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Identificazione dei pericoli microbiologici nel processo di lavorazione del gelato artigianale al fine della gestione del rischio.

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Academic year: 2021

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D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

IDENTIFICAZIONE DEI PERICOLI MICROBIOLOGICI NEL PROCESSO DI PRODUZIONE DEL GELATO ARTIGIANALE AL FINE DELLA GESTIONE DEL

RISCHIO.

Relatore: Prof. Angelo Baggiani

Correlatore: Dott. Michele Totaro

Candidata: Silvia Querci

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Indice

RIASSUNTO...5

1.INTRODUZIONE...7

1.1 Aspetti legislativi sulle sicurezza alimentare...8

1.1.1 Regolamento CE N. 178/2002...11

1.1.1.1 Legislazione alimentare generale...12

1.1.1.2 Autorità europea per la sicurezza alimentare e sistema di allarme rapido...14

1.1.2 Regolamento CE n. 852/2004...16

1.1.2.1 Norme generali e obblighi dell'operatore del settore alimentare...16

1.1.2.2 Requisiti generali in materia di igiene applicabili agli operatori del settore alimentare...18

1.1.3 La metodica H.A.C.C.P...21

1.1.3.1 Applicazione dei sette principi...22

1.1.4 Regolamento CE n. 2073/2005...26

1.2 Infezioni e tossinfezioni alimentari...28

1.2.1 Modalità di contaminazione...29

1.2.2 Patogenicità...30

1.2.3 Dati epidemiologici...35

1.2.4 Prevenzione...37

1.3 Criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari...38

2.SCOPO DELLA TESI...43

3. MATERIALI E METODI...45

3.1 Setting di Indagine...45

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3.4 Analisi microbiologiche sulle superfici ambientali...58

3.5 Analisi microbiologiche alimenti...61

4. RISULTATI...73

4.1 Risultati delle acque...73

4.2 Risultati delle superfici ambientali...73

4.3 Risultati campioni alimentari...77

4.4 Discussione dei risultati...80

5. CONCLUSIONI...87

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RIASSUNTO

Con l’introduzione della pratica dell’autocontrollo, l’operatore del settore alimentare assume la responsabilità e l’obbligo di effettuare un monitoraggio continuo ed accurato del ciclo produttivo allo scopo di immettere sul mercato un prodotto igienicamente affidabile e sicuro per il consumo umano. La valutazione della pericolosità e dei rischi si applica durante tutta la catena produttiva ed è frutto del sistema dell’HACCP che indica i punti critici , ovvero quelle fasi del processo in cui ci potrebbe essere un pericolo, e quindi un rischio per la sicurezza del prodotto finale, e le opportune misure per ridurre e/o correggere l’insorgenza di tale pericolo.

In questo elaborato di tesi verrà evidenziato, attraverso un caso reale, come il rispetto del piano di autocontrollo sia essenziale per ottenere un prodotto sicuro dal punto di vista microbiologico.

In un laboratorio di gelato artigianale, durante il controllo microbiologico di routine, effettuato da un laboratorio accreditato responsabile di analisi microbiologiche e consulenza HACCP, è stata riscontrata una contaminazione microbica nel prodotto pronto alla vendita. Sono stati eseguiti ulteriori campionamenti microbiologici al fine di individuare la fonte della contaminazione microbica, analizzando gli ingredienti, il prodotto alimentare durante le varie fasi di produzione ed eseguendo tamponi su superfici e macchinari. E’ stata verificata anche la funzionalità del pastorizzatore, e il rispetto delle tempistiche indicate dal piano di autocontrollo.

In tutti i campionamenti il prodotto risultava comunque contaminato, in particolare da enterobatteri, coliformi e batteri mesofili. I macchinari funzionavano correttamente e dall’esito dei tamponi la sanificazione risultava efficace.

Analizzando i risultati di tutti i campionamenti è stato individuato, come fonte della contaminazione, il pastorizzatore, che presentava incrostazioni di calcare e sporcizia nei punti di giunzione tra le varie parti del macchinario e nel rubinetto di uscita, dove la popolazione microbica si replicava e riusciva a resistere all’azione del disinfettante. Queste incrostazioni si erano formate a causa di un’inefficiente pulizia del macchinario prolungata nel tempo: il guscio di incrostazione impediva al disinfettante di esplicare la sua funzione, non eliminando il problema tra un trattamento di sanificazione e l’altro. Inoltre i dati raccolti indicavano una non osservanza della catena produttiva, in particolare del processo di pastorizzazione.

E’ stata sufficiente tuttavia, una corretta applicazione di tutte le procedure indicate nel piano di autocontrollo per ripristinare le condizione igieniche necessarie per ottenere un

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prodotto sicuro per il consumatore e conforme al quadro normativo vigente. Si evidenzia così l’importanza del rispetto del piano di autocontrollo e della formazione del personale in materia di igiene alimentare, non solo come obbligo legislativo a tutela dell’azienda alimentare ma anche come requisito essenziale per ottenere un prodotto sicuro per i consumatori.

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1.INTRODUZIONE

L’alimentazione è uno dei più importanti fattori che concorrono ad assicurare la tutela della salute e la qualità della vita. La salubrità degli alimenti e delle bevande dipende essenzialmente dall’assenza di microrganismi patogeni e da livelli non significativi di sostanze tossiche capaci di indurre tossinfezioni acute e intossicazioni croniche nei consumatori.

La sicurezza alimentare si traduce quindi nell’assenza di fattori di rischio negli alimenti. Nell’ultimo secolo i cambiamenti nello stile di vita della popolazione hanno comportato anche delle modifiche delle abitudini alimentari: se prima si passava dalla produzione agricola al consumatore, ad oggi questa catena produttiva si è notevolmente allungata, determinando un maggior rischio di contaminazione del prodotto durante le varie fasi di produzione, trasformazione, trasporto, imballaggio, servizio e consumo.

La realizzazione del mercato unico europeo di libero scambio, senza barriere doganali e normative, ha messo a confronto realtà nazionali significativamente diverse ed ha provocato la necessità di rendere omogenei comportamenti e normative di riferimento. La libera circolazione nel mercato unico europeo di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale che contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici.

La libera circolazione degli alimenti può essere realizzata soltanto se i requisiti di sicurezza degli alimenti e dei mangimi non presentano significative differenze da uno Stato membro all’altro, poiché tali differenze possono ostacolare la libera circolazione e creare condizioni di concorrenza non omogenee e avere quindi incidenze dirette sul mercato interno.

Occorre pertanto procedere al ravvicinamento di tali concetti, principi e procedure in modo da costituire una base comune per le disposizioni adottate in materia di mangimi e alimenti a livello comunitario. La comunità europea ha scelto di perseguire un livello elevato di tutela della salute nell’elaborazione della legislazione alimentare, che essa applica in maniera non discriminatoria a prescindere dal fatto che gli alimenti o mangimi siano in commercio sul mercato interno o su quello internazionale.

Per garantire la sicurezza degli alimenti occorre considerare tutti gli aspetti della catena alimentare come un unico processo, produzione primaria inclusa, passando per la produzione di mangimi fino alla vendita o erogazione di alimenti al consumatore inclusa, cioè l’intera filiera dal “campo alla tavola”, in quanto ciascun elemento di essa

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rappresenta un potenziale impatto sulla sicurezza alimentare.

Per affrontare questo tema in maniera sufficientemente esauriente ed organica è opportuno assumere una nozione lata di “legislazione alimentare” che abbracci un’ampia gamma di disposizioni aventi un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, tra cui disposizioni sui materiali e gli oggetti a contatto con gli alimenti, sui mangimi e su altri mezzi di produzione agricola primaria.

Le misure adottate dovrebbero basarsi generalmente sull’analisi del rischio, tranne quando ciò non sia confacente alle circostanze o alla natura del provvedimento. Il ricorso all’analisi del rischio prima dell’adozione di tali misure è mirato ad agevolare la prevenzione degli ostacoli ingiustificati alla libera circolazione degli alimenti.

Affinché vi sia un clima di fiducia nel fondamento scientifico della legislazione alimentare, le valutazioni del rischio sono svolte in modo indipendente, obiettivo e trasparente e basate sulle informazioni e sui dati scientifici disponibili dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Laddove la sola valutazione scientifica del rischio non sia sufficiente a fornire tutte le informazioni su cui dovrebbe basarsi una decisione di gestione del rischio, è legittimo considerare altri fattori pertinenti, tra i quali aspetti di natura sociale, economica, tradizionale, etica e ambientale, nonché la realizzabilità dei controlli.

Per garantire la tutela della salute nella Comunità europea ci si è avvalsi del principio di precauzione, creando ostacoli alla libera circolazione degli alimenti e dei mangimi qualora vi sia un rischio per la vita o per la salute ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico.

1.1 Aspetti legislativi sulle sicurezza alimentare

La normativa che regola le produzioni alimentari si è sempre concentrata prioritariamente sugli aspetti relativi alla sicurezza.

A livello nazionale le normative di base si svilupparono a partire dagli anni ’60 con l’introduzione della legge n.283/62 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.

Durante questi anni infatti, la dieta diventò più ricca, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, con un maggiore consumo di carne, pesce, ortaggi e frutta. Anche l’agricoltura diventò più automatizzata, determinando minori costi e maggiore produzione rispetto ad un’ agricoltura prevalentemente umana. Iniziarono ad emergere

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anche le prime frodi alimentari che generarono una forte indignazione pubblica. Si decise quindi di intervenire istituendo il corpo dei NAS nel 1962 a cui si affidava il ruolo di vigilanza per la tutela della pubblica salute, la produzione ed il commercio delle sostanze destinate all’alimentazione. Venne anche introdotta l’autorizzazione sanitaria, per cui l'esercizio di stabilimenti, laboratori di produzione, preparazione e confezionamento, nonché di depositi all'ingrosso di sostanze alimentari, era subordinato ad autorizzazione sanitaria. Il rilascio di tale autorizzazione era condizionato dall'accertamento dei requisiti igienico-sanitari, sia di impianto, che funzionali, previsti dalle leggi e dai regolamenti. (art 1-2-3 Legge n.283/62).

I controlli venivano effettuati a posteriori. Questa tipologia di controllo si basa sulla verifica della conformità dei parametri microbiologici su un campione rappresentativo del prodotto finito. Questo metodo, sebbene efficace nel garantire una valutazione della conformità o non conformità igienica del prodotto pronto alla vendita, non fornisce informazioni sul momento e sulla modalità con cui si è verificata la contaminazione rendendo difficile mettere in atto interventi correttivi appropriati. Inoltre durante il lasso di tempo che intercorre tra il campionamento e l’acquisizione dei risultati delle analisi, il prodotto potrebbe essere immesso in commercio, comportando un rischio per i consumatori. L’unica soluzione, con un controllo a posteriori, è dunque quella di ritirare il prodotto dalla distribuzione qualora risulti pericoloso, determinando possibili danni economici e di immagine all’azienda.

Negli anni ‘70 si avvertì dunque la necessità di tenere sotto controllo il prodotto anche durante le fasi di lavorazione. Vennero intraprese tre azioni: l’eliminazione dei microrganismi potenzialmente nocivi dalle materie prime, la prevenzione della ricontaminazione del prodotto trattato e una distribuzione e conservazione del prodotto in condizioni tali da arrestare o limitare lo sviluppo di eventuali microrganismi indesiderabili (nacque ad esempio la catena del freddo nel trasporto e nei primi supermercati).

Negli anni ‘80 le conoscenze sui fattori microbici erano più vaste e la comunità scientifica riuscì a determinare le dosi infettanti, i fattori che limitavano o favorivano la sopravvivenza e la moltiplicazione e le modalità di controllo degli alimenti.

Poca attenzione veniva ancora rivolta, però, al rischio chimico, fisico e biologico (macroparassiti e micotossine).

La prima codifica normativa in Europa in fatto di igiene dei prodotti alimentari risale al 1993 con la Direttiva 43/93/CEE, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 155 del 1997 che introduceva il sistema dell’HACCP spostando il controllo dal prodotto finito, a

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tutti i passaggi della filiera alimentare analizzando i pericoli biologici, chimici e fisici. Il metodo HACCP si basa infatti sulla prevenzione del rischio, poiché identificando le fasi del processo di produzione che sono soggette a determinati rischi, si può agire in primo luogo per ridurre l’insorgenza di un pericolo, ed in secondo luogo, controllando ognuna di queste fasi, ci si assicura di riuscire ad identificare questo pericolo in modo tempestivo, attuando delle misure correttive appropriate.

L’attuale sistema di tutela è frutto di una revisione normativa apportata ad inizio degli anni 2000. E’ in questa fase storica che le istituzioni europee apportarono sostanziali modifiche, ridisegnando la struttura e l’organizzazione della legislazione alimentare, sulla base di principi e metodologie operative sostanzialmente nuove.

Il precedente assetto operativo, infatti, benché avesse contribuito al raggiungimento di tangibili miglioramenti nello stato sanitario nei singoli Paesi Membri, aveva anche dimostrato evidenti debolezze nel gestire efficacemente la prevenzione delle emergenze sanitarie degli anni ‘90, come ad esempio la crisi della variante di Creutzfeldt-Jakob, la cosiddetta “mucca pazza”, la contaminazione da diossine e l’influenza aviaria. Oltre a queste emergenze, il precedente assetto normativo non era riuscito ad incidere in modo significativo sulla diffusione di malattie acute trasmesse da alimenti, attestatesi nei paesi industrializzati ad una quota annuale del 30% della popolazione.

Nel 2002, con il Regolamento CE n.178 venne istituita l’EFSA, European Food Safety Authority con sede a Parma, e vennero definiti i principi ed i requisiti generali di legislazione alimentare che compongono l’attuale modello di sicurezza alimentare basato sulla sinergia tra HACCP, qualità e rintracciabilità.

L’impossibilità di ricostruire il percorso compiuto da alimenti e mangimi infatti, può mettere in pericolo il funzionamento del mercato interno di tali prodotti. Occorre quindi predisporre un sistema generale per la tracciabilità dei prodotti che abbracci il settore dei mangimi e alimentare per poter procedere a ritiri mirati e precisi o fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli. La tracciabilità si applica dal “campo alla tavola”, cioè a tutta la filiera produttiva.

L’obiettivo a livello europeo è quello di garantire la qualità totale dell’alimento, che tiene conto delle qualità igieniche, nutrizionali, organolettiche, dell’assenza di composti tossici o pericolosi e delle tecnologie di produzione.

La nuova strategia in materia di sicurezza alimentare venne definita ulteriormente nel 2006, basandosi sulle linee guida del Regolamento CE 178/2002, con un insieme interconnesso di norme attualmente in vigore, ormai noto come “pacchetto igiene”. Il pacchetto igiene si compone 4 regolamenti dedicati alla tutela del consumatore di

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alimenti:

-il Reg. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari che si applica a tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti nonché alle esportazioni.

Fissa gli obblighi dell’operatore del settore alimentare (OSA) che deve garantire che tutte le fasi sottoposte al suo controllo soddisfino i pertinenti requisiti di igiene fissati: rispetto dei criteri microbiologici relativi ai prodotti alimentari, controllo delle temperature degli alimenti, mantenimento della catena del freddo, campionature ed analisi e attuazione di tutte le procedure necessarie a raggiungere gli obiettivi prefissati per il conseguimento degli scopi del regolamento.

Stabilisce la predisposizione, attuazione e mantenimento di una o più procedure permanenti basate sul sistema HACCP e l’obbligo di formazione del personale addetto. Stabilisce i controlli da parte dell’autorità competente attraverso ulteriori campionamenti ed analisi e la verifica dei processi per prodotti alimentari sospetti o nel contesto dell’analisi del rischio.

Nei suoi allegati riporta i requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le operazioni associate, le raccomandazioni inerenti ai manuali di corretta prassi igienica, i requisiti generali in materia di igiene applicabili a tutti gli OSA, i requisiti generali applicabili alle strutture destinate agli alimenti e ai locali all’interno dei quali i prodotti vengono preparati, lavorati o trasformati.

-il Reg. 853/2004 stabilisce le norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale.

-il Reg. 854/2004 che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano

-il Reg. 882/2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.

Nel 2005 è stato emanato anche il Regolamento CE n. 2073/2005 che stabilisce i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari.

1.1.1 Regolamento CE N. 178/2002

Il Regolamento CE N. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, disciplina tutte le fasi della produzione, della trasformazione

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e della distribuzione degli alimenti e dei mangimi. Esso non si applica alla produzione primaria per uso domestico e privato o alla preparazione, alla manipolazione e alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato.

1.1.1.1 Legislazione alimentare generale.

Il regolamento riporta negli articoli 2 e 3 del capo I le seguenti definizioni:

-«alimento», inteso come qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito da esseri umani.

-«operatore del settore alimentare», la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo;

-«immissione sul mercato», la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita, comprese l’offerta di vendita o ogni forma, gratuita o a pagamento, di cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente dettaglianti; -«rischio», funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di pericolo;

-«analisi del rischio», processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e comunicazione del rischio;

-«valutazione del rischio», processo su base scientifica costituito da quattro fasi: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell’esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;

-«gestione del rischio», processo consistente nell’esaminare alternative d’intervento consultando le parti interessate, tenendo conto della valutazione del rischio e altri fattori pertinenti e, se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo; -«rintracciabilità», la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione.

Ai fini del conseguimento dell’obiettivo generale di un livello elevato di tutela della vita e della salute umana, la legislazione alimentare si basa sull’analisi del rischio, a sua volta basata sugli elementi scientifici a disposizione ed è svolta in modo indipendente, obiettivo e trasparente. Qualora venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, si adotta il

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principio di precauzione, cioè possono essere adottate misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una più esauriente valutazione del rischio. Queste misure sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie a raggiungere il livello di tutela della salute stabilito dalla Comunità.

La legislazione alimentare si prefigge di tutelare gli interessi dei consumatori e mira a prevenire le pratiche fraudolente o ingannevoli, l’adulterazione di alimenti e ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore il consumatore.

Vige il principio di trasparenza: i cittadini sono consultati in maniera aperta e trasparente direttamente o attraverso organi rappresentativi nel corso dell’elaborazione, della valutazione e della revisione della legislazione alimentare, a meno che l’urgenza della questione non lo permetta.

L’articolo 14 stabilisce i requisiti di sicurezza degli alimenti: gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato. Sono considerati alimenti a rischio quegli alimenti che sono dannosi per la salute o inadatti al consumo umano.

Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione le condizioni d’uso normali dell’alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, trasformazione e della distribuzione, nonché le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate in etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti.

Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute occorre prendere in considerazione non soltanto i possibili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell’alimento sulla salute della persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti. Occorre anche valutare i probabili effetti tossici cumulativi e la particolare sensibilità di una specifica categoria di consumatori, nel caso che l’alimento sia destinato ad essa.

Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano, occorre prendere in considerazione se l’alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione.

In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tal disposizioni siano

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formulate e applicate nel rispetto del trattato.

Gli articoli 17, 18 e 19 fissano gli obblighi degli operatori del settore alimentare e dei mangimi e stabiliscono l’obbligo della tracciabilità. Spetta infatti agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni di legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte.

Gli Stati membri determinano inoltre le misure e le sanzioni da applicare in caso di violazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi.

La rintracciabilità è disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e si applica agli alimenti, ai mangimi, agli animali e a qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o mangime. Gli operatori devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, mangime, animale e qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o mangime. A tal fine gli operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti le informazioni al riguardo.

Se un OSA ritiene o ha motivo di ritenere che un alimento da lui importato, prodotto, trasformato, lavorato o distribuito non sia conforme ai requisiti di sicurezza degli alimenti, esso deve avviare immediatamente procedure per ritirarlo e informarne le autorità competenti. Se il prodotto può essere arrivato al consumatore, l’operatore informa i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del richiamo e, se necessario, richiama i prodotti già forniti ai consumatori quando altre misure siano insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.

1.1.1.2 Autorità europea per la sicurezza alimentare e sistema di allarme rapido.

L’articolo 22 del capo III istituisce ed identifica l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, nota anche come EFSA (European Food Safety Authority).

L’EFSA offre consulenza e assistenza scientifica e tecnica per la normativa e le politiche della Comunità europea, in tutti i campi che hanno un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi.

L’EFSA ha inoltre la funzione di formulare pareri scientifici su altre questioni inerenti alla salute e al benessere degli animali e alla salute dei vegetali e su prodotti diversi

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dagli alimenti e dai mangimi riconducibili a organismi geneticamente modificati.

L’Autorità svolge le proprie funzioni secondo le modalità che le consentano di fungere da punto di riferimento grazie alla sua indipendenza, alla qualità scientifica e tecnica dei pareri formulati, e alle informazioni diffuse, alla trasparenza delle sue procedure e metodi di funzionamento e alla diligenza nello svolgere i compiti ad essa assegnati. Gli Stati membri collaborano con l’Autorità ai fini dell’espletamento delle sue funzioni. L’articolo 23 indica i compiti dell’EFSA:

-fornire alle istituzioni comunitarie e agli Stati Membri i migliori pareri scientifici in tutti i casi previsti dalla legislazione comunitaria e su qualsiasi questione di sua competenza;

-promuovere e coordinare la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio nei settori di sua competenza;

-commissionare studi scientifici necessari all’espletamento dei suoi compiti;

-ricercare, raccogliere, confrontare, analizzare e sintetizzare i dati scientifici e tecnici nei settori di sua competenza;

-intervenire per individuare e definire i rischi emergenti nei settori di sua competenza; -creare un sistema di reti tra organizzazioni operanti nei settori di sua competenza, del cui funzionamento è responsabile;

-prestare assistenza scientifica e tecnica su richiesta della Commissione nelle procedure di gestione delle crisi seguite dalla Commissione in relazione alla sicurezza degli alimenti;

-fare in modo che i cittadini e le parti interessate ricevano informazioni rapide, affidabili, obiettive e comprensibili nei settori di sua competenza;

-formulare in modo indipendente conclusioni ed orientamenti su materie di sua competenza;

-ogni altro compito assegnatole dalla Commissione nell’ambito delle sue competenze. L’articolo 24 individua i quattro organi che compongono l’Autorità: il consiglio di amministrazione, il direttore esecutivo con relativo personale, un foro consultivo, un comitato scientifico e gruppi di esperti scientifici.

Nel capo IV è istituito il sistema di allarme rapido per la notificazione, sotto forma di rete, di un rischio diretto o indiretto per la salute umana dovuto ad alimenti o mangimi. Ad esso partecipano gli Stati membri, la Commissione europea e l’Autorità per la sicurezza alimentare dove la Commissione è responsabile della rete.

Qualora un membro della rete disponga di informazioni relative all’esistenza di un grave rischio, diretto o indiretto, per la salute umana dovuto ad alimenti o mangimi, egli

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trasmette immediatamente tali informazioni alla Commissione nell’ambito del sistema di allarme rapido. La Commissione trasmette immediatamente le informazioni ai membri della rete.

L’EFSA può integrare la notificazione con ogni informazione scientifica o tecnica in grado di agevolare un intervento rapido e adeguato di gestione del rischio da parte degli Stati membri.

La notificazione è accompagnata da una spiegazione dettagliata dei motivi dell’intervento delle autorità competenti dello Stato membro in cui stata fatta la notificazione, seguita in tempi rapidi da ulteriori informazioni.

1.1.2 Regolamento CE n. 852/2004

Regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene degli alimenti abroga la direttiva 93/94/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che prevedeva le norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari e le procedure per verifica la conformità a tali norme.

1.1.2.1 Norme generali e obblighi dell'operatore del settore alimentare

Il regolamento stabilisce le norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari destinate agli operatori del settore alimentare e si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti nonché alle esportazioni. Non si applica alla produzione primaria, preparazione, manipolazione e conservazione domestica privata e alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il consumatore finale.

Il regolamento si applica tenendo conto dei seguenti principi:

-la responsabilità principale per la sicurezza alimentare incombe sull’operatore del settore alimentare;

-è necessario garantire la sicurezza degli alimenti lungo tutta la catena alimentare, a cominciare dalla produzione primaria;

-è importante il mantenimento della catena del freddo per gli alimenti che non possono essere immagazzinati a temperatura ambiente in condizioni di sicurezza, in particolare per quelli congelati;

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unitamente all’applicazione di una corretta prassi igienica, dovrebbe accrescere la responsabilità degli OSA;

-è necessario determinare criteri microbiologici e requisiti in materia di controllo delle temperature, sulla base di una valutazione scientifica dei rischi;

-è necessario garantire che gli alimenti importati rispondano almeno agli stessi standard igienici stabiliti per quelli prodotti nella Comunità europea o a norme equivalenti. Il capo II fissa gli obblighi degli operatori del settore alimentare i quali devono garantire che ogni fase della produzione, trasformazione e distribuzione sottoposte al loro controllo soddisfino i pertinenti requisiti di igiene fissati nel regolamento stesso.

Gli OSA adottano le seguenti misure igieniche: rispetto dei criteri microbiologici relativi ai prodotti alimentari e delle temperature degli alimenti, le procedure per raggiungere gli obiettivi fissati per il conseguimento degli scopi del presente regolamento, mantenimento della catena del freddo e regolari campionature ed analisi. Laddove non siano specificati i metodi di campionatura o di analisi, gli operatori del settore alimentare possono utilizzare metodi appropriati contenuti in altre normative comunitarie o nazionali o metodi che consentano di ottenere risultati equivalenti a quelli ottenuti con il metodo di riferimento, purché detti metodi siano scientificamente validati in conformità con nome o protocolli riconosciuti a livello internazionale.

L’articolo 5 tratta delle analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo.

Gli operatori del settore alimentare, infatti, sono tenuti a predisporre, attuare e mantenere una o più procedure permanenti, basate sui principi del sistema HACCP. Qualora intervenga un qualsiasi cambiamento nel prodotto, nel processo o in qualsivoglia altra fase gli operatori del settore alimentare riesaminano la procedura e vi apportano le necessarie modifiche.

Gli OSA devono dimostrare all’autorità competente che rispettano le norme igieniche, e garantiscono che tutti i documenti in cui sono descritte le procedure elaborate a norma del 852/2004 siano costantemente aggiornati. Ogni documento o registrazione deve essere conservato per un periodo adeguato a seconda della natura del documento o registrazione.

Una novità che viene introdotta con l’articolo 6 riguarda la notifica, da parte dell’operatore del settore alimentare, all’opportuna autorità competente, di ciascuno stabilimento posto sotto il suo controllo che esegue una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento. Non si parla più quindi, di autorizzazione sanitaria ma di notifica. Oltre a ciò gli OSA devono fare in modo che l’autorità competente disponga

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costantemente di informazioni aggiornate sugli stabilimenti, notificandole qualsivoglia cambiamento significativo di attività nonché chiusura di stabilimenti esistenti.

Gli Stati membri promuovono l’elaborazione di manuali nazionali e comunitari di corretta prassi operativa in materia di igiene e di applicazione dei principi del sistema HACCP. La divulgazione e l’uso di manuali nazionali e comunitari sono incoraggiati ma gli OSA possono usarli su base volontaria.

1.1.2.2 Requisiti generali in materia di igiene applicabili agli operatori del settore alimentare

L’allegato II indica i requisiti generali in materia di igiene applicabili a tutti gli operatori del settore alimentare.

-Requisiti delle strutture.

Le strutture destinate agli alimenti devono essere tenute pulite, sottoposte a manutenzione e tenute in buone condizioni.

Lo schema, la progettazione, la costruzione, l’ubicazione e le dimensioni delle strutture destinate agli alimenti devono consentire una adeguata manutenzione, pulizia e/o disinfezione, evitare o ridurre al minimo la contaminazione trasmessa per via aerea e assicurare uno spazio di lavoro tale da consentire lo svolgimento di tutte le operazioni in condizioni di igiene. Inoltre devono impedire l’accumulo di sporcizia, il contatto con materiali tossici, la penetrazione di particelle negli alimenti e la formazione di condensa o muffa indesiderabile sulle superfici.

Ove necessario occorre disporre di adeguate strutture per la manipolazione e il magazzinaggio a temperatura controllata, con sufficiente capacità per mantenere i prodotti alimentari in condizioni adeguate di temperatura e progettate in modo che la temperatura possa essere controllata e registrata.

Deve essere disponibile un sufficiente numero di gabinetti, collegati a un buon sistema di scarico e che non diano direttamente sui locali di manipolazione degli alimenti. Devono essere disponibili lavabi in numero sufficiente, adeguatamente collocati e segnalati per lavarsi le mani, con acqua calda e fredda, materiale per lavarsi le mani e un sistema igienico di asciugatura a disposizione.

Si deve assicurare una corretta areazione, meccanica o naturale, evitando il flusso meccanico da una zona contaminata verso una pulita. I filtri e le parti che necessitano di pulizia devono essere facilmente accessibili.

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vengono manipolati gli alimenti.

-Requisiti applicabili ai locali all’interno dei quali i prodotti alimentari vengono preparati, lavorati o trasformati.

Questi locali devono essere progettati e disposti in modo tale da consentire una corretta prassi igienica impedendo la contaminazione tra e durante le operazioni. In particolare pavimenti, pareti e porte devono essere mantenuti in buone condizioni, essere facili da pulire e se necessario, da disinfettare; ciò richiede l’utilizzo di materiale resistente, non assorbente, non tossico e lavabile. I soffitti e le attrezzature sopraelevate devono essere costruiti e predisposti in modo da evitare l’accumulo di sporcizia e ridurre la condensa, la formazione di muffa e la caduta di particelle.

Le superfici e le attrezzature nelle zone di manipolazione degli alimenti e a contatto con essi devono essere mantenute in buone condizioni ed essere facili da pulire e disinfettare. Si richiedono, a tal fine, materiali lisci, lavabili, resistenti alla corrosione e non tossici.

Infine è necessario disporre di opportune attrezzature per la pulizia e/o disinfezione. -Requisiti applicabili alle attrezzature.

Tutto il materiale, l’apparecchiatura e le attrezzature che vengono a contatto con gli alimenti devono essere efficacemente puliti e disinfettati se necessario. Queste operazioni devono essere eseguite con una frequenza sufficiente ad evitare ogni rischio di contaminazione. Inoltre devono essere costruiti in materiale tale che, mantenendoli in buono stato e sottoponendoli ad operazioni di manutenzione, siano sempre puliti e rendano minimi i rischi di contaminazione. Dove necessario le apparecchiature devono essere munite di sistemi di controllo, necessario per garantire gli obiettivi di sicurezza. -Rifornimento idrico.

Va usata acqua potabile per garantire che i prodotti alimentari non siano contaminati. -Igiene personale.

Ogni persona che lavori in locali per il trattamento degli alimenti deve mantenere uno standard di pulizia personale e indossare indumenti adeguati, puliti e se necessario, protettivi.

Nessuna persona affetta da malattia o portatrice di malattia trasmissibile attraverso alimenti, o che presenti ferite infette, diarrea, infezioni della pelle o piaghe deve essere autorizzata alla manipolazione degli alimenti e ad entrare nelle aree di trattamento di essi qualora esista la possibilità di una contaminazione diretta o indiretta degli alimenti. La persona che manifesti questi sintomi che lavori in un impresa alimentare o a contatto con gli alimenti deve denunciare immediatamente la propria malattia o i propri sintomi

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al responsabile dell’impresa alimentare. -Requisiti applicabili ai prodotti alimentari.

Un’impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti se risultano contaminati, o se si può ragionevolmente presumere che siano contaminati da parassiti, microrganismi patogeni o tossici, sostanze decomposte o estranee in misura tale che, anche dopo che l’impresa alimentare ha eseguito in maniera igienica le normali operazioni di cernita e/o le procedure preliminari di trattamento, il prodotto risulti inadatto al consumo umano.

Inoltre le materie prime e tutti gli ingredienti devono essere opportunamente conservati in modo da evitare un deterioramento nocivo e la contaminazione.

In tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni.

Occorre disporre di procedure adeguate per il controllo degli animali infestanti e per impedire agli animali domestici di accadere ai luoghi dove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati.

Le materie prime, gli ingredienti, i prodotti intermedi e quelli finiti in grado di consentire la proliferazione microbica di patogeni o la formazione di tossine non devono essere conservati a temperature che potrebbero comportare rischi per la salute.

La catena del freddo non deve essere interrotta.

Se i prodotti alimentari devono essere conservati o serviti a bassa temperatura, è necessario raffreddarli il più rapidamente possibile, al termine del trattamento termico, o dell’ultima fase di preparazione se non è applicato un trattamento termico, ad una temperatura che non provochi rischi per la salute.

Lo scongelamento dei prodotti deve essere effettuato in modo tale da ridurre al minimo il rischio di proliferazione microbica o la formazione di tossine.

-Formazione

Gli operatori del settore alimentare devono assicurare che gli addetti alla manipolazione degli alimenti siano controllati e/o abbiano ricevuto un addestramento e/o una formazione in materia di igiene alimentare in relazione al tipo di attività. Devono inoltre assicurare che i requisiti della legislazione nazionale in materia di programmi di formazione siano rispettati.

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1.1.3 La metodica H.A.C.C.P.

La metodica HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point, analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo) è una procedura che detta una serie di azioni da applicare alle diversi fasi di lavorazione degli alimenti, dalla produzione alla distribuzione.

Questo sistema nacque negli anni ‘60 in America, ideato dalla NASA per garantire la sicurezza igienica degli alimenti destinati agli astronauti per le missioni spaziali.

Autocontrollo e sistema HACCP non sono termini sinonimi. Il concetto di autocontrollo ha una valenza più ampia che discende dalla responsabilizzazione dell’Operatore del settore alimentare (OSA) in materia di igiene e sicurezza degli alimenti e corrisponde all’obbligo di tenuta sotto controllo delle proprie produzioni. L’autocontrollo è obbligatorio per tutti gli operatori che a qualunque livello siano coinvolti nella filiera della produzione alimentare.

Il sistema H.A.C.C.P. è una metodologia scientifica per l’attuazione di sistemi di autocontrollo nelle aziende alimentari, obbligatorio per tutti i soggetti operanti nel settore lungo la filiera produttiva ad esclusione della produzione primaria ed è stato riconosciuto a livello internazionale come uno strumento economicamente sostenibile per garantire la sicurezza igienica degli alimenti. Infatti è universalmente applicabile, indipendentemente dalla tipologia di attività poiché non contiene specifiche tecniche piuttosto indica come procedere per effettuare un analisi sistematica del processo produttivo che porti ad un maggiore controllo della sicurezza igienica.

L'HACCP è stato introdotto in Europa negli anni Novanta, con la Direttiva 43/93/CEE recepita in Italia con il D. Lgs 155/1997, che prevedeva l'obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentare. Questa normativa è stata sostituita dal Reg. CE 852/2004 entrato in vigore dal 01/01/2006 e attuato in Italia con il D. Lgs 193/2007, con quale viene inoltre definitivamente abrogato il D. Lgs. 155/1997 e vengono decretate le sanzioni per inadempienza al Reg. CE 852/2004.

Il metodo HACCP si compone di 7 principi:

1. Identificare i pericoli, valutare la gravità ed i rischi.

2. Stabilire i punti critici di controllo e le procedure da controllare. 3. Determinare i limiti critici.

4. Pianificare un sistema di monitoraggio. 5. Determinare e stabilire le azioni correttive. 6. Determinare le procedure per la verifica. 7. Determinare una documentazione.

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1.1.3.1 Applicazione dei sette principi.

1) Analisi dei rischi

Costituzione di un'equipe multidisciplinare (equipe HACCP)

Tale equipe, comprendente tutti i componenti dell’impresa alimentare che intervengono nella realizzazione del prodotto, deve riunire l’intera gamma di competenze e conoscenze specifiche appropriate per il prodotto considerato, la sua produzione (fabbricazione, stoccaggio e distribuzione), il suo consumo e i potenziali pericoli connessi e dovrebbe implicare il più possibile i dirigenti di grado più elevato dell’impresa. Se necessario l'equipe può essere assistita da esperti che possono contribuire a risolverne i problemi in merito alla valutazione e al controllo dei punti critici.

Occorre individuare il campo di applicazione del sistema HACCP. Tale settore di applicazione dovrebbe descrivere il segmento della catena della produzione alimentare, il processo dell’impresa e le classi generali di pericoli (biologici, chimici e fisici) da prendere in considerazione.

Descrizione del prodotto

Va fornita un’ampia descrizione del prodotto incluse le pertinenti informazioni in materia di sicurezza, ad esempio la composizione dell’alimento, i trattamenti a cui è sottoposto, le caratteristiche chimiche e fisiche, il confezionamento, le istruzioni d’uso, la data di scadenza ed i criteri chimici e microbiologici eventualmente applicabili. Individuazione dell’uso previsto

L’equipe deve definire l’impiego normale o prevedibile del prodotto da parte del consumatore e il target di consumatori a cui il prodotto è destinato. In casi specifici va valutata l’adeguatezza del prodotto per particolari gruppi di consumatori e gruppi vulnerabili della popolazione.

Realizzazione di un diagramma di flusso (descrizione del processo di produzione) Tutte le fasi del processo dal ricevimento delle materie prime all’elaborazione del prodotto finale, inclusi i tempi morti, vanno esaminate in sequenza e presentate in un diagramma di flusso dettagliato unitamente a sufficienti dati tecnici (tempi e temperature).

Conferma sul campo del diagramma di flusso

Una volta redatto il diagramma di flusso, il gruppo multidisciplinare deve verificarne la validità sul campo nel corso delle ore di funzionamento dell’impianto. Qualsiasi scostamento osservato deve tradursi in una modifica al diagramma di flusso originario,

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per migliorarne l’accuratezza.

Elenco dei pericoli e delle misure di controllo

L'equipe HACCP deve procedere poi a un’analisi dei pericoli per individuare quali presentano una natura tale da rendere fondamentale la loro eliminazione o riduzione a livelli accettabili per ottenere un prodotto sano.

Nell’effettuare l’analisi dei pericoli va tenuto conto di quanto segue:

• la probabile occorrenza dei pericoli e la gravità delle loro ripercussioni sulla salute; • la valutazione qualitativa e/o quantitativa della presenza di pericoli;

• la sopravvivenza o la moltiplicazione di microrganismi patogeni e l’inaccettabile generazione di prodotti chimici nei prodotti intermedi, nei prodotti finali, nella linea di produzione o nell’ambiente della linea;

• la produzione o la persistenza negli alimenti di tossine o di altri prodotti indesiderati del metabolismo microbico, di prodotti chimici o agenti fisici o allergeni;

• la contaminazione (o la ricontaminazione) di natura biologica (microrganismi, parassiti), chimica o fisica delle materie prime, dei prodotti intermedi o dei prodotti finali.

2) Individuazione dei punti critici di controllo

L’individuazione dei punti critici di controllo (CCP) presenta due conseguenze per l'equipe HACCP la quale deve:

– garantire che siano efficacemente concepite e attuate appropriate misure di controllo; in particolare se è stato individuato un pericolo in una fase in cui è necessario un controllo per la sicurezza del prodotto e non esiste alcuna misura di controllo in quella fase o in qualsiasi altra fase, il prodotto o il processo vanno modificati in quello stadio o in uno precedente o successivo al fine di includere una misura di controllo;

– stabilire e attuare un sistema di monitoraggio in ciascun punto critico.

3) Limiti critici nei punti critici di controllo

Ciascuna misura di controllo associata a un punto critico di controllo dovrebbe dare origine all’individuazione di limiti critici.

I limiti critici corrispondono ai valori estremi accettabili con riguardo alla sicurezza dei prodotti. Essi differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità e sono fissati per parametri osservabili o misurabili che possono dimostrare che il punto critico è sotto controllo. Tra gli esempi di tali parametri figurano: temperatura, tempo, pH, tenore di umidità,

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livello di additivi, di conservanti o di sale, parametri sensoriali quali l’aspetto visivo o la consistenza, ecc. Tali limiti possono essere ottenuti da varie fonti. Quando non li ricava da norme regolamentative o da manuali di corretta prassi igienica, l'equipe dovrebbe valutarne la validità in relazione al controllo dei pericoli individuati nei CCP.

4) Procedure di monitoraggio nei punti critici di controllo.

Un elemento fondamentale del sistema HACCP è costituito da un programma di osservazioni o di misurazioni realizzate in ciascun punto critico per garantire la conformità a determinati limiti critici. Le osservazioni o le misurazioni devono permettere di individuare la perdita di controllo nei punti critici e fornire informazioni tempestive onde consentire l’adozione di misure correttive.

I dati ricavati dal monitoraggio devono essere valutati da una persona designata che possieda le conoscenze e l’autorità necessarie per realizzare le misure correttive richieste. Il programma dovrebbe descrivere i metodi, la frequenza delle osservazioni o delle misurazioni e la procedura di registrazione e individuare ciascun punto critico: • chi deve effettuare il monitoraggio e il controllo,

• quando viene effettuato il monitoraggio e il controllo, • con quali modalità è effettuato il monitoraggio e il controllo.

5) Misure correttive

Per ciascun punto critico di controllo l'equipe HACCP deve prevedere in anticipo misure correttive in modo che queste possano essere adottate senza esitazioni quando il monitoraggio rilevi uno scarto rispetto al limite critico.

Tali misure correttive devono includere:

• l’individuazione della persona o delle persone responsabili per l’adozione della misura correttiva;

• la descrizione dei mezzi e delle misure necessari per correggere l’anomalia osservata; • le iniziative da adottare con riguardo ai prodotti realizzati durante il periodo in cui il processo non era sotto controllo;

• registrazioni scritte delle misure prese indicando tutte le pertinenti informazioni (ad esempio: data, tempo, tipo di azione, responsabile e successivo controllo di verifica). Il monitoraggio può evidenziare la necessità di adottare misure preventive (verifica delle apparecchiature, verifica delle persone che manipolano gli alimenti, verifica dell’efficacia delle misure correttive precedenti, ecc.) nel caso in cui debbano essere adottate ripetutamente misure correttive per la stessa procedura.

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6) Procedure di verifica

L'Equipe HACCP deve specificare i metodi e le procedure da utilizzare per determinare se il sistema HACCP funziona correttamente o meno.

Tra i metodi di verifica possono figurare in particolare analisi e campionamenti casuali, analisi approfondite o test in determinati punti critici, analisi intensificate di prodotti intermedi o finali, indagini sulla condizione effettiva durante lo stoccaggio, la distribuzione e la vendita e sull’uso effettivo del prodotto.

La frequenza delle verifiche dovrebbe essere tale da confermare l’efficiente funzionamento del sistema HACCP. Essa dipende dalle caratteristiche dell’impresa (fatturato, numero di dipendenti, natura dell’alimento trattato), dalla frequenza del monitoraggio, dall’accuratezza dei dipendenti, dal numero di anomalie rilevate nel tempo e dai pericoli in questione.

Le verifiche devono comprendere tutti i seguenti elementi, ma non necessariamente tutti contemporaneamente:

• controllo della correttezza delle registrazioni e analisi delle anomalie;

• controlli sulla persona preposta al monitoraggio delle attività di trasformazione, stoccaggio e/o trasporto;

• controllo fisico del processo oggetto di monitoraggio; • calibrazione degli strumenti utilizzati per il monitoraggio.

Qualora determinate attività di verifica non potessero essere realizzate all’interno dell’impresa, esse dovrebbero essere affidate a esperti esterni o a terzi qualificati.

7) Documentazione e registrazione

Il Reg. 852/2004 richiede agli operatori una documentazione adeguata alla natura ed alle dimensioni dell’impresa, così come le registrazioni, che devono limitarsi esclusivamente a quelle necessarie alle autorità per effettuare i controlli. I documenti e le registrazioni vanno conservati per un periodo di tempo sufficiente a consentire alle autorità competenti di verificare il sistema HACCP, infatti l’operatore responsabile, al momento del controllo ufficiale, per assicurare e dimostrare che i principi dell’HACCP sono stati correttamente applicati, deve esibire tutti i documenti riguardanti le attività svolte e pianificate all’interno della propria azienda in modo tale da non incorrere in sanzioni.

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1.1.4 Regolamento CE n. 2073/2005

Il Regolamento CE n. 2073/2005 della Commissione del 15 novembre 2005 sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari stabilisce i criteri microbiologici per taluni microrganismi e le norme di attuazione che gli operatori del settore alimentare devono rispettare nell’applicazione delle misure di igiene generali e specifiche di cui l’articolo 4 del Regolamento CE n. 852/2004 ed abroga la decisione 93/51/CEE.

Un elevato livello di protezione della salute pubblica è uno degli obiettivi fondamentali della legislazione alimentare ed i rischi microbiologici costituiscono una delle principali fonti di malattie umane causate da alimenti.

I criteri fissati nel presente regolamento devono poter essere modificati e riveduti, quando necessario, per tener conto dell’evoluzione nei settori della sicurezza alimentare e microbiologia degli alimenti, ossia dei progressi scientifici, tecnologici e metodologici, dei cambiamenti dei livelli di prevalenza e contaminazione e nella percentuale di consumatori sensibili, nonché eventuali risultati che emergono dalla valutazione dei rischi.

Nell’articolo 2 il regolamento fornisce le seguenti definizioni:

-«Microrganismi» i batteri, virus, lieviti, muffe, alghe, protozoi parassiti, elminti parassiti microscopici le loro tossine e i loro metaboliti;

-«Criterio microbiologico», un criterio che definisce l’accessibilità di un prodotto, di una partita di prodotti alimentari o di un processo, in base all’assenza, alla presenza o al numero di microrganismi o in base alla quantità delle relative tossine o metaboliti, per unità di massa, volume, area o partita;

-«Criterio di sicurezza alimentare» un criterio che definisce l’accettabilità di un prodotto o di una partita di prodotti alimentari, applicabile ai prodotti immessi sul mercato; -«Criterio di igiene del processo» un criterio che definisce il funzionamento accettabile del processo di produzione. Questo criterio fissa un valore indicativo di contaminazione al di sopra del quale sono necessarie misure correttive volte a mantenere l’igiene del processo di produzione in ottemperanza alla legislazione in materia di prodotti alimentari.

Il Regolamento CE 2073/05 ha introdotto un nuovo approccio per controllare la sicurezza di un alimento non più legato strettamente ed unicamente ad una verifica di prodotto a campione su un alimento o su una o più partite di alimenti, ma un controllo di processo per avere prova che le produzioni alimentari siano effettivamente sotto controllo. Gli operatori del settore alimentare provvedono a che i prodotti siano

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conformi ai relativi criteri microbiologici fissati nell’allegato I del Regolamento CE n. 2073/2005. A tal fine gli operatori del settore alimentare adottano provvedimenti, in ogni fase della produzione, lavorazione e distribuzione, inclusa la vendita al dettaglio, nell’ambito delle loro procedure HACCP e delle loro prassi corrette in materia di igiene, per garantire che la fornitura, la manipolazione e la lavorazione delle materie prime e dei prodotti alimentari che dipendono dal loro controllo, si effettuino nel rispetto dei criteri di igiene del processo e che i criteri di sicurezza, applicabili per l’intera durata del periodo di conservabilità dei prodotti, possano essere rispettati a condizioni ragionevoli di trasporto, conservazione ed uso.

Se necessario gli OSA effettuano studi, in conformità all’allegato II del Regolamento CE n. 2073/2005, per verificare se i criteri sono rispettati per l’intera durata del periodo di conservabilità.

L’articolo 4 regolamenta le prove per la verifica del rispetto dei criteri, gli OSA infatti effettuano nei modi appropriati le analisi per verificare il rispetto dei criteri microbiologico dell’allegato I del Regolamento CE n 2073/2005 quando convalidano o controllano il corretto funzionamento delle loro procedure basate sui principi HACCP e sulla corretta prassi igienica. La frequenza di tali campionamenti è stabilità dall’OSA, salvo quando non sia indicata una frequenza specifica nell’allegato I, nel contesto delle procedure basate sull’HACCP e della corretta prassi igienica tenendo conto delle istruzioni per l’uso del prodotto in questione. La frequenza del campionamento può essere adattata alla natura e alle dimensioni dell’impresa purché ciò non comprometta la sicurezza dei prodotti.

Qualora i risultati delle prove destinate a verificare il rispetto dei criteri dell’allegato I siano insoddisfacenti, gli operatori del settore alimentare adottano le misure correttive previste dal piano di autocontrollo ed ogni altra azione necessaria a proteggere la salute del consumatore. Inoltre attuano i seguenti provvedimenti:

- Adozione di misure per accertare la causa dei risultati insoddisfacenti, onde evitare il riverificarsi della contaminazione microbiologica inaccettabile. Tali misure possono includere modifiche nelle procedure HACCP o di altre misure di controllo dell’igiene dell’alimento.

-il prodotto o la partita di prodotti alimentari sono ritirati o richiamati conformemente all’articolo 19 del Regolamento CE m. 178/2002. Tuttavia i prodotti immessi sul mercato, ma non a livello di vendita al dettaglio, che non soddisfino i criteri di sicurezza alimentare possono essere sottoposti a ulteriore trasformazione mediante un trattamento che elimini il rischio in questione; tale trattamento può essere effettuato solo da

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operatori del settore alimentare diversi dai venditori al dettaglio.

-nel caso di risultati insoddisfacenti in relazione ai criteri di igiene del processo sono adottati i provvedimenti contenuti nel capitolo 2 dell’allegato I, specifici per categoria di alimento, fase della catena di produzione e microrganismo.

1.2 Infezioni e tossinfezioni alimentari.

Esistono oggi al mondo più di 250 tipologie di tossinfezioni alimentari, che si manifestano con differenti sintomi e sono causate da diversi agenti patogeni, per lo più batteri, virus e parassiti. Con il passare degli anni, vengono identificati continuamente nuovi patogeni, i cosiddetti patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni,

Escherichia coli 157:H7, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, etc.

L'urbanizzazione e i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, compresi i viaggi, hanno aumentato il numero di persone che comprano e mangiano cibo preparato in luoghi pubblici. La globalizzazione ha provocato una crescente domanda da parte dei consumatori di una più ampia varietà di alimenti, con il risultato di una catena alimentare globale sempre più complessa e più lunga.

Con l'aumento della popolazione mondiale, l'intensificazione e l'industrializzazione dell'agricoltura e della produzione animale, per soddisfare la crescente domanda di cibo, creano sia opportunità che sfide per la sicurezza alimentare. Queste sfide attribuiscono maggiore responsabilità ai produttori e ai gestori alimentari per garantire la sicurezza alimentare poiché gli incidenti locali possono rapidamente evolversi in emergenze internazionali a causa della velocità e della gamma di distribuzione dei prodotti.

Le malattie trasmesse da alimenti sono causate dal consumo di cibo o acqua contaminati con agenti microbici patogeni generalmente a causa di carenze igieniche e a tecniche inadeguate nella manipolazione dei cibi.

Non tutti i microrganismi presenti in un alimento sono patogeni: alcuni di essi infatti conferiscono all’alimento caratteristiche particolari e sono utilizzati nei processi di lievitazione e di fermentazione a livello industriale ed artigianale, ad esempio per la produzione di vino, birra e latticini.

Tuttavia la presenza di batteri può alterare le caratteristiche dell’alimento, deteriorandolo, mentre i patogeni possono determinare l’insorgenza di patologie nel consumatore.

La contaminazione dell’alimento può avvenire in ogni fase della filiera produttiva, dalla produzione primaria alla tavola, motivo per cui, nei nuovi regolamenti comunitari, i

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controlli da parte degli operatore del settore alimentare, devono essere effettuati in ogni fase della produzione.

1.2.1 Modalità di contaminazione

La contaminazione dei cibi può avvenire in molti modi. Alcuni microrganismi sono presenti negli intestini di animali sani e vengono in contatto con le loro carni (trasmettendosi poi a chi le mangia) durante la macellazione. Frutta e verdura possono contaminarsi se lavate o irrigate con acqua contaminata da feci animali o umane. Fra gli altri, la Salmonella può contaminare le uova dopo aver infettato il sistema ovarico delle galline. I batteri del genere Vibrio, normalmente presenti nelle acque, vengono filtrati e concentrati dai frutti di mare, come ostriche e mitili, e quindi possono causare infezioni se gli alimenti vengono ingeriti crudi. In questo caso di parla dunque di contaminazione primaria, poiché il patogeno è presente nella materia prima.

Le infezioni possono però essere trasmesse al cibo, ad esempio dagli operatori, anche durante le fasi di manipolazione e preparazione degli alimenti sia per contatto con le mani che con gli strumenti della cucina, utilizzati ad esempio nella preparazione di diversi alimenti e non disinfettati a dovere. In questi casi si parla di contaminazione secondaria.

La contaminazione secondaria può avvenire anche ad opera di animali, siano essi infestanti, come roditori o insetti, o animali domestici che hanno accesso alle zone dove l’alimento viene preparato, lavorato, confezionato o somministrato.

La proliferazione microbica in seguito ad una contaminazione dipende anche dalle caratteristiche dell’alimento stesso: l’alimento contaminato può rappresentare un substrato idoneo alla moltiplicazione del microrganismo, in quanto ricco di acqua e nutrienti (generalmente questo accade per carne, pesce e latticini) oppure può costituire un substrato inerte, dove il microrganismo è in grado di sopravvivere ma non di moltiplicarsi.

Inoltre, grande importanza rivestono le condizioni in cui i cibi sono mantenuti durante le varie fasi di conservazione: la catena del freddo, ad esempio, previene lo sviluppo e la moltiplicazione di alcuni microrganismi, che per essere tossici necessitano di una popolazione molto numerosa.

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1.2.2 Patogenicità

Affinché si manifesti la malattia, è necessario che siano presenti condizioni specifiche quali la virulenza del microrganismo, la carica microbica nell'alimento e lo stato del sistema immunitario dell'ospite: i bambini, gli anziani, le donne in stato di gravidanza ed in generale tutti i soggetti in condizioni di debolezza (es. ospedalizzati) sono particolarmente soggetti al rischio di malattia e di maggiore gravità.

Esistono tre modalità con cui gli alimenti possono determinare la malattia alimentare: -Infezioni alimentari: Insorgono quando l’alimento consumato contiene batteri patogeni che colonizzano l’intestino dell’uomo, si sviluppano e causano lesioni ai tessuti. Non è necessario che il batterio si moltiplichi nell’alimento, ma se ciò accade la probabilità di infezione aumenta. Ciò accade ad esempio nelle salmonellosi.

-Intossicazioni alimentari: Sono malattie che insorgono in seguito al consumo di un alimento che contiene una tossina, risultato di uno sviluppo microbico precedente al consumo. Il batterio può anche essere morto, ma la tossina può permanere, come ad esempio nelle intossicazioni stafilococciche e nell’intossicazione botulinica.

-Tossinfezioni alimentari: Sono malattie causate dall’ingestione di alimenti contaminati da batteri o da loro tossine. Il microrganismo patogeno deve raggiungere cariche molto elevate nell’alimento e dopo l’assunzione da parte dell’uomo continua il suo sviluppo nell’intestino, libera la tossina che scatena la sintomatologia.

Normalmente, il sistema interessato dalle tossinfezioni alimentari è quello gastrointestinale con manifestazione di nausea, vomito, crampi addominali e diarrea, e con una insorgenza dei sintomi in un arco di tempo relativamente breve (da ore a giorni).

La brevità del tempo di incubazione, cioè del tempo che intercorre tra l'ingestione dell'alimento contaminato ed il manifestarsi dei sintomi della malattia, è tipico di queste forme.

Tuttavia, vi sono casi in cui i sintomi interessano altri apparati corporei e il decorso della malattia è molto diverso. Nel caso del prione legato alla malattia di Creutzfield-Jacob, ad esempio, il periodo di incubazione può essere anche di molti anni e le manifestazioni sintomatiche non interessano il sistema gastrointestinale, ma quello neurale.

Altra caratteristica delle tossinfezioni è quella di non manifestarsi quasi mai in casi isolati, bensì di coinvolgere anche numeri elevati di persone e cioè tutti quelli che hanno consumato l'alimento contaminato. E' quindi evidente il danno che può essere procurato

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in circostanze particolari quali pranzi per cerimonie, comitive o in seno a comunità (scuole, ospedali, strutture ricettive).

Salmonella

La Salmonella è l’agente batterico più comunemente isolato in caso di infezioni trasmesse da alimenti, sia sporadiche che epidemiche ed è un

batterio gram-negativo, asporigeno, di forma bastoncellare, mobile per la presenza di flagelli.

È presente in natura con più di 2000 sierotipi ma i ceppi più frequentemente diffusi nell’uomo e nelle specie animali, in particolare in quelle allevate per la catena alimentare, sono S.

enteritidis e S. typhimurium, che sono forme non tifoidee, responsabili di forme

cliniche a prevalente manifestazione gastroenterica, mentre le salmonelle tifoidee sono generalmente provocate da S. typhi e S. paratyphi, responsabili della febbre tifoide e delle febbri enteriche in genere, in cui l’uomo rappresenta l’unico serbatoio del microrganismo.

Le salmonelle non tifoidee, responsabili di oltre il 50% del totale delle infezioni gastrointestinali, sono una delle cause più frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato ed è abbastanza diffusa anche in Italia.

La contaminazione degli alimenti può avvenire al momento della loro produzione, durante la preparazione, oppure dopo la cottura a causa di una manipolazione non corretta degli alimenti. I principali serbatoi dell’infezione sono rappresentati dagli animali mentre i loro derivati e l’ambiente rappresentano i veicoli di infezione, così come veicoli dell’infezione sono anche superfici e utensili, e qualsiasi alimento manipolato da persone infette con scarsa attenzione alle regole di igiene basilari.

Gli alimenti contaminati rappresentano uno dei veicoli più importanti di diffusione dell’infezione nell’uomo. Tuttavia, per poter causare la malattia è necessaria la colonizzazione massiva dell’agente patogeno nell’alimento prima dell’ingestione. Solitamente all’apparenza il cibo contaminato non presenta alcuna alterazione delle caratteristiche organolettiche.

In particolare, sono da considerarsi alimenti a rischio: •uova crude o poco cotte e derivati a base di uova

•latte crudo e derivati del latte crudo , compreso il latte in polvere •carne e derivati specialmente se poco cotti

•salse e condimenti per insalate •preparati per dolci, creme

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