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Il commento ulpianeo ad edictum prosegue poi, inframezzato nella disposizione giustinianea da due testimonianze tratte dal libro 3 ad ed. di Paolo e da una ricavata dal libro 3 regul. di Modestino, con un argomentare che per taluni aspetti si allontana da quello se- guito in D. 2,14,1.

Non è escluso che nello stacco tra D. 2,14,1 e D. 2,14,5 possa essersi perduto un brano del testo originario: comunque, nell’unica lettura a noi oggi consentita, il discorso mantiene, nella sostanza, coerenza e continuità(27).

D. 2,14,5 (Ulp. 4 ad ed.): Conventionum autem tres sunt spe-

cies. Aut enim ex publica causa fiunt aut ex privata: privata aut legitima aut iuris gentium. Publica conventio est, quae fit per pacem, quotiens inter se duces belli quaedam paciscuntur.

Mentre l’apertura alle conventiones ex publica causa non risulta funzionale al seguito del ragionamento, il riferimento alle conven-

tiones ex privata causa funge esattamente da ‘ponte’ rispetto a quel

che verrà detto in D. 2,14,7, pr. - 1 - 2.

Quanto alla diairesi delle conventiones in D. 2,14,5, già con Pe- rozzi si soffermava l’attenzione su un’evidente imprecisione: prima, infatti, si afferma che conventionum tres sunt species e, di seguito, se ne menzionano soltanto due, quella ex publica causa e quella ex

privata causa(28). In effetti, ciò aveva indotto, oltre a tale autore,

larga parte della dottrina a ritenere che la testimonianza fosse di ori- gine giustinianea o almeno avesse subito ampi rimaneggiamenti(29).

(27) In tal senso, A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 138.

(28) Cfr. S. PEROZZI, Le obbligazioni romane, in Scritti giuridici, cit., 414, nt. 1 (peraltro, si veda già J. Cujacii Opera, II, cit., col. 740, ove si osservava, a pro- posito della partizione ulpianea: At inelegans videtur, quod duo genera quae sunt,

facit tria: quod est rem non dividere, sed frangere).

(29) Particolarmente critico sulla genuinità del testo P. DE FRANCISCI, Sun-

ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 71

Propendendo piuttosto per una semplice abbreviazione, Cerami avanzava al riguardo un’articolata ipotesi secondo cui la terza spe-

cies – perdutasi rispetto all’originario discorso ulpianeo – sarebbe

stata, dopo la conventio che nasce ex publica causa e prima di quella

ex privata, quella ex causa fiscali. La caduta di tale terza species sa-

rebbe da porsi in relazione con l’affermarsi, in età postclassica e dunque prima di Giustiniano, dell’idea di esaustività della partizione tra ius publicum e ius privatum(30).

D’altra parte, mi sembra più probabile che la suddivisione pro- posta da Ulpiano, seppur indubbiamente non rigorosa, non necessiti di integrazioni, tanto più alla luce del fatto che anche altri testi ul- pianei mostrano qualche disinvoltura nell’uso della tecnica diairetica di origine greca(31), senza che per ciò stesso si sia dubitato della lo-

ro autenticità(32). In particolare, si deve credere che, nel passo all’e-

same, Ulpiano si muova su due livelli differenti: sul piano del genus, distingue le conventiones ex publica causa da quelle ex privata cau-

sa (a monte, tutte comunque a loro volta rientranti nel verbum gene- rale conventio); sul piano delle species, entro il genus della privata causa, discerne le conventiones legitimae da quelle iuris gentium.

Tuttavia, giacché il genus identificabile nelle conventiones che na- scono da publica causa non si distingue in species, ne deriva, aven-

LOMBARDI, Ricerche, cit., 215 ss.; più prudente J. PARTSCH, Das Dogma, cit., 19 ss.; si veda inoltre la dottrina passata in rassegna da P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4

ad ed.). Congetture, cit., 125 ss.

(30) Cfr. P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 135 ss., 188 ss., 211, ma si veda già ID., Contrahere cum fisco, in AUPA, 34, 1973, 277 ss. Sul- la ricostruzione di Cerami si sofferma A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 135 ss.

(31) Per l’ascendenza filosofica e, segnatamente, aristotelica di siffatta «Kunst der Definition», nonché della «Unterscheidung von genera und species», cfr. H. COING, Zum Einfluss der Philosophie des Aristoteles auf die Entwicklung des rö-

misches Rechts, in ZSS, RA, 69, 1952, 24 ss., in specie 29.

(32) Cfr., per esempio, D. 1,1,4 (Ulp. 1 inst.): … et cum uno naturali nomine

homines appellaremur, iure gentium tria genera esse coeperunt; liberi et his con- trarium servi et tertium genus liberti, id est hi qui desierant esse servi, su cui si

veda M. TALAMANCA, Lo schema ‘genus-species’ nelle sistematiche dei giuristi romani, in Colloquio italo-francese. La filosofia greca e il diritto romano, in Qua- derni Acc. Naz. Linc., 221, II, Roma, 1977, 277 s.

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do riguardo all’esito del ragionamento, che le categorie in conside- razione risultano tre: sicché si può dire che conventionum autem tres

sunt species, anche se, propriamente, solo due sono species mentre

una è rappresentata da un genus(33).

Ulpiano comincia dunque con l’anticipare le conclusioni, per poi risalire ai presupposti; quindi illustra il passaggio logico che conduce dai presupposti alle conclusioni(34). In altri termini, è come

se affermasse: a) le conventiones si distinguono tra quelle che na- scono da publica causa e quelle che derivano da privata causa; b) le

conventiones ex privata causa si dividono in legitimae e iuris gen- tium; quindi (sotto l’aspetto del risultato, così confondendo il piano

del genus con quello delle species) vi sono tre categorie di conven-

tiones: legitimae, iuris gentium e publicae(35).

Anche in tal caso, come già abbiamo visto con riguardo a D. 2,14,1,3 (negotii contrahendi transigendique causa), è la causa a svolgere una funzione discriminante tra diverse categorie, in questo caso ordinate (pur con le incongruenze appena evidenziate) per spe-

cies.

Rimanendo da sciogliere il problema rappresentato dal signifi- cato qui assunto da causa, in collegamento con le qualificazioni pu-

blica - privata, mi pare opportuno ancora una volta rinviare oltre per

una conclusione(36).

(33) In tal senso, pur con diverse caratterizzazioni, M. TALAMANCA, Lo sche-

ma, cit., 276 ss. e nt. 745, il quale pensa a un caso di Øpodia…resij; A. SCHIA- VONE, La scrittura, cit., 139 s.; A. MANTELLO, Le classi, cit., 255 ss. Il medesimo ragionamento era già in P. VOCI, La dottrina, cit., 298, il quale però credeva a un raccorciamento del passo.

(34) Il che consente di parlare di una certa «incongruenza» da parte di Ulpia- no nell’utilizzo della tecnica diairetica, stando a M. TALAMANCA, Lo schema, cit., 276 s.; ovvero di «consapevole disinvoltura», secondo le parole di A. SCHIAVONE,

La scrittura, cit., 140, nt. 36.

(35) L’‘albero’ delle diverse diairesi che emergono dal passo ulpianeo in com- mento è ben rappresentato da H.P. BENÖHR, Das sogenannte Synallagma, cit., 14, nt. 63.

ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 73

In effetti, tanto per l’aspetto attinente al significato di causa, quanto per quello della sua qualificazione (per la quale occorre anzi- tutto chiedersi se riceva luce dalla partizione per materia tra ius pu-

blicum e ius privatum o piuttosto dalla qualità dei soggetti che rea-

lizzano la conventio(37)), mi pare decisivo – ferma restando la di-

versità degli impieghi – il collegamento con il responsum aristonia- no riportato di seguito, in D. 2,14,7,2(38).

Sottolineata la funzione di ‘ponte’ che D. 2,14,5 viene a svolge- re rispetto a D. 2,14,7, pr. - 1 - 2, occorre ora precisare in qual senso questa si esplichi con riferimento alle conventiones (ex privata cau-

sa) iuris gentium.

Assai discusso è il contenuto di tale categoria.

Pare necessario anzitutto respingere le ipotesi di più radicale ri- maneggiamento del testo(39), inclusa quella di Riccobono, secondo

cui, da un lato, sarebbero da imputare ai compilatori, nella sistema- zione delle conventiones, la sostituzione di legitimae a iuris civi-

lis(40), nonché la caduta della terza species, rappresentata dalle con- ventiones iuris honorarii, e, dall’altro, occorrerebbe ritenere che fos-

sero presi in considerazione, giusta l’ampiezza semantica di conven-

tio, anche i negozi solenni e non solenni dell’antico diritto quiritario

(dunque inclusi quelli traslativi)(41).

(37) Sul punto, cfr. P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 142, nonché A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 142.

(38) Per il collegamento, A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 140; sottolinea in- vece le differenze tra i significati di causa in D. 2,14,5 e in D. 2,14,7,2, A. MAN- TELLO, Le classi, cit., 259, nt. 103.

(39) Cfr. P. DE FRANCISCI, Sun£llagma, II, cit., 509 ss.; G. LOMBARDI, Ri-

cerche, cit., 220.

(40) Che le conventiones legitimae siano da identificarsi con quelle iuris civi-

lis è opinione risalente già a Cuiacio (cfr. J. Cujacii Opera, II, cit., col. 741): cfr.,

peraltro, A. PERNICE, Parerga, cit., 198, nt. 4; P. VOCI, La dottrina, cit., 298; B. BIONDI, Contratto, cit., 229.

(41) Cfr. S. RICCOBONO, La formazione, cit., 145 ss.; cauto, sul punto, A. MANTELLO, Le classi, cit., 255, il quale accenna a una possibile «‘trasandatezza’ circa i negozi del più antico diritto quiritario». In generale, sull’attitudine dello schema concettuale della conventio a spingersi «anche al di fuori del terreno dei contratti obbligatori», M. BRUTTI, La problematica, II, cit., 662.

CAPITOLO TERZO

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Mi sembra senza dubbio più probabile che il discorso ulpianeo rimanesse circoscritto all’ambito delle conventiones da cui nascano effetti obbligatori(42).

Occorre ritenere che dal novero delle conventiones (ex privata

causa) iuris gentium siano tratte le figure contrattuali citate nell’e-

lencazione contenuta in D. 2,14,7,1: così, se ivi compaiono compra- vendita, locazione conduzione, società, comodato, deposito, ma an- che ceteri similes contractus (almeno dando per presupposta l’au- tenticità di quest’espressione(43)), è necessario concludere che in

quella categoria fossero compresi tutti i contratti specificati, come altri ancora.

Sebbene in assenza di dati certi, mi pare che in linea di massima sia da accogliere l’orientamento prevalente secondo cui le conven-

tiones (ex privata causa) iuris gentium dovrebbero intendersi in un

senso ampio. Secondo Cerami, già sulla scia di Betti(44), «Ulpiano

intende raggruppare nella categoria delle conventiones iuris gentium tutte le conventiones ex causa privata, che, a differenza delle legiti-

mae, ripetono la loro efficacia non già da leggi o da senatoconsulti,

bensì dalla protezione pretoria o dalla interpretatio prudentium per recezione storica dal ius gentium»(45). Nel medesimo ordine di idee,

per Schiavone, Ulpiano si sarebbe mosso in una prospettiva di fu- sione tra fonti, cosicché si dovrebbero ritenere inclusi «tutti i negozi

(42) In tal senso, in effetti, conclude A. MANTELLO, Le classi, cit., 255. La prudenza cui invita M. TALAMANCA, La tipicità, cit., 36, nt. 3, di fronte alla tenta- zione di tracciare troppo nette linee di frattura, anche per l’epoca classica, tra Haf-

tungsgeschäfte – di cui parlava Kaser – e contractus, non basta a superare l’idea

che Ulpiano avesse tuttavia ben presente i limiti dell’ambito obbligatorio entro il quale andava svolgendo il proprio discorso.

(43) Di cui occorrerebbe invece dubitare stando a G. GROSSO, Il sistema, cit., 85; H.P. BENÖHR, Das sogenannte Synallagma, cit., 13, nt. 59; più di recente, M. SARGENTI, Svolgimento, cit., 63.

(44) E. BETTI, Sul valore, cit., 21 ss.

(45) Così P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congetture, cit., 176. Sostan- zialmente nel medesimo senso M. KASER, Ius gentium, Köln - Weimar - Wien, 1993, 134 ss.; nonché G. MELILLO, In solutum, cit., 75 ss. Sui presupposti di que- sta elaborazione, da ultimo, F. GALLO, ‘Bona fides’ e ‘ius gentium’, ne Il ruolo

ALLE ORIGINI DELLA CAUSA 75

fra privati che ritrovano il loro centro di qualificazione normativa (la loro causa) non entro il modello della lex bensì nella polarità editto /

ius civile»(46).

Dunque, pur convenendo in linea generale con Frezza nel senso che l’originario terreno di elaborazione del ius gentium sarebbe stato quello delle contrattazioni private accomunate anzitutto dall’assenza «del guscio della giuridicità formale»(47), si è propensi a credere

che nella considerazione di Ulpiano siano qui ricompresi tanto i con- tratti originariamente di ius gentium quanto quelli che lo divennero nel corso dell’evoluzione storica (come il mutuo e la stipulatio(48);

diversamente, resterebbe ‘trascurato’ il nomen transcripticium(49),

nella tarda età classica ormai scomparso dall’uso)(50).

Invero, allo stato delle nostre conoscenze, il problema del- l’identificazione della categoria ulpianea delle conventiones legiti-

mae non può risolversi con certezza.

Il suo contenuto è ipotizzabile soltanto sulla base del passo ri- portato in D. 2,14,6: tuttavia, questo non dice quali siano i contratti inclusi; in ogni caso, poi, si tratta del pensiero paolino, senza che nulla possa provare nel senso di un’identità di vedute tra i due giuri- sti severiani (anzi l’attenzione riservata da Paolo al patto anziché al- la conventio indurrebbe a pensare che tale giurista muovesse da una differente impostazione).

(46) A. SCHIAVONE, La scrittura, cit., 145 s.

(47) Così P. FREZZA, Ius Gentium, in Mélanges F. De Visscher, I, in RIDA, 2, 1949, 303.

(48) Per la stipulatio, cfr. Gai. 3,93; per il mutuo, Gai. 3,132, come pure D. 50,17,84 (Paul. 3 quaest.).

(49) In tal senso, A. BURDESE, Patto, cit., 64; taciuta, per le medesime (ma ancor più forti) ragioni, anche la sponsio: si veda pure ID., I contratti, cit., 66, nt. 11.

(50) Sui profili generali dell’evoluzione del ius gentium, per quanto essenziale al discorso che si va svolgendo, cfr. P. FREZZA, Ius Gentium, cit., 260 ss.; M. KASER, Ius gentium, cit., 115 ss.

CAPITOLO TERZO

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Dunque, a fronte degli ampi sforzi compiuti in dottrina(51), ogni

tentativo di precisazione del pensiero di Ulpiano conduce inevita- bilmente a risultati congetturali.

Di recente, si è messa a punto, con Tondo, l’ipotesi secondo cui tanto per Ulpiano quanto per Paolo sarebbe risultata determinante l’originaria caratterizzazione legislativa della tutela prevista per la relativa conventio: sicché andrebbero inclusi tra le conventiones le-

gitimae il contratto di stipulatio (incerti), in ragione del fatto che la

sua tutela risalirebbe all’agere per iudicis postulationem, nonché le

conventiones implicanti un certum dare oportere, giusta la loro tute-

la rapportabile alle leges Silia e Calpurnia(52). Ciò, però, conduce

l’autore alla radicale conclusione per cui, giacché sarebbe «esclusa, per quanto or ora osservato, ogni possibile pertinenza, al nostro tito- lo edittale […], delle conventiones legitimae»(53), anche i contratti

di stipulatio e mutuo rimarrebbero a priori estranei alla trattazione ulpianea.

Secondo Talamanca, invece, Ulpiano avrebbe ritenuto essenzia- le, per l’identificazione delle conventiones iuris gentium, che si trat- tasse di situazioni protette da iudicia bonae fidei: così sarebbero ri- maste estranee le obligationes verbis e quelle litteris contractae, ol- tre che, tra quelle re, il mutuo(54). In tal modo, si compirebbe

un’operazione di induzione, partendo dall’elenco contenuto in D. 2,14,7,1, per risalire alla categoria delle conventiones iuris gentium: orbene, non vi è dubbio che siffatto elenco (per la continuità del di- scorso rispetto a D. 2,14,5) contempli contratti rientranti tutti entro

(51) Si pensi, per esempio, a P. CERAMI, D. 2.14.5 (Ulp. 4 ad ed.). Congettu-

re, cit., 169 ss., nonché a B. BIONDI, Contratto, cit., 142 ss. Per un tentativo di i-

dentificazione del significato dell’aggettivo legitimum, però dal punto di vista dei

iudicia, cfr. G. BESELER, Romanistische Studien, in ZSS, RA, 46, 1926, 83 ss., spe-

cie 131 ss.; M. BALZARINI, Considerazioni in tema di ‘iudicia legitima’, in Studi

in onore di E. Volterra, III, Milano, 1971, 449 ss.

(52) Cfr. S. TONDO, Note, cit., 449 s.; sul punto, peraltro, si vedano le consi- derazioni in precedenza espresse da M. KASER, Ius gentium, cit., 140.

(53) S. TONDO, Note, cit., 449 s.

(54) Si veda M. TALAMANCA, Conventio, cit., 212 ss., specie 214; ID., Con-

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l’ambito delle conventiones che dovevano essere ritenute iuris gen-

tium, tuttavia nulla lascia supporre che la scelta di quei contratti sia

indice esaustivo dei criteri che sono alla base dell’identificazione della categoria delle conventiones iuris gentium di cui in D. 2,14,5.

In ogni caso, poi, reputando necessario che si trattasse di con- tratti tutelati da iudicia bonae fidei, si evidenzierebbe una contraddi- zione rispetto a quanto detto in D. 2,14,1,4: tant’è che lo stesso Ta- lamanca deve poi concludere, con riguardo a quest’ultimo passo, che esso rappresenterebbe «con ogni probabilità una glossa rientrata nel testo»(55).

Mi pare si possa pertanto osservare che, per un verso, rimanga preferibile collocarsi nell’ordine di idee secondo cui le conventiones

(ex privata causa) iuris gentium sarebbero da intendersi secondo

un’accezione lata, tale da includere stipulatio e mutuo, e, per altro verso, che la scelta delle figure contrattuali citate in D. 2,14,7,1, cer- tamente da collocarsi all’interno della categoria delle conventiones

(ex privata causa) iuris gentium, meriti una considerazione a parte,

per la quale occorre tenere conto – come si dirà – della costruzione di Aristone.