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CON PRESENZA DI DRYOCOSMUS KURIPHILUS

Nel documento Il legname di castagno per uso strutturale (pagine 101-105)

DRYOCOSMUS KURIPHILUS

CON PRESENZA DI DRYOCOSMUS KURIPHILUS

devono essere prese in considerazione solo in particolari contesti e utilizzando il numero più elevato possibile di genotipi.

Non deve essere sottovalutata la possibilità di autoregolazione di un biosistema complesso come il bosco. Questo potrebbe necessitare probabilmente di un tempo abbastanza lungo, maggiore di quello fino ad oggi avuto, per far si che altri organismi si propongano come efficienti antagonisti o predatori. Già attualmente si sono riconosciuti parassitoidi indigeni in grado di affiancare Torymus sinesis, che rappresenta sempre la via principale al momento su cui puntare per contenere la diffusione del cinipide galligeno. Il rischio connesso a questo modo di affrontare l’emergenza, affidandosi alla capacità di “autoriparazione” del sistema bosco, può essere attenuato dal fatto che le popolazioni di gemme di un castagno o addirittura di un ramo non sembrano essere tutte ugualmente attaccabili; alcune di queste, generalmente poste nella porzione più apicale, possono garantire la sopravvivenza della pianta permettendo la ricostruzione, ogni anno, di una certa quantità di chioma verde, procrastinando così nel tempo il rischio di un brusco deperimento della pianta.

Un ulteriore incremento nella reattività della componente arborea, di un biosistema forse troppo semplificato come quello di un castagneto da frutto, potrebbe essere ottenuto favorendo il passaggio da popolamenti puri di castagno a popolamenti misti. Ciò permetterebbe di ottenere, come più volte segnalato in letteratura, un effetto di ostacolo, a livello arboreo, alla diffusione del patogeno; soprattutto è molto probabile che si ottenga anche la concentrazione di una più vasta gamma di probabili antagonisti rispetto a quelli reperibili in formazioni pure o in frutteti specializzati. L’incremento della biodiversità dei boschi cedui di castagno potrebbe essere considerata come l’unica azione di contrasto possibile prima di procedere con una efficace lotta biologica programmata. Il principale ostacolo però risiede nel fatto che il castagno, soprattutto in condizioni ambientali favorevoli, manifesta un rapido accrescimento e una elevata capacità pollonifera che mantiene per un periodo di tempo pressoché indefinito. Tutto ciò comporta un serio ostacolo sia all’ingresso di specie diverse sia allo sviluppo di piante da seme di castagno.

In conclusione appare evidente come solo un forte impegno della ricerca su tutti gli aspetti del patosistema cinipide-castagno potrà dare risposte adeguate ai timori dei castanicoltori. Al momento occorre mantenere attiva la coltura nei prossimi anni al fine di non vedere gli impianti produttivi abbandonati per questo nuovo problema: bisogna garantire sia la vitalità delle piante sia un livello di produzione sufficiente in attesa che i meccanismi di controllo vengano attivati e resi funzionali su larga scala.

In questo contesto non si ritiene utile ricorrere, neanche temporaneamente, agli interventi chimici in quanto il loro impatto sulla complessità dell’ecosistema castagneto potrebbe avere effetti negativi, addirittura rallentando i meccanismi di controllo bio- ecologico. I costi e, soprattutto, la perdita della naturalità del prodotto e degli impianti, laddove questa è garantita, possono costituire un danno ben più grave di quello arrecato dall’insetto.

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ESPERIENZE DI RECUPERO E GESTIONE DEI CASTAGNETI DA

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