• Non ci sono risultati.

Il Testo Unico dell’intermediazione finanziaria

Nel documento La consulenza in materia di investimenti (pagine 96-100)

A breve tempo dall’attuazione dell’ISD il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 449 (t.u.f.) effettuò quella risistemazione del diritto del mercato

finanziario, comprensiva della disciplina delle società quotate, che già era prevista dalla legge delega del Decreto Eurosim450. Tale risistemazione non

apportava sostanziali modifiche al regime di catalogazione dei servizi451 e

non provocava importanti novità in tema di consulenza452, la quale rimaneva

un servizio accessorio453. Si confermavano, invece, le linee già viste per il

Decreto Eurosim, e, nel vigore del t.u.f., la Consob affinava i propri orientamenti. Le osservazioni che seguono, pertanto, avranno ad oggetto le poche modifiche normative rilevanti e detti orientamenti.

                                                                                                               

449 Recante il Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria, entrato in vigore il 1°

luglio 1998.

450 Cfr. nt. 371 e testo relativo.

451 L.ENRIQUES, Dalle attività di intermediazione mobiliare ai servizi di investimento, cit.

(nt. 3), 1013;

452 R.DELLA VECCHIA, Il servizio di consulenza, cit. (nt. 227), 30.

453 Cfr. art. 1, comma 6, lett. f) t.u.f.: la dottrina confermava le medesime preoccupazioni

già formulate in sede di prima derubricazione del servizio (cfr. nt. 390): G.F. CAMPOBASSO,

Sub art. 1, in Testo unico della finanza. Commentario, a cura di G.F. Campobasso, I, Torino, Utet, 1998, 10.

Quanto ai soggetti che possono prestare la consulenza, permanendo il doppio regime visto454, le modifiche non sono sostanziali. Non essendo,

tuttavia, le attività accessorie oggetto di regolamentazione di grande organicità nemmeno nel t.u.f., la Consob ha chiarito con una comunicazione l’applicabilità delle relative regole a tutti i soggetti interessati455. Detta

comunicazione è importante perché evidenzia la natura peculiare del servizio di consulenza rispetto agli altri servizi accessori456, il quale si

avvicina molto di più ad un servizio di investimento vero e proprio piuttosto che, ad esempio, alla locazione di cassette di sicurezza457, benché, come si è

già visto, non si traduca direttamente in operazioni di investimento458; ciò,

secondo la Consob, era testimoniato anche dalla disapplicazione, ad opera del t.u.f., delle norme sulla trasparenza delle condizioni contrattuali vigenti in materia bancaria459. Un altro merito sostanziale di questa comunicazione

è quello di negare, finalmente, la necessità di un nesso funzionale tra servizio di investimento e servizio accessorio prestato, ponendo fine al dibattito che si era sollevato in dottrina460.

La Consob continua, nel frattempo, ad irrogare sanzioni ai promotori per gestione surrettizia, sempre utilizzando il grimaldello dell’inquadramento della prestazione di servizi di consulenza e collocamento nella cornice della “gestione con preventivo assenso”, che veniva qualificata come “gestione surrettizia”461.

Nessuna differenza sostanziale per le norme sul conflitto di interesse462,

e rimane valido anche quanto detto sopra in termini di adeguatezza463,

specialmente se si considera che gli obblighi incombenti sull’intermediario                                                                                                                

454 Al paragrafo 4.3.

455 Si tratta della comunicazione Consob n. DI/99038880 del 14 maggio 1999, già

menzionata per tentare di giustificare la differenza di disciplina tra intermediari abilitati ed altri soggetti nel vigore del Decreto Eurosim a nt. 447.

456 La comunicazione afferma che il servizio di consulenza è “prossimo” ai servizi di

investimento, ed in particolare a quello di gestione di portafogli (art. 1, comma 5, lett. d) t.u.f.), e la dottrina lo qualificava come servizio accessorio “di rango” (M.DE MARI-L. SPADA, Intermediari e promotori finanziari, Bologna, Zanichelli, 2005, 106).

457 Di cui all’art. 1, comma 6, lett. b) t.u.f. 458 Si veda il capitolo I, paragrafo 1. 459 Era l’art. 23, comma 4 t.u.f. 460 Si veda nt. 386 e testo relativo.

461 Cfr. R. DELLA VECCHIA, Il servizio di consulenza, cit. (nt. 227), 46 s., nonché le

sanzioni irrogate dalla consob ai promotori e pubblicate in Boll. Consob, giugno 1998.

462 L. ENRIQUES, F. VELLA, Le gestioni mobiliari, cit. (nt. 394), 360 s. C’è anche da

segnalare il disposto dell’art. 27 del Regolamento 1152, che prevedeva nuovamente – come avveniva nel vigore della l. 1/1991 – la regola disclose or abstain; principio, tuttavia, che veniva smentito per il servizio di gestione patrimoniale in base ad “autorizzazioni una

tantum”, sulle quali si veda F.SARTORI, I conflitti di interessi tra intermediari e investitori:

prime riflessioni, in Riv. dir. banc., 2002, 7, disponibile su www.dirittobancario.it.

relativamente alla conoscenza del cliente464 (c.d. know your customer

rule465) è cosa distinta dalla regola di adeguatezza (c.d. suitability rule)

seppure sicuramente una sua componente ed un requisito per la sua attuazione466.

Per quanto riguarda la forma del contratto di consulenza, ora l’art. 23 t.u.f. specifica che la forma scritta si applica anche ai servizi accessori. Il regolamento attuativo della disciplina adottato con delibera Consob n. 11522 del 1° luglio 1998 (il Regolamento Intermediari 11522), tuttavia, in un primo momento ricalcava il Regolamento 10943, e non si applicava ai servizi accessori che non fossero quello di concessione di finanziamenti agli investitori467. Detto regolamento veniva poi modificato nel senso di

escludere l’applicabilità della deroga al servizio accessorio di consulenza468.

Tornava dunque in vigore l’obbligo di forma scritta.

Può dunque affermarsi che con il t.u.f. si perse un’occasione per allineare la normativa alle esigenze emerse nel periodo precedente, e che la risistemazione della disciplina della consulenza era affidata ad una Consob che, seppure dotata di più ampi margini normativi, faceva ancora largo uso delle comunicazioni per risolvere le questioni che si ponevano nella                                                                                                                

464 Che si ritrovano nell’art. 21, comma 1, lett. b) t.u.f. identici a quelli previsti dall’art. 17,

comma1, lett. b) del Decreto Eurosim, che così recitano: “i soggetti abilitati devono […] acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”. Il Regolamento Intermediari 11522, poi, replica all’art. 28 comma 1 quanto già disposto in precedenza dall’art. 5, comma 1, lett. a) del Regolamento 10943, ossia che il rifiuto da parte del cliente di fornire le informazioni richieste, se manifestato per iscritto, consente comunque all’intermediario di effettuare le operazioni richieste. In questa disposizione, tuttavia, non si fa riferimento alla prestazione del servizio di consulenza o di altri servizi accessori, bensì ai “servizi di investimento”, e non è dunque direttamente applicabile alla consulenza (anche se è ovvio che la consulenza non può essere fornita da un intermediario digiuno da qualsiasi conoscenza del proprio cliente). Sembra cogliere il problema, senza tuttavia risolverlo, R. DELLA VECCHIA, Il servizio di

consulenza, cit. (nt. 227), 59. Ne emerge, tuttavia, un quadro assai simile a quello già visto

nei paragrafi che precedono per la consulenza nel vigore del Decreto Eurosim: norme poco chiare e di difficile interpretazione, che sono evidentemente state pensate per attività diverse dalla consulenza.

465 Sulla quale si veda nt. 229 ed il relativo testo.

466 Sulla suitability rule si veda, già all’epoca, F. ANNUNZIATA, Regole di comportamento,

(nt. 298), 340 ss.; R. LENER, Forma contrattuale, cit. (nt. 436), 186 ss.; L. LOSS,

Fundamentals of securities regulation2, Boston, Little Brown, 1987, 131 ss.; J.D.COX-R.H. WILLIAMS-D.C.LANGEVOORT, Securities regulation. Cases and materials. Boston, Little Brown, 1991, 1219 ss., A.C. PAGE-R.B. FERGUSON, Investor protection, Londra, Weidenfeld and Nicholson, 1998, 272.

467 Art. 1, comma 6, lett. c) t.u.f.

468 L’obbligo fu reintrodotto dalla delibera Consob 1° marzo 2000, n. 12409. Si vedano in

tema V.ROVITO-L.PICARDI, Sub art. 23, in Testo unico della finanza, commentario a cura

pratica469. Le opinioni dell’autorità di vigilanza si erano oramai consolidate,

ed avevano delineato una fattispecie di consulenza abbastanza precisa, ma non esattamente conforme a quella analizzata quando si è dato conto del regime applicabile nella vigenza della l. 1/1991. In particolare, nelle numerose comunicazioni sul punto470, la Consob stabiliva che il servizio

accessorio di consulenza è caratterizzato: “(a) dall’esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato fra il consulente e il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso, così che le indicazioni siano elaborate in considerazione della situazione individuale dello specifico investitore; (b) dalla posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati; (c) dall'inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare; (d) dalla circostanza che l'unica remunerazione percepita dal consulente sia quella ad esso pagata dal cliente nel cui interesse il servizio è prestato”.

Confrontando questi elementi con quelli visti supra471 con riferimento

alla consulenza che chiamavo “riservata” (per distinguerla da quella incidentale e quella liberamente prestabile) si devono effettuare due considerazioni: innanzitutto gli elementi (a), (b) e (c) si ritrovano precisamente nello schema previsto nel paragrafo 3.1; mancano, invece, il requisito della continuazione (che forse può ritenersi implicito nell’elemento

sub (a), ma che costituiva il perno attorno al quale ruotava la distinzione tra

consulenza riservata e consulenza incidentale), quello della non genericità del consiglio (anche questo implicitamente desumibile) e, in modo più rilevante, quello della personalizzazione del consiglio. La tipologia di consiglio prestato, dunque, sembra essere passata in secondo piano agli occhi della Consob. Spicca, d’altro canto, il riferimento alla remunerazione dell’intermediario472, che costituisce un elemento nuovo della nozione di

consulenza.

La “definizione” prosegue in questi termini: “costituisce eccezione al sopra delineato schema generale del servizio la consulenza prestata dal promotore di servizi finanziari, cui, ai sensi dell'art. 80, lettera a), del regolamento Consob n. 11522/1998[473], è consentito esercitare tale attività                                                                                                                

469 Lo si ricava dal frequentissimo richiamo operato dalla Consob alle comunicazioni

emanate nel vigore dei precedenti regimi: cfr. i documenti citati a nt. 470.

470 Tra di esse si ricordano le comunicazioni nn. DI/98080597 del 14 ottobre 1998,

DI/98080600 del 14 ottobre 1998, DI/99012156 del 23 febbraio 1999, DI/99023323 del 26 marzo 1999, DI/7578 del 2 febbraio 2000, DI/30441 del 21 aprile 2000, tutte disponibili sul sito www.consob.it.

471 Al paragrafo 3.1.

472 Del quale già si era trovata una prima traccia nel divieto di retrocessione delle

commissioni presente nell’art. 5, comma 2, ultimo periodo del Regolamento 5387.

473 Che riprendeva testualmente il contenuto dell’art. 21, lett. a) del Regolamento

solo per conto del soggetto abilitato per il quale opera o di altro soggetto appartenente al medesimo gruppo”. L’“eccezione”, dunque, sembrerebbe da un lato giustificata dal fatto che il promotore svolge consulenza per conto del proprio mandante o delle società che appartengono al gruppo di questo, mentre ha la possibilità di collocare prodotti finanziari – e di prestare la relativa consulenza incidentale – per il solo mandante474. Dall’altro, però,

sembrerebbe quindi che la consulenza del promotore, diversa da quella incidentale, possa non rispettare uno o più dei requisiti visti e, ciononostante, rimanere consulenza. Possibile che si sia dunque di fronte all’ennesima nuova fattispecie?

Se anche vi fosse, non vi sarebbero appigli normativi per ricostruirla, e pertanto bisognerà limitarsi a riconoscere, innanzitutto che l’enfasi sulla remunerazione del consulente coglie il segno sui problemi di conflitto di interesse evidenziati nel primo capitolo, e finalmente dà rilevanza al problema; poi che, tuttavia, l’“eccezione” alla quale sono sottoposti i promotori, essendo così qualificata ma non ulteriormente dettagliata, svuota la tipizzazione che precede – specie se si considera la portata pratica determinante dell’attività consulenziale dei promotori –, e che la confusione generata da questo regime è forte, permanendo il doppio metro tra soggetti abilitati e non, che era già stato inaugurato dal Decreto Eurosim475.

La remunerazione esclusiva e diretta da parte del cliente, così come l’indipendenza “strutturale”, e l’inesistenza di limiti predeterminati al paniere dei beni consigliabili sono pertanto i cardini della nozione che bisognerà tenere a mente quando si analizzerà il regime oggi vigente.

Nel documento La consulenza in materia di investimenti (pagine 96-100)