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Conclusioni rispetto al percorso dell’accoglienza dei MSNA sul territorio veneziano

2.1. UOC minori stranieri non residenti e accoglienza nel Comune di Venezia

2.1.6. Conclusioni rispetto al percorso dell’accoglienza dei MSNA sul territorio veneziano

Alla luce di quanto detto finora, cercherò qui di trarre delle conclusioni rispetto all’accoglienza sopra descritta, soffermandomi su quelle che ritengo le maggiori criticità. Da queste ultime è partita la riflessione che ha condotto alla nascita dell’A.P.S. “ComuniCare” e del progetto “Hospitopoli”. Rispetto alla mia esperienza in qualità di tutrice legale di minori e di membro di “ComuniCare” una grande criticità che ho riscontrato rispetto all’accoglienza dei MSNA riguarda in particolare la formazione scolastica. Anche nel caso di ragazzi di 17 anni o poco meno la prassi è quella di farli iscrivere alla terza media a prescindere dal percorso di studi che abbiano fatto nel proprio paese di origine. Questa scelta condizione il resto del percorso del ragazzo soprattutto in una presa in carico la cui durata è fortemente limitata. Questi ragazzi arrivano in Italia con il progetto di trovare un lavoro e di sostenere la propria famiglia economicamente. Di conseguenza, rispetto alle proprie aspirazioni e al proprio progetto migratorio, iscriversi a una scuola di secondaria di primo grado è altamente frustrante per la maggior parte di loro. Personalmente, ritengo che l’esperienza trentina della rete

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Con.Solida e dei suoi laboratori “Conoscere” e “Lavorare” sia assolutamente da replicare in altri

contesti tra cui quello veneziano. Da quest’anno la Rete Insieme a Km0 sta riflettendo su come entrare in contatto con delle aziende in modo da creare una database di aziende solidali disposte ad avviare un tirocinio o cui indirizzare dei ragazzi con delle competenze specifiche che possano incontrare le esigenze delle aziende. A tal proposito, una sotto componente del tavolo tematico “Famiglia,

Infanzia, Adolescenza, Minori in condizioni di disagio, Giovani”31 che raggruppa tutti gli attori che collaborano e si occupano di MSNA stanno riflettendo su come creare un database di tutte le aziende e attività commerciali che hanno collaborato attraverso l’attivazione di un tirocinio per i ragazzi e su come si potrebbe ampliare la rete di aziende solidali. Inoltre, in linea con la metodologia del lavoro di rete, molti professionisti del tavolo tematico collaborano anche con la Rete Insieme a Km0 e si sono dimostrati disposti ad aggiornare la Rete e condividere il database mettendolo a disposizione insieme ad altri contatti e riferimenti rispetto a occasioni di tirocinio o lavoro per i neo maggiorenni. Questa collaborazione è tanto preziosa quanto più questo periodo di crisi economica riduce fortemente le possibilità anche semplicemente di avviare un tirocinio non retribuito. Perché questi sforzi siano ben riposti, sarebbe più saggio permettere ai ragazzi, tanto più a chi arriva già ultra diciasettenne, di intraprendere un percorso formativo professionale anche breve piuttosto che iscriversi alla terza media che non dà alcune possibilità di sbocco lavorativo in vista dello sgancio imminente. Sarebbe utile anche solo affiancare al percorso della terza media una formazione professionale del genere in collaborazione con enti che rilasciano certificazioni riconosciute a livello provinciale o regionale. A questo proposito sarebbe utili firmare delle convenzioni con enti di formazione certificati (Enaip, Co.Ge.S., Irecoop, Ascom, gli stessi Centri per l’Impiego). È in questa direzione che si sta muovendo la Rete Insieme a Km0 grazie alla collaborazione e al supporto dei Servizi e del Terzo settore.

I minori affidati a famiglie, soprattutto se italiane, hanno percorsi scolastici più positivi, proprio perché godono del supporto familiare e delle relazioni familiari. Nonostante i recenti sforzi e i tentativi in tal senso, esiste ad oggi un problema di “socializzazione delle informazioni” tra le istituzioni interessate (comunità, enti di formazione, enti locali, servizi come gli informagiovani”, ecc.) rispetto alle diverse opportunità formative offerte nel territorio. La situazione attuale vede inoltre una normativa che ostacola l’inserimento lavorativo del minore straniero non accompagnato quando in possesso del pds per minore età o per richiesta di Asilo. Il MSNA nel migliore dei casi può svolgere un tirocinio che non è quasi mai coperto da una borsa lavoro che gli assicuri un compenso minimo come riconoscimento dei suoi sforzi e motivazione per rileggere in modo positivo e senza frustrazione

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la propria scelta migratoria. Inoltre, le spese di attivazione del tirocinio sono consistenti e molto spesso è il minore stesso che è chiamato a pagarle. A queste condizioni, nonostante gli AS e gli educatori cerchino di motivare il ragazzo al tirocinio formativo non remunerato profilandolo come percorso professionalizzante, questi si sente immancabilmente frustrato all’idea di lavorare gratis poiché in netto contrasto con le aspettative e l’immaginario dello stile di vita in un paese occidentale su cui lui e la sua famiglia hanno fondato il progetto migratorio. Inoltre, la crisi economica di questi anni ha colpito anche i settori della ristorazione e dell’agricoltura dove un tempo i tirocini si concludevano spesso con un assunzione e o un contratto di apprendistato. Per queste palpabili difficoltà generalizzate, i ragazzi tendono ad aspettare fino all’ottenimento dei documenti per poi partire verso un altro paese europeo o, nei casi peggiori, accettare facili profitti entrando nelle maglie della microcriminalità. Indubbiamente, la cultura e il lavoro sono tra gli strumenti più efficaci ai fini della socializzazione, della responsabilizzazione e dell’emancipazione dei ragazzi, anche di quelli con grandi difficoltà relazionali e di integrazione. Pertanto, senza ignorare i limiti dell’attuale congiuntura economica negativa che si ripercuote anche sui servizi e sul settore sociale in primis e della normativa fortemente limitativa, sarebbe importante allargare la rete di supporto ai MSNA fin dall’inizio della loro accoglienza e moltiplicare le occasioni di incontro e di conoscenza affinché la cittadinanza entri in contatto con questa realtà e sia più consapevole dei bisogni di questi minori. In questo modo ci sarebbe più gente disposta a mettere in rete le proprie competenze e risorse, e a dare il proprio contributo nei modi più disparati. Non mi riferiscono alle mere donazioni economiche, di sicuro importantissime per il finanziamento di borse lavoro o per il sostegno al pagamento di spese e affitto dei neomaggiorenni in difficoltà, ma soprattutto al semplice fatto di entrare in relazione con loro e farsi personalmente promotori della loro inclusione sociale. I modi possono essere i più disparati: aiuto-compiti, organizzazione di eventi cultuali, gastronomici o ricreativi, corsi formativi o attività sportive, ecc. La partecipazione attiva e il sostegno della cittadinanza possono aiutare i Servizi fin dove questi non riescono a fare, soprattutto a seguito dei consistenti tagli al personale e ai fondi nel settore. Le istituzioni, d’altra parte, dovrebbero tutelare i diritti fondamentali del minore e impegnarsi nella promozione dei servizi e delle reti esistenti a supporto dei MSNA. Inoltre, dovrebbero sensibilizzare la cittadinanza attraverso dei percorsi pubblici e gratuiti di educazione all’interculturalismo e alla solidarietà, prevedendo anche l’intervento di alcuni di loro affinché portino la propria esperienza di persone non solo vulnerabili ma anche portatrici di altrettanto ricche identità culturali e di aspirazioni e progetti per una vita migliore, in fondo non troppo diversi da quelli che spingono al giorno d’oggi molti ragazzi italiano a emigrare all’estero. Il percorso di conoscenza e di affiancamento fin dall’inserimento garantirebbe un supporto maggiore da parte della Cittadinanza al momento dello sgancio. Un’altra grossissima criticità che ho riscontrato è proprio la frattura con i

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Servizi e le comunità di accoglienza e l’abbandono del neomaggiorenne nel periodo medio-lungo successivo alla sgancio dalle strutture. Di fatto, il ragazzo che non ha effettivamente una famiglia o dei parenti che lo supportino, si ritrova da solo, senza una casa né un lavoro. Alla conclusione dell’accoglienza, si profilano tutti i limiti e le criticità del PEI e di tutto il percorso della presa in carico. I tempi brevi dell’accoglienza dei MSNA non permettono di costruire uno sgancio solido e di dotare i ragazzi di strumenti adeguati da spendere quando si ritrovano da soli. Ma se queste criticità sono tutte legate alla limitatezza del periodo di accoglienza, il fatto di non aver costruito attorno al minore una rete solida di supporto in vista della uscita è una responsabilità dei Servizi e delle strutture di accoglienza. Dall’impegno a rispondere a queste criticità, nasce il progetto della “Rete Insieme a Km0” e l’operato di A.P.S. “ComuniCare”. Entrambe collaborano e cooperano insieme ad altre realtà del terzo settore al fine di accompagnare e sostenere i ragazzi fin da minori e in vista dello sgancio, prevedendo delle azioni di accompagnamento ai Servizi del territorio e promuovendo delle occasioni di conoscenza e socializzazione tra coetanei e non, al fine di facilitare l’inclusione sociale in una comunità locale che sia poi attiva nel sostenerli al compimento della maggiore età e anche oltre con le risorse a disposizione e nei modi più disparati.

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2.2. Storia di A.P.S. “ComuniCare”: da chi è composta, cosa ha fatto e continua a