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Educazione platonica e mondo moderno

Capitolo 5 – L'essenza classista del sistema sociale ed educativo platonico

3. Il sistema educativo nella città ideale

3.4. Educazione platonica e mondo moderno

3.4.1. Platone ed il sistema educativo britannico in R.H.S.Crossman 3.4.2. Educazione platonica e totalitarismo in R.F.A.Hoernlé

4. Conclusione

1. La città ideale platonica come sistema classista

Nel capitolo precedente abbiamo preso in considerazione la concezione platonica di giustizia, attraverso l'analisi degli autori del dibattito degli anni '30 e '40 del XX secolo.

Più precisamente, abbiamo visto che alcuni, mettendo in relazione la definizione platonica di giustizia come "specializzazione di funzioni" con il concetto di "disuguaglianza naturale", rivolgono a Platone delle severe critiche: il suo sarebbe un progetto antidemocratico (Winspear, Russell, Thomson), caratterizzato da una scarsa considerazione per la libertà personale e l'individualità (Fite), nonché irrealizzabile (Crossman). Solo due studiosi, Koyré e Cassirer, non attribuiscono alla visione platonica una connotazione negativa.

A partire dall'accusa generale relativa alla concezione platonica di giustizia, gli autori sfavorevoli a Platone approfondiscono la propria critica su di una serie di temi specifici.

In questo capitolo, in particolare, ci concentreremo sull'accusa che vede nel progetto platonico un sistema classista.

La città ideale di Platone rappresenterebbe a livello sociale il modello per un'organizzazione politica caratterizzata da una sostanziale suddivisione tra governanti e governati e che ha come unico scopo il benessere di una sola classe sociale, quella al potere.

Inoltre, un tale sistema classista si rifletterebbe anche sul modello educativo previsto da Platone nella sua utopia. In essa, cioè, sarebbe ravvisabile una sorta di elitismo, finalizzato esclusivamente all'eccellenza della classe governante, senza considerazione per la gente comune.

2. La divisione in classi nella città ideale

Analizzando la concezione platonica della giustizia, vari autori del dibattito in esame facevano notare che essa si configurava come una "specializzazione di funzioni". Una tale visione, accompagnata al parallelismo tra anima individuale e città, lo conduceva all'elaborazione di un sistema sociale basato su tre classi - quella dei governanti, quella dei guerrieri e quella dei semplici cittadini – che a molti autori appare appunto classista.

Pertanto, la tripartizione platonica si trasformerebbe in una bipartizione tra governati e governanti, ai quali verrebbero accordati tutti i privilegi (Fite, Russell, Crossman, Winspear, Farrington, Hoernlé).

La concezione platonica, preoccupata come è di rendere conto della cosiddetta "disuguaglianza naturale", porterebbe secondo questi autori a un completo immobilismo sociale (Fite, Winspear, Russell, Farrington, ma si veda anche la posizione opposta di Field e Koyré).

La sua, cioè, non sarebbe altro che una società chiusa e sclerotizzata, che contemplerebbe anche la schiavitù come istituzione naturale (Thomson, Crossman, Farrington, con l'eccezione di Field).

2.1. La bipartizione governanti-governati celata sotto la tripartizione platonica ed il privilegio della classe al potere

Nell'intento di dimostrare l'essenza classista del sistema sociale prefigurato nell'utopia platonica, vari autori del dibattito in esame (Fite, Russell, Crossman, Winspear, Farrington, Hoernlé) mettono in evidenza come sotto la tripartizione delle classi nella sua città ideale si celerebbe la suddivisione tra governanti e governati, in base alla quale tutti i privilegi verrebbero accordati solo alla classe al potere. Ciò è messo in evidenza in modo abbastanza simile da Fite, Russell e Crossman.

Altri, oltre a sostenere una tale interpretazione, ne mettono in evidenza alcuni aspetti particolari. Winspear, ad esempio, sottolinea come nella comunità ideale platonica la subordinazione della massa lavoratrice ai pochi che governano sia il risultato sociale della tendenza ascetica di Platone, che si esprime anche attraverso la sua concezione del dualismo anima-corpo. Farrington mette in evidenza come la bipartizione sociale nella città platonica sia dimostrata dai due tipi di religione e di educazione che Platone prevede rispettivamente per i governanti ed i governati: una posizione la sua decisamente opposta a quella degli Epicurei, che, al contrario, ritenevano che il popolo si potesse elevare per mezzo dell'istruzione.

Tra questi autori Hoernlé fa un'analisi attualizzante dell'utopia platonica. Dopo aver fatto notare che i filosofi re e gli ausiliari, vale a dire le due classi superiori nella città platonica, sono l'analogo del dittatore moderno e del partito nazista, questo autore pone l'accento sul fatto che mentre Platone desidera che le sue due classi governanti siano tenute nettamente separate dalla massa dei cittadini, una simile prospettiva è invece rigettata dal nazismo, che anzi si preoccupa di mantenere stretto il rapporto tra partito e popolo.

Nel suo libro The Platonic Legend, Fite afferma che nella Repubblica la caratteristica della comunità ideale platonica che maggiormente colpisce è la divisione dei cittadini in tre classi249. Tuttavia, questo autore sottolinea anche che la base di questa triplice divisione è costituita da una distinzione più profonda in due classi: vale a dire quella tra una piccola classe militare governante ed una grande classe di governati, cioè il popolo. Coloro che compongono la classe militare e governante sono chiamati da Platone phylakes o guardie. Quelli della classe popolare invece sono definiti da Platone demiourgoi o lavoratori manuali: essi comprendono gli artigiani, i contadini ed i commercianti. All'interno della classe delle guardie o guardiani, c'è una divisione ulteriore, ma meno importante: quella cioè tra una piccola classe suprema di filosofi statisti, che costituiscono per Platone i guardiani per eccellenza, ed il più grande corpo delle guardie, che sono ora chiamati epikouroi o "ausiliari".

Anche Russell riconosce che Platone comincia il proprio programma politico precisando che i cittadini vadano divisi in tre classi: la gente comune, i soldati ed i custodi250. Solo gli ultimi, però, possono avere poteri politici e devono essere in numero minore rispetto ai membri delle altre classi. Il problema principale per Platone, dice Russell, è di assicurarsi che i custodi realizzino le intenzioni del legislatore. Dalla concezione platonica di giustizia, in base alla quale ognuno si deve occupare della propria attività senza interferire nella sfera altrui, non può che derivare un sistema sociale nel quale verrà assicurato un adeguato tenore di vita solo ad un numero ristretto di persone.

Abbiamo poi già visto che da parte sua Crossman sottolinea come la Repubblica contenga il piano di Platone per la costruzione di uno Stato perfetto nel quale ciascun cittadino potesse essere veramente felice. Platone pensa di essere investito del potere supremo di salvare l'umanità dalle miserie presenti251.

In particolare, egli notava come uno dei principali mali di Atene fosse il conflitto di classe che dilaniava la società e faceva sì che ogni fazione pensasse ai propri interessi di parte, perdendo di vista il benessere generale. Di conseguenza, Platone, nella Repubblica, elaborò un'organizzazione sociale del tutto nuova, cercando di fornire un'alternativa reale che rimediasse ai mali che notava nella società greca.

Egli quindi abbozzò il piano di uno Stato diviso in tre classi252. Al vertice dovevano stare i filosofi re, poi venivano gli amministratori e sotto entrambi stavano i cittadini ordinari,

249Fite, "The vital question", par. 3, in The Platonic Legend, cit., p.14-8.

250Russell, "L'utopia di Platone", cap.IV, seconda parte, in Storia della filosofia occidentale, cit., p.124. 251Crossman, "Plato", chapter IV, in Plato Today, cit., p. 78-84.

considerati incapaci di governarsi. Platone era convinto che lo Stato perfetto fosse uno Stato razionale e soprattutto che la scienza politica non fosse un'attività adatta a tutti, ma un'occupazione che richiedeva specializzazione e perizia. Come il medico, anche il governante nell'ottica platonica era l'unico a conoscere il bene per il proprio paziente, vale a dire il popolo. Ne conseguiva che per il bene dello Stato il governante doveva punire, esiliare od uccidere il cittadino che si opponeva alle sue scelte politiche. Così, dice Crossman, lo Stato platonico composto di tre classi è in realtà uno Stato con due classi, con una suddivisione ulteriore all'interno della classe governante. In esso i cittadini comuni - - contadini, artigiani e commercianti - sono la vasta maggioranza della popolazione. La loro funzione è quella di fornire la base materiale del benessere sociale e la loro felicità è quella di godere i frutti del loro lavoro sotto un regime stabile di legge ed ordine.

Nella sua città Platone non voleva né sottoproletariato urbano né grandi affaristi: voleva infatti eliminare il conflitto di classe che sorgeva quando il controllo dello Stato era nelle mani di un interesse di parte. Una volta che avesse distrutto il potere degli interessi faziosi, Platone pensava di realizzare una vera aristocrazia o dittatura dei migliori. Tuttavia, commenta Crossman, nello Stato platonico solo gli aristocratici dovevano governare, e cittadini comuni, con i loro interessi volgari rivolti alle loro attività, al fare soldi ed alla vita familiare, erano naturalmente subordinati.

In un altro punto del suo libro, Crossman ribadisce come l'attenzione platonica sia rivolta esclusivamente alla classe governante, costituita solo da aristocratici253. Ai membri dell'élite governante platonica deve essere fornito un addestramento morale così severo, che niente li deve distogliere dal loro servizio allo Stato. I cittadini ordinari devono solo obbedire ed essere educati, attraverso una "nobile menzogna", ad accettare la soggezione ai filosofi re.

Inoltre, questo autore fa notare come oltre alle proposte educative anche quelle sulla riforma della famiglia e della vita sociale e sull'abolizione proprietà privata, il matrimonio e l'eugenetica siano indirizzate esclusivamente all'élite governante254. Alla classe inferiore, di contro, doveva essere consentita qualsiasi cosa che desiderasse, eccetto l'autogoverno.

Analizzando la divisione in tre classi della città platonica, nel suo libro intitolato The Genesis

of Plato's Thought, Winspear mette in rilievo il parallelismo istituito da Platone tra l'anima

individuale tripartita e la struttura sociale della sua città ideale255.

Questo autore fa notare che Platone, trovandosi in un periodo di aspro conflitto sociale, desiderava creare unità all'interno dello Stato e proponeva quindi un programma politico che non avrebbe dovuto generare due città all'interno della stessa struttura, vale a dire la città dei ricchi e quella dei poveri256. Si tratta di un desiderio verso il quale, commenta Winspear, anche noi possiamo provare simpatia, se esso significa creare unità attraverso la rimozione dell'antagonismo profondo tra chi ha e chi non ha, per esempio, eliminando le sue cause economiche, come prevede la teoria socialista moderna. Tuttavia, Platone non poteva prendere in considerazione una soluzione del genere. Infatti, era un membro della classe dominante e proprietaria terriera in una società schiavista: la sua passione per l'unità257, pertanto, prese la forma reazionaria della richiesta di una subordinazione, o meglio di una sottomissione volontaria, dei "subordinati per natura" ai loro "superiori naturali".

Inoltre, invece di approfittare dei grandi progressi tecnici che il commercio aveva portato con sé, Platone non fu capace di vedere nient'altro che i "mali" della democrazia in una società lacerata dal conflitto sociale. Pertanto, rinunciò al progresso a favore di un ritorno a forme economiche più primitive e di una riduzione nel livello di vita di tutti, poiché secondo lui la ricchezza, concentrandosi nelle mani di pochi, aveva portato solo soprusi.

Se pensiamo al parallelismo tra città ed anima individuale, dice Winspear, quello che è stato detto fino ad ora si può applicare anche a quest'ultima. Per quanto l'integrazione possa essere desiderabile come ideale etico, soprattutto in vista di un fine sociale superiore, essa non può essere raggiunta trascurando e reprimendo il corpo e negando la validità delle sue funzioni. Il tentativo di Platone di raggiungere l'integrazione, attraverso la subordinazione e la repressione degli istinti corporei nell'individuo umano, è parallelo al suo tentativo di raggiungere uno Stato

253Crossman, "Plato", chapter IV, in Plato Today, cit., p. 87.

254Crossman, "Plato looks at the Family", chapter VII, in Plato Today, cit., p. 127-35.

255Winspear, "The Sociology and Psychology of the Platonic Virtues", chapter IX, in The Genesis of Plato's Thought, cit., p. 203-13.

256Winspear, "The Sociology and Psychology of the Platonic Virtues", chapter IX, in The Genesis of Plato's Thought, cit., p. 213-215.

257A questo riguardo, Winspear sottolinea che anche Platone condivideva la nostalgia che permeava tutto il mondo greco per la semplicità arcadica della società tribale primitiva.

unificato attraverso la subordinazione di coloro che svolgono attività materiali. In altre parole, il risultato logico e storico della teoria platonica, secondo Winspear, era un ascetismo che divenne sempre più rigido ed inflessibile, per quanto vicino alle usanze spartane e diverso dall'ascetismo puritano moderno. Ma è chiaro che c'è un limite al di là del quale l'ascetismo non può andare nel negare al corpo la validità delle sue funzioni. Se le necessità più elementari, come mangiare e bere, non vengono soddisfatte, sopraggiunge la morte e senza riproduzione la specie si estingue.

In questo senso, continua Winspear, l'antichità era in qualche modo condizionata dalla sua situazione economica: vivendo in una economia di scarsità, gli uomini consideravano la distribuzione dei beni economici come il loro problema più vitale ed insolubile. Invece, commenta Winspear, noi viviamo in un'economia di abbondanza potenziale e quindi il raggiungimento dell'unità nello Stato per noi ha necessariamente una forma diversa. Pertanto, saremo portati ad apprezzare la passione degli idealisti antichi per l'unità, l'armonia e la concordia all'interno dello Stato, ma non necessariamente ad approvare le proposte che facevano per raggiungere quel fine.

Merita poi considerare la posizione di Farrington, il quale, per sottolineare l'esistenza nella città platonica di una divisione fondamentale tra classe governante e classe governata, prende in esame le proposte platoniche in materia religiosa. Platone nelle Leggi ammise due tipi di religione258. Per prima cosa rimise in vigore tutti i culti tradizionali della città-stato e contemporaneamente introdusse una nuova religione celeste, cercando per essa una prova teologica e divenendo così il fondatore di una teologia naturale.

Si chiede allora Farrington: perché Platone ammise due tipi di religione? E perché solo la seconda ebbe una dimostrazione precisa? La risposta è che i due tipi di religione dovevano essere adatti a due tipi di adoratori, secondo l'antico esempio egiziano. Le forme tradizionali di devozione erano per la massa del popolo, mentre gli uomini religiosi colti dovevano dedicare la loro fede intellettuale solo alle nuove divinità celesti: per il popolo, i miti tradizionali; per i governanti, la nuova teologia, una scienza del divino razionalmente provata. Naturalmente, commenta Farrington, Platone non dice ciò espressamente, essendo questo uno dei punti più imbarazzanti del suo sistema, ma questa interpretazione è imposta dalla logica interna al suo pensiero né è negata dai suoi difensori.

Che le nuove divinità celesti fossero destinate solo alle classi dominanti è provato, dal programma educativo esposto nelle Leggi, in base al quale l'educazione ha due rami, la ginnastica per il corpo e la "musica" per l'anima (dove per musica si intende saper leggere, scrivere e suonare la lira, la matematica, la geometria e un po' di astronomia). Infatti, l'opinione che i due tipi di religione raccomandati da Platone fossero in relazione con la divisione in classi del suo Stato nasce appunto dalla considerazione di questo sistema educativo, per il quale solo gli studenti più promettenti erano destinati a posizioni di governo, mentre gli altri dovevano mantenere le forme tradizionali di devozione. Platone, cioè, favorisce in questo modo una separazione tra la filosofia e gli interessi della gente comune.

Quindi, anche Farrington, attraverso la sua descrizione del sistema religioso previsto da Platone, dimostra di riconoscere all'interno della città ideale platonica un dualismo sociale, accompagnato da una scarsa considerazione per le qualità intellettuali del popolo sottomesso. Anche nella Repubblica Platone aveva formulato un giudizio negativo sulla massa, da lui considerata incostante, piena di desideri illeciti, ira irrazionale e passioni violente259. Una tale visione, secondo questo autore, non era altro che la soluzione al problema economico proposta da Platone. Il suo ideale di società comportava infatti una classe dirigente esonerata dal lavoro manuale ed una vasta classe di lavoratori incapaci di svolgere attività pubbliche. Era comodo per lui supporre o far finta che la natura stessa avesse provveduto ad una tale distinzione. Per lui la virtù non era una prerogativa dell'umanità, ma di una classe. Farrington riporta questa affermazione di Platone:

"Però puoi trovarvi una grande quantità di passioni, piaceri e dolori di vario genere, soprattutto nei ragazzi, nelle donne, nei servi e in quella massa mediocre di cosiddetti uomini liberi".

"Proprio così".

258Farrington, "La ribellione alla religione della città-stato", capitolo VIII, in Scienza e politica nel mondo antico, cit., p. 94-103.

259Farrington, "La penetrazione dell'epicureismo a Roma", capitolo XII, in Scienza e politica nel mondo antico, cit., p. 142-53.

"Ma le passioni semplici e moderate, che si lasciano guidare dal raziocinio unito all'intelletto e alla corretta opinione, le troverai in pochi cittadini, cioè in coloro che sono forniti della migliore natura e della migliore educazione".

"È vero", disse.

"E non vedi che questo succede anche nella tua città e che qui le passioni della maggioranza, fatta di persone dappoco, vengono dominate dalle passioni e dall'accortezza di una minoranza di cittadini equilibrati?"260

Pertanto, Platone divide la società in tre classi: una classe di governanti che usano la ragione, una classe di soldati e di guardie che si distinguono per il loro coraggio ed una classe di lavoratori che si distinguono non per ingegno, abilità, pazienza o qualsiasi altro talento, ma per concupiscenza, avidità, passione e violenza. Quella di Platone, secondo Farrington, è cioè una filosofia sociale che dimostra simpatie per l'oligarchia.

Gli Epicurei invece, fa notare Farrington, a differenza di Platone pensavano che la massa fosse sì ignorante, ma non incapace di elevarsi per mezzo dell'istruzione: promuovere l'istruzione diveniva così lo scopo principale del loro movimento. Non possedevano due dottrine, una per la classe dirigente ed un'altra per i sudditi, ma una sola, che volevano estendere a tutti. Il loro movimento non era accademico e teso esclusivamente a correggere errori di pensiero di scuole rivali, come ad esempio Platone nei confronti della scienza ionica. Correggere tali errori era necessario, ma gli Epicurei non separavano l'errore dalle sue conseguenze sociali. Lucrezio, fa notare Farrington, ci ha detto che cosa spinse Epicuro a meditare: lo spettacolo della vita umana prostrata sotto il peso della religione.

In un articolo del 1938, intitolato Would Plato have approved of the National-Socialist

State?261, Hoernlé propone un'analisi attualizzante dell'utopia platonica. L'intento di questo autore è esaminare la teoria platonica, mettendola in relazione con le pratiche dittatoriali moderne e prendendo come principale punto di riferimento la Germania nazionalsocialista. In particolare, Hoernlé fa notare come i filosofi re e gli ausiliari, vale a dire le due classi superiori dello Stato platonico, siano l'analogo del dittatore moderno e del partito, attraverso la quale questi governa262.

Nel nazionalsocialismo, dice Hoernlé, troviamo infatti il leader supremo che, assistito da un gruppo di leader subalterni, governa la Partei e attraverso di essa lo Stato. Inoltre, accanto all'esercito vero e proprio c'è il corpo armato delle S.S. (Schutzstaffeln), che ha il compito di occuparsi degli elementi sovversivi e che è collegato alla Geheime Staatspolizei, la polizia segreta, che deve reprimere tutti i movimenti antisociali e che si dimostrano ostili alla

Weltanschauung nazista. Il resto del partito funziona come una struttura che deve influenzare

l'atteggiamento della massa del popolo.

Il parallelo tra l'organizzazione politica platonica e lo Stato nazionalsocialista moderno è evidente, dice Hoernlé, se si prende in considerazione che le classi governanti platoniche sono concepite come un'élite selezionata:, proprio come si proponeva di diventare il partito nazista263.

Una volta realizzato questo progetto, il partito avrebbe rispecchiato l'ideale di un perfetto strumento di governo al servizio dei principi del nazionalsocialismo e quindi, commenta Hoernlé, avrebbe dimostrato di corrispondere, nelle sue qualità e funzioni, alle classi governanti platoniche, specialmente se includiamo tra i compiti dei suoi membri, non solo