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130 della comunicazione di diventare un veicolo per la conoscenza e per la rapida diffusione

LIBERTÀ INTELLETTUALE

130 della comunicazione di diventare un veicolo per la conoscenza e per la rapida diffusione

dei processi produttivi generando una vera e propria economia della conoscenza che ha iniziato a considerare la mente dell’uomo quale diretta forza produttiva del sistema

economico.628 Anche dal punto di vista della medicina si deve all’incremento della

conoscenza scientifica una parte di merito per aver migliorato le prospettive di vita attraverso l’introduzione dei vaccini oppure gli studi che correlano benessere fisico e tecniche agricole; così vale per il campo della statistica, che con le sue evoluzioni ha permesso tanto una conoscenza più ampia del terreno sociale attraverso censimenti, sondaggi e analisi dei dati provenienti dai cittadini, quanto una possibilità per le istituzioni

governative di avvalersi di questi risultati.629

Non limitata solamente a quegli aspetti in cui si può declinare e che sono stati esposti poco sopra, la conoscenza viene oggi considerata come un bene comune appartenente alle risorse di uso collettivo ovvero «una risorsa naturale o intellettuale che, per sue

caratteristiche intrinseche, è originariamente condivisa da un gruppo di individui».630 Ai

beni comuni si possono indicare due caratteristiche intrinseche alla loro natura, essi si ritengono infatti non escludibili e non rivali nel senso che, rispettivamente, non è teoricamente possibile escludere dalla fruizione di questi beni alcun soggetto e il loro

utilizzo non permette che altri nel frattempo ne vengano esclusi.631

La conoscenza è considerata anche bene comune immateriale o intangibile che l’UNESCO, all’interno della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale conclusasi a Parigi il 17 ottobre 2003, accoglie sotto l’espressione ombrello di “patrimonio culturale immateriale” attraverso la quale si intendono:

«le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana. Ai fini della presente Convenzione, si terrà conto di tale patrimonio culturale immateriale unicamente nella misura in cui è compatibile con gli strumenti esistenti in materia di diritti umani e con le

628 Cfr. KAPCZYNSKY [2010] pp. 17-21. 629 Cfr. KAPCZYNSKY [2010] pp. 17-21. 630 Cfr. VITIELLO [2010] p. 63.

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esigenze di rispetto reciproco fra comunità, gruppi e individui nonché di sviluppo sostenibile».632

Ho scelto di proporre queste righe sulla conoscenza come bene comune perché è proprio essa il contenuto del movimento dell’Open Access e per sottolinearne l’aspetto di “proprietà collettiva” nel senso di “cultura aperta” che sottostà alle intenzioni stesse del

movimento.633

«Con il termine “Open Access” si intende l’accesso aperto alle produzioni intellettuali di ricerca in ambiente digitale. Scopo finale dell’accesso aperto è quello di rimuovere ogni tipo di barriera economica, legale e tecnica all’accesso all’informazione scientifica di modo da garantire il processo scientifico e tecnologico a favore di una crescita sociale, culturale ed economica collettiva. L’Open Access o Accesso Aperto è un movimento internazionale che incoraggia gli scienziati e gli studiosi a disseminare i propri lavori rendendoli liberamente accessibili in rete».634

Un’altra definizione:

«L’Open Access (OA) è un movimento di idee che propone un nuovo modello di comunicazione scientifica».635

Il “nuovo modello” a cui questa definizione fa riferimento è un modello che utilizza uno strumento e un formato che sono anche i suoi stessi prerequisiti, ovvero l’infrastruttura Internet e il formato digitale, che insieme permettono di distribuire e disseminare i contribuiti intellettuali adottando una logica di interoperabilità tra archivi che contengono

l’informazione.636

Il primo e il più importante archivio disciplinare di preprint637 che già esisteva era (ed è

tuttora esistente) ArXiv: implementato dal fisico Paul Ginsparg al Los Alamos National Laboratory e lanciato nel 1991, è divenuto nel tempo uno degli snodi più importanti per la disseminazione dei risultati di ricerca nelle discipline della fisica, della matematica e

dell’informatica.638 Questo archivio fu ideato in ambito accademico da un gruppo di

specialisti che lo avrebbero utilizzato per il loro interesse di ricerca e sarebbe stato

632 Cfr. UNESCO [2003]

633 Cfr. CASSELLA [2012a] p. 31. 634 Cfr. DE ROBBIO [2007] p.33. 635 Cfr. CASSELLA [2012a] p. 15.

636 Cfr. CASSELLA [2012a] p. 33 e DE ROBBIO [2007] p. 47.

637 Con preprint si intende una tipologia di documento costituito da materiali distribuiti in modo più o meno

limitato e relativi a lavori tecnici spesso in forma preliminare, prima di essere pubblicati in un periodico – ad esempio: rapporti tecnici, relazioni a convegni, atti di congressi, documenti progettuali, documenti prima o dopo una pubblicazione;

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interamente guidato da scienziati.639 Il successo della nuova modalità di comunicare i

risultati della ricerca scientifica fu determinante per lanciare una Open Access Initiative (OAI) ad un incontro nel Nuovo Messico proposto da Ginsparg assieme a Richard Luce ed Herbert Van de Sompel che portò un notevole impulso dal punto di vista tecnologico al

miglioramento e all’espansione di questa nuova pratica di comunicare la ricerca.640 Nel

1999 a Santa Fe (Nuovo Messico) per l’Open Archive Initiative parteciparono gruppi di ricercatori, informatici e bibliotecari che infine definirono il protocollo OAI-PMH (Open Archives Initiative Protocol for Metada Harvesting), ovvero le specifiche caratteristiche tecniche - standard, protocolli, metadati - e i principi organizzativi funzionali a definire l’interoperabilità tra gli archivi disciplinari e favorire la creazione di una rete di lavori

intellettuali che potessero far funzionare il nuovo modello di comunicazione scientifica.641

L’iniziativa aveva infatti lo scopo di sviluppare un ambiente per un universal e-print archive dalle coordinate tecniche stabilite per la ricerca e il reperimento di tutti gli articoli accademici di tutte le discipline: era necessario che tutti gli archivi lavorassero assieme attraverso un unico linguaggio grazie al quale un paper di un archivio potesse essere

cercato, trovato e recuperato da una persona da qualsiasi parte nel mondo.642 Nella Mission

statement dell’OAI Organization si trova scritto infatti che l’«Open Archive Initiative develops and promotes interoperability standards that aim to facilitate the efficient

dissemination of content».643

Il protocollo divenne ben presto una soluzione ampiamente conosciuta perché da un punto

di vista tecnico è semplice, flessibile e a basso costo;644 indifferente ai tipi di documenti, ai

modelli economici, ai diritti di proprietà intellettuale e ai sistemi di flussi informativi; trasporta i soli metadati e non i documenti full-text (compito svolto poi da OAI-ORE); è basato sul protocollo HTTP (un open standard) e sul linguaggio XML; utilizza il Dublin Core simple come pacchetto di riferimento per descrivere i documenti per permettere

almeno un livello base di interoperabilità, ma si estende anche ad altri set di metadati.645

Ultimo aspetto tecnico è quello che riguarda i due tipi di server di cui si avvale l’architettura OAI: i data provider, che nel server contengono i documenti depositati che 639 Cfr. GINSPARG [2001] 640 Cfr. CASSELLA [2012a] pp. 33-34. 641 Cfr. CASSELLA [2012a] p. 34. 642 Cfr. LUCE [2000] 643 Cfr. OAI [2017] 644 Cfr. OAFORUM [2003]

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