• Non ci sono risultati.

Conclusioni sulla fattispecie

Nel documento La consulenza in materia di investimenti (pagine 131-133)

3. La fattispecie di consulenza in materia di investimenti

3.7. Conclusioni sulla fattispecie

Il legislatore europeo ha modificato sostanzialmente il panorama della fattispecie di consulenza, complicandolo rispetto al regime previgente. Questo, di per sé, non è un risultato positivo, specialmente se si considerano i costi di compliance e di assestamento che al nuovo regime si sono associati587. Sono infatti oggi rinvenibili, nell’analisi sino ad ora effettuata,

tre distinte fattispecie lato sensu consulenziali: la consulenza-servizio di investimento, la consulenza generica588 e la raccomandazione generale

(rectius, attività preparatoria)589. È chiara inoltre l’indicazione, da parte

delle misure di livello 3, che qualunque comportamento che presenti i requisiti tipici della consulenza deve essere classificato e disciplinato come tale.

                                                                                                               

586 In particolare l’effetto pratico di questa interpretazione si coglie volgendo lo sguardo

alla vicenda del convertendo BPM, sulla quale la delibera Consob n. 17077 del 25 novembre 2009.

587 Sui costi del regime MiFID si veda ad esempio l’opinione del Securities and Market

Stakeholders Group indirizzata all’ESMA e riportata in ESMA, Final Report. Guidelines

on certain aspects of the MiFID compliance function requirements, 6 luglio 2012,

ESMA/2012/388, 17, disponibile su www.esma.europa.eu, dove si suggerisce che i requisiti di reportistica e di formazione del personale (sulla quale si veda quanto già detto al paragrafo 3.2) siano adeguati alle effettive esigenze ed alle dimensioni del soggetto abilitato. Per l’osservazione del valore della semplicità con particolare riferimento alle regole del mercato finanziario si veda A. PERRONE, Less is more. Regole di comportamento e tutele degli investitori, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, 537 ss.

588 Cfr. paragrafo 3.5. 589 Cfr. paragrafo 3.1.

Il perimetro dell’intervento normativo risulta, a conseguenza di questo approccio, in alcuni casi sicuramente ampliato dal nuovo legislatore (la consulenza un tempo detta “incidentale” è oggi inclusa nella fattispecie di consulenza, come anche il consiglio spot590). Altre volte (è il caso della

consulenza generica), è invece stato ristretto. Nel complesso, comunque, a seguito di questa analisi si è affermato il convincimento che la nuova consulenza regolamentata sia maggiormente contigua ad altri servizi, quali il collocamento e la gestione di portafogli, e che la sua pervasività abbia trovato un più spiccato riconoscimento nella normativa (o che, per converso, sia stata la nuova formulazione della fattispecie a diffonderne maggiormente l’applicabilità)591.

In terzo luogo, sicuramente encomiabile è l’idea di considerare, per la prima volta in modo netto, il punto di vista del cliente nel delineare le fattispecie viste, preferendo un approccio sostanziale che ne tuteli l’affidamento nell’operato dell’intermediario, anche se purtroppo il regime così risultante è difficilmente accessibile ai soggetti che materialmente forniscono il servizio, ed ancora meno ai clienti retail.

Si è inoltre riscontrata una forte dissonanza di orientamento tra misure di livello 2 e 3, in particolare le prime essendo fortemente orientate al cliente, e formulate in modo spesso così ampio da costringere le regole fissate al livello 3 ad un livello di dettaglio che è non solo difficilmente comprensibile, ma anche molto complicato da attuare nella pratica, da far rispettare ex ante a dipendenti e collaboratori e da ricostruire, ex post, in giudizio592. Si ricordino, ad esempio, le fattispecie di raccomandazione

implicita ed indiretta che testimoniano l’evidente intento del legislatore di far prevalere la sostanza sulla forma.

Già dall’analisi delle fattispecie risulta evidente un qualche superamento dell’ottica della pura trasparenza, e pare proprio che il legislatore abbia tratteggiato i contorni della fattispecie di consulenza proprio per blandire l’investitore, tutelandolo, nel vero senso del termine, addirittura dall’“impressione” che l’intermediario può dargli di una personalizzazione del consiglio593. Se questo risultato può sembrare rassicurante dal punto di

vista del cliente (ammesso che egli riesca a percepire a pieno la valenza di una sì complessa normativa), lo è meno dal punto di vista degli intermediari, che sembrano ancora legati a normative ed a prassi operative talmente basate sulla trasparenza da provare, a tratti, a compensare con un approccio                                                                                                                

590 Cfr. paragrafo 3.6.

591 Conformemente, anche se partendo da presupposti diversi ed impiegando l’analisi dei

modelli di financial planning, anche E.M. CARLUCCIO, L’attività di consulenza nel

risparmio gestito, in La nuova disciplina degli intermediari dopo le direttive MiFID: prime valutazioni e tendenze applicative, a cura di M. De Mari, Padova, Cedam, 2009, 150.

592 Cfr. paragrafi 3.2 e 3.5. 593 Cfr. paragrafo 3.2.

formalistico di disclosure il surplus comportamentale che è loro richiesto594,

nell’ottica – è evidente – di tutelare il proprio interesse. Delineando regole di comportamento così stringenti, inoltre, il legislatore si assume una grossa responsabilità, poiché la fiducia potenzialmente ingenerata nel cliente potrebbe rivelarsi successivamente mal riposta in un intermediario che adotta un approccio formalistico alla compliance ed i cui incentivi rimangono non allineati con il servizio dell’interesse del cliente. Lo spazio per un approccio formalistico è sicuramente ridotto dall’interpretazione tesa alla protezione del cliente di elementi di fattispecie fatta propria dalle autorità di vigilanza.

Infine, lo si nota ora, non è stato dato alcun tipo di rilevanza all’indipendenza del consulente in punto di fattispecie, elemento che era invece considerato fondamentale (sicuramente on books, forse meno in

action) dalla Consob nella precedente disciplina, e lo stesso va detto per il

paniere di beni considerati nella prestazione del servizio. Si vedrà dunque di capire se si possa recuperare, in punto di disciplina, almeno una parte di questo elemento: il tentativo non sembra vano, specialmente considerata la centralità dell’asimmetria informativa e, di conseguenza, del conflitto di interessi che si è visto nel primo capitolo, e che costituisce, mi pare, il principale ostacolo per ottenere la fiducia dei clienti.

Nel documento La consulenza in materia di investimenti (pagine 131-133)