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La Comunità “il Veliero”: “Struttura residenziale che accoglie bambini in

Tra le quattro Comunità rivolte alla tutela dei minori raggruppate sotto il nome di “Comunità il Girasole” dell’Associazione Piombini-Sensini Onlus, la Comunità CE1 è quella che si rivolge all’accoglienza di minori tra i 3 e i 10 anni vittime di abuso o maltrattamento da parte della famiglia di origine.

“La Comunità CE1 è una struttura residenziale che accoglie bambini in difficoltà vittime di maltrattamento, abuso sessuale o altre situazioni pregiudizievoli, di ambo i sessi e di età compresa tra i 3 ed i 10 anni al momento dell’ammissione, riservando un posto di pronta accoglienza per situazioni di emergenza.”. 77

L’obiettivo della Comunità è quello di “sostituire temporaneamente la famiglia di origine” affinché i genitori abbiano il tempo necessario per superare le difficoltà e, nel caso in cui il percorso dei genitori (generalmente affidato ad altri enti competenti) non raggiunga esiti positivi, di individuare soluzioni alternative quali l’affido o l’adozione. Attraverso l’accoglienza in un appartamento dalla struttura di una civile abitazione e grazie al personale educativo vengono forniti al minore protezione e sostegno, affinché siano superate le condizioni di pregiudizio vissute.

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Cenni storici

L’appartamento dove si sviluppa questa Comunità è uno dei primi in cui si attuò, nel 1993, il passaggio dalla struttura dell’Istituto “La Pietà” alla forma più attuale di accoglienza in stile “familiare”. In quegli anni, come già accennato, nei due piani dello stabile venivano ospitati adolescenti maschi e femmine e minori stranieri non accompagnati, in un contesto di emergenza caratterizzato da ragazzi altamente problematici e talvolta pericolosi, come mi raccontarono alcuni degli operatori intervistati. Nei primi tempi in questo stabile era ancora presente il personale educativo religioso, due suore rimaste fino al 1997, coadiuvate da obiettori di coscienza che fornivano il loro servizio insieme ai pochi educatori assunti con un contratto semestrale. Con il tempo e gli ampliamenti strutturali dell’Associazione si poté offrire una diversificazione dell’accoglienza, che venne rivolta ad adolescenti maschi e a bambini, in due appartamenti differenti di questo stabile, fino a raggiungere l’attuale conformazione: uffici, Comunità per bambini, Comunità per ragazze adolescenti.

1.1Gli spazi dell’accoglienza: una descrizione della struttura residenziale tra aspetti normativi ed organizzazione del quotidiano

La Comunità “Il Veliero” si trova all’interno di un edificio che sorge lungo una via parallela ad uno dei Corsi più centrali e frequentati della città, a cinque minuti a piedi dal centro storico di Macerata.

Trattandosi di una residenza destinata a “minori, per interventi socio-assistenziali ed

educativi integrativi o temporaneamente sostitutivi delle famiglie”78, il quadro normativo

regionale ne determina sia gli aspetti organizzativi che le caratteristiche fisiche, come la centralità dell’ubicazione, la presenza di un cortile esterno, il numero totale di minori accolti e il numero massimo per ogni stanza. La Legge Regionale 20/2002, come già si è detto sopra, è quella in cui si esplicano i requisiti strutturali delle varie tipologie di Comunità residenziali socio-assistenziali, basandosi sul Decreto del Ministro per la Solidarietà Sociale del 21 maggio 2001 n.308.

Lo stabile si struttura su tre piani di cui il primo, durante il periodo della ricerca, era riservato agli uffici dell’Associazione Piombini-Sensini Onlus, il secondo alla Comunità

78LEGGE REGIONALE 6 novembre 2002, n. 20: Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle

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per Minori “Il Veliero”, e il terzo piano alla Comunità-alloggio per ragazze adolescenti, denominata “Andromeda”. Il piano terra, invece, era occupato da una Agenzia Assicurativa per l’impresa che non era collegata ai servizi dell’Associazione. Il cortile esterno era a disposizione degli ospiti di entrambe le Comunità.

All’edificio si accede attraverso un cancelletto giallo: sulla destra si trovava la costruzione, e, subito dietro, un po’ nascosto, il cortile esterno, per metà piastrellato, per metà prato. In questo spazio, dedicato ai ragazzi, c’erano delle piccole panchine, un canestro per giocare a basket, un biliardino e delle biciclette appoggiate sotto il porticato.

Entrando nello stabile, al primo piano c’erano gli uffici, ed anche un corridoio con alcune stanze a disposizione degli ospiti delle Comunità poste ai piani superiori.79

La zona degli uffici, sulla destra, era riservata alla Responsabile Amministrativa, alla Ragioniera Contabile e al Responsabile dei Servizi. Al di fuori degli orari di lavoro quest’area era chiusa a chiave e non era pensata come zona di frequentazione per operatori ed ospiti, tuttavia vi si potevano incontrare le ragazze dell’appartamento al terzo piano che avevano bisogno di parlare con la Responsabile Amministrativa, oppure poteva passare qualche bambino a salutare e, per eventuali necessità, potevano recarvisi gli operatori delle Comunità.

Lungo il corridoio sulla sinistra si trovavano la sala riunioni, la dispensa e la sala-giochi. La sala riunioni, utilizzata per le riunioni d’équipe degli operatori e, talvolta, per i compiti dei ragazzi, era ammobiliata con semplicità, un grande tavolo ovale con delle sedie ed un piccolo mobile con dei libri in materia di Tutela Minorile, Pedagogia, Psicologia.

La dispensa era la stanza dove venivano tenute le scorte di alimenti per entrambe le

Comunità dei piani superiori. Sulle scaffalature i viveri venivano suddivisi, oltre che per Comunità di riferimento, per tipologia. Vi erano viveri di ogni tipo, dalla pasta al sale, ai biscotti, ai barattoli di conserva di pomodoro; verdure, affettati e formaggi nei frigoriferi; carne e pesce nel congelatore; un’affettatrice per i salumi su un tavolo d’appoggio.

Per entrare in questa stanza c’era bisogno di una chiave e vi avevano accesso soltanto gli operatori per prendere il necessario che poi veniva riposto nelle cucine delle singole Comunità, per le esigenze quotidiane. Talvolta gli educatori si facevano accompagnare dai bambini e dai ragazzi, così da condividere questa pratica, mettendo in ordine la spesa insieme, o prendendo il necessario per preparare la cena.

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La Sala dei giochi era un grande spazio arredato con mobili semplici. Una parete è stata dipinta con dei personaggi della Walt-Disney. Sul pavimento a sinistra vi erano dei tappeti su cui i bambini più piccoli potevano giocare. Vi erano giocattoli appoggiati per terra e altri riposti in degli scaffali, giochi da tavolo e un biliardino. I giochi erano per lo più di seconda mano, donati da qualche cittadino, come mi ha detto la Responsabile Amministrativa Elisabetta. Di seconda mano erano anche i libri presenti su una grande scaffalatura e a disposizione di tutti i ragazzi.80

Chi utilizzava la sala-giochi, era anche chiamato a riordinarla prima di andar via. Era a disposizione sia degli ospiti della Comunità “Il Veliero” che di quelli della Comunità “Andromeda”.

In fondo a questa sala, sulla sinistra, una porta conduceva in un’altra stanza di medie dimensioni dove venivano riposti i vestiti usati donati all’Associazione da persone esterne. Salendo al piano superiore si trovavano gli spazi dedicati alla Comunità “Il Veliero”, che anche dopo la ristrutturazione effettuata in primavera, è ancora collocata negli stessi locali, sebbene alcuni mobili siano cambiati, rispetto al periodo di svolgimento della ricerca.

1.2 L’appartamento.

All’appartamento si accedeva da una porta sulla quale era appeso un piccolo timone da imbarcazione che ricordava in maniera simbolica il nome scelto per denominare la Comunità.

Appena si entrava si è accolti dal colore vivace delle pareti, dipinte di arancione. Sul corridoio d’ingresso, abbastanza ampio, era visibile il disegno di un grande veliero realizzato sulla parete di destra, dove si potevano notare dei nomi scritti fra le onde del mare: erano i nomi di chi lo aveva realizzato e di chi è entrato a vivere in questo appartamento, nel corso degli anni.

Vi erano tre camere per gli ospiti con bagno interno, una stanza per gli educatori, un salone, una cucina ed un piccolo ripostiglio81.

A destra del porta d’ingresso vi era la stanza dedicata agli educatori e al coordinatore: un piccolo ufficio che fungeva anche da camera da letto. Al centro una scrivania con una sedia da un lato e due sedie dall’altro, un letto, un comodino, un tavolo con PC e tre armadietti.

80 Intervista a Responsabile Amministrativa: Elisabetta M. 28.11.2015, ufficio amministrativo 81 Per avere una visione più chiara nella disposizione degli spazi consultare la piantina in appendice

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In fondo, la porta del bagno riservato agli operatori, dove vi era anche un armadietto con medicinali e altri prodotti utili per la casa.

Di fronte alla stanza degli educatori vi era la prima stanza per minori ospitati: tre letti, un letto a castello ed uno singolo, due scrivanie, una vicino alla porta e una vicino alla finestra, due comodini, un grande armadio e uno scaffale per i libri Grandi tende rosse alle finestre e un bagno interno. In questa stanza vivevano i fratelli Maurizio e Giulio e, con loro, Giorgio, un ragazzo adolescente. C’erano dei cartelloni di benvenuto appesi al muro e un cartellone con le tabelline appeso all’armadio.

Le altre stanze per gli ospiti erano strutturalmente simili alla prima: la seconda stanza, piuttosto ampia e luminosa, ospitava due bambini Daniele e Alvise, e la loro mamma. Un giorno Alvise mi disse che era stata proprio sua madre a disporre i mobili nel modo attuale e mi ha mostrato le foto sulle mensole in cui erano ritratti lui, i suoi fratelli, e sua mamma. La terza stanza dedicata agli ospiti era la camera per altri due bambini, Guido e Giordano, e la loro madre, Sonia. La parete di destra era stata completamente dipinta da Sonia. Vi erano alberi dai colori cupi e dei folletti sui rami. Sonia mi disse che era stata una delle educatrici, che ora lavorava nella Comunità al piano superiore, ad offrirle la possibilità di dipingere il muro, avendo notato la sua passione per il disegno. In questa camera c’erano anche molti giochi per bambini, a differenza della prima dove Giulio e Maurizio non avevano molti oggetti personali.

Tra la seconda e la terza camera da letto vi era una piccola stanza denominata “la Stiva” ovvero un ripostiglio dove veniva tenuto del materiale che poteva essere utile all’occorrenza, alcuni alimenti in scatola, dei vestiti usati riposti negli scaffali alti. Questa stanza era sempre chiusa a chiave e possono entrarci soltanto gli educatori.

Alla fine del corridoio c’erano degli stendini per asciugare gli abiti. Sulla destra si apriva il

salone: da un lato tre divani posizionati davanti alla TV, play-station e mobile per giochi e

DVD; dall’altro un mobiletto per il computer usato dai ragazzi vicino alla parete, dei tavolinetti per bambini, una piccola libreria con libri usati e giochi.

Appesa al muro c’era una bacheca con su scritto “L’Angolo Spirituale” dove erano appese alcune fotografie dei ragazzi della Comunità scattate durante gli anni passati.

In fondo al salone c’era la cucina. Vi si accedeva attraverso una porta gialla che in genere rimaneva aperta. Vi era un tavolo rettangolare per circa dieci persone. A destra della porta il lavello per i piatti e la lavastoviglie, a sinistra un tavolinetto con la macchinetta per il caffè. Dietro il tavolo da pranzo vi era il mobile per il piano cottura con fornelli, forno,

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frigorifero e pensili per piatti e bicchieri (che erano di plastica spessa) pentolame ed utensili per fare dolci.

In questi spazi, che definivano la struttura residenziale, prendeva vita la quotidianità dei bambini che erano stati allontanati dalla loro famiglia d’origine e degli educatori che vi lavoravano. Spazi in cui si intrecciavano attività, azioni e relazioni.

Al piano di sopra, come già accennato, si sviluppava un altro appartamento dell’Associazione, la Comunità CE2, denominata “Andromeda”, pensata per ospitare ragazze adolescenti tra gli 11 e i 17 anni. La vita delle due Comunità era distinta, sia per quanto riguardava gli ospiti che per quanto riguardava gli operatori, salvo i giochi in cortile o situazioni specifiche di necessità.

Un elemento importante da tenere in conto nell’accesso agli spazi era il mazzo di chiavi. Tutti coloro che lavoravano all’interno della Comunità avevano un mazzo di chiavi, per aprire il cancelletto e il portone d’ingresso, e per accedere a quegli spazi dove gli ospiti non potevano entrare autonomamente, come la dispensa, la “stiva” e la stanza dell’educatore. Vi erano più mazzi riposti nella stanza degli educatori, di modo che durante il turno, ogni operatore avesse il proprio mazzo.

Inoltre, nel mazzo di chiavi, era presente una chiave passepartout, che permetteva di aprire e chiudere le porte delle camere dei ragazzi, che talvolta venivano chiuse quando i ragazzi non erano in casa. Le chiavi delle camerette non venivano tenute sulle porte, come mi era stato spiegato dal coordinatore, soprattutto per prevenire la possibilità che i bambini restassero chiusi a chiave nella loro stanza, che facessero scherzi agli altri bambini, e per evitare che l’educatore non potesse entrare in caso di necessità.