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Inquadramento della situazione attuale dello Stabilimento Ilva di Taranto: la rilevanza strategica e la gravità della situazione ambientale

2.1 Struttura e dimensioni dello stabilimento di Taranto: la prima acciaieria in Italia e il suo inserimento nel contesto territoriale

Lo Stabilimento Ilva di Taranto137 rappresenta la principale acciaieria in Italia e la seconda in Europa, rappresentando un asset di rilievo per il Gruppo societario Ilva138,

137 Al momento della costruzione e fino alla successiva privatizzazione avvenuta nel 1995, lo Stabilimento

è stato di proprietà della Società siderurgica Italsider, nata nel 1961 dalla fusione della Cornigliano S.p.A. con la Ilva S.p.a. L’Italsider è stato un gruppo siderurgico (fondato a Firenze nel 1897) che dall’iniziale proprietà privata (durante tale periodo – nel 1918 – acquisiva la proprietà di Ilva S.p.a) è passato sotto il controllo pubblico per effetto della istituzione dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), diventando, per almeno un ventennio a cavallo degli anni ‘60 e ‘80, il principale player statale nel settore. A seguito della crisi della siderurgia, però, la partecipazione azionaria pubblica è stata progressivamente dismessa in favore del capitale privato (il Gruppo appartenente alla famiglia Riva) che ne è divenuto nuovamente proprietario. È da notare come la storia proprietaria dell’Italsider rappresenti un esempio (tra i tanti) di quei movimenti pendolari (dall’iniziativa privata a quella pubblica per poi tornare indietro a quelle privata) che si sono registrati nelle modalità di regolazione delle attività economiche da parte dello Stato Italiano (sul tema del rapporto tra pubblico e privato in materia economica, più recentemente, vedi G.ROSSI, Pubblico e privato nell’economia semiglobalizzata: l’impresa pubblica nei sistemi permeabili e in competizione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2014, 1, 39-82.

138 Il Gruppo è composto da Ilva S.p.A. e da un insieme di società operative strutturalmente collegate e

funzionali al processo produttivo. Attualmente il Gruppo Ilva è stato assoggettato alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 21 gennaio amministrazione straordinaria. L’estensione dell’ambito soggettivo dell’applicazione della procedura di amministrazione straordinaria anche alle imprese di interesse strategico nazionale (come l’Ilva) con il decreto legge n. 1 del 5 gennaio 2015.

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che detiene il ruolo di leader nel settore siderurgico italiano e occupa le prime posizioni tra gli operatori anche a livello europeo139.

Il Gruppo Ilva opera nella produzione e trasformazione dell’acciaio, avvalendosi di oltre 15.000 addetti e 16 unità produttive (13 in Italia e 3 in Francia) che dà luogo ad un indotto (diretto/indiretto) la cui consistenza numerica è compresa tra le 8000/10000 unità140.

La produzione viene utilizzata in numerosi settori industriali, per la produzione di opere infrastrutturali, componenti strutturali navali, caldaie a vapore, recipienti e grosse tubazioni, veicoli, tubi per condotte di olio, acqua e gas, strutture e pale eoliche.

In base ai dati più recenti, oltre la metà dei prodotti di base viene realizzato nello stabilimento a ciclo integrale di Taranto, e successivamente trasformato in prodotti pronti all’uso negli altri impianti del Gruppo, in particolare quelli di Genova e Novi Ligure.

L’attività produttiva a Taranto avviene secondo il modello del “ciclo integrale”, che si verifica quando all’interno dello Stabilimento avvengono tutte le fasi in cui si articola il processo di produzione dell’acciaio e cioè dall’arrivo delle materie prime per le lavorazioni (che vengono stoccate in apposite aree denominate “parchi minerari”) al prodotto finito141.

Al netto dei periodi di flessione della domanda dovuta a crisi congiunturali, lo Stabilimento ha mantenuto una capacità produttiva caratterizzata da quantitativi molto rilevanti, raggiungendo un punto di massimo nel 2006, con un produzione di acciaio intorno ai 14 milioni di tonnellate142.

Negli ultimi anni si è registrata una riduzione dell’acciaio prodotto sia in ragione delle limitazioni alla capacità produttiva definite all’interno dell’autorizzazione ambientale (che l’ha ridotta a 8 milioni di tonnellate/anno), da ricondurre, in parte, alle conseguenze delle iniziative giudiziarie assunte dalla Magistratura tarantina, e, in altre parte, agli effetti delle dinamiche della concorrenza internazionale143.

Dal punto di vista dell’inserimento nel contesto territoriale144, lo Stabilimento di

Taranto si estende su aree ricadenti sia nel comune di Taranto (circa 10.450.000 m2) sia

139 Le informazioni riportate nel testo fanno riferimento al documento “Relazione dei commissari

straordinari al 31 luglio 2015” della Società Ilva in amministrazione straordinari reperibile all’indirizzo web http://www.gruppoilva.com/items/535/allegati/1/Rel_Comm_al_31_luglio.pdf

140 I dati riportati nel paragrafo sono quelli resi disponibili sul sito web del Gruppo Ilva

141 In particolare, nello Stabilimento vengono prodotti acciaio solido, coils laminati a caldo e a freddo,

coils zinzati a caldo, lamiere laminate a caldo, tubi saldati o rivestiti. Sul punto v. G. ASSENNATO, Un nano per un gigante, arduo il controllo all’Ilva, in Industria, ambiente e salute, Ecoscienza, 6, 2012, 23.

142 Il dato è riportato da in A. BONELLI, Good morning diossina, Taranto un caso italiano ed europeo,

Green European Foundation, 2015, 22. L’autore rileva come il raggiungimento del livello record di produzione abbia determinato a favore della Società Ilva un considerevole utile, quantificabile in una cifra vicina ai 900 milioni di euro.

143 Negli ultimi anni il quantitativo di acciaio prodotto ha registrato una progressiva diminuzione. Nel

corso del 2015 lo Stabilimento di Taranto la produzione si è attestata intorno ai 4,5 t/a, secondo le stime riportate sul portale web del gruppo Ilva (http://www.gruppoilva.it), rispetto ad una capacità autorizzata di 8,0 t/a.

144 Si deve segnalare che fino al 1993 l’impianto è stato ricompreso esclusivamente all’interno del

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nel comune di Statte (circa 5.000.000 m2) per una superficie complessiva occupata intorno ai 15.450.000 m2. Alle aree di proprietà privata si aggiungono anche delle aree

demaniali in concessione per complessivi 931.000 m2.

Come riportato nel parere della Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale145, lo Stabilimento è diviso in tre distinte aree collegate da infrastrutture viarie e ferroviarie che sono rappresentate:

a) da una zona centrale, ricadente integralmente all’interno del territorio del Comune di Taranto, che ricomprende la maggior parte degli impianti produttive, e il cui confine esposto a sud rappresenta il punto più vicino all’ambito cittadino (in questa zona nella fascia di 500 metri dal perimetro fiscale dello Stabilimento, infatti, ricadono alcune aree del centro abitato del “Rione Tamburi” – la cui popolazione è quantificabile in circa 18.000 abitanti146 – e l’area cimiteriale);

b) da una zona ad ovest dove avviene la produzione di lamiere, di finitura nastri, di produzione e rivestimento tubi;

c) da una zona destinata a cava (in cui sono concentrate le attività estrattive di calcare, le discariche e gli impianti di recupero dei materiali ferrosi) che, invece, interessa esclusivamente il territorio del Comune di Statte, e si trova a nord rispetto all’area centrale in cui sono ubicati i principali impianti produttivi;

d) le aree demaniali in concessione alla Società Ilva che comprendono il II, III, IV e V sporgente (molo portuale) che sono collegati allo Stabilimento attraverso sia nastro trasportatori, sia infrastrutture stradali.

Il complesso industriale dell’Ilva di Taranto è composto da una serie di settori: l’area parchi minerali, l’area cokeria, l’impianto di agglomerazione, gli altoforni e l’area acciaieria147.

La costruzione dello Stabilimento (intorno al 1960) è avvenuta in un contesto urbanistico caratterizzato dalla mancanza da parte del Comune di Taranto della predisposizione degli strumenti di pianificazione per il governo del territorio.

Pertanto la conformazione dell’area su cui insiste lo Stabilimento è stata disciplinata con apposito Piano Regolatore redatto dal Consorzio A.S.I. di Taranto (che è stato approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 aprile 1964).

Anche il successivo ampliamento dell’insediamento industriale (avvenuto tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70) ha avuto luogo con l’utilizzo dello strumento

145 Cfr. Parere istruttorio conclusivo della domanda AIA presentata dalla Società Ilva Spa per lo

Stabilimento di Taranto prot. n. CIPPC-00-2011-0001377 del 20 luglio 2011, 98-100.

146 Cfr. A. BONELLI, Good morning diossina, Taranto un caso italiano ed europeo, Green European

Foundation, 2015, 21.

147 Il polo industriale è composto da 8 parchi minerari, 2 cave e impainti per calcare e dolomiti, 10 batterie

per la produzione di coke, 2 linee di agglomerazione, 5 altiforni, 2 acciaierie con convertitori LD, 5 colate continue, 2 treni di laminazione a caldo per nastri, 1 treno laminazione a caldo per lamiera, 1 laminatoio a freddo, 3 linee di zincatura, 3 tubifici, 6 impianti di rivestimento tubi. Le infrastrutture collegate sono 200 km di rete ferroviaria interna, 50 km di rete stradale interna, 190 km di nastri trasportatori, 6 moli portuali. Per i dati soprariportati cfr. G. ASSENNATO, Un nano per un gigante, arduo il controllo all’Ilva, in Industria, ambiente e salute, Ecoscienza, 6, 2012, 23.

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della variante all’esistente Piano Regolatore consortile (approvata con decreto della Regione Puglia n. 58 del 17 maggio 1972). La pianificazione urbanistica dell’area interessata dall’attività industriale da parte del Consorzio A.S.I. è stata poi recepita all’interno del Piano Regolatore Generale del Comune di Taranto, che è in vigore dal 20 marzo 1978148.

Per effetto dell’approvazione del Piano Urbanistico Generale del Comune di Statte nel 2015, attualmente la disciplina delle aree su cui insistono, in particolare, le cave asservite allo Stabilimento non è più regolata dalle disposizioni del PRG di Taranto (che era stato invece l’unico strumento per il governo del territorio anche dopo l’istituzione dello stesso Comune di Statte risalente al 1993149).

Ad oggi, l’area industriale di Taranto (in cui ricade lo Stabilimento Ilva), da un lato, rientra all’interno del sito di interesse nazionale di “Taranto” per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino (perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente del 10 gennaio 2000), e, dall’altro, è stata riconosciuta come “area in situazione di crisi

industriale complessa” ai fini dell’applicazione della disciplina per la riconversione e

riqualificazione produttiva di cui all’art. 27 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, in ragione dei potenziali effetti sulla politica industriale nazionale che la crisi occupazionale che interessa la zona potrebbe determinare.

2.1.1 segue: l’impatto ambientale della produzione

Per le tipologie di processi produttivi e la natura delle materie utilizzate, l’attività industriale diretta alla produzione dell’acciaio è in grado di determinare un forte impatto sulla qualità delle matrici ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo) e sulla salute delle persone (sia dei lavoratori presso lo Stabilimento, sia più in generale della collettività stanziata nelle vicinanze), ciò soprattutto il quantitativo di sostanze nocive emesse in atmosfere (tra le quali alcune anche potenzialmente cancerogene)150.

Tanto è vero che, nel corso del tempo, l’intervento del legislatore europeo e nazionale si è prefissato lo specifico obiettivo di ridurre e prevenire le conseguenze ambientali di tale attività entro livelli di “rischio tollerabile”, mediante la predisposizione di specifiche disposizioni di tutela, tra cui l’obbligo della sottoposizione per le “Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio” al regime

148 Il PRG del Comune di Taranto è stato prima adottato nel settembre del 1974 e successivamente

approvato con Decreto della Regione Puglia n.421 del 20 marzo 1978. Lo strumento urbanistico è stato oggetto nel 1990 di una variante generale funzionale al Piano per gli insediamenti produttivi.

149 Per un’analisi completa della coerenza dell’insediamento industriale con la pianificazione di settore

(relative alla tutela delle acque, al risanamento della qualità dell’area, alla tutela paesaggistica e alle aree naturali protette) si rinvia alle pagg. 100-102 del Parere istruttorio conclusivo della domanda AIA presentata dalla Società Ilva Spa per lo Stabilimento di Taranto prot. n. CIPPC-00-2011-0001377 del 20 luglio 2011.

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giuridico dell’autorizzazione integrata ambientale di livello statale151, e l’elaborazione

delle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali152.

La rilevanza delle conseguenze dell’attività di produzione dell’acciaio è resa evidente da quanto si è verificato a Taranto, dove l’esercizio dell’attività industriale per oltre quarant’anni ha determinato una grave situazione ambientale e sanitaria, come dimostrano i dati raccolti dagli organi tecnici dell’Amministrazione pubblica (in particolare dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) della Regione Puglia e dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che è ente di livello statale), e le indagini chimiche e epidemiologiche svolte dai periti nominati dal Tribunale di Taranto nell’ambito di procedimenti penali che hanno portato anche al sequestro di alcune parti dello Stabilimento.

La gravità del caso di Taranto ha trovato conferma anche da parte dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), che, nel rapporto “Industrial facilities causing the highest

damage costs to health and the environment” del 24 novembre 2014153, colloca l’acciaieria Ilva al 29mo posto della classifica degli impianti più inquinanti d’Europa

(rispetto alla precedente rilevazione che invece la vedeva al 52mo posto), mentre in Italia occupa la prima posizione su 1329 casi esaminati (seguita da altri impianti pugliesi, come le centrali termoelettriche di Brindisi – 33mo – e di Taranto – 176mo)154.

2.1.2 Le problematiche ambientali, sanitarie e occupazionali

151 Cfr. d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, punto 3 dell’ «Allegato XII alla Parte Seconda - Categorie di impianti

relativi alle attività industriali di cui all’allegato 8, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale».

152 Cfr. «Decisione di esecuzione della Commissione del 28 febbraio 2012 che stabilisce le conclusioni

sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali», pubblicata sulla GUUE dell’8 marzo 2012, serie L.70/63.

153 Nel rapporto (che costituisce aggiornamento del precedente documento del 2011 “Revealing the costs

of air pollution from industrial facilities in Europe”), l’Agenzia europea per l’ambiente ha utilizzato i dati raccolti dal Registro europeo integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) per una valutazione del costo dei danni alla salute e all’ambiente in termini economici dovuti all’inquinamento atmosferico nel quinquennio 2008-2012 prodotto dagli impianti industriali dei ventisette paesi dell’Unione Europea a cui sono state aggiunti quelli presenti in Norvegia e Svizzera. Gli impianti interessati dall’indagine sono stabilimenti industriali, grandi centrali elettriche, le raffinerie, le combustioni derivanti dalle attività di fabbricazione, i processi industriali, gli scarti e alcune attività agricole. Lo studio si caratterizza: a) per l’impiego di una vasta banca dati che comprende le rilevazioni di oltre 91 agenti inquinanti dell’aria, delle risorse idriche e del suolo riferiti all’attività di 28000 impianti industriali; b) per una metodologia innovativa che, traducendo in termini monetari le conseguenze delle emissioni inquinanti, permette al decisore politico di avere informazioni utili allo svolgimento dell’analisi costi-benefici che sta alla base delle scelte in tema di controllo delle emissioni. Per quanto riguarda specificamente l’Ilva di Taranto si riporta che il costo delle conseguenze sulla salute e all’ambiente della zona tarantina ammonterebbe ad una cifra nel minimo €1, 416 miliardi, e nel massimo € 4,606 miliardi. Il rapporto è consultabile all’indirizzo http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/daviz/industrial- facilities-causing-the-highest-damage#tab-daviz-tabular.

154 Per una ricostruzione degli aspetti relativi alla rilevanza economica dell’attività dello Stabilimento Ilva

di Taranto e della gravità del suo impatto ambientale, v. anche A.MURATORI, Decreto salva Ilva: scelte difficili, in Ambiente & Sviluppo, 1, 2013, 8 ss.

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La complessità delle problematiche ambientali, sanitarie e occupazionali a cui ha dato luogo l’attività industriale dell’acciaieria di Taranto ha raggiunto una soglia “critica” nel corso del 2012.

Ciò ha determinato la necessità dell’intervento “correttivo” non soltanto della

pubblica amministrazione, che ha impiegato gli ordinari strumenti di regolazione

dell’attività industriale privata (come il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale), ma anche del legislatore (o più propriamente dello stesso Governo) che con l’emanazione di una serie di atti normativi d’emergenza ha definito un “innovativo” regime giuridico per le imprese di interesse strategico nazionale che ne consente la prosecuzione dell’attività industriale quando ciò sia funzionale alle esigenze del risanamento ambientale.

Interventi che sono stati, in un certo senso, sollecitati dal giudice penale che ha utilizzato l’istituto del sequestro preventivo per dare un risposta (ritenuta “più immediata”) all’esigenza di tutela della salute pubblica rispetto ai rischi dell’inquinamento.

In questo contesto, si sono registrati anche interventi, da una parte, della magistratura amministrativa, che si è pronunciata sulla legittimità degli atti adottati sia dall’amministrazione ministeriale (relativi, soprattutto, alle modalità di definizione dei contenuti dell’AIA), sia degli enti locali Provincia e Comune (relativi, in particolare, alle iniziative d’emergenza che sono state intraprese per contenere alcuni fenomeni di inquinamento dell’aria), e, dall’altra, della Corte costituzionale, che è stata chiamata a giudicare la legittimità dell’intervento legislativo con cui lo Stato ha definito gli strumenti e le modalità da utilizzare per armonizzare le interferenze che la vicenda dell’Ilva di Taranto ha causato tra diverse esigenze di rilievo costituzionale.

La crisi dell’Ilva ha causato, soltanto negli ultimi tre anni, ingenti impatti negativi sul sistema industriale e sulla stessa società italiana.

Secondo un recente studio Svimez, commissionato dal Sole24ore, la crisi dell’Ilva avrebbe determinato una riduzione del PIL pari a 9,87 miliardi di euro da ripartire tra: perdita di investimenti fissi lordi pari a 2,19 mld €, riduzione dell’export pari a 1,78 mld €, e contrazione dei consumi delle famiglie pari a 1,45 mld €155.

Nonostante le iniziative che sono state assunte rappresentino un positivo passo in avanti, non pare possibile ritenere che la situazione emergenziale sia stata definitivamente superata; è auspicabile che al superamento della grave situazione attuale possa contribuire la definizione del nuovo assetto proprietario del Gruppo Ilva (all’esito della procedura di cessione attivata nel 2015) e dell’implementazione del relativo piano di sviluppo industriale, nonché con il completamento dell’esecuzione tanto degli interventi prescritti dall’AIA quanto di quelli previsti nel piano di risanamento ambientale e sanitario.

155 I dati sono riportati da P.BRICCO in La crisi Ilva è costata 10 miliardi, articolo pubblicato su

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2.1.3 Esame diacronico delle vicende dello Stabilimento

Delineato per brevi tratti il quadro della situazione attuale in cui versa lo Stabilimento di Taranto, occorre verificare come sia (o come non sia) avvenuto il bilanciamento tra gli interessi costituzionalmente rilevanti alla protezione dell’ambiente, alla tutela della salute, all’occupazione e alla garanzia della libertà di iniziativa economica, nelle varie fasi della storia dell’attività industriale dell’acciaieria.

L’esame diacronico delle vicende relative alla costruzione e all’esercizio dello Stabilimento Ilva di Taranto consente, inoltre, di ricostruire l’evoluzione degli strumenti per la tutela dell’ambiente a partire dalla prima disciplina dei fenomeni dell’inquinamento atmosferico (1966) per approdare all’autorizzazione integrata ambientale nell’ambito della quale l’Amministrazione è tenuta ad integrate il quadro conoscitivo con le valutazioni relative al profilo del danno sanitario.

Dal punto di vista della struttura dell’analisi occorre distinguere la storia dell’acciaieria in almeno due macro fasi che riguardano: da un lato, il periodo (1960- 1995) in cui la proprietà è rimasta in mano pubblica; e, dall’altro, il periodo successivo alla cessione della Società ad investitori privati (il Gruppo Riva).

Nell’ambito della seconda fase si può, infine, assegnare rilevanza autonoma agli ultimi anni (a partire dalla fine del 2012, e, in particolare, dalla adozione del d.l. n. 207/2012), tanto in ragione del fatto che le iniziative assunte dal legislatore hanno determinato significative modifiche al regime proprietario dell’azienda, la cui gestione è stata prima oggetto di commissariamento straordinario (ai fini del risanamento ambientale), e poi di sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in crisi; quanto un nuovo assetto del modello di regolazione amministrativa in caso di crisi industriali complesse quando la prosecuzione dell’attività sia necessaria per mantenere l’equilibrio tra i valori costituzionali coinvolti.

78 I SEZIONE

3. Le politiche per lo sviluppo industriale per il mezzogiorno: la motivazione