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Gli squilibri derivanti dalla struttura di dominazione

XXVI. Stabilimenti dei settori metalmeccanico, chimico e cartario. Indici

3. Gli squilibri derivanti dalla struttura di dominazione

Il progressivo deterioramento della bilancia dei pagamenti cilena che, stando ai nostri indicatori, sembra iniziarsi contemporaneamente alla grande recessione — ossia dopo il 1873 — , contribuì ad accentuare ul­ teriormente la dominazione economica e di conseguenza a rompere il fra­ gile equilibrio precedente, caratterizzato sostanzialmente da un pareggio a livello della bilancia dei pagamenti, dovuto al fatto che il valore delle esportazioni era superiore a quello delle importazioni, coprendo così il pagamento del trasporto, l’acquisto di navi, il pagamento delle assicura­ zioni, le commissioni bancarie, ecc.

Se questo equilibrio venne meno verso il 1873, fu in gran parte a causa di circostanze internazionali, quali la comparsa di nuovi paesi indu­ striali in posizione competitiva con l’Inghilterra che, per conservare la sua egemonia, dovette sviluppare nuovi meccanismi di dominazione, i più importanti dei quali sono il suo progressivo ma relativo abbandono della produzione e della esportazione dei beni di consumo non durevoli, lo sviluppo, invece, della produzione di beni di consumo durevoli e di capitale, l’ulteriore incremento degli investimenti diretti e dei prestiti all’estero, capaci — come sostiene Hobson — di far aumentare il red­ dito nazionale inglese.

Il riassetto della struttura del commercio internazionale, che si operò nel periodo della grande recessione, implicava per i paesi con un minore grado di sviluppo — come il Cile — un riassetto della struttura econo­ mica, al fine di contrastare questa rinnovata struttura di dominazione, o per lo meno di trarne qualche vantaggio.

Abbiamo visto precedentemente come, dopo la grande depressione, la struttura produttiva prima centrata sull’esportazione di beni agricoli — il grano — e di beni minerari, diventa una struttura produttiva non solo centrata sostanzialmente sull’esportazione di beni minerari, ma più con­ cretamente sull’esportazione di un singolo bene: il salnitro. Quindi uno dei settori più dinamici dell’economia cilena, il commercio estero d ’espor­ tazione, era riuscito ad adeguarsi alla modificazione avvenuta a livello internazionale. Ma questo adeguamento comportò un notevole sforzo, dato che si dovettero mobilitare risorse statali e non statali, provenienti sia dai crediti statali di provenienza inglese, sia dagli investimenti diretti provenienti anch’essi dall’Inghilterra. Questa mobilitazione delle risorse si tradusse in un ulteriore aggravamento del divario precedentemente esistente a livello dello sviluppo regionale e a livello dello sviluppo città- campagna.

Converrà, a questo punto, cercare di stabilire sulla base degli elementi di cui disponiamo in che modo il cambiamento strutturale prima men­ zionato alterò il fragile equilibrio preesistente.

Nel paragrafo precedente abbiamo mostrato che il centro da cui par­ tono gli elementi che rompono l’equilibrio esistente è l’aggravamento del deficit della bilancia dei pagamenti e che uno di tali elementi è l’emigra­ zione dei capitali, dovuta in gran misura ai prestiti contratti dal governo e agli investimenti diretti inglesi. Il segno più evidente dell’avvenuto squilibrio è il progressivo calo del valore della moneta in rapporto alla moneta dominante. Infatti il peso cileno, il cui valore rimase inalterato sino al 1872-1873, era quotato a Londra a 44-45 d. Dopo questa data si inizia quella che è stata definita l’inflazione monetaria: verso il 1880 il valore del peso era diminuito a 33-35 d., poi a 20-24 d. verso il 1890, a 15-16 d. verso il 1900 e a 10 d. verso il 1910; in un periodo di 47 anni il peso cileno si era dunque deprezzato di quasi il 70% 79.

Se pensiamo che sino al 1914 non solo l’Inghilterra ma anche gli altri paesi dell’Europa Occidentale fruiscono di una notevole stabilità moneta­ ria, vediamo anche a questo livello una divergenza fra l’evoluzione cilena e quella inglese.

La prima spiegazione di questo fenomeno d ’inflazione monetaria fu tentata da Fetter, il quale sostenne che si trattava di un fenomeno di ordine politico: la classe politicamente dominante — i proprietari fon­ diari — , avendo delle forti ipoteche sulle loro terre, avrebbero favorito la svalutazione come meccanismo per ridurre i loro debiti; questa tesi era abbastanza diffusa nella pubblicistica d’allora 80.

Una spiegazione che prende in considerazione anche la struttura eco­ nomica globale è quella data da Pinto Santa Cruz e Hirschmann prima, e da Sunkel poi, in termini sostanzialmente simili: il deterioramento del segno monetario dipese non soltanto dalla pressione della classe politica, ma anche dalla instabilità del livello delle esportazioni e dalla mancata esistenza di una politica monetaria governativa 81.

79. Cfr. G. Subercaseaux, El Sistema Monetario, Santiago, 1921, pp. 347-349.

80. Cfr. F. W. Fetter, Inflación Monetaria, Santiago, 1935, p. vii. Non molto

diversa è l’interpretazione di T. E. Davis, Eight Decades of Inflation in Chile, 1879-1959, « T he Journal of Political Economy», 1963, n. 4, pp. 389-397. Per un’ottima rassegna della polemica fra i sostenitori del regime aureo (oreros) e i so­ stenitori della carta moneta (papeleros), cfr. A. O. Hirschman, op. cit., pp. 226-235.

81. Cfr. A. Pinto Santa Cruz, op. cit., pp. 58-63 e 93-102; A. O. Hirschman, op. cit., pp. 230-235; O. Sunkel, La Inflación Chilena, in Inflación y Estructure Económica, Buenos Aires, 1967, pp. 5-52.

Nel grafico 12 (p. 229) abbiamo messo insieme tre variabili: il dete­ rioramento del valore del peso cileno sul mercato monetario inglese, il cir­ colante fiduciario esistente al 31 dicembre di ogni anno e gli sborsi annui da parte dello stato per il pagamento degli interessi e l’ammortamento del capitale del debito estero. Se prendiamo in primo luogo il deterioramento del segno monetario e lo stock del circolante fiduciario, ci accorgiamo che il deterioramento del segno monetario è precedente all’immissione del circolante fiduciario: infatti il deterioramento appare evidente già sin dal 1873, mentre la prima emissione di circolante fiduciario è del 1876. Questo permetterebbe di respingere l’ipotesi che alla base del deteriora­ mento del segno monetario si trovi l’emissione di circolante fiduciario. Sempre osservando la relazione fra circolante fiduciario e deterioramento del segno monetario, notiamo che fra il 1880 e il 1897 la correlazione è ancora negativa: infatti lo stock circolante non solo non aumenta in proporzione inversa al deterioramento del segno, ma in linea di massima diminuisce in maniera assai simile alla diminuzione del valore della mo­ neta. La correlazione fra l’evoluzione dello stock monetario fiduciario e la diminuizione del valore del peso è invece positiva dopo il 1897, mo­ mento a partire dal quale il valore del peso diminuisce e lo stock fiducia­ rio aumenta. Quindi sino al 1897, ossia per quasi vent’anni, lo stock monetario fiduciario non è responsabile del continuo slittamento del valore

della moneta.

Se confrontiamo lo slittamento della moneta con gli sborsi annui degli interessi del debito estero — quale indicatore dell’evoluzione nega­ tiva della bilancia dei pagamenti — , notiamo che fra il 1873 e il 1880 il valore della moneta diminuisce, mentre l’esportazione di capitali aumenta. Questa diversa evoluzione fra il valore della moneta e l’esportazione dei capitali, sebbene sia già evidente dopo il 1873, lo diventa ancora di più dopo il 1888. Questo ci permetterebbe di stabilire che alla base dello slittamento monetario si trova il deterioramento della bilancia dei paga­ menti, cosicché lo slittamento del segno monetario sarebbe non solo conseguenza delle caratteristiche proprie dell’economia cilena, ma anche, e principalmente, della struttura di dominazione instaurata dalle econo­ mie evolute e principalmente dall’Inghilterra.

Una volta mostrato che alla base dello slittamento monetario non si trova l’emissione di stock fiduciario, e associato invece lo slittamento all’evoluzione negativa della bilancia dei pagamenti, resterebbe da spie­ gare in che senso le emissioni di circolante fiduciario sono un elemento dello squilibrio conseguente al rinnovamento della struttura di domina­ zione esterna.

Il deterioramento della bilancia dei pagamenti significava in primo luogo che una parte del reddito derivante dall’esportazione — circa il 10% del valore globale — rimaneva, assieme ai beni esportati, in Inghil­ terra, onde retribuire i possessori dei buoni del debito estero cileno. Quindi, poiché una parte del valore delle esportazioni non veniva rein­ trodotto, il paese mancava di circolante. Ora, dato che le esportazioni ristagnano fra il 1873 e il 1899, il reddito rimpatriato tendeva a dimi­ nuire, poiché aumentavano gli sborsi relativi al debito estero; di conse­ guenza, per supplire alla mancanza di circolante, non c’era altra soluzione che l’emissione di moneta cartacea. Appunto perché il circolante fiduciario aveva la funzione di correttore dello stock monetario circolante, non pro­ vocò a livello del valore monetario nessuna o quasi nessuna influenza. Sino al 1897 il circolante fiduciario e lo slittamento del valore della moneta sono due cose distinte e questo in gran parte perché lo stock mo­ netario fiduciario fu arginato entro limiti di stretta necessità.

Ma lo stock fiduciario aveva anche un’altra funzione, quella di co­ prire gli eventuali aumenti imprevisti della spesa pubblica o disavanzi nella corta durata del bilancio statale. Infatti, se confrontiamo — grafico 14 p. 231 — l’evoluzione del debito pubblico interno con lo stock fidu­ ciario notiamo un forte calo, dopo il 1877, per il primo, calo che quindi fu compensato con l’immissione di questo circolante. Ma l’evoluzione del debito interno ci riporta nuovamente al discorso della diminuizione del reddito proveniente dal settore delle esportazioni — diminuizione che avviene dopo il 1873 — e quindi dell’impossibilità da parte statale di trovare sul mercato monetario interno i capitali necessari per le opere d ’infrastruttura economica che si era prefisso. Questa impossibilità da parte statale di reperire all’interno del paese i capitali necessari per le opere d ’infrastruttura era aggravata dallo slittamento della moneta, che riduceva la propensione al risparmio e scoraggiava quindi l’investimento nel reddito fisso statale, stimolando invece gli investimenti speculativi oppure l’acquisto di reddito fisso sul mercato monetario inglese. Si spiega così perché lo Stato non aveva altre soluzioni all’infuori del ricorso al mercato monetario londinese, se non voleva rinunciare agli investimenti nell’inf rastruttura.

Che lo stock monetario fiduciario avesse anche la funzione di crediti a breve durata fu perfettamente chiaro agli incaricati della ragioneria statale i quali, stabilendo lo stock fiduciario esistente, includevano in questo i cosiddetti vales del tesoro, ossia riconoscimenti di debito paga­ bile a 90 giorni.

Poiché lo stock monetario aveva anche una funzione di copertura temporanea del disavanzo statale, bisogna cercare di vedere ora alcuni

aspetti del problema della spesa pubblica. Non soltanto queste spese, sino al 1870 (cfr. grafico 15, p. 232), erano inferiori alle entrate, ma fra le une e le altre esisteva uno scarto notevole. Il disavanzo è molto forte nel periodo 1870-1885, per poi orientarsi al pareggio. Questa nuova ten­ denza posteriore al 1870, aggravata senza dubbio dal momento in cui lo Stato riprende il pagamento degli interessi del debito estero, impediva allo Stato di capitalizzare una parte delle entrate e di conseguenza di investirle.

Se analizziamo le entrate fiscali fra il 1844 e il 1897 (cfr. grafico 16, p. 233), notiamo che queste dipendono in gran misura dalle tasse sul com­ mercio estero: infatti fra il 1840 e il 1870, quasi il 60% provengono da questa fonte e più particolarmente dalle tasse sul commercio d importazio­ ne. Dopo il 1879 la situazione è leggermente diversa: il peso delle entrate provenienti dal commercio estero aumenta, toccando quasi l’80% del totale, ma la modificazione più profonda è che il peso si sposta dalle tasse d ’importazione a quelle d ’esportazione. Questa profonda modifica­ zione avviene quando il Cile entra in possesso del salnitro peruviano e boliviano. Le tariffe differenziate per i beni importati che favoriscono — come abbiamo visto nel capitolo terzo — l’importazione di beni di consumo durevoli e di capitale, scoraggiando l’importazione di beni di consumo non durevole, contribuiscono ovviamente alla diminuita im­ portanza delle tasse d ’importazione sul totale delle entrate fiscali.

Non conosciamo però sulla base di quali elementi gli incaricati della politica economica fecero poggiare la quasi totalità delle entrate sulle tasse provenienti dal commercio estero e per quali motivi, pur poggiando sul commercio estero, il gettito fiscale non subisce — come il commercio estero — un ristagno fra il 1873 e il 1897. Adottando questa politica, anche il bilancio statale diventa così tributario della dominazione che gravava su tutta la struttura economica.

Quindi, nel periodo 1873-1897, viene alterato l’equilibrio preceden­ temente esistente, cosa che abbiamo verificata a livello della carta mo­ neta, del deterioramento del segno monetario, del debito interno, del gettito fiscale, ecc., fenomeni che si ricollegano alla modificazione avve­ nuta a livello della struttura del commercio estero e della bilancia di pagamenti.

Dopo il 1897, lo stock fiduciario conosce una forte espansione, men­ tre non si attenua né l’aggravamento del disavanzo della bilancia dei paga­ menti, né lo slittamento del segno monetario. Sembrerebbe quindi che dopo il 1897 l’incremento eccessivo dello stock fiduciario abbia inciso sullo slittamento del segno monetario.

Nel grafico 17 (p. 234), abbiamo cercato di raffrontare valore della moneta, stock fiduciario e riserve auree. Per riserva aurea intendiamo i depositi in valuta pregiata posseduta dallo Stato in Cile e all’estero. Questi depositi, inesistenti prima del 1888, sembrano essere stati in origine i fon­ di destinati al tentativo di ritornare al regime aureo, intrapreso fra il 1884 e il 1894. Queste riserve scompaiono fra il 1895 e il 1898, in seguito al fallimento di tale tentativo, per poi riapparire nel 1899. Dopo il 1905 tutti i depositi sono in banche estere: in Germania, come conseguenza del prestito contratto a Berlino; dal 1906 esistono anche depositi negli Stati Uniti e dopo il 1910 in Inghilterra. L’aumento dei depositi in banche inglesi, notevole a partire dal 1914, è legato ai nuovi prestiti contratti sul mercato di Londra 82.

Appare comunque chiaro che dopo il 1888, e specialmente dopo il 1899, lo Stato cerca di assicurarsi delle riserve in oro e in valuta pregiata, al fine di dare una certa copertura alla carta moneta e di evitare il pro­ gressivo slittamento del valore della moneta. Infatti, se osserviamo il grafico 17, notiamo che l’ammontare delle riserve dopo il 1899 copre quasi completamente lo stock fiduciario, e quindi dopo questa data non possiamo propriamente parlare di carta moneta, ma di biglietti di banca.

Questo fatto — di cui nessuno studio sinora aveva fatto precisa menzione — ripropone nuovamente il problema dello stock monetario e della sua correlazione con lo slittamento del valore della moneta. Nel grafico 17 s’intravede che effettivamente dopo il 1897 esiste una corre­ lazione positiva fra slittamento del valore della moneta ed emissione dello stock monetario, ma questa correlazione positiva è in gran misura casuale, poiché, essendo lo stock monetario fiduciario quasi compieta- mente coperto dalle riserve dopo il 1899, esso non può più essere con­ siderato un elemento suscettibile di produrre uno slittamento del valore della moneta. Rimane quindi da spiegare perché malgrado la copertura aurea della moneta, lo slittamento del valore della moneta continua, e inoltre si deve controllare se le riserve auree ebbero un effetto ritardante sullo slittamento del valore del peso in rapporto alla moneta inglese.

Dal 1888 al 1893 lo slittamento è molto forte (le quotazioni del peso passano da 26 a 15 d.), rallenta fra il 1893 e il 1904 (peso quotato a 15-17 d.), per riprendere a slittare fra il 1904 e il 1915 (il peso vede diminuire le sue quotazioni da 15 a 8 d).

Se confrontiamo lo slittamento monetario con le riserve e lo stock fiduciario, notiamo che il rallentamento dello slittamento s’inizia prima che avvenga la copertura quasi completa dello stock monetario fiduciario,

poiché la copertura s’inizia soltanto verso il 1900. Quando la moneta riprende a slittare — 1904 — , notiamo che ciò coincide con l’aumento dello stock monetario e colla scomparsa, sino al 1910, della completa copertura aurea, ma notiamo anche che fra il 1910 e il 1915 — anni in cui lo slittamento continua, sebbene a un ritmo inferiore — , lo stock monetario è inferiore alla copertura aurea. Dal 1915 al 1920 cessa nuova­ mente lo slittamento, e sono anni in cui la copertura aurea è superiore allo stock monetario.

Da questa analisi scaturisce in primo luogo che la copertura aurea ha una certa incidenza sullo slittamento del valore del peso. Questa inciden­ za, però, è osservabile soltanto nella corta durata e gioca essenzialmente quale elemento coadiuvante ora dello slittamento — quando la copertura vien meno — , ora dell’arresto dello slittamento — quando la copertura è quasi completa.

Se dal grafico 17 ritorniamo al grafico 12, notiamo ancora una volta che principali responsabili dello slittamento, come per il periodo prece­ dente, sono le esportazioni di capitale, che siamo in grado di misurare soltanto per il settore pubblico.

Non sappiamo — e la cosa richiederebbe una ricerca particolareg­ giata — secondo quale criterio di politica economica il governo decise di dare una copertura allo stock monetario attraverso i depositi all’estero e nel paese di oro e valuta pregiata. Non sappiamo nemmeno quale fun­ zione avevano questi depositi nell’intenzione del governo, se quella di controllare — nella misura del possibile — lo slittamento del valore della moneta, oppure quella di dare garanzie di solvibilità ai creditori stranieri, oppure tutte e due queste funzioni insieme. Appare però evidente che una decisione di questo tipo ebbe delle profonde conseguenze: infatti, abbiamo visto sommariamente che la fonte di questi depositi erano i prestiti contratti all’estero, i quali venivano così immobilizzati sempre all’estero, dovendo in più pagare un tasso d’interesse. La conseguenza logica è che l’economia nazionale non trasse nessun beneficio da questi depositi che servivano soltanto ad espandere lo stock monetario interno. Questo ci indica, d ’altro canto, che l’emissione di stock monetario non aveva lo scopo di colmare permanentemente il deficit del bilancio statale, bensì semplicemente di supplire la carenza di circolante, data la continua e inarrestabile esportazione di capitali, aggravata in questo periodo dal completo controllo da parte degli investimenti diretti inglesi dell’impor­ tante settore produttivo del salnitro, fonte del reddito nazionale deri­ vante dal commercio estero e quindi del gettito fiscale.

Il nuovo equilibrio non era stato quindi raggiunto poiché, esistendo dal 1873 un continuo slittamento del valore monetario, conseguenza

diretta del deterioramento continuo della bilancia dei pagamenti, lo Stato e l’economia tutta divennero sempre più dipendenti dall’economia inter­ nazionale, che sino al 1920 faceva capo all’Inghilterra, malgrado l’intac­ camento della sua potenza da parte di paesi come gli Stati Uniti d’Ame­ rica, fenomeno questo che dopo il 1930 avrebbe modificato la vecchia struttura di dominazione.

In sintesi, dopo il 1873 e sino al 1920, l’economia cilena conosce uno squilibrio non riassorbibile nella corta durata e che quindi possiamo definire strutturale, al quale — come abbiamo visto a livello del segno monetario — , si cerca di ovviare con palliativi non strutturali bensì con­ giunturali: libertà di movimento del segno monetario, copertura aurea dello stock monetario, scoraggiamento di certi tipi d’importazione, svi­ luppo dell’infrastruttura economica per incrementare il grado di compe­ titività delle esportazioni minerarie. Tutti questi aspetti non riuscirono, data la loro portata non strutturale, a creare un nuovo equilibrio, a meno che non definiamo equilibrio questo stato di squilibrio permanente.

Ma questo squilibrio strutturale ebbe anche delle profonde conse­ guenze sullo sviluppo della produzione industriale e artigianale. Dicevamo che lasciando liberamente fluttuare il segno monetario, si finiva col creare un meccanismo frenante delle importazioni, poiché il valore dei beni importati aumentava in Cile nella stessa proporzione dei successivi slit­ tamenti monetari, che agivano in pratica come svalutazioni vere e proprie, mentre i prezzi interni — tranne quelli dei beni esportati — e il reddito nazionale non aumentavano nella stessa proporzione. Questa situazione, derivante dallo squilibrio strutturale, finiva collo scoraggiare compieta- mente le importazioni di beni di consumo non durevole, rendendo quindi possibile la loro produzione interna. Questo ci spiegherebbe perché quasi il 40% della produzione industriale e artigianale si concentra nell indu­ stria alimentare. L ’elemento perfezionante di questo meccanismo basilare è ovviamente la ripresa del pensiero protezionista, che si tradusse a livello di politica economica con la modificazione dei dazi doganali.

Ovviamente, lo squilibrio strutturale di per sé non sarebbe stato suf­ ficiente a determinare lo sviluppo dell’industria e dell’artigianato se, contemporaneamente, non si fosse prodotta una modificazione nella strut­ tura industriale dell’economia dominante, modificazione per cui, abban­ donando in certa misura i beni di consumo ed in special modo il settore tessile, essa puntò alla produzione e all’esportazione di beni di consumo