58
cui si è conservata soltanto la radice (si vedano i termini ‘reale’, ‘re- alistico’, ‘realmente’ e così via)(74).
La derivazione di ‘cosa’ dal latino causa sarebbe da vedersi, se- condo taluni autori, quale riprova del fatto che già nel pensiero dei giureconsulti romani la causa fosse prevalentemente intesa «non in senso subbiettivo, in relazione all’interno volere dell’agente, ma in senso obbiettivo»(75): l’argomentazione è forse discutibile, ma la
conclusione mi pare da condividersi.
Sulla sussistenza di un nesso tra res e causa si avrà occasione di ritornare nel seguito. Peraltro, si è dianzi osservato che, nella causa menzionata da Aristone in D. 2,14,7,2(76), la dottrina tradizionale
vede il significato di datio(77), dunque con riferimento all’avvenuta
esecuzione della prima prestazione: il che equivale a dire – per lo meno tenendo presente il caso paradigmatico del do ut des – che la
causa consisterebbe, per l’appunto, nella res data.
4. Conclusioni. Diversi livelli di polisemia.
Tenendo conto delle osservazioni sin qui svolte, possono trarsi alcune conclusioni.
Risulta evidente che il segno causa assunse una straordinaria varietà di significati: è questo il primo, più generale, livello in rela- zione al quale è dato parlare di polisemia della causa.
Già si è detto del valore originario di interesse e di quelli deriva- ti di causa in senso eziologico o efficiente, in senso teleologico o fi- nale, nonché in senso di condizione (i quali possono pure assumere rilevanza giuridica).
(74) Sul punto, J.P. MINICONI, Causa, cit., 167. (75) Così G. ASTUTI, I contratti, cit., 35.
(76) … sed et si in alium contractum res non transeat, subsit tamen causa …. (77) Cfr. P. VOCI, La dottrina, cit., 244, nt. 1, il quale nota che causa «in quanto corrispondente all’italiano cosa, vuole alludere a un inizio di esecuzione del contratto». Inoltre, si veda supra, cap. I, § 5.
LAPOLISEMIA 59
Inoltre, volendo considerare i significati senz’altro giuridici, oc- corre riconoscere che il segno causa fu impiegato, lungo il corso dell’esperienza giuridica romana, per indicare aspetti assai differen- ti: vi è quindi, in questo senso, un secondo livello di polisemia, ri- stretta al linguaggio tecnico, della causa.
Oltre a quelli appena citati (interesse, causa in senso efficiente e finale, condizione), si è precedentemente fatto cenno ai significati di fondamento degli effetti della fattispecie e di processo.
Al proposito, si potrebbe poi osservare il precisarsi dei diversi e specifici valori semantici di causa riconducibili all’ambito dei diritti
in rem, a quello della circolazione della proprietà (e così dunque, in primis, a quello dei negozi traslativi, per i quali rileva la causa
dell’attribuzione), a quello successorio, nonché pure a quello, da ri- tenersi autonomo, della causa donationis, infine, a quello delle cau-
sae obligationis, in quanto considerate su un piano differente e (al-
meno da un certo punto di vista) ‘sovraordinato’ rispetto a quello della causa contrattuale.
Tutti questi, però, saranno tralasciati dalla presente indagine. È indubbio che la causa non abbia «mai perduto, nei tempi sto- rici, un pregnante riferimento alle condizioni di obligatio create da un contractus o da un pactum»(78).
Anche entro il perimetro specifico così delineato (che è dunque quello della causa ‘del contratto’) si deve riconoscere una certa va- riabilità di accezioni nelle quali sia fatto impiego del termine causa.
Si potrebbe allora vedere un terzo livello di polisemia della cau-
sa: ma, più che di una vera e propria polisemia, mi sembra più ap-
propriato parlare, con riferimento a ciò, di una polarizzazione di ac- cezioni e di singole peculiari accezioni. Così, come già si è detto, nel corso della ricerca si tratterà della causa in relazione alla funzione ovvero alla struttura del contratto; ma pure di causa efficiente e di causa finale (in questo caso, naturalmente, per il profilo giuridico); di causa in astratto e di causa in concreto; talora, poi, di initium con-
tractus in rapporto alla realizzazione della causa contrattuale come
CAPITOLO SECONDO
60
funzione; oppure, al di fuori di ogni specifica correlazione, di causa intesa quale fondamento di riconoscibilità di effetti civili per i con- tratti innominati; di causa come criterio di individuazione di un re- gime giuridico; di causa considerata quale parametro di valutazione della liceità contrattuale.
Questo è l’ambito più ristretto – e nondimeno nevralgico – entro cui si intende proseguire nell’indagine.
CA P I T O L O TE RZ O
ALLE ORIGINI DEL CONCETTO DI CAUSA. LA COSTRUZIONE ARISTONIANA
SOMMARIO:1. Il titolo De pactis: D. 2,14, fr. 1 - 5 - 7 (Ulp. 4 ad ed.). – 2. La te- stimonianza D. 2,14,1 pr. - 4 (Ulp. 4 ad ed.). – 3. La testimonianza D. 2,14,5 (Ulp. 4 ad ed.). – 4. La testimonianza D. 2,14,7 pr. - 2 (Ulp. 4 ad ed.). Il ful- cro dei problemi della causa. – 5. Una lettura estensiva del richiamo al sun£llagma. – 6. La testimonianza D. 2,14,7,2. Il responsum aristoniano. – 7. Ancora sulla testimonianza D. 2,14,7,2. – 8. Alcuni essenziali profili di confronto con la testimonianza di Labeone in D. 50,16,19 (Ulp. 11 ad ed.). – 9. Riflessioni su causa e sun£llagma. – 10. La causa. – 11. Il sun£l-lagma. – 12. Prime (parziali) conclusioni. Reciproci rapporti tra causa e sun£llagma. – 13. L’idea di funzione. Funzione e struttura. – 14. Segue. Va- lenza dell’adempimento della prima prestazione. – 15. Segue. Precisazioni su
causa e sun£llagma. – 16. Causa e profili di una figura generale di contratto.
– 17. Importanza di un’acquisizione. – 18. Il ragionamento ulpianeo tratto dal titolo De pactis alla luce dell’idea aristoniana di causa: ancora su D. 2,14,1,3 e D. 2,14,5. – 19. Il seguito della testimonianza ulpianea: D. 2,14,7,3 - 4. – 20. La considerazione della causa in concreto e in astratto. – 21. Il problema delle convenzioni atipiche in D. 2,14,7,2 considerato dal punto di vista della tutela formulare. – 22. Segue. Prima interpretazione. – 23. Segue. Seconda interpretazione.
1. Il titolo ‘De pactis’: D. 2,14, fr. 1 - 5 - 7 (Ulp. 4 ad ed.).
Nel corso del presente capitolo procederò direttamente alla let- tura delle testimonianze attraverso le quali mi pare sia possibile se-
CAPITOLO TERZO
62
guire il maturarsi di una riflessione giurisprudenziale intorno alla causa del contratto.
Nel titolo De pactis (2,14) dei Digesta, ai fr. 1, 5, 7, tratti dal li- bro 4 ad ed. di Ulpiano, è contenuta, com’è noto, una notevole quan- tità di informazioni intorno ai concetti di pactum, pactio, conventio,
contrahere, contractus; ma soprattutto, per quel che qui maggior-
mente interessa, si trova concentrato il più denso materiale, organiz- zato in una coerente trattazione, riguardante la causa(1).
Il passo fondamentale, sul quale occorrerà più attentamente sof- fermarsi, è senza dubbio il notissimo D. 2,14,7,2 (Ulp. 4 ad ed.).
In quel brano – è opportuno sia detto subito – Ulpiano riferisce il responsum pronunciato da Aristone, ove si afferma che, in presen- za di un contratto atipico, il riconoscimento del sussistere della cau- sa (subsit tamen causa) fonda il sorgere di effetti obbligatori civili (nasci civilem obligationem); di seguito, è poi dato conto del dibatti- to che, vedendo fin da subito Celso (figlio) contrapposto ad Aristo- ne, era proseguito nelle opinioni di Giuliano e Mauriciano.
Ponendosi nella prospettiva storica, il responsum di Aristone costituisce dunque l’avvio del successivo dibattito, nonché l’an- tecedente logico dello stesso argomentare di Ulpiano: è quindi indi- scutibile che l’analisi del pensiero del giurista traianeo contribuisca a gettar luce sui riferimenti alla causa direttamente attribuibili a Ul- piano.
Da questo punto di vista, converrebbe partire dalla lettura delle parole di Aristone.
D’altra parte, è chiaro che, nell’ottica del ragionamento ulpiane- o, anche il punto nodale rappresentato dal responsum di Aristone – con il contributo concettuale che esso comporta – si inserisce come una parte di un più ampio complesso.
Privilegiando le ragioni di una maggiore chiarezza e linearità nell’esposizione, ritengo preferibile procedere all’analisi delle testi-
(1) In generale, sull’importanza della riflessione dei prudentes in tema di con- tratti atipici rispetto all’elaborazione del concetto di causa, si veda quanto già os- servava H. CAPITANT, De la cause, cit., 111 ss.
ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 63
monianze indicate secondo l’ordine in cui esse si trovano nei Dige-
sta (e così nella sequenza D. 2,14, fr. 1 - 5 - 7), che è poi quello ul-
pianeo (almeno tenendo fede alla ricostruzione palingenetica di Le- nel(2)).
Anche facendo in tal modo, peraltro, mi rendo conto di non evi- tare la necessità di qualche operazione di ‘montaggio’ tra elementi diversi di una riflessione che matura nel tempo e così, per il lettore, la fatica di un certo numero di interruzioni, rinvii e riprese.
2. La testimonianza D. 2,14,1 pr. - 4 (Ulp. 4 ad ed.).
In esordio:
D. 2,14,1 pr. - 4 (Ulp. 4 ad ed.): Huius edicti aequitas naturalis
est. Quid enim tam congruum fidei humanae, quam ea quae in- ter eos placuerunt servare? 1. Pactum autem a pactione dicitur (inde etiam pacis nomen appellatum est) 2. et est pactio duorum pluriumve in idem placitum et consensus. 3. Conventionis ver- bum generale est ad omnia pertinens, de quibus negotii contra- hendi transigendique causa consentiunt qui inter se agunt: nam sicuti convenire dicuntur qui ex diversis locis in unum locum colliguntur et veniunt, ita et qui ex diversis animi motibus in unum consentiunt, id est in unam sententiam decurrunt. Adeo autem conventionis nomen generale est, ut eleganter dicat Pe- dius nullum esse contractum, nullam obligationem, quae non habeat in se conventionem, sive re sive verbis fiat: nam et stipu- latio quae verbis fit, nisi habeat consensum, nulla est. 4. Sed conventionum pleraeque in aliud nomen transeunt: veluti in emptionem, in locationem, in pignus vel in stipulationem.
È plausibile ritenere che il titolo edittale in commento fosse
CAPITOLO TERZO
64
all’origine rubricato De pactis et conventionibus(3), se non De pac- tis conventis(4), e che l’abbreviazione De pactis, di cui è menzione
tanto in D. 2,14 che in C. 2,3, sia opera dei giustinianei: tuttavia sul punto non vi è certezza e il raffronto con altri testi lascia spazio a di- verse supposizioni(5).
Il passo si apre con un richiamo alla naturalis aequitas, dalla quale è fatta discendere anche la necessità che sia salvaguardato quanto le parti abbiano pattuito(6): riecheggia il riferimento ai verba
edittali pacta conventa … servabo(7), di cui è fatta menzione poco
(3) In tal senso, seguendo già CRUSIUS, Dissertatio ‘Ex Ulp. C. IV ad Ed.’, in E. OTTO, Thesaurus iuris Romani, I, Basilea, 1741, 672 ss.,O. LENEL, E.P., 64, nt. 6.Nel recente dibattito, cfr. H.P. BENÖHR, Das sogenannte Synallagma, cit., 13; A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 128; S. TONDO, Note, cit., 445. La rubrica editta- le sarebbe semplicemente De pactis per C. MANENTI, Contributo critico alla teo-
ria generale dei ‘pacta’ secondo il diritto romano, Siena, 1891, 90 ss.; nonché pure
per G. LOMBARDI, Ricerche in tema di ‘ius gentium’, Milano, 1946, 194 ss., il quale ritiene del tutto compilatorio il materiale riguardante le conventiones.
(4) Come forse suggerirebbe la lettura di D. 2,14,7,7 (pacta conventa … ser-
vabo): cfr. P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 123 s. e nt. 1,
sulla scia di un’opinione che era già di Cuiacio (cfr. J. Cujacii Opera, auctiora at-
que emendatoria, II, Augustae Taurinorum - Parisiis, 1874, col. 737), ripresa da S.
RICCOBONO, Elementi, cit., 1 ss., ma in specie 9 ss.
(5) Cfr. i testi C. Th. 2,9; Paul. Sent. 1,1; Cons. 4,3; Cons. 4,9; Cons. 7,4; Cons. 7,6; App. 1 Lex Rom. Wis. 1,3, su cui A. MAGDELAIN, Le consensualisme, cit., 26 e nt. 89.
(6) Sui riferimenti, implicati nell’aequitas naturalis, all’idea ciceroniana di
ius naturae (Cic. inv. 2,65: … Initium ergo eius [i.e. iuris] ab natura ductum vide-
tur …), si veda D. NÖRR, Cicero-Zitate bei den klassischen Juristen, Ciceroniana,
III, 1978, 111 ss.; nonché A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 129, il quale parla di «autentico “programma filosofico” di sapore giusnaturalistico e innanistico»; inol- tre, S. TONDO, Note, cit., 443 ss. Da ultimo, sotto il profilo del giusnaturalismo che percorre il testo di Ulpiano, E. STOLFI, ‘Bonae fidei interpretatio’. Ricerche sul-
l’interpretazione di buona fede fra esperienza romana e tradizione romanistica,
Napoli, 2004, 85 s., nt. 5.
(7) Ove al verbo servabo deve attribuirsi un valore causativo equivalente a ‘farò osservare’: in tal senso, S. TONDO, Note, cit., 447.
ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 65
oltre nel testo ulpianeo, in D. 2,14,7,7; inoltre, nell’idea di natura si preannuncia il tema delle conventiones rilevanti per ius gentium(8).
I termini intorno ai quali il discorso risulta impostato, quale che fosse precisamente l’originaria denominazione del titolo edittale, ri- mangono senza dubbio pactum e conventio.
Pactum è definito dapprima in chiave para-etimologica(9), insi-
stita nella sequenza pactum, pactio, pax, placitum, poi con riferi- mento alla necessità del consenso di una pluralità di soggetti.
Conventio è presentato quale verbum generale ad omnia perti-
nens: tale valenza, assai ampia (ribadita anche di seguito: nomen generale), consente di ricomprendere finanche le conventiones ex causa publica di cui è menzione nel successivo D. 2,14,5(10).
Nella scrittura ulpianea, alla conventio pare farsi ricorso princi- palmente come ‘significante’, comprensivo di varie ‘entità’ rappre- sentate(11), quali sono le varie categorie (più o meno) tecnicamente
definite, via via introdotte nel corso della trattazione e ricondotte al- la sua sfera; se pure non si arrivi a «ritagliare un preciso valore tec- nico-giuridico» al segno conventio, quantomeno si deve però am-
(8) Per il collegamento tra natura e ius gentium, di recente, G. FALCONE, O-
bligatio est iuris vinculum, Torino, 2003, 149 ss. e nt. 403.
(9) Di «notazione paretimologica», a proposito della menzione di pactum, parla S. TONDO, Note, cit., 444 e 563. Fondato è però il nesso tra pax e pactio: si veda, sul punto, P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 148, nt. 39. In maniera approfondita, inoltre, Z. VÉGH, ‘Ex pacto ius’. Studien zum Vertrag als
Rechtsquelle bei den Rhetoren, in ZSS, RA, 1993, 110, in specie 200 ss. In ogni ca-
so, debbono essere tenute in considerazione le osservazioni, circa lo scopo non già filologico – bensì prevalentemente «tecnico-giuridico» – delle etimologie dei giuri- sti romani, di B. BIONDI, Valore, cit., 739.
(10) Il collegamento tra l’affermazione conventio nomen generale est che qui si rinviene e quanto si dirà in D. 2,14,5 è analizzato in specie da P. CERAMI, D.
2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 124 ss.
(11) Così riprendendo il linguaggio e il ragionamento di A. MANTELLO, Le
classi, cit., 217 ss. (di cui qui si assume anche la precisazione fatta ibidem, nt. 1,
ove si avverte dell’impiego di una terminologia stipulativa, senza specifici appro- fondimenti di carattere linguistico, «circa l’individuazione del momento ‘significa- to’ dal segno linguistico»). Su questi aspetti, si veda peraltro P. VOCI, La dottrina, cit., 301, secondo il quale «la conventio è insieme una categoria concettuale e un istituto giuridico»;inoltre, M. TALAMANCA, Contratto, cit., 74.
CAPITOLO TERZO
66
mettere che esso possiede un nucleo di significato unitario, con rife- rimento a «una inequivocabile base consensuale»(12).
È proprio nell’affermazione conventionis verbum generale est
ad omnia pertinens, de quibus negotii contrahendi transigendique causa consentiunt qui inter se agunt che compare per la prima volta,
entro la sequenza all’esame, il segno causa.
Non sembra affatto agevole fornire una lettura convincente di tale riferimento.
Si sarebbe indotti a sottovalutare, nella specie, l’autonoma pre- gnanza semantica di causa, ritenendo che il suo valore si esaurisca in un impiego meramente preposizionale, in unione con il genitivo dei gerundivi che precedono (negotii contrahendi transigendique). Siffatta lettura mi pare però riduttiva e insoddisfacente, se solo si tenga conto della funzione sintattica del termine e della sua colloca- zione nell’economia generale del discorso: rispetto alla conventio (che precede), da intendersi quale verbum generale, la causa con- sente la partizione tra i negotia volti a realizzare un nuovo assetto d’interessi (contrahendi …) e quelli indirizzati a comporre una con- troversia (transigendique …), per gli uni e gli altri essendo comun- que richiesto il consentire delle parti (consentiunt qui inter se a-
gunt); di seguito è poi istruito un paragone tra il convenire (nel sen-
so materiale di cum-venire) e il consentire(13), cui, a sua volta, si
collega la sentenza pediana, nuovamente incentrata sulla conventio (termine derivante dalla medesima radice di convenire).
Il fatto che il segno causa sia utilizzato proprio al centro di una trama così densa di riferimenti che ben possono essere ritenuti fon- damentali nella ricostruzione dogmatica che si va rappresentando, nonché con la funzione discriminante che si è vista, induce a preferi- re l’ipotesi che la sua valenza sia più che meramente preposiziona- le(14). Semmai, non si potrebbe escludere che Ulpiano portasse
l’attenzione sulla causa ancora a un livello principalmente nominali-
(12) Così A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 131. (13) Sul punto, F. GALLO, Eredità di giuristi, cit., 56.
ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 67
stico, senza la precisa connotazione semantica assunta nel seguito, in D. 2,14,7,2.
Comunque, mi pare che una più puntuale determinazione del si- gnificato del termine nel luogo in esame sia consentita alla luce del pensiero aristoniano: perciò è opportuno rimandare oltre per una conclusione sul punto(15).
Nel seguito del passo, l’attenzione di Ulpiano si concentra nuo- vamente sulla conventio, ancora sotto il profilo di nomen genera-
le(16): a questo proposito è richiamata (e resa funzionale rispetto al
discorso che si svolge) la celebre sentenza di Pedio, nullum esse
contractum, nullam obligationem, quae non habeat in se conventio- nem, in relazione alla quale mi pare plausibile una lettura degli accu-
sativi contractum e obligationem in endiadi, nel senso di ‘obbliga- zioni nascenti da contratto’(17).
Il riferimento a Pedio apre uno squarcio su un ambito tanto va- sto di problemi, connessi alle vicende del consensualismo, cui non sarebbe consentito fare più che un cenno bibliografico(18).
(15) L’analisi sarà ripresa infra, § 18.
(16) Ancora A. MANTELLO, Le classi, cit., 217 ss., in specie 253.
(17) In tal senso, A. BURDESE, Divagazioni, cit., 346; sulla stessa linea, F. GALLO, Eredità di giuristi, cit., 47, nt. 93, per il quale «i due elementi esprimono un concetto unitario: il contratto con la sua caratteristica di produrre obbligazione»; come pure, in precedenza, P. VOCI, La dottrina, cit., 300; nonché A. SCHIAVONE,
La scrittura, cit., 135. Per C.A. CANNATA, Der Vertrag, cit., 66, l’espressione in-
dicherebbe ogni negozio obbligatorio; di diverso avviso R. KNÜTEL, La ‘causa’, cit., 133, secondo cui contractus individuerebbe il contratto bilaterale, mentre obli-
gatio quello unilaterale.
(18) Per un inquadramento, cfr. A. SCHIAVONE, Studi, cit., 37 ss., nonché ID.,
La scrittura, cit., 132 ss. Specifica e aggiornata ricognizione sul consensualismo è
ora in C. CASCIONE, ‘Consensus’. Problemi di origine, tutela processuale, pro-
spettive sistematiche, Napoli, 2003, in specie 211 ss. Apre uno squarcio sul tema,
con indicazioni bibliografiche, R. FIORI, Il problema dell’oggetto del contratto
nella tradizione civilistica, in Modelli teorici e metodologici, cit., 176 ss. In prece-
denza, si veda G. GROSSO, Da Pedio ai Bizantini in D. 2,14,1,3 - 4, in Studi Vol-
terra, II, Milano, 1971, 55 ss.; P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture,
cit., 190 ss.; R. SANTORO, Il contratto, cit., 187 ss. Per una messa a fuoco su Pe- dio, cfr. A. CENDERELLI, Ricerche su Sesto Pedio, in SDHI, 44, 1978, 371 ss.; i- noltre, da una prospettiva particolare, che ne ridiscute la collocazione cronologica,
CAPITOLO TERZO
68
Fondamentale però è notare, in vista di quanto si dirà nel segui- to, che l’idea di contratto tratteggiata, ancorché in nessun luogo de- finita, da Ulpiano sembra ormai incentrarsi prevalentemente (di più non mi pare si sia autorizzati a dire(19)) sulla presenza dell’accordo.
Di seguito, troviamo il riferimento alle convenzioni che si con- cludono re e a quelle che si perfezionano verbis: un’evidenza parti- colare è riservata alla stipulatio quae verbis fiat, per la quale è riba- dita, in modo specifico, la necessità del consenso(20). Se non si vo-
glia arrivare a dubitare della genuinità del passo(21), occorre dunque
ritenere che Ulpiano facesse rientrare la stipulatio nella nozione ge- nerale di conventio; più precisamente, è necessario concludere nel senso che Ulpiano vedesse integrata nella stipulatio, considerata la sua necessaria base consensuale, un’ipotesi di contratto(22): di qui
l’inclusione di quest’ultima nell’elenco proposto in D. 2,14,1,4. Si afferma infatti, nel § 4, che la maggior parte delle convenzio- ni ‘passano’ (compare per la prima volta il verbo transeunt, che sarà ripreso in seguito(23)) in aliud nomen, speciale rispetto a quello di conventio (verbum generale).
Dunque, il ‘movimento’ espresso dal verbo transire consente qui il passaggio dal ‘generale’ allo ‘speciale’.
L’esemplificazione dei nomina speciali si articola – senza voler necessariamente trovare uniformità strutturali – nei contratti di em-
ptio, locatio, pignus e stipulatio, tratti dal novero delle obligationes
C. GIACHI, Per una biografia di Sesto Pedio, in SDHI, 62, 1996, in specie 69 ss., nt. 1, e 70, nt. 6, ove è anche un’aggiornata rassegna della bibliografia sul giurista.
(19) Da condividersi dunque la prudenza di M. SARGENTI, Svolgimento, cit., 60 ss., circa la possibilità di rinvenire in Ulpiano «una nozione unitaria del contrat- to come negozio fondato sulla conventio».
(20) Cfr., in argomento, anche D. 45,1,137,1 (Venul. 1 stipul.); D. 45,1,83,1 (Paul. 72 ad ed.); D. 2,15,5 (Papin. 1 defin.).
(21) Come fa M. TALAMANCA, Conventio, cit., 213, nt. 179; ID., Contratto, cit., 74 s.
(22) Secondo A. SCHIAVONE, Studi, cit., 103 ss. (anche in ID., Giuristi, cit., 53 ss.), la considerazione di Ulpiano sarebbe da riallacciarsi alla nozione muciano- sabiniana di contratto; si veda inoltre R. SANTORO, Il contratto, 199 ss.
ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 69 consensu (con riferimento a emptio e locatio), re (per quanto riguar-
da il pignus(24)) e verbis (rispetto alla stipulatio) contractae.
Mi pare si debba pensare che il riferimento ai nomina assuma,