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Conclusione: la risposta razionale di Platone e quella irrazionale di C.Schmitt alle

Capitolo 2 – Razionalismo platonico ed irrazionalismo fascista

4. Conclusione: la risposta razionale di Platone e quella irrazionale di C.Schmitt alle

1. Razionalismo ed irrazionalismo nel dibattito sul rapporto tra filosofia platonica e totalitarismo negli anni '30 e '40 del XX secolo

Nel capitolo precedente sono state analizzate le posizioni di diversi autori che, con le sole eccezioni di Field, Cassirer e Koyré, rivolgono a Platone varie critiche, relative soprattutto all'impostazione generale della sua filosofia.

Proseguendo su questa linea, è allora opportuno mettere in evidenza come altri autori, sempre analizzando i caratteri generali del suo pensiero, siano giunti a delle conclusioni decisamente antitetiche.

Risulta pertanto utile introdurre una distinzione di concetti che possono aiutare a comprendere non solo la filosofia platonica in sé, ma soprattutto le sue presunte relazioni con il fenomeno totalitario. Ci riferiamo all'opposizione fra razionale e irrazionale.

Tuttavia, prima di usare simili concetti è necessario darne una definizione, dal momento che si tratta di termini che possono assumere significati a volte molto generici, altre volte molto specifici, a seconda del contesto o di chi li usa.

Il termine razionalismo può assumere due accezioni fondamentali che è necessario distinguere. In un senso più ristretto e storicamente preciso, esso si applica ad una corrente di pensiero sviluppatasi nel Seicento in Europa, spesso in polemica con la contemporanea corrente dell'empirismo97. Questi due indirizzi, in seguito, si fusero in vario modo nell'Illuminismo, culminando infine nel criticismo kantiano. Fondatore del razionalismo moderno si suole considerare Cartesio, la cui filosofia incarnò a lungo gli ideali razionalistici, influendo sulle scienze e su tutta la cultura europea. In particolare, in sede politica i precursori del razionalismo furono Machiavelli, Bodin, Moro e Grozio, mentre in ambito scientifico l'identificazione della ragione con il procedimento matematico dette luogo all'incremento teorico delle stesse scienze matematiche e all'aumento nell'uso delle tecniche e della "strumentalità" nell'indagine scientifica, come in Galileo. In un'accezione più ampia, invece, con razionalismo si è soliti indicare tutte quelle filosofie che considerano la realtà governata da un principio intelligibile (il vero, il bene, l'idea, l'armonia, o anche la semplice necessità causale); questo principio sarebbe inoltre accessibile al pensiero ed omogeneo con l'evidenza razionale o si identificherebbe infine con il pensiero stesso.

Con questo significato il termine trova le più svariate esemplificazioni nella storia della filosofia e si contrappone a quello di irrazionalismo, inteso quest'ultimo sia, da un punto di vista gnoseologico o metodologico, come un atteggiamento di pensiero che giudica la capacità della ragione o del pensiero discorsivo inadeguate a far luce sulla concreta ricchezza dell'esperienza o sul senso ultimo della realtà sia, da un punto di vista metafisico o assoluto, come una

97 "Razionalismo", voce in G.Vattimo, M.Ferraris e altri, cur., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Milano, Garzanti, 1993, p. 953-4.

dottrina che insiste sul carattere assurdo, insensato, privo di scopo della realtà98.

Si può quindi parlare di razionalismo platonico (la realtà è ordinata secondo il modello ideale e finalistico del Bene), oppure di razionalismo hegeliano (il processo del reale coincide con l'autorealizzazione della ragione o spirito); all'opposto, irrazionalista sarebbe Epicuro, per la cieca casualità combinatoria degli atomi che compongono le cose, oppure Schopenhauer, che considera tutta la realtà come manifestazione di una volontà vitale assurda, priva di scopi, fonte di dolore per tutti gli esseri. In modo analogo, possiamo individuare un razionalismo etico, come per esempio l'"intellettualismo" socratico.

Questa seconda, più generica e soprattutto astorica accezione ha il pregio di permetterci di usare i concetti di razionalismo e di irrazionalismo come categorie interpretative di diversi fenomeni culturali, consentendoci di instaurare tra di essi delle relazioni significative.

Più precisamente possiamo riferirci ad essi per analizzare, confrontandoli, da un lato, i caratteri della filosofia platonica e, dall'altro, quelli del fenomeno totalitario del XX secolo.

Questo confronto, espresso proprio in termini di razionalità ed irrazionalità, è il tema centrale di un articolo del 1938 di H.B.Acton, intitolato The Alleged Fascism of Plato99, che costituirà a sua volta la base per un'ulteriore riflessione riguardante il pensiero di Carl Schmitt.

Quest'ultimo, infatti, pur non inserendosi nel merito del suddetto dibattito, tuttavia, proprio negli anni della crisi della Repubblica di Weimar e dell'ascesa del nazionalsocialismo, elaborò un tipo di visione politica, la cui considerazione (visto che le connessioni di questa figura con il nazismo non restarono solo allo stato latente, ma vennero formalizzate con un'esplicita adesione) può essere utile per la comprensione dei caratteri del fenomeno totalitario e, quindi, dei suoi rapporti con la filosofia platonica.

2. Razionalismo platonico ed irrazionalismo fascista in H.B.Acton

Nel 1938, Acton, un accademico inglese di idee liberali che in seguito avrebbe scritto libri in difesa della moralità del capitalismo e contro il marxismo-leninismo100, intitola un proprio articolo The Alleged Fascism of Plato.

In esso, Acton usa i concetti di razionalismo ed irrazionalismo, da un lato, per sottolineare il carattere profondamente razionale della filosofia platonica e, dall'altro, per qualificare come irrazionale la visione fascista. Il suo intento è infatti quello di mettere in evidenza le differenze tra queste due concezioni, pur riservandosi di notare alcune somiglianze, che tuttavia esigono precisazioni opportune.

Nell'analizzare il testo di Acton si è scelto qui di fare riferimento anche all'analisi che D. Fisichella fa del fenomeno totalitario nel suo libro del 1978, intitolato Analisi del totalitarismo101 e per la quale rimandiamo all'Appendice IV di questo lavoro. Il testo di Fisichella è molto posteriore rispetto al periodo in cui scrive Acton e, conseguentemente, i due autori hanno capacità di visualizzazione molto diverse: più ampia e retrospettiva la visione di Fisichella, più ristretta, ma per questo non meno acuta, quella di Acton.

Tuttavia, quello che colpisce è il fatto che anche Fisichella, nel descrivere il fenomeno totalitario, faccia riferimento al suo carattere irrazionale, riconducendo ad esso tutti gli altri aspetti del totalitarismo che analizza nella sua opera, e ponendosi quindi in sintonia con la prospettiva di Acton102.

Acton inizia la propria analisi sottolineando come in Germania, nel momento in cui scriveva, si sostenesse che nel nazionalsocialismo era rintracciabile gran parte della teoria politica platonica103. Persino Russell e Crossman avevano enfatizzato, anche se con intenti diversi, gli elementi fascisti del pensiero di Platone.

Secondo questo autore, vista la facilità con cui all'epoca si accostava il nome di Platone a quello del fascismo, era necessario esaminare di nuovo le somiglianze tra i principi basilari di quest'ultimo ed il pensiero platonico.

98 "Irrazionalismo", voce in G.Vattimo, M.Ferraris e altri, cur., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, cit., p.565-6.

99 H.B. Acton, "The Alleged Fascism of Plato", Philosophy 13 (1938), p. 302-12, in R.Bambrough, ed., Plato, Popper and

Politics: Some Contributions to a Modern Controversy, Cambridge, Heffer, 1967, p. 38-48.

100Si ricordano in particolare The Illusion of the Epoch: Marxism-Leninism as a Philosofical Creed (1955), What Marx

Really Said (1967), The Morals of Markets: an Ethical Exploration (1971), The Ethics of Capitalism (1972).

101D.Fisichella, Analisi del totalitarismo, Messina-Firenze, Casa Editrice G. D'Anna, 1978.

102L'analisi di Fisichella risulta essere un utile riferimento per la comprensione del fenomeno totalitario del XX secolo: attraverso di essa è infatti possibile cogliere le principali caratteristiche del totalitarismo grazie alla ricchezza di riferimenti alle opere di altri autori che si sono occupati in periodi diversi di questo fenomeno. Un merito del libro di Fisichella è quello di assumere una prospettiva politico-tipologica, presentando il totalitarismo come un evento "nuovo" e come tale diverso da precedenti esperienze. Si veda, l'Appendice IV di questo lavoro.

Nessuno, dice Acton, negherebbe una forte somiglianza tra alcuni particolari dell'insegnamento di Platone e certi dettagli del fascismo. La questione principale è però se queste somiglianze siano per lo più accidentali o siano dovute ad alcune concordanze profonde tra le due visioni.

2.1. L'analisi dei caratteri fondamentali del fascismo secondo H.B.Acton

Per comparare visione platonica e visione fascista, Acton ritiene sia necessaria una chiara descrizione della filosofia del fascismo.

Egli pensa che, all'epoca in cui scrive, la parola fascismo sia un termine emotivamente carico e che, come tale, venga usata per esprimere lode o biasimo, senza tuttavia definirne il preciso significato. Acton si ripropone di fare una descrizione composita di questo fenomeno, visto che i sistemi fascisti non mostrano sempre gli stessi elementi.

Acton utilizza l'espressione "sistemi fascisti". Sembra che per lui il concetto di fascismo sia una categoria generale, comprensiva di esperienze diverse, tant'è vero che quando si tratta di fare riferimento ad esperienze concrete, Acton si richiama o alla realtà del fascismo italiano o a quella del nazionalsocialismo in Germania.

Emerge qui la difficoltà di definire concetti che hanno una portata generale e che, a seconda dell'autore che li usa o del contesto in cui si trovano, possono assumere significati talvolta estremamente ristretti, altre volte molto ampi.

Questo problema è ben messo in evidenza da D. Fisichella che nel suo lavoro sul totalitarismo prima di procedere nella sua trattazione si ripropone di darne una definizione che sia il più possibile coerente con un'interpretazione politico-tipologica, da lui ritenuta l'unica in grado di rendere conto in maniera completa della varietà e molteplicità dei dati dell'esperienza reale104.

Vista la confusione concettuale che è emersa intorno al concetto di totalitarismo con il secondo dopoguerra, Fisichella ne propone una definizione in negativo, dicendo cioè cosa esso non sia, attraverso un meccanismo di approssimazioni successive105.

Quello che questo autore vuole soprattutto mettere in evidenza, sono i caratteri di novità di tale fenomeno, che in quanto tali lo differenziano da esperienze passate, alle quali esso viene spesso assimilato. In particolare, per lui non è un elemento di novità, distintivo del totalitarismo, l'impiego del terrore e dei suoi strumenti quali la tortura, i processi, le confessioni forzate o il ricorso alla polizia segreta106. Piuttosto ne sono tratti peculiari, in quanto nuovi, l'uso della categoria del nemico oggettivo107 con la sua appendice esasperata del delitto possibile108, l'universo concentrazionista109, nonché il suo carattere intrinsecamente irrazionale, dal quale dipendono tutta una serie di corollari che ne precisano i contorni110.

2.1.1. L'avversione del fascismo al razionalismo

Nella descrizione dei caratteri fondamentali del fascismo, anche Acton sottolinea il suo carattere irrazionale, dicendo che la caratteristica fondamentale di questo fenomeno è la sua

104Fisichella, "Premessa", in Analisi del totalitarismo, cit., p. 7-11.

105Fisichella, "Il problema della "novità"", capitolo I, in Analisi del totalitarismo, cit., p. 13-49. 106Fisichella, "La potenza è triste", capitolo II, in Analisi del totalitarismo, cit., p. 51-94.

107Per nemico oggettivo, dice Fisichella, si intende colui che è dichiarato tale dal potere totalitario. L'identità del nemico oggettivo è a discrezione del regime e varia secondo le circostanze: esso viene denunciato e perseguito sulla base di una proiezione futura di ostilità. Come tale si differenzia sia dal nemico reale che è colui che si oppone, con comportamenti concreti e personalmente attuati, ai detentori del potere e degli strumenti di repressione, sia dal nemico potenziale, cioè colui che, per la sua appartenenza a un gruppo economico o confessione religiosa o categoria sociale in contrasto con gli orientamenti e i programmi degli attori totalitari, viene perseguito anche se personalmente non ha posto in essere alcun comportamento configurabile come ostile.

108La presunzione centrale del totalitarismo, secondo cui tutto è possibile, fa sì che l'evento criminoso sia costruito in anticipo sulla base di premesse ritenute oggettivamente attendibili, anche se in concreto assolutamente improbabili.

109Né i campi di concentramento né i campi di lavoro forzato sono un'invenzione totalitaria, secondo Fisichella. La vera novità del regime totalitario in tema di strutture terroristiche è invece l'universo concentrazionista. Esso in particolare coinvolge nell'esperienza del concentramento e del lavoro forzato milioni e milioni di persone contemporaneamente, caratterizzandosi per una ipertrofia quantitativa e per il fatto di costituirsi come un'istituzione permanente. L'universo concentrazionista non è poi una sistema penale per la punizione e repressione di delitti e crimini, ma una struttura politica di sradicamento del tessuto sociale mediante lo strappo e la cancellazione dalla società di interi settori e gruppi: tale fine è in particolare raggiunto dalla cosiddetta "morte della morte", per cui nei regimi totalitari non si muore, ma si scompare.

"rivolta contro la ragione"111.

Egli sostiene che i fascisti stessi, se fossero consapevoli della loro posizione intellettuale, ammetterebbero la loro opposizione al "razionalismo".

Il XVIII secolo, dice Acton, ha visto il diffondersi di un movimento di pensiero che è conosciuto come Illuminismo. Secondo i pensatori di questa corrente, esistevano fini che per gli uomini era razionale perseguire e che avrebbero perseguito, se non fossero stati distratti dal pregiudizio od accecati dall'ignoranza. Questi fini, dice Acton, proponendo una caratterizzazione utilitarista dell'Illuminismo, erano in sostanza un unico fine, variamente definito come felicità o piacere. Inoltre, si sosteneva che il compito del teorico politico fosse quello di mostrare come si potesse raggiungere nel miglior modo la felicità. Di conseguenza, si arrivarono a condannare varie istituzioni, perché si pensava che avessero fallito nel contribuire alla felicità generale. Il fatto che un'istituzione fosse esistita a lungo non costituiva un argomento in suo favore. Ad esempio, si condannava l'aristocrazia ereditaria, poiché si sosteneva che si potesse promuovere meglio la felicità generale, mettendo il governo nelle mani di persone più adatte a svolgere quel compito. Si sosteneva l'opinione che la gente comune, mossa dal patriottismo o dal senso religioso, tendeva ad agire contro i propri interessi, ma se si fosse liberata da superstizioni e tradizioni antiquate, avrebbe potuto impiegare un intelletto senza pregiudizi per risolvere i suoi problemi politici.

Rimuovendo il pregiudizio, gli uomini si sarebbero potuti accordare su che cosa è meglio nell'azione politica, nella convinzione che ci fosse un "meglio", sul quale persone intelligenti e dalla mentalità obiettiva si sarebbero potute trovare d'accordo. Per i filosofi dell'Illuminismo, nella storia si poteva scorgere un progresso, che sarebbe stato accelerato dal progredire della scienza e dal diffondersi dell'istruzione. Anche l'oppressione, la guerra, l'ignoranza e la povertà sarebbero scomparse: la storia aveva un piano intelligibile.

Secondo Acton, che ha una visione utilitarista del progresso, convinzioni di questo tipo hanno avuto un'influenza enorme sulla civiltà contemporanea. Il fascismo, però, le ha ripudiate completamente. Infatti, esso considera la felicità come un fine indegno: l'utilitarismo, secondo Mussolini, è una dottrina etica di scarso pregio ed i tentativi per incrementare la felicità o ridurre la sofferenza sono poco dignitosi. Secondo i fascisti, gli umanitaristi sono solo materialisti che pensano che si possa aumentare la dignità dell'uomo attraverso la sua liberazione dalla fatica e dal dolore.

Il fascismo fa anche appello alla biologia, sostenendo che un incremento di benessere possa solo deteriorare la razza umana. Acton riporta un'affermazione di Spengler, secondo il quale la medicina del XIX secolo non è che un prodotto del razionalismo ed un fenomeno d'epoca, che non fa altro che prolungare la vita anche se non è desiderabile o meno e, determinandone il valore in base al numero dei suoi giorni e non in base alla sua utilità, ostacola il processo naturale di selezione, accentuando la decadenza della razza112.

I filosofi dell'Illuminismo avevano ipotizzato che gli uomini si potessero accordare su certe questioni: quella che sembrava un'opposizione radicale tra diversi sistemi di valori, per loro era solo il risultato dell'azione ostacolante delle tradizioni. Se gli uomini si fossero liberati dal peso di queste ultime, avrebbero riconosciuto di avere gli stessi fini. Il fascismo, dice Acton, nega tutto questo, dal momento che per esso gruppi separati di individui sviluppano culture ed etiche diverse. Non c'è modo di confrontarsi con la discussione: la migliore cultura o civiltà è quella che sopravvive. Quindi, l'unica maniera per provare che un sistema di vita è migliore di quello di un altro popolo è imporlo.

Per di più, secondo la visione fascista, quando qualcuno dichiara di voler provare, attraverso il ragionamento, che un certo modo di vivere è il migliore, in realtà non sta che inventando delle scuse per la propria condotta: il codice etico non è l'esito di un'argomentazione, ma delle circostanze. La gente, cioè, inventa ragioni per sostenere codici di condotta, cui avrebbe comunque aderito anche senza giustificazione. Quindi, per il fascismo non c'è nessuna differenza tra i pregiudizi e le cosiddette convinzioni "illuminate". La ragione è soltanto un altro pregiudizio.

In base alla sua analisi, Acton giunge a sostenere l'essenza irrazionale del fenomeno fascista.

Anche per D. Fisichella, come si è visto, l'irrazionalismo è uno dei caratteri peculiari del fenomeno totalitario.

111Acton, "The Alleged Fascism of Plato", cit., p. 302-4 [38-40].

112O.Spengler, Jahre der Entschedung. Deutschland und die weltgeschichtliche Entwicklungrelations (1933), Munchen, Deutscher Taschenbuch Verlag, 1961, Anni decisivi, trad.it. V.Beonio-Brocchieri, Milano, Bompiani, 1934.

È bene però sottolineare come i due autori usino una terminologia diversa, che trova tuttavia dei punti di contatto: Fisichella analizza il totalitarismo inteso come categoria comprendente vari regimi (nazionalsocialismo, comunismo e, nonostante una serie di differenze, fascismo italiano), mentre Acton parla di fascismo, riferendosi ad un fenomeno inglobante sia il fascismo italiano che il nazionalsocialismo tedesco. Entrambi gli autori sono però concordi nel sostenere che i fenomeni da loro analizzati si caratterizzano per la loro estraneità ai processi razionali sia logici che pratici113.

2.1.2. Il piano della storia

Dopo aver precisato il carattere irrazionale del fascismo, Acton prosegue sottolineando come esso sostenga che la storia non presenta nessun piano o, se questo esiste, non è un piano di progresso114.

La storia è solo una lotta di gruppi, individui, culture e civiltà. Quelli che sopravvivono sono i migliori, ma possiamo vedere chi è il migliore solo osservando chi sopravvive.

La storia è un campo di battaglia dove gruppi e civiltà crescono e declinano, fanno conquiste o vanno incontro al disastro. Nel corso della storia l'uomo non è cambiato: oggi non è più libero di quanto fosse cinque secoli fa e non è neppure meno superstizioso, religioso o pieno di pregiudizi. Anzi, la maggior parte degli uomini ha sempre preferito la sicurezza dell'obbedienza alla responsabilità della libertà. L'uomo moderno chiama il suo dio "progresso": mentre i loro antenati parlavano di mali, i moderni parlano di germi.

2.1.3. Il nazionalismo e l'etica

Acton prende poi in considerazione gli aspetti politici del fenomeno fascista ed afferma che il nazionalismo ne è sicuramente la caratteristica principale115.

Dal momento che per il fascismo non ci sono fini razionali obiettivi, sui quali tutti gli uomini privi di pregiudizi si possano accordare, all'individuo non resta nient'altro che promuovere i valori ed il potere del suo gruppo.

In particolare, dice Acton, nel XX secolo si è sviluppato un vasto dibattito sulla sfera della morale. All'interno di una singola comunità nazionale, gruppi diversi hanno adottato e proclamato valutazioni etiche molto differenti, per esempio sulla moralità della guerra, sui problemi etici associati alla proprietà, sull'etica sessuale. Gli stati democratici hanno intenzionalmente assecondato queste controversie, credendo che la tolleranza e la sperimentazione fossero migliori della persecuzione e della rigidità. Tuttavia, molti sono sconcertati ed allarmati da questa incertezza.

I fascisti, dice Acton, prendendo spunto da questa incertezza e da questo risentimento, propongono di mettere fine alla controversia sulle questioni etiche fondamentali. Di conseguenza, si dovranno obbligare le minoranze dissidenti ad adeguarsi al codice etico che verrà imposto all'intera nazione.

Allora tutti i problemi morali si risolveranno con una semplice formula, secondo la quale si devono subordinare gli interessi privati al bene della nazione. Qualsiasi deviazione da questo principio sarà considerata un tradimento. Per questo, dice Acton, in Italia il clero ha ottenuto un ruolo importante nell'educazione ed in Germania sono stati sospesi i progetti per rendere più umano il codice penale. In entrambi i paesi si sono fatti tentativi di riabilitare la vecchia morale sessuale, rendendo le donne dipendenti dagli uomini.

Acton fa notare che, secondo il fascismo, il modo più spettacolare per promuovere il "bene"