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C’è compatibilità tra l’istituto della contumacia ed i principi dell’equo processo sanciti nella Costituzione? L’indirizzo

L’ISTITUTO DELLA CONTUMACIA ED IL PROCESSO REO ABSENTE TRA NORMATIVA INTERNA ED

2.3 C’è compatibilità tra l’istituto della contumacia ed i principi dell’equo processo sanciti nella Costituzione? L’indirizzo

interpretativo intrapreso dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 399 del 1998 e n. 117 del 2007

Una volta analizzata la disciplina della contumacia, occorre chiedersi quanto la stessa sia compatibile con le linee dell‟equo processo di cui all‟art. 111 Cost., così come modificato ad opera della l. cost. 23 novembre 1999 n. 2. Tra queste linee direttrici va annoverato il diritto

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Vedi Cass. pen., Sez. II, 2 giugno 1992, ric. Rotondo, in C.E.D. Cass., n. 191016

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per l‟imputato di partecipare alle udienze attinenti al merito dell‟imputazione26

.

Risulta chiaro che il contraddittorio non è “perfetto” se l‟imputato rimane contumace ed è addirittura inesistente quando l‟imputato non ha avuto conoscenza dell‟atto introduttivo o (il che si pone in palese contrasto con l‟art. 111 co. 3 Cost.) non sia venuto a conoscenza nemmeno dell‟accusa27

. Il precetto costituzionale citato impone, infatti, che il soggetto interessato venga a conoscenza dell‟accusa a suo carico <<nel più breve tempo possibile>>.

E‟ innegabile come sullo sfondo di questa norma vi sia l‟esigenza di scongiurare che il trascorrere del tempo fra il momento in cui inizia il procedimento penale a carico di un soggetto ed il momento in cui quest‟ultimo ne viene a conoscenza abbia riflessi negativi sulla sua difesa. In forza degli avvertimenti, la persona nei cui confronti vengono rivolte delle accuse diviene consapevole delle sue azioni, realizzandosi quella “libertà morale”, garanzia fondamentale che si riallaccia inevitabilmente a quel bagaglio di diritti inviolabili dell‟uomo ex art. 2 Cost. e costituisce la premessa per una più concreta attuazione dell‟art. 24 co. 2 Cost. in ordine alla difesa personale dell‟imputato.

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Lo stesso diritto è contemplato nell‟art. 14 co. 3 del Patto internaz. dir. civ. pol. e viene ripreso anche dalla Risoluzione n. 11 adottata il 21 maggio 1975 dal Comitato dei ministri del Consiglio d‟Europa, la quale contiene un “decalogo” di nove regole minime che devono essere rispettate negli ordinamenti che contemplano il processo in absentia.

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In questi termini Lattanzi G., Costretti dalla Corte di Strasburgo, in Cass. pen., 2005, pag. 1125 e ss.

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La Costituzione non è l‟unica fonte da cui poter trarre spunto: a livello internazionale, la questione è stata oggetto di due tra i più importanti accordi multilaterali: la Cedu (art. 6 par. 3 lett. a) ed il Patto internaz. dir. civ. pol. (art. 14 n. 3 lett. a): in entrambe le fonti si sottolinea il diritto della persona sottoposta a procedimento penale alla conoscenza dell‟accusa, ossia ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua che lo stesso comprenda, della natura e delle ragioni dell‟accusa.

Occorre mettere in rilievo come il diritto ad essere informato dell‟indagato implichi, per converso, un dovere, posto a carico dell‟apparato giudiziario, d‟informare circa i diritti e gli obblighi che l‟ordinamento riconosce. Il tutto nell‟ottica di un‟attività non contrastante con il dovere d‟imparzialità del giudice e tanto più necessaria quanto più il soggetto cui s‟indirizza l‟informativa risulti (come non di rado accade) ignaro dei meccanismi giudiziari, dei rischi che comportano e delle risorse che offrono ai fini di un‟efficace difesa.

E‟ ovviamente difficile sostenere che ci possa essere un “giusto processo” se la persona accusata è venuta a conoscenza dell‟accusa solo nel momento in cui è arrestata per l‟esecuzione della condanna. Senza dimenticare che, in quest‟ipotesi, risulterebbe estremamente difficile che l‟imputato riesca ad avvalersi di tutte le prerogative difensive messe a disposizione dal sistema processuale28.

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Di quest‟avviso Lattanzi G., Costretti dalla Corte di Strasburgo, in Cass. pen., 2005, pag. 1125 e ss.

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L‟art. 24 co. 2 Cost., nel definire inviolabile <<in ogni stato e grado del procedimento>> il diritto di difesa, intende assicurare all‟imputato, innanzitutto, il diritto di essere informato del processo e di assistervi29. Ancora, quale contraddittorio può essere svolto in un processo nel quale l‟imputato ignaro è rappresentato, come per lo più accade, da un difensore d‟ufficio? Già in passato, d‟altronde, la Corte Costituzionale30 ha avuto modo di affermare come il rispetto del diritto di difesa previsto dall‟art. 24 Cost. sia sufficientemente garantito dalla possibilita‟, per l‟irreperibile poi comparso di ottenere, previa audizione, una nuova pronuncia di un organo giurisdizionale sulla fondatezza dell‟accusa mossa nei suoi confronti31

.

Nelle more, però, è intervenuta la riforma dell‟art. 111 Cost., così che è tornato d‟attualità l‟interrogativo: si opina che senza conoscenza del processo da parte dell‟imputato non possa realizzarsi lo schema

adversary cui il sistema informativo è strettamente funzionale. Si

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Vedi Filippi L., Rito contumaciale: quale <<equo processo>>?, in Cass. pen., 2005, pag. 2193 e ss., il quale fa un chiaro riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 399 del 10 - 12 dicembre 1998 che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 e 160 c.p.p., afferma come nel concetto d‟inviolabilità rientri “il diritto di avere notizia del procedimento che lo riguarda e di avere l‟opportunità ed il tempo per allestire le proprie difese”.

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Corte Cost., sent. n. 399 del 12 dicembre 1998

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Vedi Filippi L., Rito contumaciale: quale <<equo processo>>?, in Cass. pen., 2005, pag. 2193 e ss., il quale intravede nel decisum della Corte Costituzionale in merito alla sent. n. 399 del 12 dicembre 1998 non un atteggiamento di totale chiusura verso l‟opportunità di una verifica circa la costituzionalità della disciplina della contumacia, tanto da riconoscere: <<il fatto che la nuova disciplina non giunga a prevedere la reintegrazione completa dell‟imputato in tutti i suoi diritti processuali nell‟ipotesi in cui non abbia avuto conoscenza del processo, può far sorgere questioni di legittimità costituzionale il cui esito, se riferite a disposizioni che non consentono all‟imputato l‟esercizio di un diritto o di una facoltà di cui avrebbe dovuto fruire, resta impregiudicato.>>.

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realizza, in sostanza, una lacuna del procedimento sul piano dei principi costituzionali, poiché s‟impedisce che le parti si confrontino dialetticamente davanti al giudice32.

Il principio del contraddittorio previsto dal “nuovo” art. 111 Cost.33 non solo incarna l‟essenza delle garanzie soggettive poste a tutela dei diritti di difesa, ma rappresenta, al contempo, una <<garanzia oggettiva rispondente ad un interesse di rilevanza pubblicistica dell‟intero ordinamento>>34

, imponendosi, dunque, quale parametro di legalità costituzionale del processo penale. Dal momento che questo non può che fondarsi su una condizione di base essenziale, rappresentata dalla conoscenza dell‟accusa e dalla scelta consapevole di comparire o meno in giudizio, si deve, quindi, ritenere che il rito degli irreperibili sia in contrasto con il dettato costituzionale poiché, rinunciando di fatto alla reale costituzione del contraddittorio

32

Vedi Ubertis G., Contraddittorio e difesa nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo: riflessi nell‟ordinamento italiano, in Cass. pen., 2005, pag. 1091 e ss.

33

Secondo Filippi L., Rito contumaciale: quale <<equo processo>>?, in Cass. pen., 2005, pag. 2193 e ss. l‟art. 111 Cost., pur non prescrivendo esplicitamente il diritto dell‟accusato a presenziare al suo processo, lo da‟ per presupposto laddove gli garantisce il diritto di essere informato riservatamente, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell‟accusa elevata a suo carico, la facoltà, davanti al giudice, di <<interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico>> nonché il diritto di essere assistito da un interprete <<se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo>>, entrambe situazioni che implicano la presenza fisica dell‟imputato in dibattimento.

34

Così Ubertis G., Contraddittorio e difesa nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo: riflessi nell‟ordinamento italiano, in Cass. pen., 2005, pag. 1091 e ss.

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soggettivo ed oggettivo, consente di procedere nei confronti di un imputato “inconsapevole”35

.

La Corte Costituzionale36, adita nuovamente sul punto, ha ritenuto che non fosse fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 159, 160, 420quater co. 1 e 484 c.p.p. sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10 co. 1, 97 co. 1 e 111 commi 2, 3 e 4 Cost., <<nella parte in cui non prevedono la sospensione obbligatoria del processo nei confronti degli imputati ai quali il decreto di citazione a giudizio sia stato notificato previa emissione del decreto d‟irreperibilità>>. Secondo il Giudice delle Leggi, infatti, l‟enunciazione contenuta nell‟art. 111 co. 4 Cost., secondo il quale nel processo penale la formazione della prova è regolata dal principio del contraddittorio, non comporta che il profilo oggettivo del medesimo non sia correlato con quello soggettivo e non costituisca comunque un aspetto del diritto di difesa. Dirimente, secondo i Giudici della Consulta, è il disposto del successivo co. 5 dello stesso art. 111 Cost., il quale, nell‟ammettere la deroga al principio, fa riferimento anzitutto al consenso dell‟imputato. L‟aspetto soggettivo sarebbe, quindi, un prius logico rispetto ai profili oggettivi del contraddittorio che non giustifica una declaratoria d‟incostituzionalità delle disposizioni normative oggetto della pronuncia.

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In questi termini vedi Negri S., Giudizio in absentia e garanzie processuali internazionali: note a margine della sentenza della Corte Cost. n. 117/2007, in Dir. pen. proc., 2008, pag. 665 e ss.

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Si tratta, senza dubbio, di un‟occasione mancata da parte della Corte Costituzionale, considerando che, in un‟ottica oggettiva, il metodo del contraddittorio costituisce ormai un connotato essenziale del rito penale. Nell‟ipotesi in cui il processo si priva della presenza dell‟imputato, infatti, senza garantire a questo il diritto di scegliere se presenziare o meno, conseguentemente si spoglia anche della possibilita‟ di svolgere nel contraddittorio delle parti (perché una di esse si sa essere irreperibile), divenendo un “non processo” in quanto fenomeno privo dei caratteri indefettibili della giurisdizione, fissati nel contesto costituzionale37.

Mutata la base costituzionale di partenza, il decisum della Corte Costituzionale nella sentenza n. 117 del 5 aprile 2007, che non si discosta da quello contenuto nella sentenza n. 399 del 12 dicembre 1998, risulta non più sufficiente a porre rimedio alla contraddizione che il processo degli irreperibili ingenera sotto il profilo dei caratteri stessi della giurisdizione penale. La Consulta, disattendendo le speranze di molti, ha affermato che la concezione oggettiva del contraddittorio non può giungere fino a giustificare una declaratoria d‟incostituzionalità della disciplina della contumacia, in quanto non può riconoscersi alcuno status autonomo al principio del contraddittorio oggettivo che regola la formazione della prova di cui all‟art. 111 co. 4 Cost. Esso, infatti, sarebbe strettamente correlato con il principio del contraddittorio soggettivo, dal quale risulterebbe del tutto inscindibile, tanto da prevedere, anche in via costituzionale, la

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In questi termini Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, in Legisl. pen., 2004, pag. 586 e ss.

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possibilita‟ di derogarvi con il consenso dell‟imputato (ex art. 111 co. 5 Cost.)38.

La sensazione rimaneva, comunque, quella che non poteva essere una pronuncia d‟illegittimità costituzionale a poter risolvere i problemi del processo penale in absentia. Si sentiva il bisogno, forte ed urgente, di operare a livello legislativo, adottando una delle soluzione ben note e che abbiamo già visto nel corso della trattazione: escludere il processo contumaciale, come avviene nella quasi generalità dei sistemi accusatori, prevedendo, come temperamento, la possibilita‟ che il processo si svolga in assenza dell‟imputato per espressa rinuncia di quest‟ultimo; ovvero, riconoscere la possibilita‟ di un nuovo giudizio all‟imputato condannato in contumacia senza che lo stesso abbia avuto conoscenza del processo e, quindi, senza aver avuto modo di scegliere se comparire o meno.

Come abbiamo visto all‟inizio di questa sezione, il diritto dell‟imputato ad essere presente al proprio processo, pur riconosciuto in forma esplicita nell‟art. 14 co. 3 lett. d del Patto internaz. dir. civ pol. ed in forma implicita nell‟art. 6 paragrafi 1 e 3 Cedu, non costituisce oggetto di una specifica previsione a livello costituzionale. Tuttavia, un‟indagine che voglia coglierne appieno il valore e gli spazi per una sua eventuale rinuncia, così da poter legittimare un processo senza imputato, non può prescindere dal verificare se nella tavola di

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In dottrina vedi Negri S., Giudizio in absentia e garanzie processuali internazionali: note a margine della sentenza della Corte Cost. n. 117/2007, in Dir. pen. proc., 2008, pag. 665 e ss.

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previsioni contenute nella nostra Carta costituzionale sia possibile scorgervi una qualche traccia.

Per questo tipo di analisi, il punto di partenza non può che essere costituito dall‟art. 24 co. 2 Cost., nel quale all‟affermazione categorica dell‟inviolabilità del diritto di difesa non corrisponde l‟indicazione ne‟ delle <<pretese strumentali>> garantite all‟imputato, ne‟ <<del o dei modi d‟esercizio di quel medesimo diritto>>39

. Si tratta, in sostanza, di una norma generica ed aperta che assicura all‟imputato qualsiasi diritto, potere o facoltà non garantitagli da altra disposizione costituzionale, ma che si rivela essere necessario affinché quest‟ultimo ottenga che il processo si svolga e concluda nel modo a lui più favorevole. L‟art. 24 co. 2 Cost., definendo la difesa come <<diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento>, vuole evidentemente assicurare in primis all‟imputato il diritto di essere informato del processo e di assistervi, come la stessa Corte Costituzionale40 ha affermato, chiarendo che l‟articolo della nostra Carta costituzionale appena citato, nel proclamare inviolabile la difesa in ogni stato e grado del procedimento, apprestava a favore

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Corte Cost., sent. n. 125 del 3 – 10 ottobre 1979

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Vedi Corte Cost., sent. n. 399 del 12 dicembre 1998, che dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 e 160 c.p.p., sollevata in riferimento agli artt. 3, 10 e 24 Cost., in quanto, nel disciplinare le notificazioni all‟imputato in caso d‟irreperibilità, consentono l‟instaurazione e la definizione del processo a sua insaputa e senza che il sistema offra adeguati strumenti riparatori (la Corte, nel disattendere la fondatezza delle censure, osservò che le innovazioni introdotte dal nuovo codice di procedura penale denotavano che il legislatore si era adoperato per adeguare la disciplina del rito degli irreperibili sia alle convenzioni internazionali sia all‟art. 24 Cost., restando peraltro impregiudicato l‟esito di eventuali questioni di legittimità costituzionale, nel caso in cui fossero riferite alle disposizioni che non consentivano all‟imputato l‟esercizio di un diritto o di una facoltà di cui avrebbe dovuto fruire).

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dell‟imputato garanzie non meno pregnanti della Cedu, che <<certamente comprendono il diritto di avere notizia del procedimento che lo riguarda e di avere l‟opportunità ed il tempo d‟allestire le proprie difese>>. La Corte, nella stessa occasione, aggiunse che il fatto che la nuova disciplina non giunga a prevedere la reintegrazione completa dell‟imputato in tutti i suoi diritti processuali nell‟ipotesi in cui non abbia avuto conoscenza del processo poteva far sorgere questioni di legittimità costituzionale il cui esito, se riferite alle disposizioni che non consentono all‟imputato l‟esercizio di un diritto o di una facoltà di cui avrebbe dovuto fruire, restava impregiudicato.

La Corte Costituzionale ha, però, dato un incisivo contributo al fine di dare preciso contenuto alla norma, affermando che, nell‟ambito della previsione di cui all‟art. 24 co. 2 Cost., il diritto di difesa trova sicura protezione non soltanto sotto il profilo della difesa tecnica, ma anche dell‟autodifesa o difesa personale; la prima intesa come <<potestà effettiva dell‟assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga meno ogni ostacolo a far valere le ragioni delle altre parti>>41, la seconda come quel <<complesso di attività mediante le quali l‟imputato è posto in grado d‟influire sullo sviluppo dialettico del processo e di contribuire così, attivamente, ad una più sicura ricerca della verità materiale>>42.

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Vedi Corte Cost., sent. n. 46 del 8 – 18 marzo 1957.

42

Vedi Corte Cost., sent. n. 183 del 18 – 27 dicembre 1973 e Corte Cost., sent. n. 99 del 23 – 29 aprile 1975.

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L‟autodifesa, pertanto, si realizza, anzitutto, attraverso la personale partecipazione dell‟imputato al processo e la facoltà allo stesso riconosciuta di fornire il suo apporto conoscitivo alla ricostruzione del fatto per il quale si procede.

In quanto caratterizzata dalla piena libertà d‟esercizio (che, altrimenti, si risolverebbe in un mero simulacro di difesa), tuttavia, può estrinsecarsi anche mediante comportamenti di segno negativo. In particolare, è da rilevare la mancanza, in capo all‟imputato, di obblighi di collaborazione con le istituzioni della giustizia penale e di verità anche contra se, che si sostanzia, a livello di disciplina positiva, principalmente nella possibilita‟ di non rendere l‟interrogatorio e/o l‟esame ed in quella di non presenziare al dibattimento; profilo, questo, che si riconnette al rispetto della libertà morale dell‟imputato, che dell‟esercizio del diritto di difesa costituisce premessa indispensabile.

Il diritto di difesa rappresenta la proiezione nel processo di quegli attributi di libera determinazione, autonomia ed auto responsabilità che assistono l‟individuo in ogni settore della vita sociale; poiché anche nel processo penale all‟individuo è garantita l‟effettiva possibilita‟ d‟agire secondo le proprie scelte e di svolgere l‟interesse alla riaffermazione della propria libertà nei modi che esso stesso valuta più confacenti alla sua posizione rispetto all‟accusa mossagli, occorre ritenere che nulla possa fare il sistema per costringere l‟imputato ad un facere, ne‟ tanto meno a partecipare personalmente al processo penale. Ipotizzando che il tema della partecipazione

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dell‟imputato al processo che lo riguarda sia visto non soltanto nel suo aspetto d‟estrinsecazione del diritto di difesa (in quanto tale, oggetto di libero esercizio da parte dell‟imputato, nella sua forma positiva o negativa), ma anche di garanzia del corretto accertamento giudiziale, perché funzionale alla realizzazione di quel giudizio collettivo che è il contraddittorio, vi è il rischio che la situazione d‟assenza dell‟imputato al processo possa entrare in conflitto con esso. Dato che l‟essenza del contraddittorio sta nel diritto delle parti d‟interloquire, in condizioni di parità, sui temi destinati a formare oggetto della decisione e, correlativamente, nell‟esigenza che questa sia emanata secondo prospettive esaminate e discusse dagli interessati, non si può negare che la difesa trovi nel contraddittorio la sua massima attuazione. I due aspetti, tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, appaiono, pertanto, intrinsecamente connessi in quanto il principio del contraddittorio è stato considerato come il mezzo essenziale per l‟esercizio di difesa, così che, anche per il processo penale, il rispetto del contraddittorio assume il valore di una condizione di legittimità costituzionale delle norme processuali.

Secondo l‟approccio della Corte Costituzionale, tuttavia, la tutela del contraddittorio non significa che l‟imputato debba necessariamente essere presente al processo e contraddire, ma ciò che rileva è che il medesimo sia stato posto nelle condizioni per interloquire in contraddittorio ed esercitare attivamente il diritto di difesa, <<con la conseguenza che solo la volontaria rinuncia a presenziare al dibattimento, in quanto espressione di una sua libera ed incoercibile

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scelta difensiva, può giustificare, sul piano costituzionale, la limitazione del contraddittorio che in tal modo si attua>>43.

In sostanza, l‟autodifesa trova nel contraddittorio la sua massima affermazione ma non si esprime soltanto in esso, considerato che il suo esercizio, rimesso alla libera scelta dell‟imputato, può consistere anche in un non facere44, che si esplica, appunto, nel diritto di non presenziare al dibattimento, cui corrisponde, a livello codicistico, la previsione d‟istituti quali la contumacia e l‟assenza dell‟imputato i quali, nel caso in cui siano frutto di una libera e consapevole scelta dell‟imputato, non integrano neppure un‟ipotesi d‟eccezione al contraddittorio. Ne consegue che il nodo problematico ruota attorno a questi due elementi: libertà e consapevolezza della scelta difensiva da parte dell‟imputato (il che presuppone la conoscenza degli aspetti fattuali e giuridici dell‟accusa mossa a suo carico) sul cui accertamento da parte del giudice si gioca la conformità ai parametri costituzionali del giudizio in assenza.

La breve ricostruzione compiuta dei rapporti tra autodifesa, intesa come libertà di scelta del mezzo migliore per difendersi, e contraddittorio, non può essere posta in discussione neppure