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c I concetti di essenza e natura secondo Giovanni Damasceno

L’equivalenza concettuale di οὐσία e φύσις si ritrova in tutti gli scritti di Giovanni Damasceno, il quale esprime le concezioni dottrinali comuni alla teologia patristica greca38 ed è inoltre una delle fonti principali di Gregorio Palamas. Così scrive il Damasceno nei Capita philosophica:

33 Cf. infra 37. 34 Cf. infra 38.

35 Oltre ai tre Padri cappadoci, possiamo pensare, tra gli altri, anche a un passo di Anfilochio di

Iconio: Fragmentum 15 (PG 39, 112 C-D); così come all’Epistula 15 di Massimo il Confessore (PG 91, 545 A) e al capitolo 52 del Contra Jacobitas di Giovanni Damasceno (PG 94, 1461).

36 Cf. MASSIMO IL CONFESSORE, Epistula 15, PG 91, 549 BC.

37 La tesi del realismo ontologico dell’immanenza viene argomentata da Christophe Erismann a

proposito di Giovanni Damasceno, con riferimenti anche ai Padri cappadoci e a Massimo il Confessore: cf. C.ERISMANN, A World of Hypostases. John of Damascus’ Rethinking of Aristotle’s Categorical Ontology, in: in: A.BRENT –M.VINZENT (cur.), Papers Presented at the National Conference on Patristic Studies Held at Cambridge in the Faculty of Divinity undern Allen Brent, Thomas Graumann and Judith Lieu in 2009, Leuven (Peeters, SP L) 2011, pp. 269-287.

38 Per avere una panoramica sul profilo teoretico del Damasceno si veda: S. MARKOV, Die

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I filosofi pagani hanno detto secondo il criterio prescelto la differenza tra l’essenza e la natura, dicendo che l’essenza è semplicemente l’essere e che la natura è l’essenza specificata dalle differenze essenziali […]. Dunque il più particolare l’hanno chiamato ipostasi, mentre il più l’universale, che contiene le ipostasi, l’hanno chiamato natura, e la semplice esistenza l’hanno chiamata essenza. I santi Padri, tralasciando le molte elucubrazioni, hanno chiamato essenza, natura e forma ciò che è detto essere comune ai molti, la specie specialissima, per esempio: angelo, uomo, cavallo, cane e il resto […]. Il particolare l’hanno chiamato individuo, persona e ipostasi, per esempio: Pietro, Paolo.39

Il passo del Damasceno sembra apparentemente negare la distinzione fra essenza e natura: dopo aver ripreso la terminologia filosofica classica, egli precisa infatti che nel pensiero patristico la differenza tra οὐσία e φύσις tende a essere superata a favore di un’equivalenza concettuale dei due termini, indicanti l’essere comune

Strukturtransformationen, Leiden (Brill) 2015; A. LOUTH, St. John Damascene. Tradition and

Originality in Byzantine Theology, Oxford (Oxford University Press) 2002. Si vedano anche i

seguenti testi: R. WOLK – A. LOUTH, Jean Damascène in C.-G. CONTICELLO (cur.), La théologie

byzantine et sa tradition I/2, Turhout (Brepols) 2015; S.ABLES, John of Damascus on Genus and Species, in: M.KNEŽEVIĆ (cur.), The Ways of Byzantine Philosophy, Alhambra (Sebastian Press) 2015, pp. 271-288. Un profilo di Giovanni Damasceno come un teologo che esprime concezioni di fede comuni della patristica greca emerge anche in: G.V. FLOROVSKIJ, Vizantijckie Otcy V - VIII

stolet [The Fathers of the Byzantine centuries V - VIII], Upper Saddle River (Gregg International

Publishers Limited) 1972, pp. 228-231. 39 « Οἱ μὲν ἔξω φιλόσοφοι κατὰ τὸν προλελεγμένον λόγον διαφορὰν εἴπον οὐσίας καὶ φύσεως, οὐσίαν μὲν εἰπόντες τὸ ἁπλῶς εἴναι, φύσιν δὲ οὐσίαν εἰδοποιηθεῖσαν ὑπὸ τῶν οὐσιωδῶν διαφορῶν [...]. Ὥστε τὸ μὲν μερικώτερον ἐκάλεσαν ὑπόστασιν, τὸ δὲ καθολικώτερον καὶ περιέχον τὰς ὑποστάσεις ἐκάλεσαν φύσιν, τὴν δὲ ἀπλῶς ὕπαρξιν ἐκάλεσαν οὐσίαν. Οἱ δὲ ἅγιοι πατέρες παρεάσαντες τὰς πολλὰς ἐρεσχελίας τὸ μὲν κοινὸν καὶ κατὰ πολλῶν λεγόμενον ἤγουν τὸ εἰδικώτατον εἶδος οὐσίαν καὶ φύσιν καὶ μορφὴν ἐκάλεσαν, οἷον ἄγγελον, ἄνθρωπον, ἵππον, κύνα καὶ τὰ τοιαῦτα [...]. Τὸ δὲ μερικὸν ἐκάλεσαν ἄτομον καὶ πρόσωπον καὶ ὑπόστασιν οἷον Πέτρος, Παύλος»: GIOVANNI DAMASCENO, Capita philosophica (Dialectica) 30, in: B. KOTTER (cur.),

Johannes von Damaskus. Die Schriften. I, Berlin (De Gruyter) 1969, pp. 93-94. È probabile che in

questo caso la fonte di Giovanni Damasceno sia costituito dall’Isagoge di Porfirio, come mostrano concetti quali “specie specialissima”, così come i riferimenti alla divisione tra specie. Cf. C. ERISMANN, A World of Hypostases. John of Damascus’ Rethinking of Aristotle’s Categorical

Ontology, cit.; C.ERISMANN, L’individualité expliquée par les accidents. Remarques sur la destine

“chrétienne” de Porphyre, in: C.ERISMANN –A.SCHNIEWIND (cur.), Compléments de substance.

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partecipato da una molteplicità di ipostasi. In maniera parallela, il Damasceno stabilisce un’equivalenza concettuale anche fra i termini individuo (ἄτομος), persona (πρόσωπον) e ipostasi (ὑπόστασις). Si può pensare che la posizione di Giovanni Damasceno sostiene che che nei Padri della Chiesa i due concetti sono equivalenti nella misura in cui concernono entrambi il dominio della comunione ontologica, della condivisione e della generalità. Nello stesso senso si potrebbe interpretare l’equivalenza tra i termini individuo, persona e ipostasi: essi determinano tutti il piano dell’alterità ontologica, della particolarità e della singolarità, senza che questo comporti una sinonimia e un annullamento delle singole differenze concettuali. In altri termini, si può pensare che l’operazione teorica che Giovanni Damasceno compie, nella sua opera di sintesi, è quella di individuare i due grandi piani del discorso ontologico, il generale e il particolare, e di assegnare a questi due piani la terminologia ontologica elaborata dai Padri che lo precedono. Dal momento che il Damasceno è in parte un autore il cui pensiero è volto a fornire una sintesi della teologia patristica greca, non si può pensare che sia sua intenzione affermare, contro la speculazione patristica, una sinonimia di essenza e natura, o di ipostasi, individuo e persona, ma piuttosto egli fornisce uno schema sintetico bipartito della speculazione patristica, valido per la comprensione di ciascun Padre. Questa grande bipartizione concettuale non annulla però le differenze elaborate a partire dalla filosofia greca classica, piuttosto le ricomprende conservando l’assunto fondamentale per cui la natura si differenzia dall’astrattezza dell’essenza secondo le differenze essenziali, ovvero perché è «l’essenza specificata dalle differenze essenziali». Possiamo chiederci, a questo punto, cosa intenda il Damasceno con il concetto di “differenze essenziali”. Ne troviamo una definizione nella Institutio elementaris:

Ogni cosa per cui una specie differisce da un’altra, un’essenza da un’altra è chiamata differenza essenziale, naturale, costituente, qualità, proprietà naturale e proprietà della natura. Come angelo e uomo differiscono l’uno dall’altro secondo immortalità e mortalità; l’immortalità è una differenza essenziale, naturale e costituente dell’angelo, nonché una [sua] proprietà naturale. Allo stesso modo è la mortalità dell’uomo. Inoltre, uomo e bue differiscono l’uno dall’altro, perché l’uomo è razionale e il bue irrazionale. Ecco: la razionalità è una differenza essenziale e costituente

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dell’uomo, e l’irrazionalità lo è del bue. Similmente riguardo al resto delle specie, delle essenze, delle nature e delle forme.40

Come possiamo notare, il concetto di differenza essenziale costituisce la peculiarità tipica di un’essenza, di una natura, di una specie o di una forma, così che esso inscrive il discorso ontologico nel piano realistico della determinazione. Consideriamo inoltre la definizione sintetica che Gregorio Palamas dà della differenza essenziale, riprendendo l’Expositio fidei di Giovanni Damasceno: «È una differenza essenziale quella per cui un’essenza differisce da un’altra, ma lo è anche ciascuna differenza fra molteplici specie ed essenze; ed inoltre le differenze sono costitutive delle essenze che le hanno, in modo tale che da queste differenze essenziali si produce la definizione di ciascuna essenza»41. Gregorio Palamas raccoglie dunque l’eredità del realismo dell’immanenza di Giovanni Damasceno e afferma che non è possibile pensare l’essenza, la natura in termini astratti poiché essa si dà sempre unitamente alle proprie proprietà particolari.

Nell’Expositio fidei Giovanni Damasceno sviluppa ulteriormente l’equivalenza di οὐσία e φύσις, come anche diὑπόστασις e πρόσωπον:

Anche se non c’è infatti una natura senza ipostasi, o un’essenza senza persona (infatti l’essenza e la natura sono conosciute in ipostasi e persone), tuttavia non è necessario che le nature unite l’una all’altra secondo l’ipostasi abbiano ciascuna una propria ipostasi.42

40 « Πᾶν πρᾶγμα, ᾦ τινι διαφέρει εἶδος ἑτέρου εἴδους, καὶ οὐσία ἐτέρας οὐσίας, οὐσιώδης, καὶ φυσικὴ, καὶ συστατικὴ, λέγεται διαφορὰ, ποιότης, καὶ φυσικὸν ἰδίωμα, καὶ ἰδίωμα φύσεως. Οἶον διαφέρουσιν ἄγγελος καὶ ὁ ἄνθρωπος ἀλλήλων, κατὰ τὸ ἀθάνατον καὶ τὸ θνητὸν· τὸ ἀθάνατον οὐσιώδης διαφορὰ καὶ συστατικὴ τοῦ ἀγγέλου ἐστὶ, καὶ ἰδίωμα φυσικόν. Ὁμοίως καὶ τὸ θνητὸν, τοῦ ἀνθρώπου. Διαφέρουσι πάλιν ὁ ἄνθρωπος καὶ ὁ βοῦς ἀλλήλων, ὄτι ὁ μὲν ἄνθρωπος λογικός ἐστι, ὁ δὲ βοῦς ἄλογος. Ἰδοὺ τὸ λογικὸν οὐσιώδης διαφορὰ καὶ συστατικὴ τοῦ ἀνθρώπου ἐστὶ, τὸ δὲ ἄλογον, τοῦ βοός. Ὁμοίως καὶ ἐπὶ τῶν λοιπῶν εἰδῶν καὶ οὐσιῶν καὶ φύσεων καὶ μορφῶν»: GIOVANNI DAMASCENO, Institutio elementaris 4, in: B.KOTTER (cur.), Johannes von Damaskus.

Die Schriften. I, cit., p. 22.

41 FAKRASIS PROTOSPATOR, Ἐπίτομος κατὰ τὸ δυνατόν διήγησις 12, in: Perr. II, p. 896.

42 «Εἰ γὰρ καὶ μή ἐστι φύσις ἀνυπόστατος, ἢ οὐσία ἀπρόσωπος (ἐν ὑποστάσεσι γὰρ καὶ προσώποις

ἢ τὲ οὐσία ςαὶ ἠ φύσις θεωρείτε), ἀλλ' οὐκ ἀνάγκη τὰς ἀλλήλαις ἑνωθείσας φύσεις καθ' ὑπόστασιν, ἑκάστην ἰδίαν κεκτῆσθαι ὑπόστασιν»: GIOVANNI DAMASCENO, Expositio fidei III 9, in: B.KOTTER (cur.), Johannes von Damaskus. Die Schriften. II, Berlin (De Gruyter) 1973, p. 128.

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Nella prima parte del brano, Giovanni Damasceno ribadisce l’equivalenza concettuale fra natura (φύσις) ed essenza (οὐσία) da un lato, ipostasi (ὑπόστασις) e persona (πρόσωπον) da un altro, per poi descrivere il contenuto concettuale dell’aggettivo “enipostatico” (ἐνυπόστατος). Possiamo notare che l’equivalenza concettuale di natura ed essenza si accompagna alla sfumatura semantica che differenzia i due termini: “φύσις” è posto in relazione con “ὑπόστασις”, e per differenziare il senso astratto e differente di “οὐσία” viene impiegato il termine “πρόσωπον”, come una sorta di contraltare di “ὑπόστασις”, senza tuttavia una vera differenza concettuale fra i due termini, ma probabilmente solo ai fini della funzionalità logica. Possiamo considerare ancora un altro passo dall’Expositio

fidei:

Considerate la natura o come semplice teoria (per se stessa infatti non sussiste), o come comune a tutte le ipostasi della stessa specie, congiungendole, ed è detta natura contemplata nella specie; o in maniera integrale con l’aggiunta degli accidenti, in una ipostasi, ed è detta allora natura contemplata nell’individuo, essendo la stessa di quella contemplata nella specie.43

In questo brano, si può vedere che Giovanni Damasceno introduce tre modi di pensare la natura: il primo è quello della natura considerata in astratto; in questo caso, la natura è intesa al di fuori dell’ipostasi, come lascia intendere l’espressione “οὐχ ὑφέστηκεν”, che significa proprio che non ha sussistenza ipostatica. Il secondo consiste nel pensare la natura in relazione alla specie, dunque sempre nell’ambito della comunione, ma specifica. Il terzo è la natura in relazione all’ipostasi, insieme agli accidenti. Quest’ultima accezione relativa alla singolarità coincide con quella specifica nella misura in cui realizza la natura specifica nella singola ipostasi.

Giovanni Damasceno eredita la distinzione fra οὐσία e ὑπόστασις della teologia cappadoce e possiamo dire che assegna il primato ontologico al concetto di ipostasi nella misura in cui opera una revisione della dottrina ontologica delle

43 «Ἡ φύσις ἢ ψυλῇ θεωρίᾳ κατανοεῖτε (καθ' αὑτὴν γὰρ οὐχ ὑφέστηκεν) ἢ κοινῶς ἐν πᾶσι

ὁμοειδέσιν ὑποστάσεσι ταύτας συνάπτουσα, καὶ λέγεται ἐν τῷ εἴδει θεωρουμένη φύσις· ἢ ὀλικῶς ἡ αὐτὴ ἐν προσλήψει συμβεβηκότων, ἐν μιᾷ ὑποστάσει, καὶ λέγεται ἐν ἀτόμῳ θεωρουμένη φύσις, ἡ αὐτὴ οὗσα τῇ ἐν τῷ εἴδει θεωρουμένη»: Ibidem, III 11, in: B.KOTTER (cur.), Johannes von

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Categoriae di Aristotele, in cui il primato ontologico è riconosciuto all’essenza

prima, ovvero all’essenza individuata, che possiamo accostare nel lessico del Damasceno al concetto di ipostasi. Possiamo a questo proposito considerare un passo dai Capita philosophica:

È necessario sapere che né l’essenza senza forma sussiste di per sé, né la differenza essenziale, né la specie, né l’accidente, ma le ipostasi sole, vale a dire gli individui; e in loro sono contemplati le essenze e le differenze essenziali, le specie e gli accidenti. […] Per questo il termine “ipostasi” è stato applicato in maniera appropriata all’individuo, in essa infatti sussiste in atto l’essenza, a cui sono aggiunti gli accidenti.44

Da questo passo, possiamo evincere la posizione immanentista di Giovanni Damasceno sugli universali: essi hanno esistenza soltanto negli individui e non si può parlare di una loro esistenza separata. Si può notare dai brani citati che il realismo ontologico dell’immanenza costituisce l’orizzonte teorico del pensiero dell’essere nella speculazione di Giovanni Damasceno e della patristica greca in generale. In particolare, possiamo dire che questo orientamento del pensiero dei Padri greci attraversa una lunga elaborazione e in Giovanni Damasceno assume un profilo teorico preciso, anche in riferimento alle fonti filosofiche aristoteliche. Il concetto di universale, indicato con il termine “καθόλου” e che abbiamo visto essere presente già a partire dai Padri cappadoci, non è inteso secondo il criterio della predicabilità ma secondo le categorie dell’essere. In altri termini, secondo Giovanni Damasceno e i Padri greci l’universale, “καθόλου”, è quanto c’è di comune, “κοινόν”, fra singolarità differenti che esistono nello spazio e nel tempo. Si tratta di una comprensione ontologica dell’universale, che fa scivolare in secondo piano la comprensione logica: la predicabilità dell’universale è una conseguenza della sua esistenza spazio-temporale.

Il capitolo 50 dell’Expositio fidei presenta una introduzione generale al tema del rapporto fra essenza e ipostasi, prima di affrontarlo in merito alle questioni

44 «Χρὴ γὰρ γινώσκειν, ὠς οὔτε οὐσία ἀνείδως ὑφέστηκε καθ'ἐαυτὴν, οὐδὲ διαφορὰ οὐσιώδης,

οὔτε εἶδος, οὔτε συμβεβηκὸς, ἀλλὰ μόναι αἱ ὑποστάσεις, ἤτοι τὰ ἄτομα· καὶ ἐν αὐτοῖς αἱ τε οὐσίαι καὶ αἱ οὐσιώδεις διαφοραὶ, τά τε εἴδει καὶ τά συμβεβηκότα θεωροῦνται. [...] Διὸ καὶ τὸ ἄτομον κυρίως τὸ τῆς ὑποστάσεως ἐκληρώσατο ὄνομα· ἐν αὐτῇ γὰρ ἡ οὐσία ἐνεργείᾳ ὑφίσταται προσλαβοῦσα τὰ συμβεβηκότα»: GIOVANNI DAMASCENO, Capita philosophica (Dialectica) 43, in: B.KOTTER (cur.), Johannes von Damaskus. Die Schriften. I, cit., p. 108.

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triadologiche. Proprio nell’esordio del capitolo, Giovanni Damasceno considera gli universali (τὰ καθολικά) e ciò che è comune (τὰ κοινά) come due concetti equivalenti, predicati di due realtà particolari che ne sono l’oggetto. Il comune e il particolare vengono rispettivamente identificati dal Damasceno con l’essenza (οὐσία) e l’ipostasi (ὑπόστασις). Le ipostasi, a loro volta, differiscono reciprocamente per numero e non per essenza, nella misura in cui ognuna di esse ha la propria essenza specifica in maniera integrale e perfetta. La differenza numerica delle ipostasi è quindi data dagli accidenti, vale a dire dalle proprietà particolari, che fanno sì che un’ipostasi possa essere definita «essenza unita ad accidenti» («οὐσία μετὰ συμβεβηκότων»)45.

Una fonte ulteriore da prendere in considerazione per comprendere il concetto di οὐσία, da aggiungere al concetto di sostrato, è inoltre la concezione porfiriana delle due categorie di genere e specie. Nell’albero che Porfirio delinea nell’Isagoge si configura infatti una gerarchia per cui ogni specie è tale rispetto al genere che le è superiore, mentre è genere rispetto alla specie che le è inferiore. La specie specialissima (τὸ εἰδικώτατον εἶδος) significa quindi quella specie che sussume sotto di sé soltanto individui. Christoph Erismann46 suggerisce un’equivalenza tra la categoria di essenza di Giovanni Damasceno e quelle di essenza seconda in Aristotele e specie specialissima in Porfirio. Se prendiamo in considerazione la Institutio elementaris di Giovanni Damasceno possiamo constatare che l’Isagoge di Porfirio è una delle fonti principali per il recupero teologico delle Categoriae aristoteliche, però il Damasceno sembra porre una distinzione fra le due categorie di essenza e specie specialissima. Nel capitolo 7 dell’opera, dedicato alle categorie di genere e specie, Giovanni Damasceno afferma in maniera chiara che l’essenza è un genere generalissimo (τὸ γένος γενικώτατον), aggiungendo che l’essenza si divide in incorporea e corporea, la quale a sua volta si divide in inanimata e animata, a sua volta quest’ultima si divide in non-senziente e senziente e questa in irrazionale e razionale, e la razionale in mortale e immortale. Abbiamo poi fra le essenze incorporee: l’anima, l’angelo e il demone, che sono specie specialissime (τὸ εἰδικώτατον εἶδος), così

45 GIOVANNI DAMASCENO, Expositio fidei III, 6, in:B.KOTTER (cur.), Johannes von Damaskus.

Die Schriften. II, cit., p. 120, riga 11.

46 C.ERISMANN, A World of Hypostases. John of Damascus’ Rethinking of Aristotle’s Categorical

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come l’essere umano in quanto animale razionale mortale fra le essenze corporee47. Nel recupero delle fonti filosofiche, porfiriane e aristoteliche, Giovanni Damasceno conserva dunque l’impianto logico originario, senza interventi sulla struttura del discorso, avanzando però un’interpretazione di realismo ontologico dell’immanenza, così che tutte le categorie, dal genere generalissimo alla specie specialissima, risultano essere strutturate a partire dall’individuale e ad esso tendono come la propria e unica realtà.

Si può in conclusione ipotizzare che i testi del Damasceno che sono stati presi in considerazione esprimono un rifiuto di pensare l’ontologia e l’universale nei termini del modello eidetico platonico, volgendosi piuttosto verso il modello aristotelico dell’essenza prima. Come si vedrà nelle pagine successive, nell’ontologia cristiana della personeità che andiamo delineando l’ontologia e la concezione dell’universale di Aristotele costituiscono un riferimento epistemologico di primo piano; ad esempio, per quanto sostiene in Metaphysica 7, 1031 b 30: «L’assurdità di separare l’oggetto particolare dalla sua essenza appare evidente anche quando venga assegnato un nome a ciascuna essenza, giacché, in tal caso, si verrebbe a riscontrare anche un’altra essenza oltre a quella originaria»48, o anche in Metaphysica 13 e 14, in cui Aristotele sostiene il carattere non sostanziale degli universali e delle idee.