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clusioni. Diversi livelli di polisemia.

1. ‘Causa-Begriff’. Osservazioni etimologiche e semantiche sul

se gno ‘causa’.

Alle ragioni di ordine generale che suggeriscono, ogni qual vol- ta sia possibile, la considerazione dei contributi provenienti dalla linguistica(1), si aggiungono quelle, decisive, legate alle specificità

della ricerca che qui si affronta.

Già si è precisato che l’indagine sarà concentrata sulle origini del concetto di causa del contratto: ebbene, quello che è stato talora

(1) Sulla proficuità di un confronto tra i problemi della lingua latina e quelli del ius, permangono valide le osservazioni di G. DEVOTO, I problemi del più anti-

co vocabolario giuridico di Roma, in Annali Sc. Normale Pisa, 2, 1933, 227 ss.

(anche in Atti del Congresso Internazionale di Diritto Romano, I, Pavia, 1934, 17 ss.); di recente, efficaci le essenziali notazioni intorno a diritto e linguaggio come «complessi istituzionali» di P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Bari, 2003, 29.

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chiamato «causa-Begriff»(2) può essere visto anche come un siste-

ma di accezioni, con valore giuridico, legate a una parola(3).

Ci si trova così a dover sciogliere una serie di questioni che, in adiacenza tra di loro, si collocano sul piano dogmatico, esegetico e linguistico.

Dunque, non sarebbe consentito trarre conclusioni sul piano strettamente giuridico prescindendo dall’esame dei principali risulta- ti ricavabili da una ricerca etimologica e semantica sul termine cau-

sa.

Naturalmente, per fare ciò, occorre rivolgere il nostro sguardo non solo alle fonti giuridiche, ma anche a quelle letterarie, al fine di identificare gli impieghi, giuridici ed extragiuridici, di maggiore in- teresse.

Sotto il profilo etimologico, ogni aspettativa di ricavare dati cer- ti e univoci pare destinata a rimanere delusa: non si dispone infatti di ipotesi attendibili in merito all’origine di causa (ovvero, caussa, con geminazione di ‘s’, secondo la forma più antica, ancora preferita nel- la lingua di Cicerone e di Virgilio(4), nonché attestata nelle iscrizio-

ni epigrafiche(5)).

Si ritiene che in età classica l’ambito semantico del segno causa corrispondesse sostanzialmente a quello del greco a„t…a(6). Tutta-

via non è dato sapere quale rapporto intercorra tra il termine greco e

(2) L’espressione si trova, per esempio, in C.A. CANNATA, Der Vertrag, cit., 67 ss., e in A. WACKE, Zur ‘causa’ der Stipulation, in TR, 40, 1972, 231.

(3) Il ‘sistema’, naturalmente, può darsi solo dal punto di vista di chi conduce l’analisi, mentre non ci si potrebbe certo attendere di trovare «nelle forme teoriche e tecniche del mondo antico […] un lessico rigorosamente definito», come rileva G. MELILLO, Contrahere, cit., 8.

(4) Cfr. Æ. FORCELLINI et all., Totius Latinitatis Lexicon, I, Patavii, 1854 (rist. ibidem, 1940), s.v. Causa, et Caussa; sul punto, inoltre, Th.l.L., III, s.v.

Caus(s)a, col. 659, r. 74 ss.; C.T. LEWIS - C. SHORT, A Latin Dictionary, Oxford,

1879 (rist. ibidem, 1955), s.v. Causa.

(5) Cfr. E. DE RUGGIERO, Dizionario epigrafico di antichità romane, II, Ro- ma, 1900, parte I, s.v. Causa.

(6) Cfr. H.G. LIDDELL - R. SCOTT - H.S. JONES, A Greek-English Lexicon 9, Oxford, 1940 (rist. ibidem, 1966), nonché E.A. BARBER, Supplement, Oxford, 1968, s.v. A„t…a.

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quello latino. È opinione diffusa e da ritenersi plausibile, come pure si vedrà(7), che la parola greca abbia manifestato un’influenza sulla

latina(8), senza che però sia consentito pensare a una derivazione

della seconda dalla prima.

Risulta probabile, piuttosto, che causa neppure sia di origine in- doeuropea, come ipotizzato da talune indagini condotte al riguar- do(9). Si è peraltro affacciata l’idea che si tratti di un termine di eti-

mo etrusco(10).

Di tali lacune, lasciate aperte dalle ricerche di linguistica, gli studiosi del diritto non hanno potuto che prendere atto, rassegnando- si sul punto all’ars ignorandi(11).

Sotto il profilo semantico ci si confronta con difficoltà non infe- riori.

È certo che il segno causa presentò sin dall’epoca decemvirale un’ampia gamma di significati, anche piuttosto eterogenei.

Nel corso dell’evoluzione culturale – segnatamente filosofica – e così dunque anche linguistica, quella latitudine semantica, per un verso, fu destinata ad ampliarsi ulteriormente, ma, per altro verso, anche a precisarsi: ciò nel senso che fu acquisita una maggiore con-

(7) Su ciò si rinvia infra, cap. V, § 7 ss.

(8) Sul punto, D. NÖRR, ‘Causa mortis’. Auf den Spuren einer Redewendung, München, 1986, 6.

(9) Cfr. A. ERNOUT - A. MEILLET, Dictionnaire étymologique de la langue

latine. Histoire des mots 4, Paris, 1959 (rist. ibidem, 1979), s.v. Causa; A. WALDE -

J.B. HOFFMANN, Lateinisches etymologisches Wörterbuch3, I, Heidelberg, 1938, s.v. Caussa, Causa; J. HELLEGOUARC’H, Le vocabulaire latin des relations et des

partis politiques sous la République, Paris, 1963, 415 ss. Non mi è stato invece

possibile consultare il lavoro di Y.P. THOMAS, Cause, Thèse, Paris, 1976, menzio- nato da D. NÖRR, Causa, cit., 5, nt. 9.

(10) Si veda, in tal senso, J.P. MINICONI, ‘Causa’ et ses dérivés. Contribution

à l’étude historique du vocabulaire latin, Paris, 1951, 26.

(11) Cfr., in questo senso, R. SANTORO, Potere e azione nell’antico diritto

romano, in AUPA, 30, 1967, 277, nt. 1; A. DÍAZ BIALET, La ‘causa’ en el derecho

romano como principio de la ciencia del derecho, in Studi in onore di E. Volterra,

I, Milano, 1971, 366 s.; D. NÖRR, Causa, cit., 5; A. PALMA, Vicende, cit., 1502 s.; ID., Note, cit., 322; G. MELILLO, Contrahere, cit., 115; A. GUZMÁN BRITO, Cau-

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sapevolezza nell’uso delle singole differenti accezioni assunte dal termine.

Sulla straordinaria varietà degli impieghi di causa, nonché sul pericolo che, nel tentativo di offrirne una razionalizzazione, si incor- ra in arbitrarie semplificazioni, insiste la dottrina(12).

Secondo la ricostruzione di Georgescu, già nelle fonti letterarie più risalenti sarebbero ravvisabili, in relazione al termine causa, due caratterizzazioni semantiche poi persistentemente mantenutesi lungo l’intera evoluzione della lingua latina, nonché conservatesi finanche nelle lingue romanze: da un lato, il significato di causa in un senso che potrebbe dirsi eziologico ovvero – senza qui dar peso ad even- tuali differenze sul punto – ‘efficiente’ e, dall’altro, quello che inve- ce sarebbe dato definire in senso teleologico o – anche in tal caso senza voler distinguere(13) – ‘finale’(14).

Così, il valore eziologico di causa si riscontra, per esempio, in Nevio(15), come anche in Plauto(16).

D’altra parte, per Ennio, di cui si segnalano anche alcuni impie- ghi peculiari(17), il termine causa assume talora una specifica va-

(12) Cfr., per esempio, G. GROSSO, s.v. Causa, cit., 532; ma, prima ancora, H. CAPITANT, De la cause, cit., 124 s.

(13) Si potrebbe vedere nelle categorie linguistiche ‘efficiente’ e ‘finale’, usa- te con riferimento alla causa, un richiamo piuttosto diretto al pensiero filosofico platonico-aristotelico, che senza dubbio manca negli autori latini più antichi (e che invece sarebbe riscontrabile, per esempio, in Cicerone e Seneca: su ciò, si veda in-

fra, cap. V, § 8 s.), mentre si presentano, sotto questo profilo, più neutri gli agget-

tivi ‘eziologico’ e ‘teleologico’. Ciò detto, tenuto conto anche dell’uso generalizza- to delle categorie ‘efficiente’ - ‘finale’ fatto da Georgescu (come pure da altri), ri- terrò quelle stesse non necessariamente collegate a un particolare valore filosofico.

(14) Cfr. V. GEORGESCU, Le mot, cit., 134 ss., 235 ss.

(15) Cfr. com. 21: Sonticam esse oportet causam, quam obrem perdas

mulierem …[ed. O. Ribbeck], su cui V. GEORGESCU, Le mot, cit., 221, che

riconduce il significato a quello di origo; invece «unsicher ist der Wortgebrauch des Naevius» per D. NÖRR, Causa, cit., 5.

(16) Cfr. Capt. 431: Atque horunc uerborum causa caue tu mi iratus fuas [ed. A. Ernout].

(17) Ma non del tutto perspicui: cfr. ann. 300 (319): Rastros dente fabres cap-

sit causa poliendi agri [ed. Skutsch]; var. 112: liberum quaesendum causa familiae matrem tuae [ed. H.D. Jocelyn]; var. 343: qui sui quaestus causa fictas suscitant

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lenza in senso teleologico: sia nell’uso assoluto(18) che in quello in

unione con il genitivo(19). In tale costruzione (causa e genitivo di

sostantivo, pronome o verbo), peraltro, tende a perdersi il significato specifico di causa. In effetti, non v’è dubbio che, nell’uso preposi- zionale, il termine quasi dissolva il proprio valore semantico, che così finisce per diffondersi in quello dell’intera espressione (come, più in generale, in tutti i casi nei quali lo si utilizzi come «mot- utile»(20)).

Comunque, la risalenza del valore finale di causa trova confer- ma in Plauto(21) e nelle fonti epigrafiche(22).

Nel medesimo senso, poi, l’uso è – notoriamente – ricorrente nei classici(23).

Può, a ben vedere, essere mossa qualche obiezione rispetto all’impostazione seguita nel lavoro di Georgescu: lo studioso, in parte per una prevalenza dell’impulso alla razionalizzazione sulla neutralità della lettura storica, in parte per un utilizzo talora forse pedissequo degli strumenti lessicografici(24), sembra spesso ricon-

durre in maniera acritica i diversi impieghi del segno causa a signi- ficati precostituiti; inoltre, vi è da dire che manca uno sforzo in sen-

sententias, sui quali si veda J.P. MINICONI, Causa, cit., 35, che li riconduce al lin-

guaggio giuridico o amministrativo.

(18) Cfr. inc. 112: liberum quaesendum causa ... [ed. H.D. Jocelyn].

(19) Cfr. ann. 344 s.: … quae denique causa / pugnandi fieret aut duri finis

laboris, su cui si veda V. GEORGESCU, Le mot, cit., 221, che traduce causa con «but, cause finale».

(20) Al proposito, si veda MINICONI, Causa, cit., 121 ss.; inoltre, D. NÖRR,

Causa, cit., 6.

(21) Per esempio, cfr., Men. 687 s.: … neque edepol defrudandi causa posco

(quin tibi dico uxorem resciuisse) [ed. W.M. Lindsay]; Men. 892 s.: quin ea te caussa duco ut id dicas mihi atque illum ut sanum facias; Poen. 905 s.: manu eas adserat, suas popularis, liberali caussa [ed. W.M. Lindsay].

(22) Cfr. calumniae causa (C.I.L., I, 198, 19); Praevaricationis causa (C.I.L., I, 55).

(23) Basterà solo qualche esempio fra gli innumerevoli possibili: Cic. Phil. 13,10,23: … sed eam tibi causam belli gerendi proponis, ut senatum funditus dele-

as …; fin. 3,2,8; Mil. 4,11; Phil. 8,3,8.

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so etimologico. In alcuni casi, quindi, non si coglie l’evoluzione sto- rica dei significati, i quali furono certamente richiamati dagli autori latini secondo differenti livelli di elaborazione, in ragione della pro- gressiva maturazione dei concetti.

Il contributo offerto da Georgescu merita quindi di essere rime- ditato alla luce dello studio di Miniconi.

Quest’ultimo muove dalla considerazione, in sé ragionevole, che il termine causa, presso una popolazione essenzialmente rurale, dovesse inizialmente esprimere «une notion précise et banale»(25).

Sicché, ammesso che causa non avesse modelli in altre lingue, è piuttosto probabile – si nota – che indicasse qualcosa di immediata- mente percepibile. In particolare, secondo Miniconi, occorre giunge- re alla conclusione che il significato originario di causa fosse quello di «intérêt, gain que l’on retire de quelque chose»(26).

In effetti, è senz’altro plausibile l’ipotesi che, all’origine, causa esprimesse il significato, assai generale, di interesse. Non già – ri- tengo peraltro – in un senso troppo astratto, bensì come ciò che (an- zitutto la ‘cosa’ che) ‘torna indietro’, ossia anche l’‘utile’ o, appun- to, l’‘interesse’.

Al contempo (e in tal senso è opportuno un recupero del lavoro di Georgescu), mi sembra si debba riconoscere che da quell’ori- ginario nucleo semantico ben presto si sarebbero sviluppati i signifi- cati di causa in senso efficiente e in senso finale (certo non da subito accompagnati dalla consapevolezza dei possibili approfondimenti filosofici), come il confronto di autori piuttosto risalenti – in partico- lare, Ennio, Nevio e Plauto – ha dimostrato.

In Plauto, peraltro, nel quale si riscontrano vari usi di causa con riferimento alla quotidianità, ma al contempo vi è – come di consue-

(25) P.J. MINICONI, Causa, cit., 29.

(26) Così P.J. MINICONI, Esquisse d’une histoire du mot ‘causa’, in REL, 21 - 22, 1943 - 44, 82 ss.; ID., in REL, 23, 1945, 36 ss., studi poi confluiti nella più am- pia ricerca ID., Causa, cit., in particolare 28 ss.

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to – una certa attenzione per il linguaggio giuridico(27), credo si

possa trovare una conferma delle linee ricostruttive generali appena delineate.

Infatti, accanto agli impieghi sopra menzionati, in senso eziolo- gico e in senso teleologico, spesso ricorre un significato prossimo a quello, che si è supposto originario e dal quale pure gli altri si sareb- bero sviluppati, di interesse che si ricava da un affare: inoltre, quest’ultimo significato pare a sua volta spesso precisarsi in quello, più tecnico, di titolo giuridico, ovvero di fonte degli effetti giuridici prodotti da una fattispecie(28).

Il quadro semantico generale mi pare così in parte abbozzato: occorre ora volgere l’attenzione alle fonti giuridiche.

Tra quelle più risalenti, già nelle XII Tavole (1,7) il segno

caus(s)a compare entro il sintagma ante meridiem caussam coiciun- to(29), nel quale è riconoscibile un significato processuale(30).

Nel medesimo senso il termine ricorre frequentemente fin da an-

(27) Pur sempre da valutarsi nei modi e con i limiti chiaramente indicati da L. LABRUNA, Plauto, Manilio, Catone: premesse allo studio dell’‘emptio’ consensua-

le, in Labeo, 14, 1968, 24 ss.

(28) Cfr. As. 519 s.: Quin pol si reposiui remum, sola ego in casteria / ubi

quiesco, omnis familiae causa consistit tibi [ed. A. Ernout]; As. 789: Nolo illam caussam habere et votitam dicere; Capt. 255 s.: Qui cauet ne decipiatur, uix cauet cum etiam cauet; / etiam cum cauisse ratus est, saepe is cautor captus est. / An ue- ro non iusta causa est ut uos seruem sedulo / quos tam grandi sim mercatus prae- senti pecunia? [ed. A. Ernout]. Si veda, sul punto, V. GEORGESCU, Le mot, cit., 221, a parere del quale il commediografo avrebbe attribuito al segno causa «nette- ment le sens de titre juridique (negotium)», secondo un utilizzo «emprunté à coup sûr à la langue du droit de l’époque».

(29) Ni pacunt, in comitio aut in foro ante meridiem caussam coiciunto. Com

peroranto ambo praesentes (cfr. FIRA, 28).

(30) In particolare, per O. BEHRENDS, Die ‘Causae coniectio’ der Zwölftafeln

und die Tatbestandsdisposition der Gerichtsrhetorik, in ZSS, RA, 92, 1975, 162 ss.,

«so forderte das causam coicere von den Parteien die Herstellung der formellen Prozeßrechtslage durch rechtliche Behauptung und Gegenbehauptung, das

perorare dagegen die Schilderung des konkreten, entscheidungserheblichen

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tico: se ne ha conferma ancora in Plauto(31) e in testimonianze epi-

grafiche(32). In epoca classica, poi, l’impiego di causa in un senso

prossimo a quello di ‘processo’ è costante(33). Celebre è la defini-

zione ciceroniana in orat. 2,19,78: … causam appellant, rem posi-

tam in disceptatione reorum et controversia.

Si è detto che quello di processo è un significato risalente: se- condo taluni, attingerebbe al nucleo semantico originario di interes- se, da cui si sarebbe sviluppato anche quello di affare (dunque in senso sostanziale)(34); secondo altri, è invece più plausibile che il

significato di affare e quello di processo si fossero resi protagonisti di un’evoluzione parallela(35), benché il secondo più precisato e

tecnico del primo (comunque, in entrambi si sarebbe conservato il senso della primigenia idea di interesse).

Rimanendo nell’ambito delle fonti giuridiche, una delle men- zioni più antiche di causa è quella contenuta nella formula vindica- toria della legis actio sacramento in rem: assai noto e quantomai di- scusso è il passo gaiano nel quale risulta descritto il rituale secondo cui doveva svolgersi tale procedimento.

Gai. 4,16: Si in rem agebatur, mobilia quidem et moventia,

quae modo in ius adferri adducive possent, in iure vindicaban- tur ad hunc modum: qui vindicabat, festucam tenebat; deinde ipsam rem adprehendebat, velut hominem, et ita dicebat: HUNC EGO HOMINEM EX IURE QUIRITIUM MEUM ESSE AIO SECUNDUM SUAM CAUSAM; SICUT DIXI, ECCE TIBI, VINDICTAM INPOSUI, et simul homini festucam inponebat.

(31) Per esempio, cfr. Merc. 821 s.: Uxor uirum, si clam domo egressa est fo-

ras, / uiro fit causa, exigitur matrimonio.

(32) Cfr. C.I.L., I, 198, 42.

(33) In Cicerone, per esempio, cfr. Verr. 2,3,11: In hac causa frumentaria co-

gnoscenda haec uobis proponite, iudices, vos de rebus fortunisque; ibidem 2,5,12;

Clu. 1,5; Rab. perd. 12,32; Flacc. 4.

(34) In questo senso sembrerebbe propendere J.P. MINICONI, Causa, cit., 47 ss.

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Per quel che ai nostri fini rileva, l’attenzione deve incentrarsi sul lemma secundum suam causam(36),

In esso si annidano vari problemi intorno ai quali ferve da tem- po un ampio dibattito.

Meritano in particolare di essere ricordate le proposte ricostrut- tive di Noailles(37), di Meylan(38) e di Lévy-Bruhl(39): il primo

concludeva nel senso che la menzione di causa si risolvesse in un riferimento alla vindicta evocante il fondamento della vindicatio stessa; il secondo osservava che il lemma potesse alludere a homo, così dunque indicando in sostanza il titolo giuridico consistente nella proprietà quiritaria, di cui sarebbe a sua volta simbolo la festuca; il terzo nella causa scorgeva essenzialmente un riferimento alla condi- zione giuridica dell’oggetto della vindicatio.

Una lettura approfondita è quella più di recente proposta da Santoro, il quale concentra invece la propria attenzione sulla riferibi- lità di causa a ius(40). In particolare, rapportato a ius, secundum suam causam, valendo a sottolineare il gesto della impositio vindic- tae, farebbe riferimento a un elemento al tempo stesso rituale e legit-

timante.

La coincidenza della pronuncia delle parole secundum suam

causam con il gesto dell’imposizione della festuca costituirebbe il

necessario presupposto formale, cui dovrebbero far seguito la pro- nuncia delle parole meum esse aio e l’adprehensio della cosa.

La menzione della causa, dunque, in un preciso meccanismo di gesti e parole, conterrebbe, secondo l’autore, il riferimento alla forza legittimante del rituale: più precisamente, il termine causa, lungi dal

(36) Rileva D. NÖRR, Causa, cit., 5, che «vielleicht findet sich der erste Beleg für “causa Ursache” im Formular der legis actio sacramento in rem (Gai. inst. 4.16)».

(37) P. NOAILLES, Du Droit sacré au Droit civil. Cours de Droit Romain

Approfondi. 1941-1942, Paris, 1949, 93 ss., specie 97.

(38) P. MEYLAN, La baguette, symbole de la propriété civile dans la Rome

des origines, in Mélanges F. Guisan, Lausanne, 1950, 19 ss.

(39) H. LÉVY-BRUHL, Recherches sur les actions de la loi, Paris, 1960, 44 ss. (40) Cfr. R. SANTORO, Potere, cit., in particolare 273 ss.

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presentarsi univocamente definito, vedrebbe fondersi indistintamen- te un valore eziologico (ancora causa in senso efficiente) e un valore modale (causa nel significato di condizione)(41).

Vero è che nella parola appare racchiusa l’idea di ciò che legit- tima e, al tempo stesso, è implicito il richiamo al modo in cui il pro- cedimento si svolge.

Né si potrebbe escludere che i significati di causa in senso effi- ciente e (in riferimento ai modi stessi del suo operare) causa con va- lore di condizione fossero in origine commisti o addirittura indistin- ti(42); soltanto in prosieguo di tempo, alla luce della speculazione

filosofica di origine greca, in tema di causa penetrata in Roma so- prattutto nelle forme dell’aristotelismo, ma poi anche dello stoici- smo, maturò infatti un uso più consapevole delle differenti valenze riconducibili al termine(43).

Pare però che l’uno e l’altro aspetto semantico di quell’ori- ginario impiego di causa nella formula vindicatoria possano vedersi ricomposti in un generico riferimento al fondamento degli effetti giuridici prodotti(44). Che, con il termine causa, ciò essenzialmente

si indicasse appare peraltro confermato dal parallelismo, richiamato dallo stesso Santoro, dell’espressione di questa formula con quella

quo tu iure testamentum facere possis secundum legem publicam,

utilizzata nel testamentum per aes et libram(45), e con quella hanc

(41) Cfr. R. SANTORO, Potere, cit., 276 ss.

(42) Per seguire i percorsi segnati dall’accezione di causa come condizione, nonché i tratti di differenziazione rispetto al termine condicio, dopo i cenni di P. LOTMAR, Über Causa, cit., 86 ss., cfr. M. BECK-MANNAGETTA, Geschäftsgrund-

lage, Voraussetzung und ‘causa’, in Index, 3, 1972, 514 ss.; ma si vedano anche le

osservazioni di S. DI SALVO, La polemica sulla ‘presupposizione’ tra riflessione

storiografica e impostazioni dogmatiche, in Index, 19, 1991, 214 ss., specie 217,

secondo una prospettiva incentrata sulla figura della Voraussetzung, nella quale si è collocato da ultimo R. CARDILLI, Sopravvenienza e pericoli contrattuali, in Mo-

delli teorici e metodologici nella storia del diritto privato. Obbligazioni e diritti reali, Napoli, 2003, 11 ss.

(43) Per tali aspetti si rimanda per intero infra, cap. V, § 7 ss.

(44) In tal senso, cfr. O. BEHRENDS, Die ‘Causae coniectio’, cit., 172. (45) Cfr. Gai. 2,104.

LAPOLISEMIA 51 tibi libram primam postremamque expendo secundum legem publi- cam, che compare nella solutio per aes et libram(46), ove, per cia-

scun caso, l’espressione introdotta da secundum indica il fondamen- to degli effetti prodotti dalla fattispecie.

Nel medesimo senso depone pure il confronto con la formula della mancipatio (nonché inoltre con quella della in iure cessio), o- ve, proprio in luogo del lemma introdotto da secundum, compare la dichiarazione di acquisto (isque mihi emptus esto hoc aere aeneaque

libra), con riferimento al pagamento del prezzo, che svolge ancora la

medesima funzione di fondamento degli effetti scaturenti (le possibi- li ulteriori fasi del rito, rappresentate dal pagamento del prezzo ov- vero dalla rinuncia – espressa o tacita – a una contravindicatio, non incidono su un potere che è già fondato(47)).

Il significato appena illustrato è poi piuttosto frequente nelle fonti(48). Già si è detto, inoltre, del ricorrere in Plauto del termine causa in un senso che, ricollegandosi al significato generale di inte-

resse, tende a precisarsi in quello di fonte degli effetti giuridici pro- dotti da una fattispecie ovvero di titolo giuridico(49). Al medesimo