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Dall’analisi condotta, si può innanzi tutto osservare che, sebbene gli indirizzi di austerità di matrice “esterna” abbiano mostrato una capacità pervasiva negli ordinamenti nazionali, tuttavia le corti costituzionali nazionali hanno anche tentato di ergere alcuni paletti per difendere le Costituzioni. Inoltre, se si esclude l’importante caso del precariato scolastico, non si sono verificate interazioni significative tra i giudici nazionali e la Corte di Giustizia. L’uso di strumenti di diritto internazionale ha aumentato, da un certo punto di vista, la “confusione” delle autorità, ovvero ha reso ancora più incerte le linee di confine tra diritto nazionale e diritto sovranazionale. Di questa confusione, sembra aver approfittato il giudice costituzionale nazionale. In particolare, quello portoghese ha pronunciato diverse dichiarazioni di incostituzionalità, anche sulla scorta del fatto che gli obblighi che vincolavano il Portogallo erano di natura formalmente internazionale (e non eurounitaria). In questo modo, il giudice costituzionale è riuscito ad esprimere le “potenzialità sociali” della Costituzione che deve tutelare. Come già aveva osservato Fabbrini421, il non aver rivestito le misure anti-crisi di natura (sicuramente e innegabilmente)                                                                                                                

eurounitaria ha incrementato la loro aggredibilità da parte dei giudici nazionali. Un confronto diretto con la Corte di Giustizia sarebbe stato senz’altro molto più oneroso per i giudici costituzionali, che avrebbero dovuto “scomodare” esplicitamente i principi intangibili delle costituzioni. Quando il Tribunale costituzionale portoghese ha avuto l’occasione di evocare i rapporti con il diritto UE, non sembra aver affrontato la questione in maniera soddisfacente. Da un lato ha affermato unilateralmente la prevalenza della Costituzione sul diritto sovranazionale, dall’altro ha superficialmente escluso l’esistenza di un conflitto.

In questo modo, non sono state colte le opportunità di un possibile confronto con la Corte di Giustizia422. La sentenza sul precariato scolastico sembra mostrare che la Corte di Giustizia non rifiuti la tutela dei lavoratori, quando si tratta di applicare il diritto eurounitario. Certamente, si può osservare che, mentre la direttiva del 1999 e l’accordo quadro allegato erano espressamente volti ad apprestare certe tutele ai lavoratori a tempo determinato, gli strumenti giuridici con cui si attua la governance hanno altre finalità e, per lo più, contemplano la compressione dei diritti. Quindi, si potrebbe ritenere che, pure se tali strumenti fossero interamente e pacificamente assorbiti nel diritto UE, la Corte di Giustizia non potrebbe che applicarli. Tuttavia, così ragionando, si trascurano le potenzialità contenute nel diritto primario dell’UE (e, quindi, anche nella Carta dei diritti fondamentali), che esibisce ormai anche una vocazione sociale. L’interpretazione e la validità delle misure anti-crisi di diritto UE derivato dovrebbero misurarsi necessariamente con il diritto primario, e gli esiti potrebbero non essere scontati. È vero che, nel suo bilanciamento “libero” (per dirla con Azzariti), la Corte di Giustizia ha mostrato una sensibilità non particolarmente amichevole nei confronti dei diritti sociali, nel recente passato. Tuttavia tal sensibilità potrebbe mutare, proprio grazie                                                                                                                

422 Si coglie l’occasione per ricordare che il Tribunale costituzionale portoghese aveva

riconosciuto implicitamente di non essere esente dall’obbligo di sollevare il rinvio pregiudiziale già nella sentenza n. 163/90 (sul punto, e in genere sui rapporti tra Tribunale costituzionale portoghese, Corte di Lussemburgo e ordinamento dell’Unione europea vedi

R. ORRÙ, Corti europee e Trinunal Constitucional portoghese: tracce di riflessione di un

dialogo ad intensità variabile, in G. F. FERRARI (a cura di), Corti nazionali e Corti

europee, Collana “Cinquanta anni della Corte costituzionale della Repubblica italiana”,

all’interazione con i giudici nazionali. Non si vuole dire che, in casi di eventuali interazioni tra Corti costituzionali e Corte di Giustizia, sul terreno delle misure anti-crisi che sacrificano i diritti sociali, la seconda farebbe senz’altro prevalere le istanze sociali provenienti dal giudice nazionale (o riconoscendole come pacificamente tutelate al livello del diritto UE, oppure ravvisando una identità nazionale da rispettare). Piuttosto, si vuole far considerare la possibilità che, pur attraverso confronti conflittuali tra Corti costituzionali e Corte di Giustizia, quest’ultima possa essere sollecitata a mostrare (forse nel lungo periodo) un’apertura ed una ricettività nei confronti dei contenuti sociali delle costituzioni nazionali, magari promuovendo per questa via, un “nuovo corso” per il diritto sociale sovranazionale.

5. Sintesi

In questo capitolo, è stato presentato, innanzi tutto, il ruolo che il rinvio pregiudiziale può giocare nell’ambito dei conflitti d’autorità, ed il modo in cui questi ultimi possono conferire una “speciale conformazione” al rinvio pregiudiziale. Infatti, un rinvio pregiudiziale fondato sull’invocazione di principi costitutivi e irrinunciabili del patrimonio costituzionale nazionale esalta i suoi aspetti di orizzontalità. Soprattutto se sollevato da una corte costituzionale, esso sembra instaurare un’interazione tendenzialmente paritaria tra il giudice nazionale e la Corte di Giustizia. Quest’ultima si trova “in bilico” tra due necessità: quella di evitare definizioni “dall’esterno” delle identità nazionali di uno Stato membro (che sarebbero autoritarie) e quella di impedire effetti disintegrativi per l’Unione europea. All’interno di queste riflessioni, si colloca la considerazione del caso OMT, in cui il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale costituzionale federale tedesco instaura un’interazione carica di conflittualità con la Corte di Giustizia (cosa non necessariamente negativa, anche se non si nascondono i potenziali effetti di disgregazione). Si è poi considerato il tema dei rapporti tra diritto nazionale e diritto sovranazionale nella giurisprudenza della crisi italiana e portoghese. Si è notato che il Tribunale costituzionale portoghese, talvolta, potrebbe aver “approfittato” di una qualificazione di alcuni degli

strumenti giuridici rilevanti nel senso dell’estraneità al diritto eurounitario (pur essendo possibile una qualificazione diversa), forse al fine di evitare un confronto con la Corte di Giustizia. Il Tribunale, comunque, ha considerato vincolante il Memorandum of Understanding e in alcune decisioni si è premurato di verificare se la misura di diritto interno fosse esattamente sovrapponibile al Memorandum. Nella decisione n. 575/2014, invece, il Tribunale affronta il problema dei rapporti col diritto UE. Infatti, ha affermato che, in virtù dell’art. 4, par. 2 TUE, in caso di conflitto tra diritto costituzionale nazionale e diritto dell’Unione, prevarrebbe senz’altro il primo, e che nel caso di specie il conflitto non sussiste, in quanto vengono in rilievo principi comuni appartenenti al patrimonio giuridico europeo (escludendo, così, la possibilità di un conflitto da convergenza). Nella giurisprudenza italiana, si è evidenziato il ruolo giocato dalla riforma costituzionale n. 1 del 2012. I principi in tema di equilibrio di bilancio diventano molto condizionanti per la Corte costituzionale, tanto che in virtù di questi nella sentenza n. 10 del 2015 compie un’operazione processualmente discutibile, ma devono pur sempre essere letti in modo compatibile con i principi fondamentali della Costituzione (come si evince dalla stessa sentenza). Infine, il rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte italiana sul caso del precariato scolastico e la seguente decisione della Corte di Giustizia dimostrano che non è sempre vero che i diritti sociali trovano “consolazione” nel livello nazionale, e “desolazione” in quello sovranazionale. Questo caso dovrebbe indurre a non escludere la possibilità (o la speranza) che un eventuale coinvolgimento della Corte di Giustizia sui temi della crisi attivi dinamiche positive (magari nel lungo periodo) per il destino dei diritti sociali in Europa.

CAPITOLO V

I “DEFICIT” DEL GIUDICE IN RELAZIONE AI DIRITTI SOCIALI ED IL CONTROLLO DI PROPORZIONALITÀ

1. Premessa

Questo capitolo ed i due successivi riguardano alcuni strumenti utilizzati dai giudici costituzionali per affrontate le questioni concernenti i diritti sociali, nell’ambito della “giurisprudenza della crisi”. Questo capitolo, però, si propone di collocare l’analisi all’interno di uno “scenario” di fondo. Com’è noto, nel novero delle questioni intrecciate con l’allocazione delle risorse, quelle relative ai diritti sociali sono tra le più “scottanti”, da un punto di vista costituzionalistico. È stato affermato in dottrina che il momento attuale avrebbe un carattere epocale: infatti, forse per la prima volta, il sistema giurisdizionale europeo affronta una “sfida” così importante e così grande, ovvero quella consistente nell’applicare i diritti sociali nell’ambito di una crisi del debito senza precedenti, dopo la Grande Depressione del 1929423. Da questo punto di vista, i diritti sociali vivono una “seconda giovinezza”: da un lato affrontano nuove minacce e limitazioni; dall’altro, la giurisprudenza e la dottrina devono studiare nuovi strumenti per proteggerli in circostanze straordinarie424. Si tratta, in particolare, di proteggere i diritti sociali dalle “aggressioni della crisi”. La domanda (di fondo e di partenza) che attraversa questo tema è la seguente: quale deve essere il ruolo del giudice? L’esistenza di un catalogo costituzionale di diritti sociali e di giudici (specialmente costituzionali) deputati alla loro garanzia non sono sufficienti per proteggere tali diritti. Essi, infatti, non devono soltanto essere garantiti in via giurisdizionale, ma devono (prima di tutto) essere attuati dal legislatore425. Il legislatore svolge un ruolo insostituibile per l’effettività dei                                                                                                                

423 X. CONTIADES – A. FOTIADOU, Social Rights in the Age of Proportionality. Global

economic crisis and constitutional litigation, in International Journal of Constitutional Law, vol. 10, n. 3, 2012, 671.

424 Ibidem.

425 Per quanto concerne la distinzione tra garanzia ed attuazione dei diritti sociali, si può

citare, a titolo di esempio, una parte della sentenza n. 575/2014 del Tribunale costituzionale portoghese (su cui si tornerà infra), che ha ad oggetto un contributo di sostenibilità applicato dal legislatore alle pensioni. Il Tribunale richiama la sua giurisprudenza sul diritto alla pensione e ricorda che questo diritto comporta che lo Stato organizzi e mantenga un

diritti sociali426. Il giudice dovrebbe sempre tenere conto di ciò, adottando la necessaria cautela nel sindacare le scelte del legislatore. In realtà , non sempre ciò accade, con la conseguente generazione di conflitti427.

                                                                                                                                                                                                                                                                                          sistema di sicurezza sociale. Tuttavia, dal diritto costituzionale alla pensione non discendono i dettagli dell’organizzazione del sistema di sicurezza sociale; questi sono per lo più rimessi alla volontà del legislatore ordinario, la cui libertà di determinazione dipende dal grado di precisione e definizione del dettato costituzionale. Il diritto ad una pensione non equivale al diritto ad una pensione di un certo ammontare, sicché non è esclusa la possibilità che l’ammontare di una pensione sia ridotto. Pertanto, bisogna riconoscere che il preciso ammontare di una pensione dipende dalle scelte del legislatore, le quali sono condizionate dalla disponibilità di risorse finanziarie e dalle pressioni congiunturali. Inoltre, bisogna considerare che la formazione del diritto alla pensione ha una struttura temporale di medio e lungo periodo, e che i contesti socioeconomici che stanno sullo sfondo dell’attività del legislatore possono cambiare notevolmente durante l’arco di vita della pensione. In Portogallo, il diritto alla pensione è acquisito in base ad un principio contributivo, in base al quale il destinatario e altri enti devono soddisfare certi obblighi, precondizione necessaria per la formazione del diritto a ricevere un’indennità monetaria che sostituisca il guadagno dell’attività lavorativa, nel momento in cui quest’ultima cessa. I contributi sono versati sia dai lavoratori che dai datori di lavoro e il quantum della pensione è un ammontare definito (principio del beneficio definito) che dipende dai contributi versati dai lavoratori e dai datori di lavoro (principio contributivo). Dunque, la vincolatività giuridica del diritto alla pensione deriva da una creazione infracostituzionale (vedi par. 18 della decisione). Sebbene per alcuni autori la “concretizzazione legislativa” del diritto abbia il ruolo di integrare la norma costituzionale del diritto fondamentale, ciò non significa che quel diritto, come plasmato dal legislatore, diventi intangibile, potendo essere soppresso o diminuito in osservanza dei principi strutturanti dello stato di diritto (come il principio di affidamento e di proporzionalità) (vedi par. 18 della decisione). Il Tribunale costituzionale è ben consapevole che il diritto alla pensione è condizionato alle disponibilità finanziarie ed è soggetto alle congiunture economiche particolarmente difficili, anche per ragioni strutturali del diritto: si tratta di un diritto che, dal punto di vista della struttura temporale, è di media e lunga durata, e pertanto, durante la vita del diritto, è ben possibile che i contesti sociali ed economici si alterino significativamente. Inoltre, le pensioni sono particolarmente dipendenti dalla “riserva del possibile” per via del loro inserimento nel sistema di solidarietà del contratto generazionale. In un sistema previdenziale a ripartizione, i beneficiari non possono ignorare i rischi implicati, per quanto concerne l’alterazione dei diritti in formazione, dal momento che non si può sostenere l’esistenza di un principio di intangibilità del quantum della pensione. Anche nella decisione n. 187/2013 è stato affermato che ciò che trova una garanzia costituzionale è il diritto alla pensione, non il diritto ad un certo quantum di pensione. Tutto ciò premesso, il legislatore non gode di una libertà illimitata nel modificare il diritto alla pensione, ma deve rispettare i principi costituzionali, in particolare quelli derivanti dal principio dello stato di diritto.

426 È stato addirittura affermato che «the legislative and executive branches play the key

role in protecting social rights» (J. KING, Judging social rights, Cambridge University Press, Cambridge, 2012, 2).

427 La conflittualità tra il giudice costituzionale ed il legislatore può derivare da varie

concause, tra le quali è stata annoverata la Costituzione stessa. Con riferimento alla Costituzione italiana, per esempio – ma il discorso potrebbe estendersi anche ad altre costituzioni – è stato affermato che il testo stesso della Costituzione, «volutamente generica in molte disposizioni e così carica di concetti indeterminati e rinvii a criteri di ordine metagiuridico, così che “il confine tra legittimità e merito si fa sottilissimo e rischia, a volte, di essere oltrepassato”», può diventare la sede di una “conflittualità latente”. Il rischio di conflittualità è più alto soprattutto nei casi in cui «l’attenzione della Corte si è spostata sulla legislazione più recente, affrontando problematiche di attualità talmente viva da essere nel contempo all’esame della competente sede legislativa. A quel punto è sembrato giocoforza considerare la stessa Corte, anche se con una certa enfasi, come terza Camera di un Parlamento col quale indubbiamente interagisce, pur senza interferire» (vedi C. COLAPIETRO, La giurisprudenza costituzionale nella crisi dello stato sociale, cit., 18).

Sono frequenti in letteratura argomenti che, sulla base di queste considerazioni di fondo, tendono a enfatizzare i deficit strutturali del giudice in relazione ai diritti sociali e, di conseguenza, sono volti a contrastare la giurisdizionalizzazione di questi ultimi, o, quantomeno, auspicano un self-

restraint giudiziale. I tentativi di teorizzare il self-restraint giudiziale in

relazione ai diritti sociali hanno molti punti di convergenza con la riflessione di quanti sottolineano il ruolo fondamentale svolto dal controllo di proporzionalità. Quest’ultimo, però, ha una doppia valenza: in virtù di questo, il giudice può riconoscere un ampio margine di scelta al legislatore, ma può anche cercare di sostituirsi surrettiziamente alla sua valutazione. Si concentrerà l’attenzione, dunque, sul controllo di proporzionalità, che è sempre di più utilizzato dai giudici, e soprattutto dai giudici costituzionali428. Come si vedrà soprattutto nel capitolo successivo, alcuni giudici costituzionali hanno fatto un notevole ricorso al controllo di proporzionalità nelle decisioni relative alle misure anti-crisi429. Questo dato                                                                                                                

428 Per esempio, con riferimento al giudice costituzionale italiano Cartabia afferma:

«parlare di ragionevolezza e proporzionalità equivale a parlare del lavoro quotidiano della

Corte costituzionale» (M. CARTABIA, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella

giurisprudenza costituzionale italiana, Conferenza trilaterale delle Corti costituzionali

italiana, portoghese e spagnola, Roma, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013,

disponibile su

http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/RI_Cartabia_Roma2013.p

df, 1). Tra proporzionalità e ragionevolezza esiste un nesso molto forte. Già negli anni

novanta, Romboli affermava: «la più recente giurisprudenza costituzionale mostra come il giudizio di ragionevolezza svolto dalla Corte sia oramai divenuto senza dubbio la vera

pietra miliare della sua attività […]» (R. ROMBOLI, Ragionevolezza, motivazione delle

decisioni ed ampliamento del contraddittorio nei giudizi costituzionali, in AA. VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Riferimenti comparatistici, Atti del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, nei giorni 13 e

14 ottobre 1992, Giuffrè, Milano, 1994, 229.

429 In verità, l’entità e la portata del ricorso alla proporzionalità non è stata uniforme presso

tutti i giudici costituzionali. Per esempio, Kilpatrick ha messo in evidenza una distinzione che si può operare all’interno della giurisprudenza di sette Stati dell’Unione europea (non tutti appartenenti all’euro-zona) che si sono trovati in condizione di bailout: Ungheria, Lituania, Romania, Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro. L’A., infatti, traccia una sorta di asse “oriente/occidente”, lungo il quale si differenzierebbe il parametro per il giudizio di costituzionalità. I giudici “orientali” avrebbero fatto maggiormente uso di previsioni costituzionali “sociali” specifiche, mentre i giudici “occidentali” avrebbero fatto maggiormente ricorso a principi di carattere generale e sistemico. «Eastern European

challenges were brought using distinctive constitutional social provisions Western European challenges were not. Hence, in Latvia and Romania challenges to pension and benefit cuts were brought under the constitutional guarantee to social security. Challenges to pay cuts, brought in Romania but not in Latvia, were brought on a different constitutional basis, the right to work (Article 41 Romanian Constitution). By contrast, cuts to both pay and pensions were dealt with on distinct but non-social constitutional bases in Greece and Portugal. In Greece this was the right to property (Article 17 Greek Constitution), the principle of proportionality (Article 25(1) Greek Constitution), equal

sembrerebbe confermare la tesi che è stata esposta nel capitolo introduttivo, ovvero quella per cui l’attuale fase dei rapporti tra diritto nazionale e diritto sovranazionale esige una “cultura della giustificazione” 430 . La proporzionalità rappresenta una tecnica particolarmente affine alla cultura della giustificazione. Anzi, si potrebbe dire che sia inseparabile dall’idea stessa di giustificazione431. Inoltre, l’uso della proporzionalità è strettamente legato – pare – ad un’altra caratteristica della cultura della giustificazione. La proporzionalità, infatti, è una tecnica di giudizio basata fortemente sul ragionamento del giudice, e prescinde in buona parte dalle specifiche previsioni contenute in un dato testo costituzionale (infatti, è una tecnica usata, pur con molte varianti, da moltissimi giudici a livello globale). Ciò ovviamente non conduce (o non deve condurre) il giudice a by-passare il testo costituzionale, ma contribuisce a lasciare quest’ultimo “sullo sfondo”432. Ebbene, è stato messo in luce che nella cultura della                                                                                                                                                                                                                                                                                          

participation of citizens in public burdens (Article 4(5) Greek Constitution) and respect for human dignity (Article 2(1) Greek Constitution). In Portugal, the primary basis for the cuts jurisprudence was the Rule of Law in Article 2, used to underpin the principles of trust and legitimate expectations, and the principle of equality in Article 13 (1): “All citizens possess the same social dignity and are equal before the law” (C. KILPATRICK, Constitutions,

social rights and sovereign debt states in Europe: a challenging new area of constitutional inquiry, EUI Working Papers, 2015/34, 10-11). Si soffermano sull’uso di principi oggettivi,

piuttosto che delle previsioni costituzionali di diritti, da parte del Tribunale costituzionale

porttoghese anche M. CANOTILHO, T. VIOLANTE, R. LANCEIRO, Weak rights, strong

principles, cit. Questi autori ricordano che nella sentenza n. 3/2010 il Tribunale ha

affermato che «the protection of existing social entitlements is achieved through

fundamental principles of the Democratic State, such as the principle of equality and the protection of legitimate expectations, and not through the appeal to the right to social security» (vedi IVI, 16). Per questi autori il ricorso a principi oggettivi di carattere generale ha il pregio di mettere al riparo i diritti sociali dagli effetti negativi che potrebbero arrecare loro eventuali modifiche costituzionali delle previsioni concernenti i singoli diritti, e anche

quello di facilitare la formazione del consenso in seno al Tribunale (IVI, 16-17).

430 E ciò vale particolarmente con riferimento alla governance economico-finanziaria.

431 «Proportionality, we believe, is essentially a requirement of justification» ((M. COHEN-

ELIYA – I. PORAT, Proportionality and the Culture of Justification, cit., 466). «When we

apply proportionality in constitutional law, we ask governments to justify their actions on substantive grounds. The global move toward proportionality is therefore a global move toward justification; it responds to a widespread and basic intuition; we want government to justify all of its actions. Thus, in order to understand the success of proportionality we must place it within a larger move towards what we term a constitutional “culture of justification”» (IVI, 474). Come si è già detto, esiste un nesso molto forte tra proporzionalità e ragionevolezza. La prima, infatti, può essere concepita come una tecnica per verificare la ragionevolezza del bilanciamento legislativo. Vedi, per esempio, (A.