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LA CULTIVAR SOLCHESE: RISCOPERTA DI UNA INTERESSANTE VARIETÀ NELLE AREE DI COLTIVAZIONE TRADIZIONALE

“SOLCHESE”: RECOVERING OF AN EVALUABLE CULTIVAR IN TRADITIONAL CULTIVATION AREAS

LA CULTIVAR SOLCHESE: RISCOPERTA DI UNA INTERESSANTE VARIETÀ NELLE AREE DI COLTIVAZIONE TRADIZIONALE

Prime osservazioni sui caratteri descrittivi della cultivar

Nella presente comunicazione ci limitiamo a una prima descrizione delle caratteristiche morfologiche delle piante di Solchese sulla base di osservazioni condotte su individui di grandi dimensioni e su giovani innesti. Le informazioni derivano da interviste a castanicoltori che sono in grado di riconoscerne le peculiarità distintive rispetto al selvatico locale e ad altre cultivar fra cui quelle allevate nelle località dove la Solchese è ancora diffusa (Carpinese, Ogliola, Nerona, Valiese, Pelosora o Lucignana) e quelle da “legno” (Mozza, Cardaccio e, in minore misura, Politora). Le piante individuate nella frazione di Cune sono state fotografate e mappate; sono in corso gli stessi rilievi nelle altre frazioni in cui ne è stata segnalata la presenza. Per gli esemplari d dimensioni rilevanti si è proceduto alla misura di circonferenza e altezza.

Da quanto emerso dalle interviste ai coltivatori sembra che il nome Solchese derivi dal fatto che un tempo questa varietà veniva innestata soprattutto lungo i piccoli ruscelli montani (in lucchese “né ssolchi”), dove il terreno più profondo, la ricchezza d’acqua del suolo e l’umidità atmosferica favorivano lo sviluppo di individui colonnari, da cui si potevano trarre assortimenti di qualità.

L’albero presenta il notevole sviluppo e il rapido accrescimento tipico della specie e già segnalato per altre varietà a duplice attitudine (Maltoni et al., 2002). Secondo i pratici i ritmi di accrescimento della Solchese sono decisamente più rapidi rispetto alle altre varietà conosciute in zona, forse inferiori solo a quelli della Politora. Il fusto presenta, anche quando allevato all’interno di popolamenti, una forma maggiormente rastremata rispetto a quanto segnalato per le varietà da legno allevate in zona, quali Politora e Mozza. La chioma è tendenzialmente espansa, molto più di quanto non si verifichi in altre cultivar che dimostrano attitudine alla produzione di legno (Mozza e Politora) anche quando allevate in popolamenti a densità rada. Caratteristica peculiare del portamento di questa cultivar è il sistema di ramificazione: già a partire dai primi anni di età i soggetti tendono a presentare biforcazioni che si reiterano nel tempo; tale struttura, con il crescere delle dimensioni dei fusti, si modifica fino a che, con il prevalere di una delle branche verticali, si ricostituisce un asse principale (Fig. ). La corteccia presenta un colore grigio chiaro e si screpola a placche poco più grosse di quelle mediamente osservate sul selvatico locale. I rami di un anno (Fig. 2) sono medio grossi, di colore marrone rossiccio e con evidenti e numerose lenticelle; le gemme hanno forma allargata e non sono molto appuntite. La fogliazione non è precoce e avviene contemporaneamente alla maggior parte delle varietà presenti in zona, ma in autunno è una delle ultime a perdere le foglie. La foglia ha dimensioni medio grandi; è lanceolata, di colore verde chiaro e spesso arcuata al centro con denti abbastanza grossi. Il riccio ha dimensioni medie e conformi a quelle del selvatico locale ma con aculei lunghi e generalmente contiene 3 castagne. Il frutto è medio grosso, di colore castano scuro, lucido, con striature poco evidenti; la forma della castagna è tozza quasi tondeggiante (Fig. 3), piuttosto simile a quella di Politora, ma mai a goccia come invece si riscontra per la Mozza e il Cardaccio. La fruttificazione è abbondante anche ad alte quote, fino a 800 m s.l.m. L’estrazione dei frutti dai ricci semichiusi è facile. La caduta del frutto è tardiva con picco prossimo al termine del periodo, che avviene alla fine di ottobre. Tradizionalmente si usava effettuare la raccolta sotto la Solchese in due o tre passaggi, questo perché normalmente le ultime castagne a cadere sono quelle di dimensioni più grosse. Se il raccolto era abbondante e mancava il tempo di raccogliere tutto, la “ruspa”, ovvero l’ultimo giro di raccolta, veniva effettuata solo sotto la Solchese (a cercare le pezzature maggiori). Questa cultivar è caratterizzata da una elevata produttività di castagne e apprezzata dai coltivatori per la

buona pezzatura, la discreta qualità e per avere episperma generalmente non introflesso. Il frutto della Solchese raramente era commercializzato per il consumo diretto, si preferiva essiccarlo per la farina. Studi carpologici sono stati avviati nel 2007 e sono tuttora in corso presso la Scuola Superiore S. Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento a Pisa.

Il legno di questa varietà è molto apprezzato dai pratici non solo per le notevoli caratteristiche tecnologiche tipiche della specie, ma anche per la limitata incidenza del fenomeno della cipollatura.

Metodi tradizionali di coltivazione

Per quanto riguarda l’allevamento per la produzione di legno, si segnala l’abitudine di non potare le piante di Solchese nonostante i soggetti tendano a presentare il caratteristico sistema di ramificazione non ideale per questo tipo di produzione. A tal proposito va però ricordato che la potatura tradizionale in Media Valle del Serchio e nella parte meridionale della Garfagnana, al contrario di quanto usualmente avveniva in Alta Versilia, prevedeva quasi sempre che le piante venissero capitozzate ad una certa altezza per produrre chiome espanse ed impostate su due o tre grossi rami principali al fine di ottenere una abbondante fruttificazione. Non potare la Solchese, pur in presenza di biforcazioni, significava lasciar sviluppare il fusto principale il più possibile diritto e secondo una direzione verticale al fine di ottenere i migliori assortimenti possibile contestualmente alla produzione di castagne.

Un metodo di coltivazione particolare, osservato sulle piante presenti nella frazione di Cune, è quello di lasciar sviluppare due o tre innesti sulla stessa ceppaia (Fig. 4). I soggetti di questo tipo, diffusi in varie località intorno al paese, risultano tutti innestati prima della seconda guerra mondiale ed oggi nessuno sa spiegare il motivo di tale singolare pratica di coltivazione, che non abbiamo osservato in nessuna altra zona. Considerazioni

La cultivar Solchese ha una diffusione territoriale circoscritta e molto limitata e può essere pertanto inserita nell’elenco del patrimonio genetico varietale a rischio di erosione. Il numero di individui di età che si avvicina o supera il secolo è ancora relativamente elevato e si può stimare in alcune centinaia, di cui la maggior parte presenti nella frazione di Cune. In quest’area alcuni castanicoltori, che attribuiscono alla Solchese un valore economico, continuano a propagarla. Sarà interessante in futuro poter monitorare in maniera sistematica, su nuovi innesti realizzati, l’andamento degli accrescimenti, l’attitudine a produrre le biforcazioni e le reazioni delle piante ad interventi di potatura allo scopo di predisporre metodi colturali più efficienti ed ottenere tronchi di migliori caratteristiche commerciali.

Le associazioni dei produttori si stanno impegnando per estenderne l’impiego e per valorizzarne il prodotto e sono state formulate proposte di ricerca per approfondire la caratterizzazione di questa varietà e il confronto con le più rinomate cultivar da “legno”. Ringraziamenti

Si ringraziano per la collaborazione: Associazione dei Castanicoltori della Lucchesia; Comune di Lucca; I coltivatori e i pratici di Cune e Motrone; Il Prof. Agostino Stefani e il Dott. Fabiano Camangi della Scuola Superiore di Perfezionamento e Studi Universitari S. Anna – Pisa; Il Museo del Castagno di Cològnora – Pescaglia (LU)

LA CULTIVAR SOLCHESE: RISCOPERTA DI UNA INTERESSANTE VARIETÀ NELLE AREE DI COLTIVAZIONE TRADIZIONALE

Ricerca effettuata grazie al sostegno di: Comunità Montana della Media Valle del Serchio – LU; Comune di Borgo a Mozzano - LU

Bibliografia

Breviglieri N. (958). Indagini ed osservazioni sulle cultivar di castagno. In Borelli O., Breviglieri N., Cecconi A.C., Ciampi C., Morandini R., Pettinà A. (958). Studio monografico sul castagno in provincia di Lucca. Consiglio Nazionale delle Ricerche, Centro di Studi sul Castagno, Firenze, Pubblicazione n. 4; supplemento a “La ricerca scientifica”. Anno 28°.

Giambastiani M., Maltoni A., Cia M. (2004). La vegetazione forestale delle colline e montagne lucchesi – Alberi monumentali ed elementi caratteristici. Pegaso editore. Lucca.

Maltoni A., Mariotti B., Tani A. (2002). Analisi di caratteri architetturali in cultivar di castagno (Castanea sativa Mill.). Atti del Convegno Nazionale Castagno 200, Marradi, 25-27 ottobre. Società Orticola Italiana, Firenze.

Mariotti B., Paci M. (2002). Varietà di castagno da legno delle Alpi Apuane: aspetti ecologici e tradizioni colturali. Atti del Convegno Nazionale Castagno 200, Marradi, 25- 27 ottobre. Società Orticola Italiana, Firenze.

Figure

Fig. 3. Castagne di Solchese (Foto Dott. F. Camangi)

Fig. 2. Getto apicale di un giovane epibiota

Fig. 4. Individui di Solchese allevati su una stessa ceppaia secondo il metodo tradizionale nella frazione di Cune

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III sessione