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La recente dottrina romanistica; il riesame della questione de

contratti innominati.

Tra la metà e il finire degli anni Sessanta del Novecento, la dot- trina tedesca veniva a toccare in più occasioni, da prospettive diver- se, il tema della causa: sotto il profilo di una ricostruzione generale del contractus, con Wunner(88); dal punto di vista dello studio dei

contratti sinallagmatici, con Benhör(89); avendo precipuo riguardo

ai problemi posti dalla stipulatio, con Wolf(90). Per quest’ultimo, in

particolare, la causa sarebbe da ravvisarsi nella funzione materiale concordata («von den Kontrahenten einverständlich bestimmte ma- teriale Zweck des Stipulationsversprechens»(91)).

Negli anni seguenti – come già ho avuto occasione di anticipa- re –, la romanistica tornava a concentrarsi sul tema dei contratti in- nominati, compiendo un profondo ripensamento delle posizioni tra- dizionali.

In generale, il tratto più significativamente caratterizzante que- sto nuovo filone di studi si coglie nello sforzo di superare l’opinione a lungo consolidatasi secondo cui le testimonianze in argomento sa- rebbero profondamente falsate dall’ingombrante presenza di ampie e sostanziali interpolazioni(92).

La strada era aperta, per un verso, dagli studi di Schiavone, nei quali era acquisita una più attenta consapevolezza della specificità

(88) S.E. WUNNER, ‘Contractus’. Sein Wortgebrauch und Willensgehalt im

klassischen römischen Recht, Köln - Graz, 1964, in specie 29 ss.

(89) H.P. BENÖHR, Das sogenannte Synallagma in den Konsensualkontrakten

des klassischen römischen Rechts, Hamburg, 1965, specie 8 ss.

(90) J.G. WOLF, Causa stipulationis, Köln - Wien, 1970, specie 24 ss. (91) Così J.G. WOLF, Causa, cit., 19.

(92) Si tratta di un nuovo atteggiamento che si può vedere recepito e ben sin- tetizzato in M. KASER, Das römische Privatrecht, I 2, Das altrömische, das vor-

klassische und klassische Recht, München, 1971, 580 ss. (ma si veda già la prece-

dente edizione, con il medesimo titolo, München, 1955, 484 ss.) e II 2, Die nach-

klassischen Entwiklungen, München, 1975, 419 ss. (nonché la precedente edizione,

I PROBLEMI DELLA CAUSA 27

degli apporti dei singoli giuristi(93), e, per altro verso, da un contri-

buto di Albanese, in cui si riconsiderava, facendo centro sulla cele- bre definitio di Labeone in D. 50,16,19, il rilievo assunto dal con- senso nel contesto del contratto(94).

Dopo talune riflessioni dedicate da Cerami alla causa dalla pro- spettiva della classificazione ulpianea delle conventiones(95), il me-

rito di avere acceso un dibattito – come ben si comprende, ormai del tutto slegato rispetto a quello che frattanto andava coinvolgendo i cultori del diritto positivo – più specificamente concentrato sul tema della causa contrattuale deve però ascriversi a un saggio, di innova- tiva impostazione, di Santoro(96).

Secondo l’autore, la causa di cui è menzione nel responsum di Aristone riportato in D. 2,14,7,2, anche alla luce della testimonianza labeoniana contenuta in D. 50,16,19, dovrebbe essere intesa – contro l’opinione tradizionale – nel significato di funzione (ovvero scopo) ‘negoziale’. La causa aristoniana andrebbe ricercata nel sussistere della funzione realizzata dal negotium, in contrapposizione a quella propria della donatio. Gli studi di Santoro, pur non privi di antece- denti(97), contenevano dunque indubbi elementi di novità.

(93) A. SCHIAVONE, Studi sulle logiche dei giuristi romani. ‘Nova negotia’ e

‘transactio’ da Labeone a Ulpiano, Napoli, 1971, in specie 37 ss.; si veda in segui-

to ID., Giuristi e nobili nella Roma repubblicana. Il secolo della rivoluzione scien-

tifica nel pensiero giuridico antico, Bari, 1987, in specie 153 ss.

(94) B. ALBANESE, ‘Agere’ ‘gerere’ e ‘contrahere’ in D. 50,16,19. Congettu-

re su una definizione di Labeone, in SDHI, 38, 1972, 189 ss.

(95) P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture sulle ‘tres species con-

ventionum’, in AUPA, 36, 1976, 123 ss. (ma già in ANA, 85, 1974, 269 ss.), ove si

afferma che la causa sarebbe «la posizione giuridica sottesa all’accordo di volontà posto in essere da coloro che in unum consentiunt» (ibidem, 143); ma si parla an- che dell’«accordo di volontà in ordine ad un determinato assetto d’interessi idoneo a dar vita ad un rapporto di tipo contrattuale, cioè ad una obbligazione convenzio- nale» (ibidem, 186).

(96) R. SANTORO, Il contratto nel pensiero di Labeone, in AUPA, 37, 1983, 5 ss., le cui linee fondamentali appaiono di recente riprese in ID., La causa, cit., 85 ss.

(97) Che credo si possano ravvisare essenzialmente nelle opere, davvero fon- damentali, di Bonfante e Betti.

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Anche di tali risultati, poi, teneva conto, nel tracciare un quadro di sintesi sulla negozialità romana, Albanese(98), il quale, senza tut-

tavia prendere direttamente posizione sui passi, proponeva una defi- nizione di causa (del negozio) quale «ragion d’essere, conforme ai principi dell’ordinamento giuridico, dell’innovazione che un nego- zio giuridico intende determinare rispetto a una situazione preesi- stente»(99).

Tra i primi a intervenire sul nuovo fronte di problemi aperti, Burdese, con una numerosa serie di studi, contribuiva ad ampio rag- gio nella precisazione di diversi aspetti della questione della ricono- scibilità dei contratti innominati(100). Secondo le posizioni più re-

centemente espresse dall’autore, la causa aristoniana sarebbe da ve- dersi nella funzione meritevole di tutela, quale si scorge nel sun£llagma; al contempo, rimarca lo studioso che, per l’azio-

(98) Cfr. B. ALBANESE, Gli atti negoziali nel diritto privato romano, Paler- mo, 1982, in specie 10 ss., 145 ss. e soprattutto 243 ss.

(99) Così B. ALBANESE, Gli atti, cit., 245.

(100) Cfr. A. BURDESE, Ancora sul contratto nel pensiero di Labeone (a pro-

posito del volume di Raimondo Santoro), in SDHI, 51, 1985, 458 ss.; ID., Sul rico-

noscimento civile dei c.d. contratti innominati, in Iura, 36, 1985, 14 ss.; ID., Anco-

ra in tema di contratti innominati, in SDHI, 52, 1986, 442 ss.; ID., Osservazioni in

tema di c.d. contratti innominati, in Estudios en homenaje al Profesor J. Iglesias con motivo de sus bodas de oro con la enseñanza (1936 - 1986), I, Madrid, 1988,

127 ss.; ID., Sul concetto di contratto e i contratti innominati in Labeone, in Atti

del Seminario sulla problematica contrattuale in diritto romano. Milano 7 - 9 apri-

le 1987, I, Milano, 1988, 15 ss.; ID., Recenti prospettive in tema di contratti, in La-

beo, 38, 1992, 200 ss.; ID., Sulle nozioni di patto, convenzione e contratto in diritto

romano, in Sem. Compl., 5, 1993, 41 ss.; ID., I contratti innominati, in Derecho

Romano de obligaciones. Homenaje al profesor J.L. Murga Gener, Madrid, 1994,

63 ss.; ID., Contrahere pacisci transigere, in Labeo, 41, 1995, 101 ss.; ID., In mar-

gine a D. 4.3.9.3, in Sem. Compl., 7, 1995, 27 ss.; ID., Contratto e convenzioni ati-

piche da Labeone a Papiniano, in SDHI, 62, 1996, 515 ss.;ID., Tra causa e tipo

negoziale dal diritto classico al postclassico in tema di transazione, in Sem.

Compl., 9 - 10, 1997 - 1998, 45 ss.; ID., Ultime prospettive, cit., 17 ss.; ID., Su al-

I PROBLEMI DELLA CAUSA 29

nabilità della pretesa all’adempimento, non si potrebbe prescindere dall’avvenuta esecuzione della prima prestazione(101).

Alla luce del breve contributo di Mac Cormack, la causa espri- merebbe, per un verso, il fatto che una parte abbia eseguito la pro- pria prestazione (di dare o di facere) e, per altro verso, il presuppo- sto per la tutelabilità («enforceability», secondo un linguaggio pro- prio del common law) dell’obbligazione sorta sulla base dell’accordo delle parti(102).

Nella ricostruzione che emerge dagli studi di Gallo, la causa di Aristone andrebbe sostanzialmente identificata nell’avvenuta esecu- zione della prestazione (datio), ragione giustificatrice della pretesa diretta a ottenere l’adempimento della controprestazione(103). Il giu-

rista traianeo si sarebbe dunque ritratto dal percorrere la via già bat- tuta da Labeone, quest’ultimo propenso a riconoscere tutela alle convenzioni atipiche sulla base dell’ultro citroque obligatio, per a- dottare invece una differente (e più cauta) soluzione: l’azionabilità della pretesa, condizionata all’avvenuta esecuzione della prima pre-

(101) Si veda quanto osservato già in A. BURDESE, Sul riconoscimento, cit., 27, ove si trattava della «causa intesa come scopo della controprestazione ma an-

che come concreta attuazione di esso giustificatrice dell’esistenza dell’obbligo e del nascere della relativa azione civile».

(102) G. MAC CORMACK, Contractual Theory and the innominate Contracts, in SDHI, 51, 1985, 131 ss.

(103) Cfr. F. GALLO, Eredità di Labeone in materia contrattuale, in Atti del

Seminario sulla problematica contrattuale, cit., 41 ss.; ID., Eredità di giuristi ro-

mani in materia contrattuale, ne Le teorie contrattualistiche romane nella storio- grafia contemporanea. Atti del convegno di diritto romano. Siena 14 - 15 aprile

1989, a cura di N. BELLOCCI, Napoli, 1991, 3 ss. (anche in SDHI, 55, 1989, 123

ss.); ID., ‘Synallagma’ e ‘conventio’ nel contratto. Ricerca degli archetipi della ca-

tegoria contrattuale e spunti per la revisione di impostazioni moderne. Corso di diritto romano, I, Torino, 1992, e II, Torino, 1995; tale ampia elaborazione delle

problematiche contrattuali è poi ripresa e approfondita per taluni temi specifici, in ID., Ai primordi, cit., 63 ss., nonché in ID., ‘Agere praescriptis verbis’ e editto alla

luce di testimonianze celsine, in Labeo, 44, 1998, 7 ss. (anche in Atti del II Conve-

gno sulla problematica contrattuale, cit., 35 ss.); ID., Contratto e atto secondo La-

beone: una dottrina da riconsiderare, in Roma e America. Diritto romano comune,

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30

stazione, troverebbe fondamento nel sun£llagma, da così intendersi quale principio di riequilibrio delle posizioni delle parti.

Con le ricerche condotte da Sargenti, diversamente, si riscontra un’energica reazione avverso le opinioni di coloro che nelle fonti la- beoniane o aristoniane vedono un’apertura, più o meno ampia, al consensualismo: secondo l’autore, la causa è da identificarsi nella

datio, fatto generativo dell’obbligazione di controparte, secondo uno

schema del tutto analogo a quello che ricorre nelle obligationes re

contractae(104).

Interveniva in più occasioni nel dibattito Talamanca, secondo il quale proprio a partire da Aristone la categoria contrattuale sarebbe venuta ad assumere un’autonoma funzione dogmatico-normati- va(105); nella visione del giurista traianeo il riconoscimento degli

(104) Cfr. M. SARGENTI, Labeone: la nascita dell’idea di contratto nel pen-

siero giuridico romano, in Iura, 38, 1987, 25 ss.; ID. Svolgimento dell’idea di con-

tratto nel pensiero giuridico romano, in Iura, 39, 1988, 24 ss.; ID., Da Labeone ad

Aristone, cit., 145 ss.; più recentemente, sugli stessi temi, ma dalla prospettiva pro-

cessuale, ‘Actio civilis in factum’ e ‘actio praescriptis verbis’. Ancora una rifles-

sione, in Iuris vincula, VII, cit., 237 ss.

(105) Oltre all’inquadramento delineato in M. TALAMANCA, Contratto e patto

nel diritto romano, in Dig. disc. priv., Sez. civ., IV, Torino, 1989, 58 ss., più speci-

fici in argomento, ID., La tipicità dei contratti romani fra ‘conventio’ e ‘stipulatio’

fino a Labeone, in ‘Contractus’ e ‘pactum’. Tipicità e libertà negoziale nell’e- sperienza tardo-repubblicana. Atti Copanello, Napoli - Roma, 1990, 35 ss., ma in

particolare 101 ss.; ID., ‘Conventio’ e ‘stipulatio’, ne Le teorie contrattualistiche, cit., 163 ss. (ove si riprende ID., ‘Conventio’ e ‘stipulatio’ nel sistema dei contratti

romani, in Le droit romain et sa réception en Europe. Les actes du colloque organisé par la Faculté de Droit et d’Administration de l’Université de Varsovie

en collaboration avec l’Accademia Nazionale dei Lincei le 6 -10 octobre 1973,

Varsovie, 1978, 196 ss.); ID., Note su Ulp. 11 ‘ad ed.’ D. 4.3.9.3. Contributo alla

storia dei c.d. contratti innominati, in Scritti in onore di E. Fazzalari, I, Introdu- zione alla giurisprudenza, diritto privato, diritto pubblico, Milano, 1993, 195 ss.;

si veda anche ID., Pubblicazioni pervenute alla direzione, in BIDR, s. III, 30, 1988, 809 ss., nonché 881 ss., ma specie 904 ss.; ID., Pubblicazioni pervenute alla dire-

zione, in BIDR, s. III, 31 - 32, 1989 - 1990, 732 ss.; ID. Diatribe e paralipomeni,

III, in BIDR, s. III, 35 - 36, 1993 - 1994, 657 ss. Da ultimo, in argomento, sia pur marginalmente, ne La ‘bona fides’ nei giuristi romani: ‘Leerformeln’ e valori

I PROBLEMI DELLA CAUSA 31

effetti civili andrebbe correlato a una struttura identificabile nel- l’accordo su due prestazioni reciproche accompagnato dal causa su-

besse, fermo restando che l’adempimento della prima prestazione

avrebbe comunque integrato un elemento costitutivo della fattispe- cie.

Accoglie l’idea che la causa di Aristone dovesse intendersi nel significato di scopo negoziale, ma, portando alle estreme conse- guenze l’impostazione consensualista, giunge a concludere nel senso che il contratto fuoriuscente dai nomina edittali fosse validamente perfezionato sulla mera base dell’accordo, Cannata, a giudizio del quale l’opinione tradizionale, secondo cui l’esecuzione della prima prestazione è stimata presupposto della pretesa diretta alla contro- prestazione, sarebbe il frutto di una «semplice sventura»(106) impu-

tabile all’opera degli interpreti dell’età di mezzo. La giurisprudenza classica avrebbe invece riconosciuto nella pienezza dei suoi effetti civili il programma obbligatorio voluto dalle parti (Obligationspro-

gramm)(107).

Per Schiavone, dopo i primi – già ricordati(108) – studi degli an-

ni Settanta, che affrontavano in una visione complessiva il tema dei

nova negotia, in un successivo approfondimento condotto dal punto

storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di A.

Burdese, a cura di L. GAROFALO, IV, Padova, 2003, 1 ss.

(106) Così C.A. CANNATA, Contratto, cit., 35.

(107) Cfr. C.A. CANNATA, Der Vertrag als zivilrechtlicher Obligierungs-

grund in der römischen Jurisprudenz der klassischen Zeit, in ‘Collatio iuris ro-

mani’. Études dédiées à H. Ankum à l’occasion de son 65e anniversaire, I, Amster-

dam, 1995, 59 ss., nonché, con particolare attenzione al «causa-Begriff», 67 s.; ID.,

Contratto, cit., 35 ss.; si veda inoltre ID., Obbligazioni nel diritto romano, medie-

vale e moderno, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XII, Torino, 1995, 444 ss. Più caute le

posizioni, in tema di causa, ma, in generale, circa la ricostruzione dogmatica del contratto romano, in precedenza delineate in ID., Sulla ‘divisio obligationum’ nel

diritto romano repubblicano e classico (Studi sulle obbligazioni II), in Iura, 21,

1970, 52 ss., in particolare, 66 ss., da vedersi assieme a ID., La ‘distinctio’ ‘re -

verbis - litteris - consensu’ et les problèmes de la pratique (Études sur les obliga- tions, I), in Sein und werden im Recht. Festgabe für U. von Lübtow, Berlin, 1970,

431 ss.

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di osservazione della scrittura di Ulpiano, la causa sarebbe da inten- dersi nel senso di «centro d’imputazione normativa», in grado di consentire la «qualificazione giuridica di un contratto privo di no-

men»(109); più precisamente, nel ragionamento di Aristone-Ulpiano,

la causa sarebbe infine da identificarsi nella «funzione negoziale giuridicamente qualificata, produttiva di una obligatio, anche senza uno specifico nomen»(110).

Stando alla più recente messa a punto di Melillo, deve ricono- scersi nella causa, specie al termine di un arco di evoluzione storica che culmina nella giurisprudenza severiana, «l’elemento capace di riassumere gli equilibri giuridico-econominci della conventio»(111),

per poi tendenzialmente confondersi, nel più tardo diritto romano e nelle dottrine bizantine, col valore del greco sun£llagma.

Nel senso che la causa debba vedersi quale scopo negoziale qua- lificato e sostanziato da una concreta dazione diretta alla contropre- stazione è l’opinione di Mantello, il quale, peraltro, allo studio della causa dedicava ampi squarci nel quadro di un’analisi, condotta alla

(109) Così A. SCHIAVONE, La scrittura di Ulpiano. Storia e sistema nelle teo-

rie contrattualistiche del quarto libro ‘ad edictum’, ne Le teorie contrattualistiche,

cit., 125 ss. (studio poi ripreso in ID., Linee di storia del pensiero giuridico roma-

no, Torino, 1994, 221 ss.).

(110) Ancora A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 151.

(111) Così G. MELILLO, ‘Contrahere’, ‘pacisci’, ‘transigere’. Contributi allo

studio del negozio bilaterale romano, Napoli, 1994, 115 s., ma soprattutto 211 ss.

In precedenza, si veda anche ID., ‘In solutum dare’. Contenuto e dottrine negoziali

nell’adempimento inesatto, Napoli, 1970, specie 73 ss. e nt. 86; ID., Forme e teorie

contrattuali nell’età del principato, in ANRW, II.14, Berlin - New York, 1982, 449

ss.; ID., s.v. Patti (storia), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, 479 ss.; ID., Il nego-

zio bilaterale romano. ‘Contrahere’ e ‘pacisci’ tra il primo e il terzo secolo. Le-

zioni 2, Napoli, 1986, specie 88 s., 177 ss. (cfr. anche la prima edizione, ID., Il ne-

gozio bilaterale romano. Struttura ed evoluzione in età classica. Lezioni, Napoli,

1983, specie 70 ss., 137 ss.); ID., Un rescritto severiano e la identificazione dei

‘nuda pacta’, in Estudios en homenaje al Profesor J. Iglesias, II, cit., 845 ss., spe-

I PROBLEMI DELLA CAUSA 33

luce delle tendenze filosofiche e retoriche del tempo, sulla figura di Aristone(112).

Secondo l’opinione di Knütel, rimarrebbe imprescindibile, nel significato di causa, un riferimento all’avvenuta esecuzione della prima prestazione, anche se, almeno con Mauriciano, emergerebbe pure un collegamento con l’idea del patto in cui è precisato lo sco- po(113).

Più di recente, interveniva in argomento Tondo, per il quale, nel pensiero aristoniano, il sussistere della causa sarebbe da ravvisarsi solo in presenza dell’esecuzione di una prestazione «qualificata dal- lo scopo d’una controprestazione»(114).

In una diversa prospettiva, incentrata sullo studio della defini- zione teofilina di contratto, in relazione alle sue fonti, il dibattito si arricchiva delle osservazioni di Falcone, dalle quali, pur non emer- gendo una presa di posizione sulla causa, sono ricavabili taluni utili chiarimenti in tema di sun£llagma(115).

Negli ultimi tempi, i problemi della causa contrattuale sono riu- sciti a catturare, da parte della dottrina, una nuova attenzione.

Soprattutto, può dirsi acquisita la consapevolezza che la causa, in sé osservata, meriti una specifica considerazione nel quadro del- l’evoluzione storica del contratto romano.

Un forte impulso, in questo senso, è venuto dal Congresso Ari- stec del 1995(116).

Successivamente, il tema della causa contrattuale è stato appro-

(112) A. MANTELLO, I dubbi di Aristone, Ancona, 1990, sulla causa specie 83 ss.; inoltre, ID., Le ‘classi nominali’ per i giuristi romani. Il caso d’Ulpiano, in

SDHI, 61, 1995, 217 ss., ma, in particolare, 258.

(113) Cfr. R. KNÜTEL, La ‘causa’, cit., 131 ss.

(114) Così S. TONDO, Note ulpianee alla rubrica edittale per i ‘pacta conven-

ta’, in SDHI, 64, 1998, 441 ss., specie 453 ss.

(115) G. FALCONE, L’origine della definizione di Á nella para-

frasi di Teofilo, I, Le fonti, in Sem. Compl., 11, 1999, 27 ss., in particolare 33 ss.

(116) Congresso tenutosi a Palermo, nei giorni 7 - 8 giugno 1995, i cui Atti sono contenuti in Causa e contratto, cit.: per una relazione sui lavori, si veda G. FALCONE, in Labeo, 41, 1995, 472 ss.

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fondito in un Congresso salernitano del 2001(117).

In quest’ultima occasione, Guzmán Brito, nel contesto di una ri- cerca storico-comparativa, disegnava una ricostruzione generale in- centrata sul significato di causa efficiente, il quale fornirebbe senso e unità ai diversi richiami compiuti dalla giurisprudenza classica, tanto nell’ambito di applicazione della condictio volta alla ripetizio- ne, dai giustinianei detta causa data causa non secuta, quanto nella cornice contrattuale, lungo il corso della vicenda che avrebbe con- dotto al riconoscimento civile delle convenzioni atipiche(118).

Nel medesimo Congresso, a contrappunto della relazione di Gu- zmán Brito, Antonio Palma evidenziava la continuità tra l’intuizione romana della causa contrattuale, nella quale sarebbe da scorgersi l’espressione degli interessi realizzati dalle parti, anche attraverso il ricorso alle nuncupationes, e l’idea più recentemente avvalorata dal- la dottrina civilistica, nel senso della causa in concreto(119).

Infine per Biscotti, che muove dallo studio del fenomeno patti- zio, nel quadro di una riflessione sul sun£llagma e, in generale, sul

contrahere, la causa aristoniana rivelerebbe «lo scopo economico

che le parti si prefiggevano»(120).

(117) Mi riferisco al Congresso internazionale dedicato a «La formazione del sistema giuridico latinoamericano: codici e giuristi», i cui Atti sono pubblicati in

Roma e America. Diritto romano comune, 12, 2001.

(118) A. GUZMÁN BRITO, Causa, cit., 167 ss., ma, più in generale, 425 ss. (119) A. PALMA, Note, cit., 321 ss., riprendendo riflessioni già accennate in ID., Vicende della ‘res’ e permanenza della ‘causa’, in ‘Sodalitas’. Scritti in onore

di A. Guarino, III, Napoli, 1984, 1489 ss., in specie 1503 s., ove si notava che: «la causa che Aristone pone alla base delle conventiones generatrici di actiones, nono-

stante che non siano strutture tipiche del ius civile, non rappresenta che l’equilibrio del negozio, la ragione sostanziale del rapporto».

(120) Così B. BISCOTTI, Dal ‘pacere’ ai ‘pacta conventa’. Aspetti sostanziali

e tutela del fenomeno pattizio dall’epoca arcaica all’editto giulianeo, Milano,

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