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La crisi finanziaria insieme al cambiamento del mercato del lavoro hanno prodotto degli effetti considerevoli anche sul mercato immobiliare. I bassi salari insieme all’alta mobilità richiesta dal mercato del lavoro generano una domanda flessibile e continua di affitti bassi. Nelle principali città italiane, nell’ultimo decennio i costi degli affitti e delle vendite sono cresciuti esponenzialmente. In questo periodo più famiglie hanno investito i propri risparmi nell’acquisto di un immobile, mentre gli affitti sono calati. Ad oggi invece il mercato immobiliare sta risentendo fortemente della crisi finanziaria e del lavoro, tuttavia i prezzi di vendita e di affitto continuano ad essere alti. In questa situazione di alta precarietà, uno sguardo particolare va ai giovani e agli studenti fuori sede in particolare, fortemente colpiti per la loro alta mobilità e la precarietà lavorativa da questa situazione. In particolare, uno studente che decidere di iscriversi in un’altra città e/o regione per studiare rimane dipendente dal reddito dei genitori. Infatti uno studente, anche quando trova un lavoro part-time, non riesce a pagare in autonomia i costi degli affitti, sempre più alti né della vita, soprattutto chi non vince una borsa di studio che deve anche pensare ai soldi per la spesa e l’alloggio non potendo beneficiare dei servizi degli studentati universitari e della mensa. La crisi finanziaria e del mercato del lavoro, insieme agli alti costi del mercato immobiliare e alla mancanza di politiche mirate a favore della promozione dell’autonomia economica dei giovani sono tutti fattori che compromettono e restringono le scelte di vita dei giovani, e in particolare degli studenti fuori sede, e discriminano tra chi può permettersi di aspirare a una formazione e maggiori opportunità lavorative vivendo in una grande città e chi non può perché le condizioni familiari non glielo permettono.

La questione dell’housing di giovani studenti fuorisede e delle loro condizioni di vita è ancora troppo poco discussa e non viene inserita né nell’area povertà né in quella dell’emancipazione, ciò comporta una limitazione allo studio sulle cause della povertà, delle ineguaglianze intergenerazionali e dell’esclusione di chi non può godere del sostegno dei genitori. Secondo uno studio condotto dal Politecnico di Milano51 sulle soluzioni abitative degli studenti fuori sede, che si focalizza in particolare sulla città di Milano seppur adottando una prospettiva europea, sebbene l’accesso all’alloggio è uno dei fattori discriminanti rispetto al raggiungimento dell’’autonomia nel proprio percorso di vita, il tasso di giovani che vivono ancora con i genitori in Italia è sensibilmente maggiore alla media europea. Inoltre, la possibilità di accedere ad affitti a canone ridotto influisce anche sulla possibilità di studiare in un’altra città. Sebbene infatti le tasse universitarie siano inferiori rispetto alla media europea, tuttavia il numero di borse di studio assegnate è molto ristretto e i costi per l’alloggio

51 Bricocoli M., Sabatinelli S., Todros A., Housing and neighbourhoods, report dell’omonimo workshop, Milano, il Politecnico di Milano, 2013.

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sono troppo alti per potersi permettere di studiare fuori dalla propria città natale. Anche chi ha la disponibilità economica di pagare un affitto in un’altra città deve comunque “stringere la cinghia” e vivere costantemente low-budget e con risorse limitate, in un continuo esercizio di risparmio. Eppure questi giovani qualificati non vengono considerati come poveri dal dibattito pubblico e politico, nonostante a causa di salari limitati e precari le loro condizione di vita siano “povere”. Il mercato del lavoro, soprattutto quello altamente qualificato, richiede delle caratteristiche quali l’alta mobilità, contratti a tempo determinato o a progetto, la disponibilità a vivere in posti diversi a fasi alterne, tutto ciò implica un alto dispendio per viaggi e affitto che i magri compensi non possono coprire. In Italia la mobilità di giovani rispetto agli studi universitari è bassa, la maggior parte degli studenti infatti s’iscrive nella propria città di origine e rimane a vivere all’interno del proprio nucleo familiare. La crisi finanziaria non ha fatto altro che accentuare questa tendenza. Gli studenti in mobilità sono quelli internazionali e quelli che si spostano in un’altra regione attratti dalla tradizione e dalla qualità di alcune università in particolare. Inoltre, in questi ultimi anni alcune università hanno adottato politiche internazionali volte all’apertura agli studenti internazionali. Da uno studio condotto sulle condizione di housing degli studenti universitari a Miliano, si rileva che su 167.000 studenti iscritti a Milano negli anni passati solo 7.257 studenti usufruivano dell’alloggio universitario, mentre l’88% dei quasi 60.000 studenti non milanesi si rivolgevano al mercato privato. La maggioranza degli studenti fuori sede a Milano che non sono risultati vincitori di una borsa di studio spendono una parte consistente delle loro risorse finanziarie per pagarsi l’alloggio. Le principali politiche pubbliche sugli alloggi universitari negli ultime anni sono state finalizzate all’incremento di studentati e dormitori con l’obiettivo di dare risposta alla domanda sempre crescente di studenti fuori sede e soprattutto internazionali. Ciò è dovuto anche al fatto che esistono fondi regionali e nazionali destinati proprio alla costruzione di dormitori. Pertanto, le ultime politiche locali e universitarie rivolte all’housing universitario sono state più influenzate dalla presenza di fondi dedicati ad hoc che orientate alla ricerca di altre soluzioni abitative o all’orientamento rispetto alle offerte del mercato privato. L’incremento degli studentati universitari è stato pensato anche come fattore positivo per incoraggiare il “social mix” in contesti particolari senza per altro predisporre nessun intervento per incoraggiare la relazione tra studenti e vicinato. Le borse di studio inoltre offrono una gamma limitata e rigida di soluzioni abitative esclusivamente nei dormitori e non permettono una scelta libera che esuli dalla studentato. Un altro vantaggio degli studentati è che è abbastanza facile organizzarne i servizi e anche appaltarne la gestione. La suddetta ricerca ha fatto emergere non pochi limiti e criticità circa le soluzioni abitative offerte agli studenti tramite gli studentati che spesso non vengono rilevate né considerate dagli attori politici interessati:

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 vivere all’interno di uno studentato può limitare fortemente le occasioni di integrazione nel tessuto sociale urbano;

 la tendenza a divedere nei vari studentati gli studenti per nazionalità non fa altro che creare isolamento e divisione;

 gli studenti solitamente non sono coinvolti (anzi del tutto esclusi) nella gestione e organizzazione della vita nello studentato e spesso si sentono reclusi più che inquilini;

 la chiusura per le vacanze natalizie ed estiva durante l’anno rappresentano un problema consistente per tutti gli studenti internazionali che non possono tornare a casa e che sono costretti a lasciare gli studentati. Gli stessi spesso incorrono in enormi difficoltà nell’interfacciarsi col mercato abitativo privato un po’ per motivi linguistici e un po’ per diffusi pregiudizi e xenofobia soprattutto verso certe nazionalità arabe e africane;

 gli spazi collettivi e condivisi sono piuttosto rari e di qualità carente.

Dal suddetto report si evince che da un lato si dovrebbero attuare degli interventi mirati per sviluppare l’organizzazione spaziale e la gestione dei dormitori esistenti, dall’altro si sente il bisogno sempre più forte di pensare a delle soluzioni abitative più adatte ai budget ristretti degli studenti fuori sede e a delle nuove politiche abitative rivolte agli studenti che coinvolgano anche l’università e le sue politiche interne.

L’esperienza di workshop da cui nasce questo report ha la duplice finalità da un lato di indagare le attuali politiche pubbliche e progetti promossi dalle istituzioni pubbliche e da altri attori pubblici, dall’altro quella di riportare e analizzare le varie pratiche sociali attraverso cui le persone organizzano la propria vita nel contesto urbano in modo da far fronte ai costi di affitto. Un’indagine fedele delle pratiche emergenti permette di comprendere quei significativi cambiamenti in termini di bisogni e culture dell’abitare che possono diventare poi degli input per proporre e strutturare nuove politiche pubbliche più rispondenti alle esigenze degli studenti.

Nel mercato edilizio privato il controllo sulle condizioni di affitto e dei locatori sono molto basse e per chi, come molti studenti, non firma un contratto di locazione le garanzie sono ancora minori. Forse anche per questo, oggi molti studenti sperimentano nuove forme di condivisione degli spazi e di coabitazione seguendo degli stili di vita alternativi. La condivisione di risorse o spazi implica un processo continuo di negoziazione, divisione, interazione e distribuzione. Sebbene la condivisione, il

co-housing e altre forme di abitare collettivo siano spesso dei progetti di nuovi modi di vivere insieme

in cui quello che si intende condividere è uno spazio aggiunto a quello destinato all’abitazione individuale, nel caso degli studenti la condivisione interessa gli spazi interni di uno stesso appartamento e la sfera privata. La ricerca ha riscontrato nei vari casi investigati molte differenze rispetto alla qualità e l’entità delle organizzazione sociale e degli spazi. Il motivo principale per cui

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gli studenti e più in generale i giovani fuori sede decidono di condividere un appartamento e co- abitare spazi anche piccoli non è quello di sperimentare nuove forme di vivere comunitari, bensì quello di risparmiare. In generale, ciò che è emerso dall’analisi incrociata di politiche e pratiche è che il settore delle politiche all’abitare per la popolazione giovane è altamente influenzato da vecchi e stereotipati riferimenti in termini di problem setting ma anche di politiche e di progettazione proposti dal governo locale, dalle università e dal terzo settore.

All’interno di una prospettiva di spending review e di ridefinizione di destinazione di finanziamenti pubblici, un’indagine più approfondita su costi e condizioni di vita rispetto alle scelte abitative degli studenti potrebbe essere fondamentale per poter identificare i nodi critici rispetto alle soluzioni abitative nei dormitori e nel mercato privato. Una priorità politica dovrebbe essere quella di agire al fine della regolazione del mercato privato delle casa in locazione e le Università dovrebbero porsi da mediatrici istituzionali tra gli studenti e il mercato immobiliare. D’altra parte, anche se l’housing sociale storicamente è stato spesso strumento di innovazione ed esplorazione nel campo dei piani urbani e architettonici, le attuali ristrettezze economiche e sociali che interessano una vasta parte della popolazione, e in particolare studenti e giovani, pongono la priorità di predisporre delle soluzioni abitative più sostenibili e accessibili. Sotto la nuova definizione di “housing sociale” dei nuovi progetti condotti congiuntamente da terzo settore e governo sociale stanno facendo da apripista a politiche innovative di housing, anche se ancora l’impatto ottenuto da questi interventi sui bisogni di soluzioni abitative temporanee e a basso costo è davvero minimo.