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L’ “inadeguatezza” dell’AIA 2011: il procedimento di riesame e le iniziative della Magistratura penale

Già a pochi mesi dal rilascio dell’AIA il 4 agosto 2011, emerge con tutta evidenza l’inadeguatezza dell’equilibrio definito tra le esigenze connesse alla produzione e al mantenimento dei livelli di occupazione, da un lato, e le esigenze di garantire la tutela dell’ambiente e della salute, dall’altro.

La tenuta del bilanciamento effettuato dall’amministrazione con lo strumento autorizzatorio viene infatti messa in discussione non soltanto dalle iniziative giurisdizionali della stessa Società Ilva (e anche del World Wilde Fund), ma anche dagli esiti delle attività istruttorie disposte dal giudice penale di Taranto e dai risultati degli accertamenti scientifici svolti da Arpa.

In primo luogo, come sopra richiamato, il giudice amministrativo su ricorso del gestore aveva inciso sul contenuto regolatorio dell’AIA annullando alcune prescrizioni contenute nel parere istruttorio della Commissione AIA-IPPC e nel piano di monitoraggio e controllo redatto da Ispra (l’ordinanza cautelare di sospensione delle prescrizioni risale al 9 marzo 2012 mentre la sentenza risale al successivo 11 luglio 2012).

In secondo luogo, la gravità della situazione ambientale e sanitaria veniva confermata tanto dagli esiti delle perizie chimica ed epidemiologica disposta dal GIP di Taranto nell’ambito dell’inchiesta denominata “Ambiente svenduto” 342che ha

342 Per questa definizione v. A. BONELLI, Good morning diossina, Taranto un caso italiano ed europeo,

Green European Foundation, 2015, 15. Il processo ha avuto luogo dalla riunione di tre filoni di indagini relativi: a) alla presenza di diossina nei capi di bestiame allevati nelle vicinanze dello stabilimento; b) alle

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riguardato i vertici e la proprietà della Società Ilva di Taranto (gli esiti vengono resi pubblici a seguito di incidente probatorio all’inizio di febbraio 2012); quanto dalla relazione di Arpa Puglia con cui si trasmettevano i dati sui monitoraggi del benzo(a)pirene effettuati nell’area di Taranto (la relazione è del 1 febbraio 2012).

In questa cornice temporale si inserisce anche la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (8 marzo 2012) della decisione di esecuzione della Commissione che stabilisce la vincolatività delle nuove conclusioni sulle BAT per la produzione del ferro e dell’acciaio.

Le carenze da più parti evidenziate nel sistema di tutele previsto nella prima AIA del 2011 determinano la “reazione” contestuale da parte dei poteri dello Stato (giudici, amministrazione centrale, legislatore regionale, autorità locali, e legislatore statale) che intervengono in parallelo al fine di porre rimedio alla situazione che si era venuta a verificare, ciascuno mediante gli strumenti tipici della funzione ad essi riconosciuta dall’ordinamento.

Nell’esposizione che segue verranno illustrate le iniziative assunte, in via principale, dall’amministrazione ministeriale e della magistratura tarantina, in quanto dalla loro reciproche interazione è scaturita la necessità dell’intervento del legislatore nazionale, che ha definito (e in parte sta continuando a definire) un regime amministrativo speciale per l’esercizio dell’attività industriale da parte dell’Ilva di Taranto.

La contestualità cronologica delle iniziative da parte dall’amministrazione e dai giudici rende complicato delineare i caratteri del modello di azione in ciascuna delle due sedi. Ma le linee di fondo a cui si attengono le rispettive azioni rappresentano la chiave di lettura per comprendere le dinamiche che si sono attivate nella ricerca di un equilibrio nel bilanciamento tra gli interessi contrapposti che si confrontano in questa vicenda. In ragione di tale considerazione, si ritiene perciò opportuno esaminare separatamente le iniziative di delle due autorità, precisando in relazione ad entrambe i punti in cui entrano in rapporto dialettico.

Per quanto riguarda, invece, il ruolo della Regione Puglia e del Comune di Taranto si può operare rinvio a quanto illustrato nei paragrafi precedenti sulla legge regionale che ha introdotto la valutazione del danno sanitario–VDS e sulle ordinanze contingibili e urgenti dell’amministrazione comunale.

8.1 L’Amministrazione ministeriale avvia il procedimento di riesame dell’AIA

Le criticità ambientali e sanitarie, rilevate in tutta la loro gravita dagli accertamenti scientifici da parte gli organi dell’amministrazione e dagli ausiliari del giudice penale, non riuscendo a trovare una risoluzione adeguata all’interno dello strumento amministrativo per la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (AIA) hanno determinato la necessità di un nuovo intervento da parte del Ministero

denunce dei alcuni residenti del quartiere Tamburi dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento; e c) dai risultati contenuti nella relazione dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione dell’ambiente.

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dell’Ambiento che ha utilizzato il proprio potere conformativo dell’attività industriale attraverso l’impiego di mezzi previsti in via ordinaria dall’ordinamento: a) l’attivazione del procedimento di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo II bis del d.lgs. 2 aprile 2006, n. 152; b) la stipulazione di un protocollo di intesa tra le

Amministrazioni centrali e quelle locali per l’accelerazione della bonifica del SIN di

Taranto e la riqualificazione dell’area industriale in attuazione del riconoscimento da parte del legislatore dell’area di Taranto quale area di crisi industriale complessa (che aveva l’obiettivo di agevolare il finanziamento degli interventi necessari per il risanamento ambientale).

Nell’impiego di strumenti ordinari di regolazione (il riesame dell’AIA e la pianificazione territoriale – peraltro, già utilizzati quest’ultima all’inizio degli anni ‘90) per riportare la situazione dell’Ilva entro il parametro di una accettabile “normalità”, si rinviene una chiave di lettura all’analisi della strategia complessiva dell’Amministrazione ministeriale in questa prima fase.

In altri termini, l’Amministrazione affronta il problema valorizzando gli elementi di flessibilità previsti nella regolazione del fenomeno dell’inquinamento attraverso l’AIA, che in linea generale sono concepiti proprio per consentire di adattare le condizioni per l’esercizio dell’impresa alle modifiche del contesto in cui l’attività si inserisce. Il fallimento di questi rimedi a renderà in seguito necessario l’intervento del legislatore che, in via d’urgenza, proverà ad arginare la crisi dello stabilimento mediante l’introduzione di elementi di novità nella disciplina mediante l’uso della fonte della decretazione d’urgenza.

Come si è illustrato nel paragrafo precedente, l’apertura della fase di riesame dell’AIA rilasciata all’Ilva è stata l’esito del concorso di una pluralità di iniziative343 che

avevano in comune il movente di fondo: la constatazione che l’equilibrio definito nell’autorizzazione non era soddisfacente rispetto all’effettivo stato di compromissione delle matrici ambientali e del potenziale danno alla salute che ciò era in grado di causare.

Sul piano della scansione temporale, occorre rilevare come – a differenza di quanto avvenuto per il rilascio della prima AIA – la definizione del procedimento di riesame abbia richiesto esclusivamente pochi mesi: dal 15 marzo 2012 (quando il Ministero dell’Ambiente avvia d’ufficio il procedimento) al 26 ottobre 2012 (quando viene rilasciato il decreto che approva il riesame)344. La speditezza con cui

343 In questa sede, è opportuno richiamare soprattutto l’iniziativa della Regione Puglia che aveva richiesto,

con nota dell’inizio di marzo 2012 a firma del Presidente della Giunta, il riesame dell’AIA in quanto il contesto regolatorio doveva essere modificato per tenere conto dei risultati all’armanti delle rilevazioni Arpa Puglia, così come anche la richiesta nello stesso senso formulata dalla Commissione AIA-IPPC che riteneva opportuno rivedere le condizioni dell’autorizzazione alla luce delle nuove conclusioni sulle BAT pubblicate appena qualche giorno dopo la diffusione della relazione Arpa.

344 La sequenza cronologica degli eventi più rilevanti che hanno condotto all’adozione del riesame

dell’AIA si può delineare nel modo seguente:

a) il 5 marzo 2012, il Presidente della Regione Puglia presenta al Ministero dell’Ambiente richiesta di riesame dell’AIA in ragione degli ulteriori accertamenti di Arpa; l’8 aprile 2012 la Società Ilva espleta gli adempimenti informativi richiesti a cui segue l’apertura della fase di consultazione del pubblico interessato; il 12 ottobre 2012 la Commissione AIA-IPPC rilascia parere istruttorio intermedio relativo alle aree a caldo e allo stoccaggio e movimentazione delle materie prime; il 16 ottobre 2012, la Regione

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l’Amministrazione perviene alla conclusione del riesame trova spiegazione, in primo luogo, con riferimento alla delimitazione dell’oggetto del riesame (che non ha riguardato tutti gli aspetti considerati nell’AIA ma soltanto determinate aree dello stabilimento – cioè quelle che avevano dato luogo alle maggiori criticità ambientale – e soltanto la matrice ambientale aria; si trattava delle aree a caldo e delle aree di stoccaggio dei materiali: cokeria, altiforni, acciaierie e parchi minerali), e, inoltre, con l’effetto “sollecitatorio” delle azioni intraprese dal giudice penale tarantino (che sequestrava in via preventiva il 25 luglio 2012 la stessa area a caldo dello Stabilimento), rendevano più urgente addivenire in tempi stretti alla nuova regolazione del rapporto tra gestore e amministrazione.

Nella prospettiva dell’analisi del bilanciamento tra valori costituzionali viene maggiormente in evidenza come l’Amministrazione abbia operato una modifica del contenuto dell’AIA per adeguarlo alle esigenze di maggiore tutela sia dell’ambiente sia della salute tenendo altresì conto di quanto rappresento dagli altri soggetti interessati: la Regione Puglia345, il Comune di Taranto346 e la stessa Commissione AIA-IPPC347.

L’intervento regolatorio in sede di riesame si concretizza nella definizione di un nuovo punto di equilibrio basato, da un lato, sulla predisposizione di un piano per l’adeguamento strutturale e gestionale degli impianti che è stato presentato dalla Società Ilva, e, dall’altro, sulla significativa modifica delle condizioni di esercizio per l’area a caldo e lo stoccaggio delle materie prime – condizioni che erano state in precedenza già definite nell’AIA del 2011 ma in modo non del tutto adeguatamente soddisfacente.

Puglia esprime parere favorevole condizionato all’accoglimento di alcune prescrizioni; il 18 ottobre 2012 il Comune di Taranto esprime anch’esso il proprio assenso ma condizionato; il 18 ottobre 2012 si tiene la Conferenza dei servizi nell’ambito della quale il Ministero della Salute domanda che sia prescritto al gestore Ilva di predisporre un piano di monitoraggio sanitario (prescrizione che sarà recepita in termini non immediatamente cogenti dal parte del decreto di riesame); il 22 ottobre 2012 la Commissione AIA- IPPC rende il parere intermedio conclusivo in cui indica la necessità di rispettare 94 prescrizioni; il 26 ottobre 2012 viene rilasciato il decreto prot. n. DVADEC-2012-0000547.

345 Con delibera della Giunta Regionale n.2065 del 16 ottobre 2012, la Regione Puglia aveva richiesto, in

particolare, che nel provvedimento di riesame fossero previste: a) le modalità di recepimento all’interno dell’assetto regolatorio delle risultanze della valutazione del danno sanitario effettuata ai sensi della legge regionale n. 21 del 2012 (punto 4 a pag. 11 del decreto di riesame); b) l’adozione da parte del gestore delle nuove tecniche previste nelle conclusioni sulle BAT del febbraio 2012 ovvero le condizioni di esercizio più restrittive ritenute opportune (punto 7 alle pagg. 11-12 del decreto di riesame). Si ricorda che nel corso dell’iter del procedimento di riesame il legislatore pugliese aveva adottato la legge n. 21 del 2012 e il successivo regolamento di attuazione (v. supra par. 6.1.3).

346 Nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali in materia di sicurezza sanitaria, il Comune di

Taranto, con nota del 18 ottobre 2012, aveva richiesto la prescrizione al gestore di adottare le “migliori tecniche in assoluto” (pag. 13 del decreto di riesame). Ciò rivelava un approccio decisamente cautelativo in quanto la scelta della tecnologia da utilizzare non avrebbe dovuto essere subordinata all’applicazione di un criterio di sostenibilità economica. La tutela della salute della popolazione era stata perseguita dal Comune con ordinanza contingibile emanata (il 25 febbraio 2012) poco prima dell’inizio del riesame (v. supra par. 6.2).

347 L’opportunità di anticipare l’applicazione delle BAT era stata segnalata anche dalla Commissione AIA-

IPPC in concomitanza che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea della decisione sulle BAT per il settore del ferro e dell’acciaio (l’Italia avrebbe avuto quattro anni da tale pubblicazione per adeguare le AIA già rilasciate alle nuove BAT).

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Le innovazioni introdotte con il riesame sono state plasmate secondo una applicazione più rigida dei principi di prevenzione e di precauzione. Ciò ha portato sia alla prescrizione in senso più restrittivo di alcuni valori limite per le sostanze inquinanti emesse in atmosfera (per il rispetto dei quali si prevedeva un regime a doppia velocità: alcuni valori devono essere raggiunti da subito; mentre altri, ancora più severi, avrebbero dovuto essere rispettati a valle del programmato adeguamento), sia alla riduzione del quantitativo massimo di produzione consentita (che veniva fissato in 8 mt/a).

Le modifiche però non si limitavano soltanto alla determinazione di limiti diversi (per le emissioni o la produzione), ma intervenivano anche su altre prescrizioni eliminandole e addirittura revocando autorizzazioni all’esercizio di alcuni impianti che erano state invece prima inserite nell’autorizzazione integrata348.

Di particolare rilievo per il proseguo della vicenda è l’imposizione di stringenti scadenze temporali per l’esecuzione progressiva di una serie di interventi di prioritaria urgenza per risolvere gli aspetti più critici (ad esempio, la copertura del parco minerali che avrebbe dovuto essere completata). Infatti, la mancata corretta esecuzione nei tempi indicati, determinando l’aggravarsi della situazione emergenziale, ha costituito poi un presupposto per le successive iniziative da parte del legislatore, dell’amministrazione e del giudice penale.

Nella sostanza, l’Amministrazione, con il procedimento di riesame, effettuava un’operazione di trapianto di un nuovo “organo” – rappresentato dal parere conclusivo della Commissione AIA-IPPC e dal decreto che approva il riesame in cui si è cercato di spostare la linea di tutela verso una maggiore precauzione – all’interno dell’organismo vecchio dell’AIA del 2011 con l’obiettivo di garantire in tal modo l’adozione da parte della Società Ilva di misure di prevenzione, adeguamento e controllo delle emissioni in atmosfera per migliorare la compatibilità dell’attività produttiva con la tutela della salute della popolazione tarantina e il risanamento ambientale349.

La struttura complessiva della regolazione ambientale data dall’AIA 2011 e dal riesame rimaneva comunque incompleta perché, nonostante il livello elevato di impatto sulle matrici ambientali (in particolare, suolo-sottosuolo e falda), non veniva affrontato il tema del regime giuridico, da un lato, delle discariche interne e della gestione dei materiali sottoprodotti e rifiuti inclusi, e, dall’altro della gestione delle acque e delle acque di scarico350.

348 Sul rapporto tra AIA del 4 agosto 2011 e prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame, v. punto

3.3. “Modifiche ed integrazione al decreto di AIA del 4/08/2012) del Parere istruttorio prot. n. CIPPC- 2012-0001295 del 22 ottobre 2012.

349 Sul punto, v. F.GIAMPIETRO,L.GIAMPIETRO, Ilva: riesame dell’aia, quale futuro? (parte prima) in

Ambiente&sviluppo, 2013, 4, 312 ss.; F.GIAMPIETRO,L.GIAMPIETRO, Ilva: riesame dell’aia, quale futuro? (parte seconda) in Ambiente&sviluppo, 2013, 5, 415 ss.

350 L’inadeguatezza della regolazione ambientale dell’attività industriale dell’Ilva di Taranto da parte dello

Stato italiano (inadeguatezza da cui consegue la grave compromissione delle matrici ambientali e dei rischi per la salute umana) è stata oggetto di interesse anche da parte della Commissione europea che ha prima aperto una procedura pilota (EU Pilot 3268/12/ENVI) poi divenuta procedura di infrazione (IP/13/2177/ENVI). L’apertura dell’infrazione europea si è avuta perché la Commissione ha ritenuto che l’Italia non sia stata in grado di garantire il rispetto da parte dell’Ilva della normativa in materia di emissioni industriali. La Commissione ha inoltre sollevato perplessità in ordine anche al rispetto della

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La regolazione di tali aspetti veniva soltanto posticipata, di alcuni mesi, fino al 31 gennaio 2013 (scadenza che però non verrà, come vedremo, rispettata).

La descrizione del procedimento di riesame dell’AIA ha consentito di mettere in evidenza il carattere dinamico del rapporto che si instaura tra l’amministrazione e il soggetto regolato nell’ambito dell’autorizzazione integrata; il rapporto è infatti in grado di adattare se stesso alle sopravvenienze (di fatto o di diritto) nella ricerca di mantenere un ragionevole equilibrio tra gli interessi compresenti.

In questa prospettiva di perdurante dinamicità dell’AIA si inquadrano le previsioni del decreto di riesame che disciplinano le ipotesi in cui l’Amministrazione ministeriale ha l’obbligo di aprire una fase di riesame (si può sottolineare come alcuni di tali presupposti siano innovativi).

In particolare, viene stabilito di far luogo necessariamente al riesame su istanza della Regione Puglia (v. art. 3 del decreto del riesame AIA), quando sia avvenuta la redazione del documento per la valutazione del rischio. Tale situazione rappresenta un tentativo di bilanciare il penetrante esercizio delle funzioni di regolazione e controllo da parte dello Stato centrale riconoscendo alla Regione Puglia comunque la competenza ad effettuare le valutazioni che riguardano più propriamente il profilo della salute e attribuendole il potere d’iniziativa per attivare il riesame dell’AIA quando ritenga che le prescrizioni in essa contenute non siano in grado di garantire un’adeguata tutela.

Il potere di iniziativa dell’Amministrazione regionale sarà comunque ridimensionato – in forza della tendenza accentratrice sullo Stato che si registra a partire dal d.l. n. 207 del 2012 – perché la richiesta di riesame (che continua ad essere prevista) non dà luogo all’automatica recepimento dei risultati della VDS (peraltro adesso soltanto quella svolta con la metodologia ministeriale), ma soltanto all’apertura del procedimento di riesame in cui verrà valutato come i dati raccolti possano interagire con le tutele già approntate.

8.1.1 Il protocollo di intesa per la bonifica e la riqualificazione dell’area

industriale di Taranto (sottoscritto il 26 luglio 2012)

In contemporanea alla procedura di riesame dell’AIA, il Ministero dell’Ambiente ha promosso la stipulazione di un protocollo di intesa tra le Amministrazioni centrali e quelle locali per l’accelerazione delle attività di risanamento e bonifica del SIN di Taranto in funzione della riqualificazione dell’area industriale.

A conferma della stretta dialettica tra le iniziative dei vari soggetti istituzionali, la sottoscrizione del Protocollo tra i Ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dei

disciplina sul danno ambientale, soprattutto in relazione all’allocazione degli oneri economici per l’esecuzione degli interventi di risanamento ambientale (che non sarebbe avvenuta secondo quanto stabilito dal principio cardine del “chi inquina paga”). La procedura si trova attualmente ferma all’emissione da parte della Commissione del parere motivato (reso in data 16 ottobre 2014) che ha seguito l’invio di due lettere di messa in mora (v. comunicato stampa della Commissione europea 16 ottobre 2016, IP/14/1151). Sul punto, v. BONELLI A., Good morning diossina, Taranto un caso italiano ed europeo, Green European Foundation, 2015, 131 ss.

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Trasporti, dello Sviluppo economico e della Coesione territoriale, da una parte, e la Regione Puglia, la Provincia di Taranto e il Comune di Taranto, dall’altra, avveniva a Roma il 26 luglio 2012 esattamente in concomitanza con la disposizione del sequestro penale delle aree a caldo dello stabilimento da parte del GIP di Taranto.

L’iniziativa ministeriale si inserisce nella cornice normativa definita poche settimane prima dal legislatore statale per la gestione delle emergenze occupazionali di rilevanza nazionale presenti in aree di crisi industriale complessa, mediante la predisposizione e il finanziamento di programmi di riconversione e riqualificazione produttiva che riguardano non soltanto gli aspetti più propriamente economico- occupazionali, ma anche quelli collegati al ripristino delle matrici ambientali351.

La prevalenza comunque dell’elemento economico in questa tipologia di classificazione si riscontra nel ruolo guida affidato al Ministero dello Sviluppo economico a cui compente promuovere l’adozione delle misure opportune per sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale impedendo che la crisi di determinate aree strategiche per la loro rilevanza ne comprometta le potenzialità di crescita (con conseguenze negative sul mantenimento dei livelli occupazionali). L’attuazione in concreto dei piani di riqualificazione e riconversione viene affidata alla stipulazione di appositi accordi di programma.

In questa ottica, il Ministero dell’Ambiente ha proposto la sottoscrizione del Protocollo di intesa del 26 luglio 2012 con l’intento di contribuire alla risoluzione delle problematiche ambientali e sanitarie dell’area industriale tarantina attraverso un approccio integrato e complessivo che non guarda esclusivamente alla situazione di uno stabilimento industriale (ovvero quello dell’Ilva), ma all’insieme delle attività ivi installate, riconoscendo così la necessità che il risanamento avvenga in modo coordinato con la riqualificazione sotto il piano economico dell’area.

In ciò si intravede un fil rouge che tiene insieme anche le successive iniziative tanto dell’amministrazione quanto dello stesso legislatore che consiste nella stretta interdipendenza tra la prosecuzione dell’attività industriale (secondo canoni di maggiore sostenibilità ambientale) e la possibilità di portare avanti un effettivo risanamento ambientale e sanitario.

Il collegamento tra questi due profili – che sta poi alla base del concetto stesso di sostenibilità dello sviluppo – non è altrettanto forte nelle iniziative assunte dalla Magistratura penale che pare invece muoversi in un orizzonte concettuale diverso dove

351 Il riferimento è al decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 e in particolare all’art. 27 Riordino della