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La strada seguita dal legislatore italiano con il d.l 21 febbraio 2005 n 17 convertito, con modificazioni, dalla l 22 aprile 2005 n.

LE PRONUNCE DEL 2004 IN SEDE EUROPEA E LE PROSPETTIVE DI RIFORMA INDICATE AL LEGISLATORE

3.3 La strada seguita dal legislatore italiano con il d.l 21 febbraio 2005 n 17 convertito, con modificazioni, dalla l 22 aprile 2005 n.

60: la riforma degli artt. 157 e 175 c.p.p. ed il conseguente nuovo assetto delle notificazioni

All‟origine della novella legislativa operata con il decreto legge 17 febbraio 2005 n. 17 convertito, con modificazioni, in legge 22 aprile 2005 n. 60, si ponevano tre esigenze: la volontà di rimediare al “difetto strutturale” del sistema processualpenalistico italiano, individuato dalla Corte europea nell‟assenza di un meccanismo effettivo volto a concretizzare il diritto delle persone condannate in contumacia, che non siano state effettivamente informate del procedimento a loro carico ed a condizione che non abbiano rinunciato in maniera certa e consapevole a comparire, di ottenere che una giurisdizione esamini nuovamente il caso, dopo averle ascoltate sul merito delle accuse, nel rispetto dei principi espressi dall‟art. 6 Cedu; l‟esigenza di armonizzare l‟ordinamento giuridico nel suo complesso al nuovo sistema di consegna tra gli Stati europei, che consente alle autorità giudiziarie degli Stati membri di rifiutare l‟esecuzione del mandato d‟arresto europeo nel caso in cui non sia garantita, in presenza dei relativi presupposti, la possibilità di un nuovo processo; la necessità di adeguare il nuovo regime dell‟impugnazione tardiva dei provvedimenti contumaciali al principio di ragionevole durata dei processi e, conseguentemente, d‟introdurre nuove disposizioni in materia di notificazione all‟imputato non

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detenuto e di elezione di domicilio da parte della persona sottoposta alle indagini o dell‟imputato che abbiano nominato un difensore di fiducia.

L‟urgenza di ricorrere allo strumento del decreto legge era scaturita dall‟insolita perentorietà con la quale la Corte europea dei diritti dell‟uomo si era pronunciata con la sentenza Sejdovic, ossia nell‟ultima occasione nella quale la Corte stessa era venuta a censurare l‟Italia per la mancanza di un quadro di garanzie sufficienti a vedere rispettato il diritto del condannato in contumacia ad un equo processo, fino a chiedere al nostro Paese, in modo esplicito, una riforma legislativa in materia99.

Nella decisione si trovava formulato un vero e proprio “comando di legislazione”, seppure non a rime completamente obbligate100

, laddove si affermava che <<lo Stato italiano doveva garantire, con misure appropriate, la messa in opera del diritto in questione>>, non solo per il singolo ricorrente del caso sottoposto al suo esame, ma per tutte le persone che venissero a trovarsi <<in una situazione simile alla sua.>>101.

99

Chiavario M., Commento al d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna. Una riforma inevitabile: ma basterà?, in Legisl. pen., 2005, pag. 253 e ss.

100

Vedi Tamietti A., Processo contumaciale e Convenzione europea dei diritti dell‟uomo: la Corte di Strasburgo sollecita l‟Italia ad adottare riforme legislative, in Cass. pen., 2004, pag. 989 e ss., il quale osserva che l‟azione del legislatore interno, teoricamente libera nei mezzi, si presenta notevolmente vincolata, in quanto la sentenza Sejdovic individua, in realtà, una precisa locuzione della normativa interna come causa del problema strutturale che ha dato origine alla violazione.

101

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La sentenza risultava comunicata al Governo italiano il 10 novembre 2004 e, quindi, si poteva considerare ragionevolmente sollecita la “risposta” di quest‟ultimo con la redazione del decreto legge in commento102.

I tempi rapidi necessari per la conversione del provvedimento governativo non favorirono, però, una rivisitazione organica e meditata del giudizio contumaciale, che appariva, invece, indispensabile, soprattutto alla luce della modifica dell‟art. 111 Cost. in tema di giusto processo e del mutato contesto sociale nel quale l‟istituto trovava, allora, applicazione.

Quanto al primo aspetto, questo tipo di giudizio appariva incompatibile con la struttura dialettica del processo delineata dai principi costituzionali, anche perché la normativa in tema di contumacia era centrata su presunzioni di conoscenza in capo all‟imputato circa l‟avvio della regiudicanda a suo carico. La presenza dell‟imputato in giudizio, costituiva, inoltre, il presupposto indispensabile per la piena attuazione del principio del contraddittorio, considerato come sviluppo dialettico del processo e come metodo fondamentale da seguire nell‟accertamento dell‟illecito penale non solo a garanzia dell‟imputato, ma anche in vista di un risultato giudiziale attendibile103.

102

In questi termini Cassano M. e Calvanese E., Giudizio in contumacia e restituzione nel termine, Giuffre‟, 2008, pag. 19.

103

In dottrina Marzaduri E., Sulla necessità di una riforma del giudizio in contumacia, in Legisl. pen. 2004, pag. 611 e ss.; Ubertis G., Come rendere giusto il processo senza imputato, in Legisl. pen., 2004, pag. 606 e ss.; Lattanzi G., Spunti critici sulla disciplina del processo contumaciale, in Legisl. pen., 2004, pag. 595 e ss.; Caprioli F., “Giusto

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Con riguardo al secondo profilo, non poteva essere trascurata la circostanza che, a causa dell‟espandersi dei fenomeni migratori, con sempre maggiore frequenza l‟imputato assente dall‟aula per irreperibilità era un cittadino extracomunitario, destinato a non essere quasi mai raggiunto dagli effetti della sentenza104.

Nel merito, la riforma era centrata sulle modifiche dei due istituti della restituzione in termini e delle notificazioni, che perseguivano due obiettivi fondamentali: quello di garantire in modo più effettivo la fruibilità di un‟impugnazione della sentenza contumaciale da parte del condannato che non risultasse inequivocabilmente essere stato, già in un momento anteriore, a conoscenza del procedimento instaurato a suo carico e che non avesse esplicitamente rinunciato a prendervi parte attiva; l‟altro, di rendere meno improbabile l‟effettività di tale conoscenza.

Rimase, invece, senza eco il suggerimento, avanzato da parte della dottrina105, anche se privo di un concreto riferimento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo come di una conditio sine

qua non per adeguare la normativa italiana alle esigenze europee

processo” e rito degli irreperibili, in Legisl. pen., 2004, pag. 586 e ss.; Lazzarone F., Processo in absentia: dall‟Europa una spinta per la riforma?, in Legisl. pen., 2004, pag. 601 e ss.; Negri D., Commento all‟art. 1 d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna. Una riforma inevitabile: ma basterà?, in Legisl. pen., 2005, pag. 260 e ss.

104

Vedi Negri D., Commento all‟art. 1 d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna. Una riforma inevitabile: ma basterà?, cit., pag. 260 e ss.

105

Tra gli altri autori, si ricorda Caprioli F., “Giusto processo” e rito degli irreperibili, in Legisl. pen., 2004, pag. 586 e ss.

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dell‟equo processo106, di prevedere, in caso d‟irreperibilità dell‟imputato, la sospensione del procedimento in corso, anticipata al momento della fase investigativa, a seguito dell‟infruttuosa notificazione dell‟avviso ex art. 415 bis c.p.p. Ad essere accantonata non fu, però, soltanto questa soluzione, a carattere radicalmente preventivo. Continuando a rimettere alla rinnovazione dell‟istruzione dibattimentale in appello le chances ripristinatorie del contraddittorio per il condannato in contumacia, il legislatore scartò anche quello che poteva apparire il più “naturale” tra i potenziali rimedi a posteriori, la cui adozione sarebbe sicuramente rientrata nell‟arco delle misure suggerite dai giudici di Strasburgo e rappresentando, peraltro, una soluzione, per la nostra tradizione, meno rivoluzionaria di quella che abbiamo appena visto: un regime imperniato sull‟automatico annullamento della sentenza di primo grado come effetto della successiva comparizione del contumace107.

Anche da questo punto di vista, per la verità, la sentenza Sejdovic sembra che si limitasse a postulare la necessità di garantire al contumace successivamente comparso la pronuncia, sull‟accusa a suo carico, da parte di un nuovo giudice. La Corte, quindi, non diceva se l‟esigenza della restitutio in integrum del diritto del contumace ad un processo in contraddittorio dovesse necessariamente implicare un ritorno del processo in prima istanza o se essa potesse anche dirsi

106

Di quest‟avviso Cassano M. e Calvanese E., Giudizio in contumacia e restituzione nel termine, Giuffre‟, 2008, pag. 21.

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soddisfatta nell‟ambito di un giudizio d‟impugnazione sulla sentenza contumaciale.

Anche se la Corte europea avesse finalmente fatto arrivare quel placet che da vent‟anni la contumacia made in Italy continuava a non ricevere, molti autorevoli autori continuavano ad affermare che sarebbe stato comunque difficile poter dire che la normativa in commento fosse in grado di rappresentare davvero un punto d‟arrivo per l‟assetto per la materia de qua108

.

Non sembrava essere stata eliminata109, però, l‟impressione che il sistema, da un lato continuasse a non garantire appieno un‟equa tutela a chi non sapesse davvero niente di essere stato indagato o imputato (costui, infatti, quando avesse acquisito le relative conoscenze, si vedrebbe, comunque, privato di un grado di giudizio rispetto a chi è stato processato in via ordinaria) e, per contro, non riuscisse a stroncare le manovre dei „falsi irreperibili”.

Indubbiamente, non era assolutamente facile, a questo proposito, trovare soluzioni equilibrate, per l‟oggettiva difficoltà di accertare con sicurezza chi fosse davvero ignaro del procedimento a suo carico e chi

108

Di questo parere Chiavario M., Commento al d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna, Una riforma inevitabile: ma basterà?, in Legisl. pen., 2005, pag. 253 e ss. e Lattanzi G, Costretti dalla Corte di Strasburgo, in Cass. pen., 2005, pag. 1125 e ss. Per una critica più severa, con particolare riferimento alla disciplina dei rapporti tra contumace e difensore, vedi Frigo G., Un limitato aggiustamento normativo che svela le discrasie del rito <<in assenza>>, in Guida dir., 2005, n. 18, pag. 21 e ss.

109

Di questo parere Chiavario M., Commento al d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna, Una riforma inevitabile: ma basterà?, pag. 253 e ss., cit.

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non lo fosse affatto. In un contesto, poi, che (nella mentalità prima ancora che nella legislazione) già trovava normale che si evitasse di prendere parte attiva al proprio processo, il fenomeno della contumacia “consapevole”110

sembrava destinato ad aumentare quanto più si rafforzavano e si moltiplicavano (come ci chiedeva la Corte europea) le garanzie a posteriori per il contumace che non fosse stato inchiodato da prove sicure della previa conoscenza dei dati riguardanti gli sviluppi del procedimento a suo carico e della sua volontà assenteista111.

Secondo alcuni autori112, era giunto il momento, allora, non d‟invertire la marcia “garantistica”, ma di bilanciare, anche in questo settore della

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Diverso, l‟atteggiamento dei sistemi più tradizionalmente legati ad una concezione accusatoria del processo, dove si giunge anche ad ammettere l‟uso della coercizione al fine di ottenere la presenza dell‟accusato al “suo” giudizio, fermo restando il diritto al silenzio. Il ricorso a misure del genere appare, per varie ragioni, improponibile in Italia (lo riconosce, tra gli altri, anche Frigo G., L‟onere probatorio sulla mancata notifica inceppa la restituzione automatica dei termini, in Guida dir., 2005, n. 9, pag. 69 e ss.). Per la tesi seconda la quale un sistema che richiedesse la presenza dell‟imputato in dibattimento, senza imporgli alcun obbligo oltre a quello di comparire, non apporterebbe alcuna limitazione alla sua difesa, vedi Lattanzi G., Spunti critici sulla disciplina del processo contumaciale, in Legisl. pen., 2004, pag. 595 e ss., secondo il quale ci si dovrebbe, piuttosto, chiedere se e quanto debba essere consentito all‟imputato di rinunciare alle sue facoltà difensive, fermo rimanendo che una rinuncia del genere non può essere etichettata come esercizio del diritto di difesa. In chiave critica, vedi Marzaduri E., Sulla necessità di una riforma del giudizio in contumacia, in Legisl. pen., 2004, pag. 611 e ss.

111

Non deve essere dimenticato che, per la Corte europea, non poteva essere determinante, per escludere il diritto ad un nuovo giudizio, neppure l‟allontanamento dell‟indagato dalla sua dimora dopo la scoperta del delitto (lo si ricavava chiaramente dalla stessa sentenza C. eur. Dir. Uomo, 10 novembre 2004, Sejdovic c. Italia).

112

Tra i vari autori si ricorda, ad esempio, Chiavario M., Commento al d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna, Una riforma inevitabile: ma basterà?, cit., pag. 253 e ss.

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normativa, le maggiori, necessarie garanzie con qualche contrappeso che, senza nulla togliere in termini d‟effettiva tutela dei diritti fondamentali, valesse a rendere meno appetibili le manovre che delle garanzie si servivano per impedire l‟accertamento dei reati.

Anche se a livello europeo si era data piena legittimazione al processo in contumacia, ciò non significava rinunciare alla partecipazione dell‟imputato ed accontentarsi della presenza del difensore, sia esso di fiducia o d‟ufficio; occorreva, ex adverso, prevedere delle regole che fossero idonee a rendere la disciplina della contumacia compatibile con le previsioni di cui all‟art. 6 Cedu.

In tale senso, la Corte europea, chiedeva espressamente che venissero scoraggiate le assenze immotivate dell‟imputato, prevedendo un meccanismo che imponesse all‟imputato, che non volesse partecipare al processo penale, l‟obbligo di rinunciare ad esso in modo inequivoco, sul presupposto che egli abbia avuto conoscenza ufficiale della procedura a proprio carico e della data dell‟udienza attraverso una comunicazione che garantisca la conoscenza effettiva.

Ecco, allora, emergere, nella giurisprudenza sovranazionale, due esigenze strettamente complementari cui il d.l. 18 febbraio 2005 n. 17, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 aprile 2005 n. 60 ha cercato di rispondere: la garanzia dell‟effettiva conoscenza del processo penale da parte dell‟accusato e la conseguente scelta, espressa in maniera chiara ed inequivocabile, di partecipare ovvero di non partecipare al processo penale medesimo.

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Nel caso in cui vi fosse dubbio circa l‟effettiva conoscenza del processo, il rimedio esperibile, nella fattispecie la restituzione in termini, per essere compatibile con il dettato dell‟art. 6 della Convenzione europea, doveva essere in grado di evitare che l‟imputato contumace o latitante, intenzionato ad ottenere la riapertura del termine per interporre impugnazione, fosse oberato da un eccessivo onere probatorio.

Questi concetti sono, poi, stati ulteriormente affinati dai giudici di Strasburgo, nell‟intento di apportare un miglioramento dei rimedi proponibili avverso le sentenze contumaciali. In questo senso, la disciplina originaria dell‟art. 175 co. 2 c.p.p. era stata tacciata di essere scarsamente efficace per due ordini di ragioni: la difficoltà di provare l‟elemento della non volontaria sottrazione alla conoscenza degli atti del procedimento e, poi, il breve termine, previsto a pena d‟inammissibilità, per presentare la richiesta di restituzione113

.

Sulla base di questi rilievi mossi a livello europeo, il legislatore, attraverso la riforma in commento, provvide ad eliminare la distinzione contenuta nell‟originario art. 175 co. 2 c.p.p., tra le due ipotesi di contumacia dovute ad ignoranza del procedimento, quand‟anche avessero origine nella notificazione degli atti mediante

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Si fa riferimento a quanto abbiamo visto essere stato affermato nella sentenza Sejdovic dalla Corte di Strasburgo in merito ai rimedi proponibili per la rimessione in termini nell‟ordinamento italiano. In dottrina, vedi Tamietti A., Processo contumaciale e rimedi a garanzia del diritto di difesa dell‟imputato assente: la Corte Europea “boccia” la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., in Cass. pen., 2004, pag. 1393 e ss. e Tamietti A., Processo contumaciale e Convenzione europea dei diritti dell‟uomo: la Corte di Strasburgo sollecita l‟Italia ad adottare riforme legislative, in Cass. pen., 2004, pag. 989 e ss.

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consegna al difensore per irreperibilità del destinatario (art. 159 c.p.p.) od inadeguata elezione di domicilio (artt. 161 co. 4 e 169 c.p.p.), introducendone solo una, sul presupposto che risultasse dagli atti la mancata conoscenza del procedimento da parte dell‟imputato e la volontà di quest‟ultimo di rinunciare a comparire, sempre che l‟impugnazione o l‟opposizione non fossero già state proposte dal difensore. Ciò che più contava, però, era che con quella classificazione cadesse anche il riferimento alla condotta, secondo i casi, incolpevole o involontaria dell‟imputato nell‟avere ignorato l‟attività processuale: impossibilità di muovere rimprovero all‟interessato per un suo atteggiamento soggettivo che aveva costituito, fino a quel momento, l‟ulteriore e più ostica condizione d‟accesso al gravame.

Nel testo del decreto legge era, quindi, riprodotta la formula <<sempre che l‟impugnazione non sia stata già proposta dal difensore>>, contenuta nell‟originario secondo comma dell‟art. 175 c.p.p., per significare che l‟imputato non poteva essere restituito nel termine per impugnare se l‟impugnazione era già stata proposta dal suo difensore. Tale inciso, soppresso in prima lettura dalla Camera, venne ripristinato dal Senato che, nell‟art. 571 co. 3 c.p.p., aveva anche riprodotto la regola secondo la quale <<contro una sentenza contumaciale il difensore può proporre impugnazione solo se munito di specifico mandato rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste.>>114.

114

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Si tratta di due previsioni che la Camera soppresse in seconda lettura e che, quindi, non figurano nel testo definitivo. Nonostante la soppressione, tuttavia, doveva continuare a ritenersi115 che l‟imputato non possa essere restituito nel termine per promuovere un “secondo” giudizio d‟impugnazione, quando già se n‟è svolto uno per iniziativa del difensore. In questo caso, l‟impugnazione proposta dal difensore consumava il potere d‟impugnare riconosciuto alla parte personalmente e, quindi, non esisteva un termine nel quale l‟imputato potesse essere restituito. La restituzione nel termine per impugnare una decisione, quindi, non poteva che riguardare il mezzo d‟impugnazione al quale essa rimaneva soggetta. Una regola diversa avrebbe dovuto essere esplicitata ed accompagnata da una (decisamente non semplice) regolamentazione dell‟impugnazione proposta autonomamente dal difensore.

Nel caso in cui si fosse voluto garantire, in ogni caso, al contumace, attraverso la restituzione nel termine, un “secondo” giudizio d‟appello, si sarebbe dovuta regolare la sorte del precedente, sia per quanto concerneva la decisione già pronunciata, sia per quanto concerneva le prove eventualmente assunte, così come si sarebbe dovuta regolare la sorte dell‟eventuale giudizio di cassazione e di quello di rinvio. Questa regolamentazione è, invece, mancata e non era ricavabile in via interpretativa116.

115

In questi termini Lattanzi G, Costretti dalla Corte di Strasburgo, in Cass. pen., 2005, pag. 1125 e ss.

116

In questi termini Lattanzi G, Costretti dalla Corte di Strasburgo, pag. 1125 e ss., cit., pag. 1131.

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Non era dato stabilire, inoltre, quale sarebbe dovuta essere la sorte della sentenza pronunciata nei gradi d‟impugnazione: doveva essere annullata (o revocata?) con l‟ordinanza che dispone la restituzione nel termine o con la sentenza che conclude il “secondo” giudizio d‟impugnazione? Sempre, o a seconda dell‟esito del giudizio celebrato su richiesta del contumace? Poteva accadere, infatti, che quest‟ultimo si concludesse con una decisione d‟inammissibilità o di rigetto, diversamente dal primo, definito da un parziale accoglimento dell‟impugnazione.

Secondo alcuni autori117, proprio l‟ostinarsi a concedere la semplice restituzione nel termine per impugnare la sentenza, in una situazione processuale che appariva bisognosa di un rimedio estremo quale la rinnovazione del giudizio, significava ipotecare l‟ulteriore effetto avuto di mira dalla novella del 2005: rendere ammissibile, tramite il recupero temporale, il gravame del contumace involontario a prescindere dalla precedente impugnazione del difensore. La scomparsa dell‟anteriore preclusione dal testo dell‟art. 175 co. 2 c.p.p. s‟annunciava come una scelta conforme al chiaro favore per l‟autodifesa espresso dalla l. 60/2005, sebbene la logica d‟insieme fosse prevalsa a fatica, dopo che la stesura uscita dal primo esame del Senato era giunta a prefigurare, addirittura, il ripristino del mandato

117

E‟ di quest‟avviso Negri D., Commento all‟art. 1 d.l. 18/02/2005 n. 17, conv., con modif., in l. 22/04/2005 n. 60 – Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna. Una riforma inevitabile: ma basterà?, in Legisl. pen., 2005, pag. 260 e ss.

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specifico da conferirsi al difensore, secondo la versione originaria dell‟art. 571 co. 3 c.p.p.

Espunta a suo tempo quest‟ultima regola, in grado di ridurre le

chances difensive dell‟imputato, specie se irreperibile118, sembrava altrettanto doveroso far cadere la previsione correlata dell‟art. 175 co. 2 c.p.p.119, considerata fonte principale degli svantaggi per il contumace ignaro: liberato il difensore dal vincolo del mandato ad

hoc, erano destinate a diventare più frequenti le ipotesi nelle quali

l‟autonoma impugnazione dell‟avvocato avrebbe precluso l‟analoga via dell‟assistito.

In assenza di un‟apposita regolamentazione, la disciplina dei rapporti tra i due strumenti di critica, soggettivamente distinti, sembrava ancora da ricondursi sotto il tradizionale principio dell‟unicità del