un contenuto calorico diverso.

Se osserviamo i grafici relativi al commercio estero, notiamo in primo luogo che l’evoluzione dell’importazione globale coincide quasi esatta­ mente con l’evoluzione delle importazioni dei tessili, i quali fra il 1845 e il 1875 rappresentano più della metà del valore totale delle im­ portazioni 21.

Un livello superiore a quello globale conosce l’importazione di beni quali il tabacco, gli alimenti conservati e i beni di capitale. La percen­ tuale di questi tre tipi di beni sul totale delle importazioni è la seguente: il tabacco mostra una riduzione dal 14 al 4 % , gli alimenti conservati

20. Le esportazioni inglesi di carbone aumentano da 1 a 7 milioni di sterline annue fra il 1840 e il 1870; quelle di ferro e acciaio aumentano nello stesso periodo da 3,5 a 25 milioni di sterline annue: ibidem, pp. 303-304. Le importazioni cilene di prodotti minerari aumentano nello stesso periodo da 1 a 25 milioni di pesos di 6 d. (0,4 e 2 milioni di sterline rispettivamente): cfr. Appendici IX, pp. 181-183.

21. Cfr. grafico 4 c, p. 220. Le esportazioni inglesi di tessili conoscono un tasso d’incremento annuo del 3% fra il 1845-1849 e il 1870-1874, mentre le importazioni cilene di questo bene hanno un tasso lievemente superiore, 3,9% annuo; cfr. B. R. Mitchell, P. Deane, op. cit., pp. 303-304.

aumentano dal 19 al 25% , mentre i beni di capitale aumentano soltanto dall’ 1 al 3% .

Per quanto riguarda l’evoluzione dei beni importati che conoscono un livello inferiore a quello delle importazioni globali, notiamo che in que­ sta situazione si trovano beni come i meccanici, i chimici, gli agricoli, i minerari e vini e liquori, la cui percentuale sul valore globale è la se­ guente: aumento dallo 0,6 all’1,2% per i beni meccanici, stagnazione sul 3% per i beni chimici, aumento dal 2 al 3% per i beni minerari, au­ mento dall’ 1 al 7% per i beni agricoli e aumento dal 4 al 5% per i vini e liquori.

Se osserviamo attentamente l’importanza relativa di ognuno di questi beni, notiamo che quelli che rappresentano nell’insieme la più grossa fetta delle importazioni sono i beni di consumo, mentre un’importanza margi­ nale hanno i beni di consumo durevoli e di capitale. Si è colpiti poi dal fatto che, mentre le importazioni di beni di consumo aumentano nel corso di questo periodo, le importazioni di beni di consumo durevole e di ca­ pitale sono quasi stagnanti.

A questo punto è logico pensare che in questo periodo — che coin­ cide con quello che, a livello del pensiero e della politica economica, ab­ biamo definito nel capitolo precedente liberista — non si siano create le condizioni necessarie a uno sviluppo qualitativamente diverso da quello che era avvenuto nel secolo precedente, sviluppo basato sull’esportazione di due o tre beni e sull’importazione di tutto quanto era necessario al paese. Il passaggio dalla politica esclusivista della corona spagnola al libe­ ralismo della repubblica indipendente non ha dato quindi, a livello econo­ mico, risultati molto diversi. Nel 1800 come nel 1870, il paese continua­ va ad importare essenzialmente lo stesso tipo di beni, con la differenza, non quantitativa ma qualitativa, che nel 1870 importava anche una per­ centuale ridotta di beni di consumo durevole e di beni di capitale.

L’innovazione rappresentata dall’importazione di beni di capitale e di consumo durevole non ebbe degli effetti positivi sull’economia globale, perché non corrispondeva alle necessità di quest’ultima bensì alla struttura del commercio internazionale che, richiedendo maggiori quantitativi di materie prime a prezzi decrescenti, costringeva la struttura economica cilena ad accettare questo nuovo tipo di beni, per adeguarsi ai livelli com­ petitivi internazionali.

Il singolo bene più largamente importato è sempre rappresentato dai tessili, fatto questo che ci conferma — ancora una volta — la correla­ zione positiva fra esportazioni inglesi e importazioni cilene, nel senso che, essendo i tessili il principale settore della produzione industriale inglese, data l’esistenza del rapporto asimmetrico negli scambi fra

l’In-ghilterra e il Cile, essi finivano coll’essere anche il più importante settore d’importazione cileno 22.

b) Il periodo compreso fra il 1870-74 e il 1895-99.

Se torniamo ad osservare i tassi d ’incremento del commercio estero (tabella I), notiamo che in questo periodo si produce un rallentamento del tasso d ’espansione, sia a livello delle importazioni che a livello delle esportazioni. I tassi d ’incremento sono la metà di quelli riscontrati nel periodo precedente. Questa riduzione intacca tanto i settori d’esporta­ zione più importanti — agricolo e minerario — , quanto quasi tutti i settori d ’importazione, tranne quelli chimici e meccanici.

Nei grafici 1 e 2 notiamo inoltre una tendenza — che incomincia prima del 1890 — , secondo la quale le esportazioni hanno un livello in­ feriore alle importazioni ed accusano, inoltre, un maggiore ristagno.

Durante questo periodo, che coincide con quello che a livello dell’eco­ nomia internazionale è stato denominato la « grande repressione », le esportazioni cilene sembrano essere state duramente colpite, il che servì sostanzialmente a consolidare la struttura del commercio internazionale, come si può vedere attraverso il caso inglese. Infatti, dopo il 1875 la prò-, porzione dei tre principali gruppi di beni importati dall’Inghilterra — ali­ mentari, materie prime e prodotti industriali — mostra la tendenza a mantenersi sulle posizioni raggiunte verso il 1875, senza che la prima guerra mondiale apporti modificazioni sostanziali23 24.

A livello delle esportazioni cilene, notiamo una forte riduzione delle esportazioni agricole, la cui proporzione sul valore globale esportato di­ minuisce dal 30 all’11% , mentre, la proporzione dei beni minerari espor­ tati aumenta dal 70 all’84% . Come conseguenza dell’incremento di queste esportazioni, la struttura produttiva cilena si definisce sempre più come mineraria.

La riduzione delle esportazioni agricole è dovuta sostanzialmente alla riduzione delle esportazioni di grano, le quali fra il 1870-1874 e il 1895- 1899 scendono da 1,5 milioni a 0,8 milioni di quintali metrici, ossia quasi si dimezzano 21. Questa riduzione — che coincide con l’entrata in crisi, dopo il 1880, di tutta la struttura produttiva agricola — sembra

22. Le percentuali della produzione tessile inglese esportata, e in special modo di quella cotoniera, aumentano costantemente fra il 1830 e il 1880; cfr. W. G.

Hoffmann, British Industry, New York, 1955, p. 84.

23. La percentuale del valore delle materie prime sul totale delle importazioni inglesi fluttua fra il 40 e il 45% fra il 1875 e il 1891 e fra il 35 e il 40% nel periodo 1891-1938; cfr. W. Schlote, op. cit., pp. 53-54.

essere determinata — come sostiene giustamente Bauer — dall’immis­ sione sul mercato mondiale della produzione del grano americano, austra­ liano, russo e più tardi argentino, che provocò un crollo del prezzo del grano sul mercato inglese 25.

Finiva così la terza e ultima avventura del grano cileno, che non era più in grado di concorrere sul mercato internazionale; la struttura produt­ tiva fu quindi costretta, ancora una volta, a rimodellarsi adeguandosi alle condizioni del mercato interno. Questa brusca contrazione acuì le gravi deficienze già riscontrate nel periodo precedente, e di cui i rendimenti agricoli stagnanti, il calo della produzione del grano, del mais e del patrimonio zootecnico fra il 1880 e il 1892, sono gli indizi di cui finora disponiamo; soltanto prodotti come la lana — destinata all’esportazio­ ne — conoscono un certo incremento26.

In questo periodo le contraddizioni preesistenti nel mondo rurale, pur senza esplodere, si fecero sempre più evidenti. La pauperizzazione della massa dei servi — contadini, dei piccoli proprietari e il controllo che esercitava su di loro Yhacendado per mezzo di meccanismi quali l’inesistenza di veri e propri salari, o il controllo degli acquisti attraverso la bottega del latifondo, aggravarono ulteriormente le condizioni di vita e diedero origine all’esodo delle masse agrarie27.

Contemporaneamente, dopo diciotto anni di ristagno, le esportazioni minerarie ricominciano a espandersi, controbilanciando così il calo delle esportazioni agricole. Queste esportazioni hanno però un’evoluzione par­ ticolare; fra il 1878 e il 1883 il loro livello di partenza si triplica, ma una volta raggiunto questo nuovo livello, esse tornano a ristagnare sino alla fine di questo periodo. La spiegazione di questo brusco aumento va ricercata non solo nella domanda internazionale di questi beni, ma anche nel fatto che in seguito alla vittoria nella guerra contro la Bolivia e il Perù, il Cile si annesse le regioni produttrici di salnitro, le attuali provin- cie di Atacama, Antofagasta e Tarapacà. Quindi la produzione di salnitro di questi territori divenne tutto ad un tratto cilena.

La triplicazione delle esportazioni minerarie è quindi determinata dal salnitro, più che dall’evoluzione positiva delle altre produzioni. In­ fatti notiamo che la produzione di rame, stagnante fino al 1880, nel de­ cennio seguente accusa una forte diminuzione e soltanto dopo il 1900

25. Cfr. A. J. Bauer, op. cit., pp. 58-60.

26. Cfr. S. Hernández, La Producción Agropecuaria entre 1880 y 1920 cit.,

passim. Non ci risulta che questo importante studio sia stato sinora pubblicato; l’autrice è ricercatrice presso il Centro de Estudios Socio-Económicos dell’Univer­ sità del Cile.

27. Cfr. A. J. Bauer, op. cit., pp. 121-126.

9-riacquisterà il livello precedente alla grande recessione 28 ; la produzione di argento rimane sostanzialmente la stessa degli anni ’80, e la produ­ zione d’oro registra un debole aumento. L’unica produzione mineraria che segna un aumento costante è quella del salnitro, che servì quindi a sostenere ed incrementare il livello delle esportazioni e a compensare la stagnazione o la riduzione delle altre produzioni minerarie.

Alla base della recessione della produzione del rame e dell’argento e dell’aumento di quella del salnitro si trovano le condizioni del mercato internazionale di questi prodotti. Se osserviamo l’evoluzione dei prezzi di questi beni sul mercato londinese, notiamo che tutti e tre i prodotti conoscono, dal 1880 e sino al 1900, una tendenza alla contrazione29.

Una divergenza fra l’evoluzione dei prezzi internazionali e l’evolu­ zione della produzione è dunque osservabile per il salnitro. Questo pro­ dotto aveva allora un largo uso, sia per la fabbricazione della polvere da sparo, sia come fertilizzante agricolo, e la sua domanda era notevol­ mente cresciuta in seguito al rinnovato sviluppo dell’agricoltura nell’E u­ ropa occidentale. Ma, dato che il prezzo del salnitro tendeva alla ridu­ zione, la sua produzione, che costituiva la principale voce del reddito nazionale derivante dal commercio estero, tendeva ad incrementarsi in proporzione inversa al prezzo, affinché il livello del reddito nazionale non subisse una contrazione.

La grande depressione europea — che coincide con il terzo movimento Kondratieff — aveva messo in luce tutta la debolezza della struttura pro­ duttiva del Cile e aveva alterato il fragile equilibrio economico raggiunto nei periodi precedenti. Non è quindi per caso che in questo periodo il pensiero che noi abbiamo definito protezionista cercò d ’incoraggiare lo sviluppo di nuovi settori produttivi atti — come l’industria e l’artigia- nato — a incrementare il reddito nazionale, compensando il ristagno del valore delle esportazioni.

Anche a livello delle importazioni si nota un ristagno. Poiché il livello delle importazioni era legato al livello delle esportazioni, essendoci un ristagno nel valore delle importazioni inglesi, che si riflette quindi nelle esportazioni cilene, era inevitabile che si producesse un ristagno simile anche a livello delle esportazioni inglesi, che si riflette nelle importazioni