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Conseguenze della vaghezza delle formule costituzionali sullo

2. Una possibile versione di judicial restraint in relazione ai diritt

2.3 Conseguenze della vaghezza delle formule costituzionali sullo

Nella versione di judicial restraint elaborata da King, gioca un ruolo importante l’approccio interpretativo ai diritti sociali e alla loro                                                                                                                

448 «Expertise cannot be a rationale for complete deference. If it could, we would need to

rethink the structure of democratic government. We would have to revise quite radically the nature of public and criminal law, as well as most areas of regulation. We would not do this; the reason for such refusal is that we are prepared to accept, within adjudicstory structures, a trade-off between the need for expertise and the need for accountability and control over abuses of power» (IVI, 229-230). Il trade-off tra expertise e accountability riguarda essenzialmente le “technical agencies”, mentre Governi e Parlamenti sono sicuramente organi dotati di accountability, che, però, possono avvalersi dell’ausilio e dell’attività istruttoria di istituzioni tecnocratiche.

449 L’A. distingue front-line expertise, managerial expertise, professional expertise,

specialised adjudicative expertise (IVI, 221-229).

450 «The clearest set of situations where judicial deference to the expertise of another

officiali s inappropriate is where there is evidence showing that there was a failure of expertise» (IVI, 235).

451 Per esempio, i giudici possono dare peso alla flessibilità anche usando «the virtue of

silence to give the legislature and government the space to develop the standards and policies themselves. All this, of course, assumes that bureaucracies and legislatures will use their flexibility to some good. That conclusion is not only unwarranted at times, but often the very problem at issue is political intransigence or inertia. Here courts can promote flexibility by breaking up inertia and by giving groups an enhanced voice in the policy-making process» (IVI, 286).

costituzionalizzazione. Come già è stato evidenziato in nota, supra, una causa strutturale dei conflitti tra legislatore e giudice (costituzionale) sta – per così dire – all’origine, cioè nel testo costituzionale e nelle sue caratteristiche. I testi delle costituzioni, com’è noto, presentano spesso formule vaghe e generiche, anche quando riconoscono dei diritti (ciò, ovviamente, non stupisce affatto, dato che uno dei compiti delle costituzioni è proprio quello di fissare dei principi, che hanno bisogno di essere sviluppati dal legislatore). Pertanto, quando i giudici costituzionali si occupano di diritti (non solo sociali) devono fare i conti con formule alquanto vaghe. Ciò può produrre una conseguenza: il giudice non si concentrerà tanto sul contenuto di una statuizione legislativa, ma piuttosto sul processo decisionale, e quindi sulle giustificazioni addotte per supportare un’eventuale interferenza legislativa con un dato diritto453. Adottando questa impostazione, una tecnica come quella cosiddetta del “contenuto minimo essenziale” del diritto potrebbe essere guardata con diffidenza. Questa tecnica, infatti, è volta all’individuazione di un “contenuto”, che deve essere assicurato dal legislatore ed individuato dal giudice costituzionale, quando (come spesso accade) la previsione costituzionale dà solo indicazioni generiche. Non si vuole negare che l’individuazione giudiziale di un contenuto minimo essenziale sia talvolta necessaria, o che si possa anche avvalere di criteri ragionevoli454. Si vuole                                                                                                                

453 «[…] judging, in most contemporary rights adjudication, focuses on the application of

fairly vague terms that in practice invite judges to evaluate the process of decision-making taken in respect of certain interests. I argue that the main role for the judge in applyiing such vague standards is to focus on the acceptability of the justifications put forward for interferences with or denials of the interests in question» (IVI, 97). L’A. muove da una distinzione tra “obblighi assoluti” e “obblighi qualificati”, che effettua sul piano della formulazione testuale delle costituzioni. In relazione ai diritti sociali, il testo costituzionale potrebbe essere formulato in maniera tale da non richiedere ai giudici di tenere in conto la scarsità delle risorse: in questo caso, l’obbligo per lo Stato sarebbe assoluto (l’A. adduce come esempio la Costituzione finlandese, section 19 – The right to social security: «Those

who cannot obtain the means necessary for a life of dignity have the right to receive indispensable subsistence and care»). Invece, l’A. parla di obblighi “qualificati” quando il

testo costituzionale fa intendere (implicitamente o esplicitamente) che il diritto è

suscettibile di essere limitato in qualche modo. Questa è la tipologia più comune (IVI, 100-

105). Mentre in relazione alla prima tipologia sembrerebbe che la questione del contenuto del diritto sia già esaurita dal testo costituzionale, in relazione alla seconda ciò non si può riscontrare, e pertanto «the role of the court is essentially concerned with identifying the

acceptability of justifications in support of proposed policies, and not with the categorical acceptability of those policies themselves» (IVI, 117).

454 «There is doubtless a basic kernel of truth to this idea of a minimum core: surely there

soltanto dire che tale tecnica può presentare profili discutibili, legati alla difficoltà di individuare con precisione il contenuto minimo ed alla conseguente invasività dello scrutinio giudiziale richiesta455. Comunque, non si deve giungere a conclusioni affrettate e troppo nette. Infatti, esiste la possibilità che anche la tecnica del contenuto minimo essenziale sia utilizzata in maniera tale da rispettare la determinazione legislativa e da dare rislato alle giustificazioni della stessa, piuttosto che ai contenuti456.

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

surely too priority should be given to interests that are more urgent than those that are not» (IVI, 115).

455 Ibidem. Come afferma Salazar, se per “contenuto minimo essenziale” si intende un quid

predeterminato, «la soglia minima dei diritti sociali sarà un elemento che né il legislatore,

né la stessa Corte costituzionale potranno ignorare: il Parlamento, nel procedere al

bilanciamento tra i valori in gioco, la Corte nel verificare la ragionevolezza di tale

ponderazione» (C. SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali.

Orientamenti e tecniche decisorie della Corte costituzionale a confronto, Giappichelli,

Torino, 2000, 130-131). Il punto è che sarà la Corte, infine, a sancire tale contenuto, o comunque a stabilire se il contenuto fissato dal legislatore è compatibile con la costituzione, visto che essa ha il compito di sindacare la costituzionalità delle leggi. Ricorda la problematicità del concetto di contenuto minimo essenziale anche Camerlengo: «non è determinabile una volta per tutte, specificandosi di volta in volta a seconda del diritto sociale. La sua determinazione dipende da fattori che, per diverse ragioni, sfuggono ad un controllo certo quanto innanzitutto ad oggettività e attendibilità. Occorre, infatti, calcolare l’ammontare della ricchezza esistente, stabilire quando un bene possa definirsi scarso, senza dimenticare la difficoltà di definire, anche in termini quantitativi, il livello di esistenza “libera e dignitosa”. Se, poi, l’obiettivo è quello di garantire l’eguaglianza delle opportunità, il contenuto minimo essenziale diventa davvero un concetto sfuggente» (Q. CAMERLENGO, Costituzione e promozione sociale, Il Mulino, Bologna, 2013, 232).

456 Si richiama, a titolo di esempio, la decisione resa dal Tribunale costituzionale federale

tedesco del 9 febbraio 2010, primo senato, sulla legittimità dell’entità dei sussidi di disoccupazione. In particolare, le disposizioni impugnate contrastavano col diritto fondamentale alla garanzia di un minimo vitale dignitoso, ricavabile dal combinato disposto dell’art. 1.1 e del principio dello Stato sociale di cui all’art. 20.1 LF. Dalla decisione richiamata, si ricava che i principi costituzionali devono essere concretizzati dal legislatore, il quale gode inevitabilmente di una certa discrezionalità, che deve tenere conto anche dello sviluppo della collettivtà e delle condizioni di vita esistenti. Dunque, non è escluso che nell’individuazione del contenuto del minimo essenziale giochi un ruolo anche la discrezionalità legislativa. Inoltre, il tribunale tedesco, al fine di giudicare la costituzionalità delle leggi impugnate, svolge una valutazione in tre passaggi: una sommaria valutazione sull’entità dei sussidi; un’indagine sull’idoneità della metodologia scelta per determinarla; una verifica della corrispondenza delle scelte compiute dal legislatore rispetto a quel metodo. Infatti, «poiché la LF di per sé non consente una precisa quantificazione della pretesa, il controllo sul merito può soltanto appurare se le prestazioni siano manifestamente insufficienti (§ 141). Cruciale è allora il controllo della metodologia

seguita» (G. DELLEDONNE, “Minimo vitale” e Stato sociale in una recente pronuncia della

Corte costituzionale tedesca, Quaderni costituzionali, 2010, n. 3, 600). Poiché le

disposizioni costituzionali non danno indicazioni particolarmente precise sul minimo vitale, al giudice costituzionale non rimane altro da fare che effettuare una verifica sul procedimento che ha condotto all’individuazione di tale minimo. In ultima analisi, si tratta pur sempre di un metodo di controllo di costituzionalià fondato sulle giustificazioni delle scelte legislative.