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Il dibattito in tema di giudizio in absentia all’indomani dei pronunciamenti della Corte europea

LE PRONUNCE DEL 2004 IN SEDE EUROPEA E LE PROSPETTIVE DI RIFORMA INDICATE AL LEGISLATORE

3.2 Il dibattito in tema di giudizio in absentia all’indomani dei pronunciamenti della Corte europea

Per rendere conforme ai canoni del “giusto processo” l‟ordinamento italiano in materia di mancata presenza dell‟imputato sarebbero state ipotizzabili due soluzioni.

La prima, più radicale e forse tecnicamente più semplice ma meno in linea con la tradizione del nostro Paese, sarebbe stata, sulla falsariga del tradizionale orientamento dominante nel mondo anglosassone, quella di prevedere un processo celebrantesi senza l‟intervento dell‟accusato solo qualora questi, in maniera espressa o almeno inequivoca, avesse rinunciato ad esercitare il proprio diritto di presenza, mantenendo, quindi, nel tessuto codicistico unicamente disposizioni come quella dell‟art. 420 quinquies c.p.p. Ragionevolmente, a ciò avrebbe dovuto accompagnarsi una rimodulazione di altri istituti, quali la prescrizione dei reati e la sospensione del processo, nonché un ampliamento del novero delle eccezioni cui si riferisce l‟art. 75 co. 3 c.p.p., ove trovano regola i rapporti tra azione civile ed azione penale.

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La stasi delle attività processuali avrebbe potuto trovare eccezione allorché fosse necessario procedere ad acquisizioni istruttorie, magari sotto forma d‟incidente probatorio. In proposito, poteva individuarsi un ostacolo in quella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell‟uomo che non riteneva utilizzabili in modo esclusivo o comunque determinante per una sentenza di condanna dichiarazioni rese da chi non sia stato posto in condizione d‟essere interrogato dall‟imputato; si ammetteva, però, che l‟interrogatorio sarebbe potuto avvenire con l‟intervento del solo difensore, quando tale limitazione fosse stata necessaria per garantire la sicurezza dei testimoni e, quindi, l‟attendibilità del dato conoscitivo conseguito78

. Secondo alcuni autorevoli autori79, quest‟impostazione avrebbe lasciato uno spazio argomentativo per sostenere la sufficienza del contraddittorio “tecnico” nell‟ipotesi nella quale la sospensione processuale e la conseguente assunzione probatoria senza imputato (similmente finalizzata a garantire l‟ottenimento di un elemento gnoseologico che, a distanza di tempo, sarebbe potuto diventare meno attendibile o, addirittura, non più acquisibile) fosse dovuta ad una causa dipendente dalla sua volontà, ne‟ ciò avrebbe contrastato con l‟art. 111 Cost., qualora si fosse rimarcato che già il suo comma 4 secondo periodo valutava come idoneo a rispettare il requisito del <<contraddittorio nella formazione della prova>> un <<interrogatorio da parte

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In tema, vedi le sentenze emanate dalla Corte di Strasburgo nei casi Somojyi e Sejdovic.

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E‟ di questo parere, tra gli altri, Ubertis G., Come rendere giusto il processo senza imputato, in Legisl. pen., 2004, pag. 606 e ss.

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dell‟imputato o del suo difensore>>, quindi condotto in maniera non necessariamente congiunta.

La seconda strada percorribile dal legislatore italiano avrebbe potuto essere quella di continuare a contemplare, pienamente adeguandolo ai precetti sul “giusto processo”, un procedimento contumaciale quando fosse mancata una manifestazione, espressa o tacita, della volontà dell‟imputato di non presenziarvi.

Una tale opzione, tuttavia, non avrebbe potuto prescindere dal rilievo che dovevano essere comunque soddisfatte le esigenze di cui all‟art. 6 Cedu (quasi interamente riprodotte dall‟art. 111 Cost.) quando l‟accusato non avesse ne‟ rinunciato a comparire e difendersi ne‟ avesse avuto l‟intenzione di sottrarsi alla giustizia.

Per queste motivazioni, da molte fonti dottrinali80 si affermava la necessità di modificare la disciplina codicistica del giudizio contumaciale in relazione a quelle disposizioni che già erano state indicate come contrastanti con i principi sanciti in materia di “giusto processo”.

In particolare, venivano ritenute indispensabili alcune centrali riforme. Quanto ai presupposti processuali, anche sulla scorta di specifiche sentenze di condanna dell‟Italia ad opera della Corte di Strasburgo81

, veniva ritenuto necessario affermare il dovere per il giudice di disporre la rinnovazione della vocatio in iudicium quando fosse risultato che l‟imputato non ne avesse avuto effettiva conoscenza,

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Vedi, tra gli altri, Ubertis G., Come rendere giusto il processo senza imputato, pag. 606 e ss., cit.

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anche se la mancanza dell‟atto stesso fosse dovuta a semplice colpa o la notifica fosse avvenuta mediante consegna al difensore nei casi d‟irreperibilità ovvero di omessa, insufficiente od inidonea dichiarazione od elezione di domicilio per le notificazioni. La libertà di valutazione attinente alla probabilità che l‟imputato non avesse avuto la suddetta conoscenza o fosse stato impedito a comparire, invece, avrebbe dovuto essere trasformata nel dovere per il giudice a provvedere ad idonea verifica dei dati incerti.

Quanto allo svolgimento del processo, si sarebbe dovuta eliminare ogni restrizione nelle acquisizioni istruttorie richieste dall‟imputato che, dopo l‟ordinanza contumaciale ma prima della decisione, avesse provato di avere ignorato la vocatio in iudicium o di essere stato impedito a comparire non avendone potuto informare il giudice a tempo debito, per causa indipendente dalla sua volontà: in caso contrario, la rinnovazione delle attività istruttorie non avrebbe potuto reputarsi equipollente alla ripetizione del processo garantita dalla regola n. 982 contenuta nella Risoluzione n. 11 del Comitato dei Ministri del 21 maggio 1975 ad un imputato che si trovi in tale situazione.

Quanto alla restituzione nel termine, essa avrebbe dovuto riguardare non solo l‟impugnazione della sentenza contumaciale, ma anche la richiesta di giudizio abbreviato o di patteggiamento nel caso

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Tale regola afferma che <<la persona giudicata in sua assenza, ma regolarmente citata, ha diritto di essere giudicata di nuovo, nelle forme ordinarie, se essa prova che la sua assenza ed il fatto che non ha potuto preavvertire il giudice sono dovuti ad una causa indipendente dalla sua volontà>>.

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d‟emissione in contumacia del decreto che dispone il giudizio, mentre di tali possibilità, anche alla luce delle sentenze della Corte europea83, il contumace avrebbe dovuto essere reso edotto in una lingua a lui comprensibile, prevedendo un prolungamento del termine di cui all‟art. 175 co. 3 c.p.p. qualora egli si fosse trovato all‟estero. Inoltre, si sarebbero dovuti eliminare i riferimenti ai presupposti sia della mancata impugnazione da parte del difensore (il cui comportamento non può incidere negativamente sul diritto di presenza processuale dell‟imputato) sia della mancanza di colpa dell‟ignoranza del provvedimento, dato che la regola n. 6 della Risoluzione sopra citata ammette che il termine per impugnare non debba essere calcolato a decorrere dal momento dell‟effettiva conoscenza del provvedimento solo quando il contumace si sia volontariamente sottratto alla giustizia.

Infine, si sarebbe dovuto introdurre nel nostro ordinamento giuridico l‟istituto della rinnovazione del processo a favore del contumace, la cui mancata comparizione ed il cui omesso preavviso al giudice fossero dovuti ad una causa indipendente dalla sua volontà. Il “diritto alla restituzione” nel termine per impugnare è solo la premessa del riconoscimento dei diritti processuali del contumace. Sarebbe stato opportuno, infatti, garantire all‟imputato contumace anche il “diritto al grado di giudizio perso”, cioè garantirgli il doppio grado di giudizio ed il diritto alla prova, un giudizio, quindi, in fatto e in diritto sul merito dell‟accusa, come abbiamo visto essere stato affermato dalle

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sentenze Somojyi e Sejdovic. Non basta una restituzione nel termine per impugnare, ma si deve pensare alla “restituzione nel processo” per consentire allo stesso imputato contumace di richiedere, ad esempio, il giudizio abbreviato o quello per l‟applicazione della pena oppure, ancora, per proporre eccezioni dalle quali sarebbe decaduto. Perciò, de

iure condendo, si presentava allora necessario prevedere la

regressione del processo fino al momento in cui si sarebbe dovuta realizzarne la conoscenza effettiva.

Ecco che, secondo parte della dottrina84, a questo punto sarebbe diminuita in maniera molto consistente la rilevanza della restituzione nel termine per proporre impugnazione: il contumace “involontario”, infatti, avrebbe preferito verosimilmente la ripetizione del processo ad un‟impugnazione con conseguente perdita di un grado processuale e sarebbe stato indotto a chiedere la restituzione in termine nella sola ipotesi residuale in cui, sottrattosi volontariamente alla giustizia fino all‟emissione dell‟ordinanza dichiarativa della contumacia, si fosse reso raggiungibile dagli organi dell‟apparato giudiziario prima della notifica concernente la sentenza contumaciale, ma la stessa, pure ritualmente notificata, non fosse pervenuta a sua effettiva conoscenza. Nell‟ambito di questa nuova regolamentazione della contumacia, sarebbe stata anche sostenibile la conformità ai precetti del “giusto processo” dell‟art. 603 co. 4 c.p.p.: per un verso si sarebbe potuto intendere l‟impugnazione presentata dal contumace “involontario” ma “colpevole” come una rinuncia almeno tacita al diritto di partecipare

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E‟ di questo parere, tra gli altri, Ubertis G., Come rendere giusto il processo senza imputato, in Legisl. pen., 2004, pag. 606 e ss.

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alle acquisizioni probatorie; per l‟altro, al contumace sottrattosi alla giustizia che avesse accampato qualche pretesa a riguardo, sarebbe stata opponibile un‟argomentazione analoga a quella del non necessario interrogatorio testimoniale condotto in maniera congiunta dall‟imputato e dal suo legale rappresentante85

.

A prima vista, l‟idea di sospendere il processo fino a che l‟imputato irreperibile non ne abbia avuto effettivamente notizia sembrerebbe destinata a porsi in attrito con il principio della durata ragionevole (ex art. 111 Cost.), dal momento che tale soluzione assegna al processo nei confronti dell‟irreperibile una durata tendenzialmente infinita. Una possibile obiezione potrebbe trovarsi nel fatto che il suddetto principio, anziché parametrato sulla singola vicenda processuale, debba essere inteso come un invito rivolto al legislatore ordinario ad approvare leggi che favoriscano una gestione complessivamente più economica, e quindi più rapida, degli affari penali: accolta una simile premessa, la soluzione proposta per il rito degli irreperibili sarebbe perfettamente in linea con il principio costituzionale, perché renderebbe meno rapido il processo contro l‟irreperibile, ma più rapidi tutti gli altri processi.

La proposta di sospendere i processi a carico degli irreperibili non potrebbe venire considerata lesiva del principio della durata

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Ci si riferisce all‟interpretazione alla quale può essere sottoposto l‟art. 111 co. 4 secondo periodo Cost., il quale valuta come idoneo a rispettare il requisito del <<contraddittorio nella formazione della prova>> un <<interrogatorio da parte dell‟imputato o del suo difensore>>, quindi condotto in maniera non necessariamente congiunta.

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ragionevole neppure con riguardo alla singola vicenda processuale86. Qui sono in gioco gli stessi connotati costituzionali della giurisdizione penale, che certo non possono mutare in nome delle esigenze di celerità. Dall‟altra parte, l‟art. 111 co. 2 Cost. stabilisce che <<ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti>> e che la legge <<ne assicura la ragionevole durata.>>. “Ne‟” assicura: id est, la legge assicura la ragionevole durata di un processo che si svolga nel contraddittorio delle parti87. Senza diritto dell‟imputato di scegliere se presenziare o meno al processo non c‟è contraddittorio: senza contraddittorio non c‟è un processo la cui ragionevole durata debba essere, in qualche modo, salvaguardata, un processo della cui durata ragionevole l‟art. 111 Cost. mostri di preoccuparsi. La conclusione, però, a ben vedere, non muterebbe neppure se il diritto di presenziare al processo venisse considerato alla stregua di una mera garanzia soggettiva: è fuori dubbio, infatti, che tale diritto rientri in quel “contenuto minimo”, in quel nucleo irrinunciabile del diritto di difesa che nessuno ritiene possa essere coinvolto in un giudizio di bilanciamento con il principio della durata ragionevole.

Qualche maggiore perplessità potrebbe nascere88, tuttavia, per il fatto che, proponendosi la sospensione del processo (e non del procedimento) a carico del soggetto irreperibile, il provvedimento

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E‟ di quest‟avviso Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, in Legisl. pen., 2004, pag. 586 e ss.

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In dottrina vedi Marzaduri E., Sulla necessità di una riforma del giudizio in contumacia, in Legisl. pen. 2004, pag. 611 e ss.

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E‟ di quest‟avviso Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, pag. 586 e ss., cit.

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sospensivo sembrerebbe poter venire adottato soltanto in udienza preliminare od al dibattimento, in sede d‟accertamento sulla regolare costituzione delle parti. Così intesa, potrebbe sembrare che la soluzione proposta finisca per consentire un utilizzo alquanto anomalo ed innaturale del potere di esercitare l‟azione penale. Di regola, alla chiusura delle indagini preliminari, l‟irreperibilità dell‟indagato è già un dato ampiamente acquisito: perché, dunque, chiedere o decretare il rinvio a giudizio, sapendo che il processo verrà immediatamente sospeso, nella maggior parte dei casi per non riprendere mai? Il “limite implicito” del principio di obbligatorietà dell‟azione penale (il criterio guida cui il legislatore si deve ispirare nell‟individuazione dei casi nei quali è legittima la rinuncia all‟azione) è la superfluità del processo, valutata ex ante sulla base di un giudizio prognostico: come non definire superfluo un processo destinato, rebus sic stantibus, a bloccarsi immediatamente?

Il rischio, in particolare, è che le proposte di riforma avanzate dal legislatore italiano in seguito alle pronunce della Corte di Strasburgo in tema di processo contumaciale ed ai dicta contenuti in queste stesse sentenze nascondano una sorta d‟inconscio timore di confrontarsi con il principio d‟obbligatorietà dell‟azione penale. Nel caso in cui esercitare l‟azione penale non significhi altro se non che il processo “si fa”, riconoscere che i procedimenti a carico degli irreperibili non si possono e non si devono celebrare vuol dire ammettere, in primo luogo, che il legislatore potrebbe consentire al pubblico ministero di non esercitare l‟azione penale nei confronti di tali soggetti (anche in

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presenza di un quadro probatorio in grado di soddisfare, di per se‟, i requisiti di cui all‟art. 125 disp. att. c.p.p.). Tutto ciò è compatibile con il principio di cui all‟art. 112 Cost.? Secondo parte della dottrina89, a tale domanda si può rispondere agevolmente in senso affermativo: ma trasportare la questione degli irreperibili sul terreno del principio d'obbligatorietà (ossia delle condizioni in presenza delle quali è legittimo rinunciare all‟esercizio dell‟azione penale e delle forme che deve assumere siffatta rinuncia) sembrerebbe essere indispensabile. Impostare il problema in questi termini rivela, ad esempio, che sarebbe intollerabile una sospensione del procedimento conseguente ad un decreto d‟irreperibilità emesso autonomamente dal pubblico ministero, dal momento che, in questo modo, il titolare della

potestas agendi potrebbe precostituirsi arbitrariamente le condizioni

per non esercitare l‟azione, sottraendosi, di fatto, al controllo giurisdizionale sul rispetto dell‟obbligo imposto dall‟art. 112 Cost. Secondo alcuni autori90, la soluzione più corretta sarebbe stata quella d‟inibire lo stesso esercizio dell‟azione penale nei confronti del soggetto irreperibile: o inserendo tout cour l‟irreperibilità

dell‟indagato, accertata dal giudice per le indagini preliminari, tra le cause d‟archiviazione (ma con l‟obbligo di proseguire le ricerche dell‟indagato anche dopo l‟emanazione del provvedimento archiviativo), oppure, soluzione preferibile, anticipando la

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Tra gli altri, si fa riferimento a Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, pag. 586 e ss., cit.

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Ci si riferisce, ad esempio, a Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, pag. 586 e ss., cit.

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sospensione del procedimento e del termine prescrizionale al momento conclusivo della fase investigativa, a seguito dell‟infruttuosa notificazione dell‟avviso ex art. 415 bis c.p.p. Non sarebbe comprensibile, del resto, per quale motivo all‟indagato irreperibile non dovrebbe essere garantita la piena esplicazione dei suoi diritti difensivi anche nella fase che precede l‟esercizio dell‟azione penale; ne‟ va dimenticato che l‟art. 111 co. 2 Cost., nell‟imporre al legislatore ordinario d‟assicurare << che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell‟accusa elevata a suo carico>>, così da poter disporre <<delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa>>, detta una disposizione certamente destinata a trovare applicazione anche in tale fase. Successivamente all‟emanazione del provvedimento sospensivo andrebbero periodicamente svolte nuove ed accurate ricerche dell‟indagato.

L‟azione penale potrebbe, inoltre, essere esercitata nei confronti dell‟irreperibile nel caso di accertata volontaria sottrazione di quest‟ultimo alla conoscenza degli atti del procedimento.

Una simile disciplina, adeguata per il “normale” indagato irreperibile, risulterebbe, però, di problematica applicazione nei confronti degli indagati stranieri presenti occasionalmente sul territorio italiano e successivamente trasferitisi all‟estero in un luogo imprecisato. Sarebbe difficile pensare, infatti, che nei confronti di tali soggetti, le ricerche “fuori dal territorio dello Stato” regolate dall‟art. 169 co. 4 c.p.p., da ripetersi periodicamente, verrebbero diligentemente svolte;

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ne‟ ci sarebbe da fare troppo affidamento sull‟effettività delle verifiche compiute in ordine alla natura strumentale della fuga dall‟Italia. La sospensione del procedimento nei confronti dello straniero irreperibile diventerebbe, pertanto, nella grande maggioranza dei casi, una sorta di cripto – archiviazione definitiva della notizia di reato91.

Uno dei vincoli d‟ascendenza europea era, infatti, che sufficienti rassicurazioni in proposito dovevano essere fornite a quei Paesi dell‟Unione che subordinavano l‟esecuzione del mandato d‟arresto europeo all‟impegno, da parte della Stato emittente, di garantire all‟interessato la possibilita‟ di richiedere la celebrazione di un nuovo processo, stavolta in sua presenza, qualora la pena o la misura di sicurezza all‟origine della domanda di consegna fosse frutto di una pronuncia in absentia. La condizione operava, tuttavia, soltanto se il contumace non fosse stato citato personalmente ne‟ altrimenti informato della data e del luogo dell‟udienza che aveva portato alla decisione.

Per quanto l‟uso di formule generiche avesse potuto far apparire la normativa sopranazionale meno esigente rispetto ai dicta espressi nelle condanne venute dai giudici di Strasburgo, con l‟accontentarsi di modalità conoscitive della vocatio in iudicium affatto fungibili e di una restitutio in integrum solo potenziale92, le difficoltà sperimentate

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E‟ di quest‟avviso Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, pag. 586 e ss., cit.

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Quanto al primo aspetto, non venne approvata la proposta assai più rigorosa della Commissione, secondo la quale, nella definizione di giudizio in absentia, non sarebbe

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spesso dall‟Italia nell‟ottenere l‟estradizione da altri Stati europei, proprio a causa della nostra disciplina sul processo in contumacia, sembravano destinate ad amplificarsi fatalmente una volta adottato lo strumento più agile della cooperazione giudiziaria93. Ciascun sistema nazionale, sotto il velo dell‟uniformità, tendeva, infatti, a rispecchiare nella legislatura attuativa del mandato d‟arresto europeo il proprio orientamento verso il giudizio in absentia, serrando le cautele in caso d‟ostilità, senza che giovassero a questo livello ulteriori mediazioni politiche.

Per questi motivi, la previsione legislativa di un apposito rimedio ripristinatorio a favore del contumace, che rappresentava lo standard comune di tutela preteso a livello europeo, venne tradotto, considerando l‟esempio degli ordinamenti più rigorosi, nella garanzia di un nuovo processo dove fosse riconosciuto al soggetto l‟esercizio del contraddittorio per la prova; nell‟esplicita rassicurazione circa la possibilità d‟accesso effettivo dell‟interessato al ricorso contro la

rientrata la decisione <<pronunciata in un processo durante il quale sia stato accertato senza dubbio che la persona è stata raggiunta dalla citazione in tempo utile per permetterle di comparire e di approntare la propria difesa, ma che ha deliberatamente deciso di non comparire e di non farsi rappresentare a meno che non venga accertato che la sua assenza ed il fatto che non abbia avvertito il giudice della stessa, sono state determinate da cause di forza maggiore.>>. Sul secondo aspetto, occorre dire che la proposta medesima si preoccupava di affidare all‟autorità dell‟esecuzione il compito di raccogliere l‟opposizione della persona interessata dal mandato d‟arresto europeo, in modo tale che, dopo la consegna, si svolgesse una nuova udienza nello Stato membro emittente.

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Di questo parere Negri D., Commento all‟art. 1 d.l. 18/2/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/4/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia d‟impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna. Una riforma inevitabile: ma basterà?, in Legisl. pen., 2005, pag. 253 e ss.

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decisione contumaciale; oppure nel diritto dell‟assente alla ripetizione del giudizio, caratterizzato dall‟ampio esame dell‟accusa rivoltagli. La sensazione era che occorressero scelte di politica criminale più coraggiose e più trasparenti. La domanda che ci si poneva era se, nei