• Non ci sono risultati.

La critica platonica nei confronti dell'arte

Capitolo 7 – Il controllo della società Famiglia, eugenetica e censura

3. La censura culturale nella città platonica

3.2. La critica platonica nei confronti dell'arte

Le critiche platoniche all'arte suscitano particolare interesse anche tra gli autori degli anni '30 e '40 del XX secolo.

479Fite, "The Platonic Socrates and Free Speech", par. 17, in The Platonic Legend, cit., p.102-12. 480Fite, "The Platonic Socrates and Free Speech", par. 17, in The Platonic Legend, cit., p. 107. 481Fite, "The Platonic Socrates and Free Speech", par. 17, in The Platonic Legend, cit., p. 109. 482Fite, "The Platonic Socrates and Free Speech", par. 17, in The Platonic Legend, cit., p. 111.

Fite, ad esempio, nota che quella platonica era solo una mentalità matematica, completamente estranea al concetto di genio creativo. In modo analogo, Winspear sottolinea come sia soprattutto l'ideale dell'armonia ad ispirare la concezione platonica non solo in ambito educativo, ma anche estetico, e come quello preso in considerazione da Platone sia solo un criterio di valutazione politico. Crossman, a sua volta, parla del rigido controllo culturale proposto da Platone nel suo sistema educativo ed anche Russell si riferisce alla censura che Platone avrebbe voluto applicare alle opere di Omero ed Esiodo. Accanto a questo, Farrington mette in evidenza come Platone non critichi i miti per la loro falsità, ma solo se inadatti a fungere da "nobili menzogne" per tenere il popolo in soggezione.

Hoernlé si spinge oltre ed istituisce un parallelo tra la censura platonica e quella prevista dal regime nazionalsocialista: in quest'ultima, però, emerge, come fondamentale criterio di valutazione della produzione artistica, anche l'elemento razziale.

Fite ritiene che la personalità platonica sia espressione di una mentalità logica o

matematica e che Platone applichi questo suo atteggiamento ad un campo complesso come quello dell'etica in generale e della politica in particolare483. Quello che interessava soprattutto a Platone era il suo ideale di perfezione, da perseguire in ogni campo dell'attività umana, anche in quelli dove è discutibile che abbia effettivamente una qualche rilevanza, come la morale o l'estetica484.

Fite dedica i capitoli finali della sua opera al tentativo di delineare la personalità platonica; nel capitolo XII, si occupa delle capacità artistiche di Platone485. Il nostro autore inizia allora ponendo una questione: se effettivamente Platone aveva una mentalità meramente prosaica e scientifica, come è andato affermando nei capitoli precedenti, come si spiega che sia considerato la figura più importante nel pensiero occidentale?486 I maggiori contributi di Platone alla storia del pensiero sono un sistema di politica ed uno di metafisica, che nella sostanza formano un corpo unico. Ma secondo Fite, la Repubblica platonica non rappresenterebbe qualcosa di effettivamente originale: si tratterebbe di un'immagine ideale derivata soprattutto dall'osservazione di Sparta ed anche il concetto che "solo coloro che sono sapienti devono governare" era in realtà uno sviluppo di concetti analoghi già presenti in precedenza, ad esempio, in Omero. Lo stesso vale per il sistema metafisico di Platone: anche in questo caso per Fite la metafisica di Platone non rappresenterebbe qualcosa di originale, ma sarebbe solo lo sviluppo del dibattito metafisico dell'epoca.

Quello che Fite vuole dire è che secondo lui il concetto di "genio creativo" non può essere applicato a Platone. Per Platone l'intelligenza è solo la comprensione di realtà eterne: la creazione non sarebbe stata per lui nient'altro che un errore umano. Quindi, se Platone deve proprio essere considerato un genio creativo, allora a Fite sembra che egli appartenga alla categoria di Aristotele, Newton e Darwin e non a quella di Shakespeare, Cervantes, Beethoven e Brahms. Secondo lui, cioè, Platone è un genio scientifico, piuttosto che un genio artistico. Negli scritti platonici ci sono belle immagini come la raffigurazione di Socrate davanti al tribunale, gli ultimi giorni di Socrate, la storia di Diotima, la parabola della caverna e l'immagine dell'auriga e dei cavalli, ma si tratta solo di episodi.

La "leggenda platonica" che Fite si è proposto di sfatare nel suo libro infatti non riguarda solo la leggenda di Platone come filosofo scientifico, ma anche e soprattutto quella di Platone artista perfetto, acuto interprete della natura umana, severo moralista ed anche buon cristiano487. Quanto alla sua perfezione artistica, che è una caratteristica messa molto in rilievo ad esempio da Taylor, Fite precisa che secondo lui con il termine "arte" si indicano due cose: in primo luogo, la capacità di visione o in altre parole il genio creativo; in secondo luogo, il gusto e l'abilità nell'esecuzione, elementi comunque inseparabili tra di loro. Ora, dice Fite, sembra che, quando Taylor e Shorey parlano della perfezione artistica di Platone, si stiano riferendo soprattutto all'elemento del gusto e dell'abilità.

Da un artista perfetto ci dovremmo aspettare una produzione in sé conchiusa488. Ora il marchio di una tale produzione è prima di tutto una certa unità di tono, finalità e punto di vista: a questo riguardo, Fite non è certo di ravvisare simili caratteristiche in Platone. Lo stimolo all'unità, alla completezza ed alla perfezione della forma è oggi una finalità della stampa e della

483Si veda il Capitolo 1 di questo lavoro.

484Fite, "Mathematics and the Idea of Perfection", par. 37, in The Platonic Legend, cit., p. 262. 485Fite, "The "Consummate Artist", chapter XII, in The Platonic Legend, cit., p.264-89.

486Fite, "Creative Genius – The Question", par. 38, in The Platonic Legend, cit., p.264-71. 487Fite, "The "Art" of the Symposium", par. 39, in The Platonic Legend, cit., p. 271-8. 488Fite, "Superlative and Comparative Art", par. 40, in The Platonic Legend, cit., p.278-82.

pubblicazione: da questo punto di vista, i dialoghi di Platone sono lontani dall'essere perfetti. Di nessun altra letteratura è più difficile, dopo aver letto, comprenderne il contenuto e di nessun altro autore si pone così spesso la questione se sapesse effettivamente che cosa aveva intenzione di dire. La Repubblica, dice Fite, è soprattutto un accumulo di ripensamenti, di cose che potrebbero essere unite insieme in una visione unitaria, ma che invece sono lasciate disgiunte in modo disadorno. Quindi, l'impressione generale che Fite riceve dai dialoghi platonici è che le capacità artistiche di Platone non siano così grandi489: Platone ha solo la capacita' artistica di una mentalità intelligente, ma prosaica.

Inoltre, per Platone non c'era verità nell'arte; a suo dire, la vera bellezza si rivelava solo nella dialettica e nella matematica. Il suo atteggiamento verso gli artisti era sprezzante o, nella migliore delle ipotesi, non se ne interessava per niente. I grandi pittori e scultori del suo tempo ricevono solo una menzione casuale nelle sue opere: per lui erano probabilmente solo una classe superiore di operai. I poeti, come leggiamo nel libro X della Repubblica, per lui sono solo degli imitatori di scarso livello: nella classificazione delle anime nel Fedro, si collocano al sesto livello e solo i lavoratori manuali, i sofisti ed i tiranni sono vicini a loro490.

Winspear, per descrivere l'atteggiamento di Platone nei confronti dell'arte, fa invece

riferimento al tipo di educazione che egli prevedeva per le proprie "guardie", sottolineando la censura da lui voluta sull'arte ed i poeti. Platone era consapevole del fatto che tutte le arti hanno una funzione sociale e comprendono un elemento, che potremmo chiamare "propaganda"491. Non c'è niente di più lontano dalla mentalità platonica che la teoria moderna dell'"arte per l'arte". Dal punto di vista di Platone, dice Winspear, la previsione di una censura da porre sull'attività degli artisti è una richiesta perfettamente logica ed in accordo con la sua intera posizione autoritaria.

Nella sua essenza, la critica di Platone ai poeti è una reazione contro uno stadio precedente e non moralizzato della religione greca. Zeus, nel suo passaggio dalla figura di padre tribale che mostrava in sé i resti della sua precedente funzione di divinità naturale, a quella di signore dell'universo inteso come fonte della giustizia, espressione di un particolare ordine sociale, aveva conservato tracce del suo passato più sgradevole. Quel passato era custodito in una poesia dal fascino incontrollabile, che era ancora il principale mezzo di educazione letteraria nel mondo greco. Platone, per la sua difesa della giustizia come principio divino e cosmico, antitetico a quello di uguaglianza, non poteva tollerare le tracce disdicevoli del passato amorale di Zeus.

Nel capitolo che dedica all'analisi dell'educazione prevista per le "guardie"492, Winspear afferma che il concetto di armonia, rintracciabile sia nel pensiero pitagorico che in quello platonico, fornisce anche la chiave di lettura dell'estetica platonica, così come del suo programma educativo. La richiesta che fin dall'infanzia i bambini debbano essere circondati da "cose belle" viene formulata in una prosa così bella e fa una così grande impressione sulle persone colte, che ad alcuni può sembrare volgare considerare la visione platonica nel suo specifico contesto sociale. Malgrado ciò, secondo Winspear, Platone non sta usando le "cose belle" in senso generale od universale. Infatti, gran parte di ciò che noi considereremmo bello, viene invece rigettato da Platone con disprezzo. I poeti della tradizione greca sono da lui criticati, perché scrissero in uno stadio della società prima che la religione venisse "moralizzata" e prima che fosse trasformata nell'espressione di una particolare visione della "giustizia". Inoltre, poeti come Euripide od Aristofane avevano reso le loro opere un veicolo per le idee democratiche. In altre parole, il "canone" platonico di bellezza era politico e sociale. Nel suo Stato autoritario non ci sarebbe stato posto per i poeti, a meno che si fossero conformati alle regole sociali ed estetiche che egli ed i suoi compagni aristocratici avevano stabilito.

Il riconoscimento platonico dell'affinità tra arte e musica da un lato e politica dall'altro, dice Winspear, è caratteristico del suo sistema idealistico, anche se a noi può sembrare sorprendente. Platone suggerisce, invocando un canone rigido, che un cambiamento nei modi letterari produrrebbe un cambiamento sociale e politico piuttosto che, come noi pensiamo, che un tale mutamento sia il risultato di un cambiamento sociale e politico.

Crossman faceva notare che Platone aveva molto a cuore il problema educativo, dal

489Fite, "Great Art versus Polite and Graceful Art", par. 41, in The Platonic Legend, cit., p.282-85 490Fedro, 428.

491Winspear, "The Social Contract Theory of the Origin of the State", chapter VIII, in The Genesis of Plato's Thought, cit., p. 202.

momento che si rendeva conto che uno dei principali mali che affliggevano Atene era quello del pessimo tipo di educazione che vi notava. Infatti, lo Stato aveva lasciato l'educazione al capriccio individuale ed alla capacità individuale di pagare493. Di conseguenza, l'uomo comune si trovava in balìa di pubblicisti, demagoghi, retori e pseudo-maestri, vale a dire di un sistema che aveva distrutto il rispetto per l'autorità ed aveva trasformato la democrazia in un'anarchia licenziosa. Invece, secondo Platone, il futuro dello Stato dipendeva proprio dalle giovani generazioni e, quindi, era importante che esso si occupasse proprio dell'educazione dei giovani, esercitando su di essi uno stretto controllo culturale e sottoponendo ad una rigida censura le storie, i racconti, i canti e le danze che fin da bambini avrebbero ascoltato, in modo da formare una perfetta classe di governanti494.

In generale, nella sua città ideale, dice Crossman, la letteratura, la musica, la religione e la scienza, vale a dire qualsiasi cosa potesse disturbare la mente dei governati, doveva essere sottoposta a censura da parte dei governanti e regolata in modo da promuovere la fedeltà delle masse al regime495.

Nel menzionato dialogo fittizio tra Platone ed un pedagogista britannico messo in scena da Crossman, Platone cercando di dare a quest'ultimo dei consigli in base ai quali riformare il sistema educativo britannico dice che, dato che le masse sono incompetenti a governarsi, si dovrebbe introdurre in loro uno spirito di sottomissione ai governanti496. Ad esempio, dal momento che ormai anche in Inghilterra non è più possibile restaurare l'influenza della Chiesa, che aveva svolto questo compito in passato, si dovrebbe reprimere la faziosità religiosa ed inventare una nuova religione politica, che punisca con la morte i cittadini che si azzardino a predicare una dottrina diversa da quella stabilita.

Secondo il Platone di Crossman, si sarebbe inculcato uno spirito sottomesso nei governati se si fosse stati padroni della stampa, della radio e di tutti i mezzi di comunicazione moderni. Si sarebbe poi dovuta emanare una legge che proibisse la vendita non autorizzata di opinioni e superstizioni, sia scritte che parlate e cantate, pena la morte. Solo quando si fosse riusciti a realizzare tutto questo, si sarebbe potuta ammettere un'istruzione aperta a tutti, a patto che avesse ad oggetto non la scienza, ma una "nobile menzogna" adatta per l'intelligenza di coloro che non sono in grado di raggiungere la vera sapienza.

A sua volta, Russell mette in evidenza come Platone affermi che austerità, decoro e coraggio siano le qualità che devono essere soprattutto coltivate con l'educazione497. Questo autore, infatti, enfatizza la rigida censura che nella comunità ideale platonica deve essere applicata, fin dai primissimi anni, sulla letteratura a cui i giovani hanno accesso e sulla musica che è loro lecito udire. Madri e nutrici devono raccontare ai bambini solo storie autorizzate.

Omero ed Esiodo, secondo Platone, non devono esser permessi, per varie ragioni. Prima di tutto rappresentano gli dèi che in alcune occasioni si comportano male, il che non è edificante: ai giovani bisogna insegnare che i mali non vengono mai dagli dèi, poiché Dio non è l'autore di tutte le cose, ma solo delle cose buone. In secondo luogo, in Omero ed Esiodo vi sono affermazioni che possono rendere i lettori timorosi della morte, mentre nell'educazione si dovrebbe far di tutto per rendere la gioventù desiderosa di morire in battaglia: ai ragazzi si dovrebbe insegnare a considerare la schiavitù peggiore della morte ed inoltre essi non dovrebbero ascoltare storie di uomini buoni che piangono e si lamentano, neanche per la morte di amici. In terzo luogo, per Platone, il decoro richiede che non si debba mai rider forte ed invece Omero parla di "risate inestinguibili tra gli dèi benedetti". In quarto luogo, ci sono passi in Omero che lodano le ricche feste ed altri che descrivono le bramosie degli dèi: essi, dice Russell, secondo Platone, diseducano alla temperanza.

Non devono poi esserci storie in cui i cattivi sono felici ed i buoni infelici: l'effetto morale sugli spiriti deboli potrebbe essere deplorevole. Per tutte queste ragioni, secondo Platone, conclude Russell, i poeti vanno condannati.

Farrington, nel capitolo del suo libro in cui analizza l'uso di Platone della menzogna come

tecnica di governo e quindi l'istituzione da parte sua di un sistema religioso politico, riporta un'opinione di J.M.Robertson, che dice di condividere. Secondo quest'ultimo, Platone nella sua concezione combatteva i racconti scandalosi dei poeti sugli dèi e sui figli degli dèi non perché

493Crossman, "Plato", chapter IV, in Plato Today, cit., p.82-3. 494Crossman, "Plato", chapter IV, in Plato Today, cit., p.87. 495Crossman, "Plato", chapter IV, in Plato Today, cit., p.92.

496Crossman, "Plato looks at British Education", chapter VI, in Plato Today, cit., p.123-4.

fossero falsi, ma perché riteneva che fossero inutili e proponeva al contrario che i suoi governanti creassero nuovi miti adatti per formare i giovani. Infatti, nella sua utopia egli assegnava al legislatore il compito di scegliere le narrazioni giuste498.

L'imposizione sistematica di un complesso organico di favole religiose nella mente di tutti, dice Farrington, faceva parte del suo progetto per il rinnovamento della società. L'onestà si doveva edificare con l'inganno e la ragione con l'errore499. Inoltre, a dimostrazione di come lo spirito platonico fosse rivolto alla repressione delle opinioni religiose contrarie a quelle stabilite a livello statale, Farrington fa anche notare che Platone istituiva il Consiglio Notturno, un vero e proprio tribunale dell'Inquisizione500. Entrò così per la prima volta nella storia, commenta questo autore, l'apologia della persecuzione religiosa.

Hoernlé afferma che Platone nella Republica sosteneva che l'obiettivo della sua educazione

elementare fosse quello di inculcare il "carattere", definendo quest'ultimo come l'"attenersi alle convinzioni" in base alle quali uomini e donne, come cittadini, avrebbero dovuto vivere501.

In altre parole, Platone propone di modellare le anime dei suoi cittadini in base ad uno schema di valori al quale essi anche in seguito dovranno essere fedeli. Egli propone di dare loro una Weltanschauung e questo è esattamente quello che intendono fare i dittatori moderni, i quali sono particolarmente attenti a radicare la propria visione nelle menti delle giovani generazioni. Era esattamente in questo spirito, commenta Hoernlé, che Platone proponeva di avvolgere la mente dei giovani in un'atmosfera salutare e di censurare l'arte, la letteratura e l'intera vita culturale del popolo: tutto questo al fine di insegnare ai giovani a credere, combattere e morire per ciò che si sosteneva essere il "bene" ed il "bello" ed evitare, rigettare e distruggere tutto ciò che si diceva "brutto" e "vizioso". Questo, dice Hoernlé, si ripresenta negli sforzi educativi dei dittatori moderni, solo che il "bene" ed il "bello" ricevono un'interpretazione diversa a seconda che il contesto sia comunista, fascista o nazionalsocialista.

La campagna nazista per la "purificazione" della letteratura e dell'arte corre su linee platoniche, con una sola differenza: mentre Platone distingue solo tra ciò che è, dal suo punto di vista, moralmente bene e moralmente male, la censura nazionalsocialista applica un secondo criterio di giudizio, spesso in pratica coincidente, ma non logicamente identico al primo, vale a dire il criterio razzista.

Di conseguenza, dice Hoernlé, lo spettro di applicazione di una tale politica di censura morale è più grande di quello che si sarebbe potuto realizzare al tempo di Platone, sia per la maggior varietà dei media, sia per la capillarità della propaganda.