I COORDINATORI PER LA SICUREZZA
3.10 – COMPENSO DEI COORDINATORI
Va da sé che i coordinatori per la sicurezza devono essere compensati per la loro prestazione che comporta tempo, risorse, spese vive, spese generali e, soprattutto, assunzione di responsabilità penali e civili. Cominciamo col dire che:
i coordinatori dipendenti di un ente pubblico o di un’azienda privata non hanno diritto a percepire alcunché per la loro prestazione essendo questa inclusa nel loro stipendio, in genere onnicomprensivo, a meno di accordi particolari;
per i coordinatori liberi professionisti, le tariffe a suo tempo fissate dal Decreto Ministeriale del Ministero della Giustizia del 4/4/2001 (per i lavori pubblici) e dagli ordini e collegi professionali (per i lavori privati) sono state abrogate e sostituite con quelle qui sotto indicate.
Il Decreto legge 24/1/2012 coordinato con la legge di conversione 24 marzo 2012, n.
27 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” e con le modifiche apportatevi dalla legge 4 agosto 2017 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, nell’art. 9 così recita:
“Disposizioni sulle professioni regolamentate.
1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.
2. omissis.
3. omissis.
4. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente obbligatoriamente, in forma scritta o digitale, con il preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Al tirocinante è riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio.
5. Sono abrogate le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.”
Inoltre, la legge 4 agosto 2017 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”
nell’art. 1, comma 152, così prescrive: “Al fine di assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell’utenza, i professionisti iscritti ad ordini e collegi sono tenuti ad indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni”.
Ne consegue che il compenso deve essere fissato per ogni singolo incarico o prestazione (ad esempio il professionista che riceve sia l’incarico di coordinatore per la progettazione, sia l’incarico di coordinatore per l’esecuzione dei lavori, deve indicare due diversi compensi). Il compenso deve essere così fissato:
•nel caso di contratti pubblici, secondo le indicazioni del D.M. 17/6/16 (D. Lgs.
50/16, art. 24, comma 8); il D. Lgs. 50/16, nell’art. 24, commi 8 bis e 8 ter, vieta di subordinare il compenso all’ottenimento del finanziamento o di sostituirlo con forme di sponsorizzazione o di rimborso;
•nel caso di contratti privati, trattando col committente (o col responsabile dei lavori) valutando le ore prevedibili della prestazione e le spese da sostenere; se possibile, convincendo il committente ad usare i compensi di cui al D.M.
17/6/16 sopra citato.
Per concludere, ai professionisti (tra cui architetti, ingegneri, geometri, periti industriali e altri) deve essere riconosciuto un equo compenso. La norma sull’equo compenso è entrata in vigore il 6/12/2017, grazie ad un emendamento nella conversione in legge del decreto fiscale n. 148/2017, che ha ampliato l’applicazione di un articolo inizialmente dedicato solo agli avvocati.
La norma prevede quanto segue:
•l’equo compenso si applica ai rapporti con clienti diversi dai consumatori, ossia ai cosiddetti “clienti forti” (amministrazioni pubbliche, banche, assicurazioni e simili);
•il compenso delle prestazioni professionali deve risultare proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione. Per le professioni ordinistiche l’equo compenso sarà valutato tale in
rapporto alle tabelle ministeriali dei parametri utilizzati in sede giudiziale, ossia viene calcolato secondo il Decreto del Ministero della Giustizia del 17/6/2016;
•si applica a tutte le professioni, incluse quelle senza Ordini o Albi. che svolgono prestazioni nei confronti di banche, assicurazioni e grandi imprese.
Con l’argomento del compenso si è toccato un tasto importante e delicato, almeno per i liberi professionisti. È un fondamentale principio di etica professionale. Il professionista non può e non deve, chiedendo compensi irrisori, danneggiare e spiazzare i colleghi onesti e corretti che chiedono invece compensi congrui. Il fronte dei compensi non può essere demolito da quei professionisti, indegni di chiamarsi tali, che, appunto chiedendo compensi irrisori, creano una situazione di sleale concorrenza che, alla fine, finisce per danneggiare pure loro. Si tenga presente che il compenso deve coprire tutte le spese, dirette ed indirette (assunzione di responsabilità, mantenimento di uno studio professionale, telefono e fax, percorrenze, assicurazione, fotocopie, riunioni, eccetera), e garantire un giusto ed equo compenso della prestazione. D’altra parte, lo stesso committente (o responsabile dei lavori) dovrebbe ben guardarsi da quei professionisti che offrono prestazioni di coordinatore a costi modestissimi; quasi sempre un compenso modesto corrisponde anche ad un minor livello di qualità della prestazione perché è evidente che il professionista, per non perdere il proprio guadagno, lesinerà sul tempo da dedicare alla redazione del PSC, in cantiere effettuerà poche visite o fingerà di non vedere le situazioni critiche e così via.
3.11 – PRIVACY
Sia nei documenti prodotti dal CSE (verbali delle riunioni di coordinamento, rapporti di visita, comunicazioni al committente, eccetera), sia nel PSC, sia in altri documenti afferenti il cantiere possono figurare nominativi di persone e dati ad esse associabili (indirizzo, numero di telefono, livello di inquadramento, indirizzo di posta elettronica ed altri). Tali dati, conformemente a quanto indicato nel D. Lgs. 196/03 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”, art. 24, comma 1, lettere a ed e), sono definiti “dati comuni” non appartenenti né alla categoria dei dati sensibili, né a quella dei dati giudiziari; come tali non richiedono il consenso degli interessati perché non idonei a rivelare l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, le opinioni politiche, l’adesione a partiti o sindacati, lo stato di salute, la vita sessuale, la qualità di imputato o di indagato, l’iscrizione nel casellario giudiziale, i carichi pendenti.
Naturalmente tali dati devono essere gestiti unicamente nell’ambito della sicurezza e della salute sul lavoro nel cantiere, essere comunicati unicamente ai soggetti aventi un ruolo specifico nel cantiere; non venire quindi né gestiti, né comunicati per altri fini.