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La composizione dei conflitti attraverso le operazioni di bilanciamento

Il principio che esprime la necessità del bilanciamento, come metodo ineliminabile per giungere a definire il valore ambiente, è il principio di integrazione (o

107 Cfr. N.HARTMANN, Etica (1949), trad. it. di V. FILIPPONE THAULERO, Guida, Napoli, 1970, vol. II,

Assiologia dei costumi, 408.

108 Cfr.M.CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Giuffrè, Milano, 2000, 194. 109 Cfr. D.AMIRANTE, Profili di diritto costituzionale dell’ambiente, in P.DELL’ANNO E.PICOZZA (a

cura di), Trattato di diritto dell’ambiente, Cedam, Padova, 2012, 280. L’autore converge sull’opportunità che, per ottenere la pienezza di tutela, lo status giuridico dell’ambiente non continui a conservare al consistenza valoriale ma sia piuttosto concretizzato nella forma del principio, che dovrebbe avere la stessa forza dei principi fondamentali elencati nella prima parte della nostra Costituzione.

110 Sul rapporto tra ambiente, scienza ed etica, v. M.C.TALLACCHINI, Ambiente e diritto della scienza

incerta, in S.GRASSI,M.CECCHETTI,A.ANDRONIO (a cura di), Ambiente e diritto, Firenze, Olschki, 1999, 73ss.; ID.,I saperi specialistici, tra science advise e soft law: technology assessment ed espertise etica, in Ambito e fonti del Biodiritto, Trattato di Biodiritto,(a cura di) S. RODOTÀ,ZATTI, Milano, Giuffrè, 2010, vol. I, 861 ss.

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primarietà) che presuppone l’unitarietà della stessa nozione di ambiente111, e postula

che, in quanto valore costituzionale, l’ambiente sia preso in considerazione nella definizione degli obiettivi e dei contenuti delle altre politiche.

Ciò determina che il valore ambientale non possa esistere in una sorta di isolamento rispetto agli altri valori112, ma si collochi rispetto ad essi in una continua interazione reciproca che può declinarsi in termini di continuità, sovrapposizione, intersezione, contrapposizione.

La regolazione dei rapporti che si instaurano con gli altri valori riconosciuti dall’ordinamento non può non essere influenzata della circostanza che la connotazione pluralista della nostra costituzione esclude l’esistenza di una gerarchia predeterminata tra valori che ne indichi un ordine di preferenza per la soddisfazione.

La riconosciuta assenza di un valore “tiranno”, rispetto al quale le esigenze di tutela degli altri siano “a priori” sempre recessive, rende imprescindibile l’utilizzo di tecniche di bilanciamento o ponderazione che consentano di stabilire quale sia l’equilibrio reciproco che si deve instaurare nel rapporto tra valori che si trovano in una situazione di interferenza.

Dal momento che il concetto di ambiente condensa una pluralità di interessi caratterizzata da un alto tasso di indeterminatezza (dovuta alla complessità e mutevolezza dei fenomeni ambientali) non è facile cristallizzarne il contenuto (già di per sé indeterminato) in una forma normativa stabile ma al tempo stesso flessibile rispetto ai fisiologici cambiamenti correlati a mutamenti esterni. Proprio in ragione della sua natura di valore costituzionale non determinabile a priori, la tutela dell’ambiente interferisce inevitabilmente con altri interessi e altri valori, secondo modalità che, per la complessità intrinseca della materia, non possono che definirsi con metodo casistico.

Poiché oggi atto di bilanciamento è momento autonomo e irripetibile, poiché influenzato e determinato da circostanze specifiche e contingenti, risulta necessario individuare dei metodi universalmente validi, reiterabili e adattabili al mutare delle circostanze come punti di riferimento per il soggetto chiamato ad effettuare il bilanciamento.

L’esame delle tecniche che l’ordinamento utilizza (o può utilizzare) per risolvere i conflitti non può prescindere dalla considerazione del rapporto tra la valutazione del rischio e la gestione dello stesso, da un lato, e, tra le valutazioni tecniche e le valutazioni discrezionali, dall’altro. Tale rapporto dipende, a sua volta, dall’equilibrio dialettico che si instaura tra politica (e quindi normazione), amministrazione e magistratura, ovvero tra i classici tre poteri dello stato.

È infatti evidente che la decisione in ordine alla definizione di che cosa si intende per rischio accettabile ha la consistenza di una scelta politica e si traduce in previsioni

111 Sul punto v. M. CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, Giuffrè, Milano, 2000,

85 ss.

112 Lo specifico riferimento ai valori non preclude che le considerazioni svolte si riferiscano anche ai

principi e diritti e interessi giuridicamente rilevanti con i quali l’ambiente presenta delle interferenze. Ciò che rileva ai fini della conoscenza di un determinato valore infatti

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normative (che chiaramente non deve avvenire in modo arbitrario, ma nei limiti del rispetto dell’obbligo giuridico di garantire un elevato livello di tutela della salute pubblica e dell’ambiente)113; le determinazioni in ordine alle modalità di gestione del

rischio attengono invece al potere discrezionale dell’amministrazione (che lo deve effettuare nel rispetto dei principi e delle norme sostanziali e procedurali che regolano l’azione amministrativa), mentre al giudice (soprattutto a quello costituzionale) in linea di principio spetta un potere di sindacato (comunque sotto certi profili limitato) sulle scelte sia del legislatore sia dell’amministrazione114.

La tenuta di tale equilibrio tra i poteri pubblici può essere però messa sotto pressione dalla natura dinamica delle problematiche ambientali, che richiede spesso la predisposizione – in tempi, di norma, molto ristretti – di soluzioni ad alto grado di tecnicità, a cui non è in grado di rispondere adeguatamente né la politica (stante la “fisiologica” lentezza dei processi normativi, rispetto alle tempistiche necessarie alla soluzione di problematiche ambientali) ), né l’amministrazione; con la conseguenza di rendere necessario l’intervento “sostitutivo” del giudice (soprattutto di quello penale), quale “ultima istanza” di garanzia.

4.1. Il bilanciamento come strumento per decidere la regola del conflitto Prima di affrontare, in relazione al caso di studio che prenderemo in considerazione, le modalità in cui il bilanciamento viene esercitato dal legislatore, dall’amministrazione e dai giudici, occorre circoscrivere il campo di applicazione della nozione di “bilanciamento” che si intende utilizzare nel presente lavoro.

Il termine bilanciamento, che ha conosciuto una prima origine all’interno dell’ordinamento anglosassone, presuppone l’esigenza tipica dei sistemi complessi di effettuare un’attività di “ponderazione” che riguarda interessi entrambi dotati di rilevanza giuridica che non sempre vengono posti in una relazione gerarchicamente ordinata.

Il bilanciamento può infatti essere riferito tanto ad una tecnica di valutazione e analisi ai fini della corretta composizione di interferenze tra valori parimenti rilevanti, quanto ad un principio chiave nella costruzione delle strategie per la protezione dell’ambiente.

La connessione tra queste due accezioni del termine è comunque molto stretta giacché, come sottolinea la dottrina, «il bilanciamento come principio fondamentale per

la costruzione di un “diritto per l’ambiente” risulta piuttosto un bilanciamento da svolgere soprattutto sul piano degli interessi sostanziali»115.

113 In proposito, v. la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 21 luglio 2011in causa C-

15/2010, paragrafo 96.

114 Sul principio della separazione dei poteri, tra i molti, si può rinviare a: ACERRI., Poteri (divisione dei),

in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, 1 ss.; F.MODUGNO, Poteri (divisione dei), in Noviss. Dig. It., XIII, Torino, 1966, 472 ss.; A.M.SANDULLI, Funzioni pubbliche neutrali e giurisdizione, in Riv. dir. proc., 1964, 200 ss; G.SILVESTRI, Poteri dello Stato (divisione dei), in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 670 ss.

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Il bilanciamento116 inteso come tecnica di risoluzione delle interferenze tra valori rappresenta un’alternativa rispetto alle ordinarie modalità di risoluzione delle antinomie utilizzabili da parte dell’interprete (principio di gerarchia delle fonti, principio di priorità temporale delle fonti, limiti al potere di valutazione del giudice ecc.).

Ciò si spiega con la diversità della situazione in cui viene a trovarsi l’interprete: da un lato (nell’ipotesi ordinaria di antinomia tra norme), è possibile individuare un ordine di priorità sulla base di criteri che preesistono rispetto al verificarsi dell’interferenza, mentre, dall’altro, non si rinviene la stessa situazione con riferimento a valori che hanno una pari dignità costituzionale (che non ne consente di pre-stabilire l’ordine di soddisfazione).

Da quest’ultimo angolo visuale, emerge chiaramente, quale presupposto per la stessa configurabilità in astratto dell’attività di bilanciamento, l’esistenza di un determinato assetto costituzionale117: la Costituzione non deve infatti rappresentare un

monolite all’interno del quale sia stato scolpito un ordine di priorità dei valori che i soggetti dell’ordinamento devono perseguire in termini assoluti e non defettibili, ma contiene una forza “progettuale”, che si esprime in un complesso di valori in grado di indirizzare l’attività interpretativa dei giudici e l’attività del legislatore verso un progressivo ampliamento delle tutele118(questo secondo tipo di costituzione postula di

per sé la potenzialità del conflitto tra valori119).

116 Il bilanciamento viene definito come «tecnica di composizione di interessi o diritti in conflitto» da A.

MORRONE nella voce Bilanciamento (giustizia costituzionale), cit., 185.

117 In una prospettiva storicistica, l’attività di bilanciamento può essere guardata con riferimento al periodo

anteriore e a quello posteriore alla Costituzione repubblicana. Per generale che mette in luce il passaggio le modalità e le esigenze dell’attività di bilanciamento nelle due fasi cronologiche, v. G.PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi, in Etica & Politica/ Ethics & Politics, 2006, 5-9.

118 In relazione alla descrizione della tipologia di costituzione che consente (o meglio richiede) l’attività

di bilanciamento v. A.MORRONE, in Bilanciamento (giustizia costituzionale), in Encicl. dir. – Annali, Giuffrè, Milano, 2008, vol. II, tomo II, 186, nella parte distinguendo tra l’assetto dello stato liberale da quello dello stato liberal-democratico mette in evidenza che il bilanciamento è possibile quando si ammetta l’esistenza di lacune normative. Soltanto in tale ipotesi, infatti, il riempimento del vuoto presente nell’ordinamento (necessario per dirimere un eventuale conflitto o rispondere ad una nuova esigenza di tutela) richiede l’intervento dell’attività dell’interprete che dovrà individuare la regola iuris valorizzando la ratio della Costituzione e non invece utilizzando lo strumento norma positiva perché la strutturale mancanza di coincidenza tra voluntas (espressa dalla legge) e ratio (espressa dalla Costituzione). Sulla qualificazione delle norme contenute all’interno della Costituzione in termini di “principio” piuttosto che di “regole” giuridiche in senso stretto, ex multis, v. P.BARILE, La Costituzione come norma giuridica, Firenze, 1951, e V.CRISAFULLI, La Costituzione e le sue disposizioni di principio, Milano 1952.

119 Peraltro non risulta del tutto incontroversa la posizione a favore della tesi della pervasività del conflitto

tra valori/diritti e principi costituzionali. Alcuni autori si chiedono infatti se esiste veramente il conflitto o se sia soltanto apparente o comunque superabile senza l’esigenza di ricorrere ad attività di bilanciamento. In questa prospettiva, le elaborazioni teoriche assumo posizioni che vanno a) da chi sostiene l’inesistenza dei conflitti (perché in linea di principio all’interno del sistema normativa gli interessi sarebbero – almeno astrattamente – tutti compossibili) (v., ad esempio, L. FERRAJOLI, I fondamenti dei diritti fondamentali, in L.FERRAJOLI, Diritti Fondamentali. Un dibattito teorico, a cura di E.VITALE,Laterza, Roma-Bari, 2001, 277-369); b) a chi invece ritiene che i conflitti esisterebbero soltanto in apparenza (l’attività esegetica dell’interprete consentirebbe infatti di addivenire ad una soluzione del conflitto che dimostra come anche prima di ciò che è apparsa un’ipotesi conflittuale esistesse un equilibrio che non è stato turbato ma che doveva essere soltanto “riscoperto”) (M.LUCIANI, Corte costituzionale e unità nel nome dei valori, in R.ROMBOLI (a cura di), La giustizia costituzionale a una svolta, Giappichelli,

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Ciò si verifica nel nostro ordinamento costituzionale in cui «non si è ancora

consolidata sul piano giurisprudenziale (a differenza di quanto accaduto in Germania) la tesi dell’esistenza di una gerarchia di valori costituzionali»120 e dove la stessa Corte costituzionale riconosce che non esiste una rigida gerarchia dal momento che «La

Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto» (così Corte

cost., 9 maggio 2013, sentenza n. 85).

La parola “bilanciamento” ha certamente una forte potenza evocativa perché rimanda all’immagine classica della giustizia iconograficamente resa come figura femminile che sorregge nella mano una bilancia. Alle estremità della struttura di cui si compone la bilancia i due piatti servono ad attribuire un determinato “peso” ad oggetti (anche diversi) che vengono messi in collegamento reciproco (in “equilibrio”) mediante il riferimento ad un’unità di misura.

Se questa è l’idea che restituisce la metafora della “bilancia” (ovvero l’idea della possibilità di determinare la consistenza ponderale di oggetti diversi attraverso l’utilizzo di un’unità di misura) bisogna considerare che ciò non si verifica allo stesso modo (ovvero con la stessa immediatezza) quando sul piatto della bilancia trovano spazio non oggetti definiti del mondo reale, ma valori costituzionali e in particolare quei valori il cui contenuto non sia facilmente determinabile a priori.

In questa ipotesi la ricerca di un equilibrio diventa più complessa; complessità che consiste in primo luogo nella stessa individuazione della consistenza specifica dell’oggetto da misurare. Se, da un punto di vista generale, non dà luogo a complicazioni il fatto che l’oggetto del bilanciamento debba essere costituito da beni di rango costituzionale (non solo dai diritti e dai doveri fondamentali, ma anche da meri interessi, soggettivi o oggettivi, benché costituzionalmente rilevanti), altrettanto non è facile sostenere quando si tratti in concreto di definire l’esatto perimetro di che cosa rientra o meno all’interno della procedura di bilanciamento.

Torino, 1991, 170-176) Per queste considerazioni, v. G. PINO, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali. Una mappa dei problemi, in Etica & Politica/ Ethics & Politics, 2006, 9-13.

120 E.CHELI, Il giudice delle leggi, Bologna, Il Mulino, 1999, 94.Come mette in evidenza, G.PINO,

Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali, cit., 13-15, parte dalla dottrina ha inoltre criticato la possibilità stessa costruire una gerarchia di valori costituzionali sulla base di argomenti che si possono schematizzare nel modo seguente: a) la scelta di una gradazione dei valori secondo una scala gerarchia non ha carattere oggettivo ma soggettivo in quanto dipende dalla lente con cui l’interprete si rivolge al testo costituzione e ne modula il contenuto assiologico (discrezionalità nella selezione dei diritti principi fondamentali da un lato, nella definizione di ciò che ricade all’interno del perimetro che delimita il nucleo essenziale non comprimibile del valore); b) non risolve il problema del coordinamento perché non esclude l’esigenza del bilanciamento (alcuni diritti dovranno comunque essere bilanciati); c) postulare l’esistenza di un contenuto essenziale del diritto significa riconoscere l’esistenza di una conflittualità latente tra principi e dunque l’esigenza del bilanciamento.

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Per chiarire il concetto si può fare l’esempio del diritto fondamentale che rende l’attività di individuazione dell’oggetto del bilanciamento poco agevole (in alcuni casi) per la complessità della stessa struttura del diritto che all’interno contiene una serie indefinita di diritti impliciti la cui rilevanza rispetto al caso specifico deve essere valutata ai fini dell’ingresso sul piatto della bilancia.

La dottrina ha elaborato una distinzione tra le tipologie di bilanciamento con riferimento all’omogeneità o meno dell’oggetto di valutazione, a cui corrispondono le operazioni di bilanciamento c.d. esterno ed interno; in altri termini si distingue in base alla circostanza che il conflitto riguardi diritti/valori diversi (nel primo caso, intra- valore) oppure che la conflittualità attenga al contenuto dello stesso diritto/valore (inter- valore).

Nei conflitti intra-valore «vengono in rilievo interessi omogenei imputabili a

soggetti in posizione antagonistica: così, ad esempio, con riferimento al diritto di difesa, nel caso di una legge che non rispetta il “principio di parità delle armi” tra attore e convenuto: il valore di riferimento è il medesimo (la difesa dei diritti), ma il conflitto è tra il diritto di chi agisce e quello di chi resiste»121.

I conflitti inter-valori, invece, presuppongono diritti o interessi ascrivibili al contenuto di valori costituzionali eterogenei.

All’interno di questa categoria si distinguono tre ordini di ipotesi: in primo luogo, quando vengono in rilievo i conflitti tra situazioni giuridiche soggettive eterogenee; in secondo luogo, quando si considerano i conflitti tra situazioni giuridiche soggettive e interessi oggettivi dell’ordinamento costituzionale; ed, infine, quando si verifica una collisione tra beni costituzionali diversi.

La dinamicità del contenuto degli oggetti da sottoporre a bilanciamento, e ciò riguarda soprattutto il tema dei valori costituzionali (che si definiscono in funzione della sensibilità sociale in un dato momento), rende complessa la possibilità di tracciare in maniera definitiva la topografia del conflitto ovvero di stabilire una “regola del conflitto” in grado di trovare generale applicazione.

In questa prospettiva, è stato proposto di distinguere la tecnica del bilanciamento nelle categorie “ad hoc balancing” and “definitional balancing”, in ragione della possibilità di applicare o meno la regola del conflitto anche ad altri casi futuri122.

Nella prima ipotesi (bilanciamento “ad hoc”), la definizione del conflitto avviene attraverso l’individuazione di una regola che consente di stabilire l’ordine di precedenza tra i due valori con riferimento alla situazione concreta a cui si riferisce (ciò non esclude che si possa applicare anche a successivi ma casi ma comunque restringe il campo di applicabilità a situazioni sostanzialmente identiche)123; mentre nella seconda

121 In questi termini, A.MORRONE, voce il Bilanciamento (nella giustizia costituzionale), 191 ss. 122 Cfr. M.NIMMER, in The right to speak from Times to Time: First Amendment Theory Applied to Libel

and Misapplied to Privacy, in California Law Review, 56, 1968, n. 4, 935-942.

123 La sensazione di instabilità che caratterizza l’equilibrio che si determina all’esito del bilanciamento ad

hoc (perché non è destinato a reggere in altre situazioni pur se analoghe) viene plasticamente resa da R. Guastini con l’espressione «gerarchia assiologica mobile» utilizzata proprio per qualificare il rapporto che

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(bilanciamento “definitorio”) si riscontra la possibilità di individuare una regola (tendenzialmente) astratta e generale che sia applicabile anche ad ulteriori fattispecie conflittuali che dovessero verificarsi (in altri termini si individua un parametro di giudizio che potrà essere utilizzato per dirimere le interferenze in casi analoghi purché presentino le caratteristiche sovrapponibili – anche se non identiche – alla fattispecie che ha dato luogo all’elaborazione della regola).

Nel diritto amministrativo il «bilanciamento si configura come l’esplicitazione

teorica di un dato reale che risulta immanente nell’intera attività amministrativa»124.

Nelle società pluraliste contemporanee in cui non esiste una gerarchia definita di valori e dove l’autorità retrocede (in forza dei principi di solidarietà ed eguaglianza), il bilanciamento esprime meglio di altri concetti la situazione in cui si trova l’Amministrazione che deve esercitare il proprio ruolo effettuando scelte di ponderazione tra gli interessi pubblici e gli interessi privati in funzione del raggiungimento di un equilibrio ragionevole che ne consenta la minor compressione possibile125.

Il bilanciamento è infatti un principio che consente di tenere conto della complessità e della dinamicità dei rapporti tra interessi che non hanno mai carattere assoluto ma in quanto relativi richiedono di essere soppesati (cioè bilanciati) attraverso l’utilizzo dello strumento della discrezionalità amministrativa126.

la regola del conflitto fa insorgere tra gli oggetti del bilanciamento. Cfr. R.GUASTINI, L’interpretazione dei documenti normativi, Giuffre, Milano, 2004, 216-221)

124 Cfr. M.ABRUZZESE,V.ZUBALLI, Il metodo del bilanciamento nel diritto amministrativo, Aracne,

Roma, 2013, pag. 170.

125 Sul principio di proporzionalità, a cui deve conformarsi l’azione amministrativa, rimane essenziale

l’insegnamento di Gian Domenico Romagnosi, secondo il quale «La regola fondamentale […] è che l’autorità e la forza obbligatoria di qualsiasi funzione o atto amministrativo non può eccedere l’intento obbligato, per il quale l’atto o la funzione furono stabiliti dalla legge». Nell’esercizio del pubblico potere, dunque, «occorre far prevalere la cosa pubblica alla privata dentro i limiti della vera necessità». G.D. ROMAGNOSI, Istituzioni di civile filosofia ossia di giurisprudenza teorica, in Op. III, 2, (la prima citazione è a pag. 14448 mentre la seconda a pag. 1388). Sulla rilevanza del contributo scientifico alla dottrina del diritto amministrativo del pensiero di Romagnosi, v. G.ROSSI, L’attualità di G.D. Romagnosi nell’eclissi dello statalismo. Considerazioni sul passato e sul futuro del diritto amministrativo, in Diritto Pubblico, 1, 2013, 1 ss.

126 Il nucleo essenziale della discrezionalità, come noto, consiste nell’attività di ponderazione di interessi

da parte dell’amministrazione finalizzata a stabilire il diverso grado di soddisfacimento di ognuno di essi. La ponderazione comporta un momento valutativo e un momento volitivo in quanto «l’esercizio del potere discrezionale è, insieme, giudizio, come fissazione del valore comparativo degli interessi e volontà, come scelta della soluzione imposta da tale valutazione; è unilaterale ogni considerazione di esso nell’uno o nell’altro modo» (in questi termini, M.S.GIANNINI, Il potere discrezionale della P.A., Milano, 1939, 74). In tale prospettiva, si potrebbe anche guadare al bilanciamento come metodo dell’azione amministrativa, mentre considerare la discrezionalità come tecnica di ponderazione che dà come esito il bilanciamento stesso. La dottrina in tema di discrezionalità nel diritto amministrativo è vasta. Si rinvia pertanto soltanto alle voci enciclopediche e alla bibliografia ivi indicata: AZZARITI G., Dalla discrezionalità al potere,