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d La causalità divina secondo Gregorio Palamas

Nella confessione di fede presente nell’ultima parte della lettera al monaco Dionigi, Gregorio Palamas sottolinea il carattere personale delle tre ipostasi divine

αὐτῆς μηδαμὴ συνίστασθαι δυναμένη, τὴν πρώτην ἑαυτῆς, ἥτις οὐκ ἐξ ἄλλης ἦν, ἀρχήν, δι'αὐτῶν παρίστησι τῶν πραγμάτων»: GREGORIO PALAMAS, Capita CL 1, in: Sinck., p. 82.

52 «Οὐκ ἦρχθαι μόνον, ἀλλὰ καὶ τέλος ἔξειν τὸν κόσμον ἡ μὲν φύσις αὐτοῦ τῶν ἐνδεχομένων εἷναι

παρίστησιν, οἱονεὶ κατὰ μέρη διηνεκῶς τελευτεῶσα· βεβαίαν δὲ καὶ ἀναντίρρητον παρέχει τὴν πίστιν ἡ προφητεία τῶν τε ἄλλων ἐνθέων καὶ Χριστοῦ τοῦ ἐπὶ πάντων θεοῦ»: Ibidem 2, p. 84..

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e pone in primo piano la persona del Padre come sorgente e garante della Trinità nella sua monarchia54. Si tratta di un tema che costituisce uno dei pilastri della teologia patristica greca e di quella bizantina e che, insieme con il tema della libertà assoluta di Dio, è uno dei capisaldi e dei punti di partenza della teologia di Gregorio Palamas, come sostiene a ragione Athanasije Jevtić55. Secondo Ioannis Zizioulas56, il riferimento del concetto di causa (αἰτία, αἴτιον) a Dio è una particolarità della rivoluzione operata dai Padri cappadoci, i quali attribuiscono la causalità alla persona del Padre, e non all’essenza divina, sancendo così il primato ontologico dell’ipostasi e della persona, contro la natura. Gregorio Palamas afferma il ruolo della persona del Padre come causa della vita divina e, in ultima analisi, dell’essere, contro una visione essenzialista della causa prima, nella seconda sezione della terza Oratio pro hesychastis, riprendendo l’Oratio 45 di Gregorio Nazianzeno:

[…] rispondendo a Mosè, Dio non disse: “io sono l’essenza”, ma “io sono colui che è”; colui che è non proviene dell’essenza, ma l’essenza proviene da colui che è: infatti lo stesso che è abbraccia in sé l’intero essere.57

Questo breve passo mostra ancora una volta che la fonte primaria dell’ontologia della personeità che stiamo profilando nella dottrina di Gregorio Palamas è biblica e si trova nel testo della Septuaginta. In altri termini, la radice dell’ontologia personeista che si afferma nella patristica greca e nella teologia bizantina è l’ontologia semitica del Vecchio Testamento, espressa nel libro dell’Esodo

54 GREGORIO PALAMAS, Confessio ad Dionysium 1; in: Perr. III, pp. 932 e 934.

55 A.YEVTIĆ, The One Who Is: The Living God and True God of St. Gregory Palamas, cit.

56 Se riportiamo la discussione al neoplatonismo coevo, come fa Zizioulas, si potrebbe dire che nei

Cappadoci si afferma il primato ontologico dei molti sull’uno: cf. I. ZIZIOULAS, Comunione e alterità, cit., p. 189.

57 « Καὶ τῷ Μωϋσῇ δὲ χρηματίζων ὁ Θεός, οὐκ εἶπεν «ἐγώ εἰμι ἡ οὐσία», ἀλλ᾿ «ἐγώ εἰμι ὁ ὤν»˙ οὐ

γὰρ ἐκ τῆς οὐσίας ὁ ὤν, ἀλλ᾿ ἐκ τοῦ ὄντος ἡ οὐσία˙ αὐτὸς γὰρ ὁ ὤν ὅλον ἐν ἑαυτῷ συνείληφε τὸ εἶναι»: GREGORIO PALAMAS, Orationes pro hesychastis 3: 2, 12; in: Perr. I, p. 870.

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quando sul Sinai Dio si rivela a Mosè come colui che è58, ossia come ipostasi che è, e non in termini essenzialisti59.

Come si può comprendere, si tratta di una struttura ontologica estranea alla filosofia greca e che, in ultima analisi, sola è responsabile dello iato filosofico che, nel pensare l’essere, estrania i Padri greci e i teologi bizantini dalla storia della filosofia classica e tardo-antica. La prospettiva personalista che si delinea nella dottrina di Gregorio Palamas a partire dai Padri greci è infatti estranea ai modelli anipostatici della filosofia precedente: dall’essere vero platonico (τὸ ὄντως ὄν) all’Uno (τὸ ἕν) neoplatonico, passando per il primo motore immobile (τὸ πρῶτον κινοῦν ἀκίνητον) aristotelico.

Il passo che abbiamo appena citato a proposito del libro dell’Esodo è breve, ma denso di contenuti filosofici importanti che si delineano a partire dall’Ὤν mosaico. Possiamo infatti notare che il discorso di Gregorio Palamas implica non solo l’alterità fra il piano ontologico del creato e quello iper-ontologico di Dio, ma anche una subordinazione del primo al secondo in virtù dell’operazione divina che crea l’essere dal nulla. Inoltre, ci sembra che Gregorio Palamas aderisca alla prospettiva ontologica ed epistemologica che abbiamo chiamato di realismo ontologico dell’universale, perché l’affermazione secondo cui « l’essenza proviene da colui che è (ὁ Ὤν)» significa non soltanto la subordinazione dell’ontologico all’iperontologico, ma anche la sussunzione dell’essenza all’ipostasi, che risulta essere ancora una volta la categoria primaria dell’ontologia. “Colui che è” non si definisce in base all’essenza o alla natura, ma a partire dal suo stesso esistere, ovvero dal suo essere in ipostasi; la persona (divina, in questo caso, ma il discorso è estendibile alle ipostasi create) non è un prodotto dell’essenza o della natura anipostatica, ma costituisce piuttosto l’unico darsi dell’essenza e della natura, in maniera enipostatica. In altri termini, né la natura né l’essenza potrebbero esistere a prescindere dall’ipostasi, ovvero senza sussistere (ὑφίσταμαι), né un’ipostasi potrebbe esistere senza un’essenza, ovvero

58 Es 3:14.

59 L’interpretazione personalista che sosteniamo è in accordo con quanto affermato da Jean

Meyendorff: J.MEYENDORFF, Introduction à l’étude de Grégoire Palamas, Paris (Éditions du Seuil) 1959, pp. 279-310; 327. Ioannis Demetracopoulos propone un’intepretazione diversa

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senza recare una natura come fondamento ontologico e contenuto essenziale, quindi senza avere una potenzialità (δύναμις) naturale e la sua attuazione (ἐνέργεια)60. Anche in questo caso, le fonti di Gregorio Palamas sono i Padri greci, come Massimo il Confessore61. L’ipostasi (o persona) reca l’essenza e la natura e ne attua le potenze attraverso l’attività ipostatica; in questo senso deve essere intesa l’affermazione di Gregorio Palamas secondo cui l’essere è per partecipazione all’attività divina: la persona divina crea l’essenza62; e nella vita intratrinitaria il primato della persona del Padre è assoluto perché non c’è un’essenza che ontologicamente la precede e dalla quale deriva.

Per quanto riguarda la seconda ipostasi trinitaria, vale a dire il Cristo, come causa personale dell’essere creato, al capitolo 46 della seconda Oratio apodictica63

Gregorio Palamas riprende il Contro Eunomio 5 di Basilio di Cesarea e afferma che l’ipostasi del Figlio, in quanto ipostasi che presiede alla creazione, è l’ipostaticità stessa, vale a dire il principio (ἀρχή) di ogni ipostaticità creata. In quanto tale, l’ipostasi del Figlio invia sulla creazione l’ipostasi dello Spirito santo, e lo Spirito si lascia esperire secondo le determinazioni ipostatiche del creato. Nella dottrina di Gregorio Palamas il carattere personale della causa prima dell’essere si accompagna alla sua libertà: Dio non è limitato né condizionato da alcunché nell’attività di creazione dal nulla. La sua attività si dispiega in maniera volontaria e autodeterminata (αὐτεξούσιος) anche dalla natura, secondo la sua sovranità (κυριότης), poiché nella natura divina non c’è alcuna coazione all’attività creatrice, come pensa al contrario Origene. Nella lettera al monaco Damiano, Gregorio Palamas scrive infatti che la volontà e il volere di Dio costituiscono l’attività di Dio, ed è un’attività increata64. Possiamo dunque notare come nella dottrina palamita il realismo ontologico dell’universale fornisce un

dell’esegesi palamita di Es 3: 14: cf. I.DEMETRACOPOULOS, Is Gregory Palamas an Existentialist?

The Restoration of the True Meaning of his Comment on Exodus 3,14: “Ἐγώ εἰμι ὁ ὤν”,cit.

60 GREGORIO PALAMAS, Orationes apodicticae de processione Spiritus sancti 1: 19; in: Perr. I., pp.

52 e 54.

61 GREGORIO PALAMAS, Orationes pro hesychastis, 3: 3, 5; in: Perr. I, p. 904. 62 Cf. GREGORIO PALAMAS, Capita CL 91; in: Sinck., pp. 188-190.

63 GREGORIO PALAMAS, Orationes apodicticae de processione Spiritus sancti 46, in: Perr. I, p.

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fondamento ontologico alla personeità, all’alterità e alla libertà. L’impiego del concetto di ipostasi come categoria ontologica primaria comporta infatti una sussunzione dell’essenza e della natura all’ipostasi e dunque fonda non solo la personeità e l’alterità, ma anche la libertà di ciascuna ipostasi nei confronti dell’altra e nei confronti delle stesse necessità naturali implicate dalla propria essenza. Ioannis Zizioulas65 ha fatto inoltre notare che se Dio non creasse liberamente, ma per una necessità naturale come nella dottrina origeniana (ad esempio per emanazione), anche l’alterità ontologica fra Dio e il creato verrebbe meno e ci troverremmo piuttosto dinanzi a un’affinità (συγγένεια), se non proprio a una co-essenzialità (ὁμουσία) ontologica.

2.3e Conclusioni

L’argomento creazionista consente dunque nella speculazione di Gregorio Palamas sull’essere di introdurre la differenza ontologica fondamentale, quella fra i piani del creato e dell’increato, a partire dal nihil originario che precede l’atto di creazione. Abbiamo avuto modo di vedere che fin dalla teologia cappadoce viene sistematizzato il pensiero secondo cui il fatto che il cosmo sia stato tratto dal nulla implica che abbia avuto un momento di inizio, in cui hanno trovato fondazione lo spazio e il tempo. Nel pensiero patristico greco e in Gregorio Palamas questo implica che il nulla principiale resti come sotteso alla creazione e in certo senso ne indica sempre il destino di finitezza. Questa prospettiva arricchisce il quadro, che andiamo delineando, di un paradigma ontologico particolare che rintracciamo in Gregorio Palamas e che ha vissuto una vera e propria gestazione nella speculazione dei Padri greci, almeno nella misura in cui riteniamo che il teologo esicasta si appropri e rielabori il portato della speculazione patristica (che a Bisanzio è assurta a riferimento tradizionale della teologia e, in generale, dell’ideologia ecclesiastica). Per essere compreso in maniera completa, il paradigma ontologico che nel capitolo precedente abbiamo trattato in relazione ai concetti di essenza e natura, anche in rapporto all’ipostasi, deve essere integrato con la prospettiva creazionista e con la differenza ontologica che essa implica fra creato e increato. In questo modo possiamo comprendere meglio ciò che nel capitolo precedente abbiamo descritto come il valore indicativo dei concetti di

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essenza e natura: essi sono infatti impiegati come indicazioni del piano ontologico di afferenza, prima di tutto in rapporto ai due grandi piani metafisici dell’ontologico e dell’iperontologico, dello spazio-tempo e dell’eterità, del creato e dell’increato o divino. Se l’essenza e la natura, sia essa creata o increata, non è mai fatta oggetto di una trattazione positiva ad hoc in Gregorio Palamas, come nelle sue fonti patristiche, l’essenza e la natura divine sono inconoscibili in maniera assoluta nella dottrina palamita, dunque per il piano increato questi due concetti hanno il mero valore di indicazione del piano ontologico, ma restano comunque concetti vuoti di contenuti connotativi. Al contrario, possiamo dire che l’essenza e la natura create trovano in parte un contenuto connotativo paradossale nel nihil della creatio ex nihilo che ne introduce la finitezza, l’inscrizione nelle categorie spazio-temporali e quindi la mortalità. Da un punto di vista epistemologico, possiamo comprendere la centralità del concetto di creazione per l’ontologia sempre a partire dal nihil principiale: l’essere viene posto dall’atto di creazione e senza questo non è possibile, né dunque pensabile (dal momento che quella di Gregorio Palamas è una speculazione realista e immanentista che non concepisce concetti astratti).

Un punto che riteniamo di grande importanza nell’ontologia di Gregorio Palamas è inoltre quello per cui la creatio ex nihilo, così come essa è intesa nella dottrina del teologo esicasta, implica una prospettiva non essenzialista nella misura in cui l’essere non è pensato come proveniente dall’essere stesso, mediante una necessità immanente, come accade nella filosofia greca sulla base dell’eternità della materia66, ma è pensato come esistente ex nihilo a partire dalla libertà del Dio personale trinitario. Gregorio Palamas ritiene infatti che la generazione (del Figlio da parte del Padre, in seno alla Trinità) differisce dalla creazione (di ipostasi cosmiche da parte della Trinità) nella misura in cui la generazione del Figlio da parte del Padre avviene liberamente secondo la natura, mentre la creazione avviene per un atto libero della volontà67.

66 A questo proposito, Ioannis Zizioulas presenta una riflessione interessante su Timeo 29: il

demiurgo platonico è un esempio, nella filosofia antica, di assenza di libertà creatrice; egli, pur agendo secondo il suo volere, dispiega infatti un’attività limitata da una materia preesistente e dai modelli editici di Bellezza e Bontà. Cf. I.ZIZIOULAS, Comunione e alterità, cit. p. 19.

67 Gregorio Palamas cita come fonte l’Expositio fidei 1: 8 di Giovanni Damasceno; cf. GREGORIO

PALAMAS, Capita CL 103 e 143; in: Sinck., p. 200. Non è il caso di pensare che si tratti di una qualche necessità ontologica nella generazione per natura del Figlio da parte del Padre, perché si

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Un punto centrale della dottrina della causalità divina e della creazione è infatti il carattere personale del Padre, che è fonte della vita trinitaria e causa prima dell’essere creato. Come abbiamo avuto modo di appurare nell’esegesi palamita della rivelazione mosaica sul Sinai, Gregorio Palamas presenta infatti la personeità divina in quanto causa prima quale fondamento teologico del realismo ontologico degli universali. Il Dio che si rivela a Mosè come Ὤν rivela infatti secondo Palamas la sua personeità e affermando che «l’essenza proviene da colui che è (ὁ Ὤν)» il teologo esicasta subordina in maniera palese che l’essenza e la natura provengono da una causa personale, sia nel caso della generazione del Figlio che nella processione dello Spirito, così come nella creazione. L’ipostasi viene dunque confermata come il livello ontologico primario.

Vediamo dunque che l’ontologia di Gregorio Palamas, ponendo il concetto di ipostasi in primo piano in una prospettiva di realismo ontologico dell’immanenza, pensa una fondazione ontologica all’alterità e alla libertà a partire da una dottrina personeista della causalità prima, per cui il Padre è la causa personale della vita trinitaria e di quella creata. L’alterità va intesa come unica e principale modalità di esistenza a partire da un essere concepito come ipostatico, mentre la libertà costituisce allo stesso modo l’attuazione esistenziale unica e principale di un essere concepito come ipostatico.