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La legislazione alimentare fissa i requisiti necessari al libero commercio degli alimenti, in modo che questi siano sicuri per i consumatori, rendendo possibile distinguere l’accettabile dal non accettabile con un metro di giudizio oggettivo, fondato su dati scientifici, e uguale in tutte le aree sottoposte a tale quadro legislativo.

L’insieme delle norme uniformate a livello europeo favorisce la libera circolazione dei prodotti nel mercato europeo ed internazionale, mantenendo la garanzia della sicurezza alimentare.

Attualmente il sistema legislativo alimentare si basa sull’analisi e gestione del rischio, adottando il principio di precauzione che ostacola la circolazione di alimenti non ritenuti idonei al consumo umano, seguendo la filiera produttiva “dal campo alla tavola” in modo da fornire al consumatore un prodotto sicuro dal punto di vista igienico, nutrizionale ed organolettico, che non possa creare danni nel breve e lungo termine. Per poter perseguire questo scopo viene utilizzato il sistema dell’ HACCP, un metodo con fondamento scientifico per la prevenzione e gestione del rischio. Tutto ciò è possibile grazie alla realizzazione di un piano di autocontrollo che identifica i Punti Critici di Controllo, i quali vengono regolamentante monitorati e che permettono, qualora si verifichi un pericolo, di poterlo immediatamente identificare ed eventualmente correggere, facendo risparmiare all’azienda tempo e denaro che andrebbero persi nel ritiro di un prodotto finito non conforme ai requisiti legislativi, oltre ad offrire una maggiore tutela dei consumatori finali. Per questi motivi la realizzazione di un buon piano di autocontrollo è estremamente importante nelle industrie alimentari.

Con il sistema normativo corrente l’operatore del settore alimentare è responsabile in prima persona della sicurezza del proprio prodotto in tutte le fasi produttive di cui si occupa ed è tenuto a predisporre e attuare un piano di autocontrollo basato sui principi dell’HACCP. Tale piano di autocontrollo deve essere monitorato con regolarità, eseguendo controlli microbiologici che ne attestino l’efficacia per garantire la salubrità del prodotto. Qualora infatti il piano di autocontrollo non sia più efficace occorre rivederlo e adattarlo alle nuove esigenze dell’azienda alimentare.

In questo elaborato di tesi è stata effettuato un piano di sorveglianza microbiologica all’interno di un laboratorio di gelato artigianale su materie prime, sul gelato nelle varie fasi della produzione e sull’ambiente di lavoro per ottenere le informazioni necessarie alla valutazione della qualità gestionale del manuale di autocontrollo dell’azienda.

La non conformità di un alimento infatti non è sempre imputabile all’inadeguatezza del piano di autocontrollo stilato, ma può dipendere anche dalla non corretta applicazione, da parte dell’operatore del settore alimentare o del personale, delle misure indicate in tale manuale.

Il monitoraggio microbiologico del piano di autocontrollo ha rilevato una inadeguatezza del prodotto finale rispetto ai canoni microbiologici stabiliti dal quadro normativo vigente, il Reg. CE n. 2073/05. Per poter risolvere il problema della contaminazione microbica è stato prima necessario individuare la fase produttiva e il punto critico in cui avveniva la contaminazione dell’alimento.

I dati sperimentali hanno individuato come fonte della contaminazione microbica il pastorizzatore, per la presenza al suo interno di incrostazioni nei punti di giunzione del macchinario e nel rubinetto di erogazione che hanno favorito lo sviluppo di un biofilm batterico e reso difficoltosa l’azione dei sanificanti normalmente utilizzati dall’azienda alimentare.

L’utilizzo di un prodotto apposito per la pulizia del macchinario è stato sufficiente a ripristinare le condizioni igieniche richieste.

Osservando i dati del campionamento del 15 giugno e del 12 luglio, dove i gelati prelevati dal maturatore e dalle confezioni pronte alla vendita presentavano cariche molto alte, risulta improbabile che il passaggio attraverso un rubinetto “sporco” sia il solo responsabile della contaminazione di un così grande volume di prodotto (mediamente sono prodotti 60-80 litri alla volta) e in misura così importante (circa 103-5

ufc/gr per enterobatteri e coliformi).

In questi casi infatti non si rileva una differenza sostanziale tra i livelli di coliformi ed enterobatteri presenti nella base gelato non pastorizzata e nel gelato finito pronto alla vendita, suggerendo che il gelato sia stato solo mescolato nel pastorizzatore, dove è avvenuta la contaminazione, ma che il processo termico di pastorizzazione non sia stato effettuato, in quanto l’operatore del laboratorio di analisi addetto al campionamento non era presente durante il processo e non si può avere la certezza che sia stata effettuata la pastorizzazione.

Si è concluso dunque che il problema della contaminazione del prodotto finale fosse dovuto ad una scarsa igiene dei macchinari, unita ad una non osservanza dei processi della catena di produzione indicati dalle buone pratiche di lavorazione e nel piano di autocontrollo.

L’utilizzo di materie prime di buona qualità microbiologica non garantisce dunque la salubrità del prodotto finale, poiché potrebbero verificarsi contaminazioni secondarie se

non vengono rispettate le condizioni igieniche generali del personale e dell’ambiente di lavoro.

Il tempo impiegato dal laboratorio di gelato considerato, per le operazioni di pulizia, disinfezione dei macchinari e pastorizzazione nel suo insieme è di quasi due ore. Queste operazioni agli occhi dell’operatore del settore alimentare possono dunque sembrare più uno spreco di tempo, che potrebbe essere utilizzato per massimizzare la produzione, che non la chiave per garantire la sicurezza del prodotto finale.

E’ stato importante, per ripristinare le condizioni igieniche dell’alimento, far comprendere agli addetti alla produzione l’importanza di ciascuna delle operazioni indicate nel manuale di autocontrollo, anche di quelle che, basandosi sulla loro esperienza, possono sembrare trascurabili.

I dati raccolti in questo elaborato evidenziano l'importanza della corretta applicazione dei principi dell'HACCP e del rispetto del piano di autocontrollo per la sicurezza microbiologica degli alimenti nell’industria alimentare.

La presenza di microrganismi nell’alimento può determinarne un’alterazione organolettica, ridurne la conservabilità e rappresentare un pericolo per la salute dei consumatori, specialmente delle fasce di popolazione più a rischio di contrarre malattie di origine alimentare.

L’esperto di nutrizione umana deve quindi essere una figura professionale che integra il team di lavoro per la gestione della sicurezza alimentare, in quanto il benessere e la salute della persona vengono salvaguardati e perseguiti anche tramite la salubrità dell’alimento. Infatti qualsiasi alimento deve essere esente da patogeni in quantità tali da presentare un pericolo per la salute, sia di altri microbi che possano alterarne le caratteristiche organolettiche e nutrizionali come indicato dalla legislazione europea e nazionale. Lo scienziato della nutrizione umana ha anche il ruolo di istruire gli operatori del settore alimentare sui principi di sicurezza alimentare e sui mezzi con cui essa può essere raggiunta, fornendo consulenza e assistenza nella realizzazione e mantenimento di un piano di autocontrollo adeguato alla gestione del rischio microbiologico.