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3. IL CASO GRUPPO EDITORIALE ZANARDI S.R.L

3.2 Dal successo alla crisi

3.2.3 Dal Concordato in bianco al Concordato

Come descritto nel precedente paragrafo il Piano di Risanamento attuato nel 2011 fu predisposto per la risoluzione della crisi in un orizzonte temporale di 4 anni, facendo riferimento quindi al quadriennio 2011 – 2014.

Avendo adesso chiare le cause per le quali tale strumento di risoluzione della crisi non abbia funzionato nella casistica di specie, si arriva al 2014, annus horribilis per la Zanardi, a causa di un panorama di operatività sempre più compromesso che fece da catalizzatore del tragico gesto compiuto da Giorgio Zanardi, che si tolse la vita in azienda la mattina del 13 Febbraio 2014. In che situazione versava la Zanardi alle porte del 2014? Quali nuovi eventi scatenanti hanno portato a tale gesto tragico? Come si è scelto di arrivare ad una soluzione di ristrutturazione del debito ulteriore e diversa rispetto all’ex art 67?

Il blocco, come causa scatenante della predisposizione del Concordato fu causato dalla rimozione dei fidi bancari, avvenuta ad ottobre 2013, in seguito al rifiuto da parte degli istituti di ulteriore appoggio finanziario, tale blocco secondo Mario Grillo (attuale Presidente della Cooperativa Lavoratori Zanardi) fu il fattore dell’elaborazione e della predisposizione del lavoro che porterà alla presentazione della Domanda di Concordato in Bianco il 9 Gennaio 2014.

L’arrivo del manager friulano Mario Grillo alla Zanardi avvenne in seguito alla richiesta, da parte dei Fratelli Zanardi, di una figura professionale che potesse curare gli aspetti gestionali relativi al lavoro dello stabilimento di Padova, ed essendo rimasti molto soddisfatti del lavoro effettuato in passato dalla consulente Maria Paola Galante, professionista Friulana, durante la dismissione dello stabilimento di Maniago decisero di rivolgersi nuovamente alla Dott. Galante. A proposito di quell’incontro la Dott. Galante ricorda: “Avevo collaborato con la

Quando mi contattarono per chiedermi di occuparmi anche di Padova, rimasi un po’ stupita. Mi dissero che volevano cambiare il management. Non avevo visto le carte, sapevo che l’azienda stava attraversando un periodo di crisi, ma pensavo che avesse un futuro. Feci il nome di Mario Grillo, un manager di provata esperienza”. 38

Fu così che arrivò alla Zanardi il manager friulano con un’esperienza di 26 anni all’Electrolux e poi 5 anni alla Veneta Cucine. In tale periodo, giugno 2013, Grillo iniziò il suo lavoro improntato alla rivitalizzazione dell’azienda ma si ritrovò in mano carte e documenti che confermavano una situazione che si annunciava in partenza disperata. Si cercò di non perdere il sostegno da parte delle banche predisponendo un ulteriore piano di recupero che venne presentato agli istituti nel corso del mese di Ottobre 2013, ma senza risultati. Infatti tali istituti non avendo riscontrato gli effetti positivi che secondo le previsioni del Piano ex art 67 dovevano verificarsi, decisero di rimuovere i fidi bancari alla Zanardi causandone il blocco operativo.

Non avendo riscontrato altre vie utili per poter rivitalizzare l’azienda, la prima operazione che Grillo mise in atto appena fu nominato amministratore unico della Gruppo Editoriale Zanardi S.r.l. il 9 Gennaio 2014, fu presentare domanda di concordato preventivo ex art 161 VI comma L.F., sotto la forma quindi di concordato in bianco.

Il motivo per il quale venne rimandata la presentazione del piano ad una data futura non fu per la successiva introduzione di un piano volto alla continuità, infatti Grillo ritenne che essa fosse già compromessa, bensì nella ricerca all’interno del comparto azienda di tutti quei punti di forza che potessero garantire un futuro sotto altra forma, l’idea fu quindi di ricercare tali punti di forza per poterli sfruttare e rendere produttivi impiegandoli in una NewCo, d’altro canto si cercavano anche possibili

acquirenti, ma i pochi imprenditori interessati non se la sentirono di mettersi in una situazione come quella in cui versava la Zanardi.

Come conferma L’Ing. Grillo la “continuità” era un concetto ormai non più applicabile per l’azienda, infatti benché godesse di una clientela importante la situazione finanziaria era disastrosa, il debito era esponenzialmente superiore al business prodotto, la struttura dei costi imponente rispetto al volume d’affari a partire già dal costo del personale che per fare una quantificazione, secondo i calcoli prodotti dal manager friulano doveva subire un taglio di circa il 30% sulla fascia impiegatizia e circa il 10% sulla fascia operaia.

La domanda di concordato provocò però mal contento tra molti fornitori della Zanardi che inscenarono una protesta di fronte ai cancelli dell’azienda, recriminando il fatto che fossero stati truffati. Si trattava di piccole imprese che avevano svolto varie lavorazioni per la Zanardi, e con le quali la società collaborava in maniera regolare, ma come molto spesso succede in situazioni simili, la crisi di una grande azienda si ripercuote a catena sui piccoli fornitori con i quali collabora, che molto spesso non hanno più la forza per potersi riprendere.

Le lamentele legate alla protesta riguardarono il fatto che tali fornitori non fossero stati pagati per le lavorazioni effettuate, nonostante la Zanardi avesse incassato il dovuto dai suoi committenti, d’altro canto per la Zanardi il problema fondamentale era inerente alla situazione finanziaria, e quindi ai rapporti con le banche, per ottenere nuove linee di credito necessarie per la produttività infatti era fondamentale chiudere quelle vecchie, e probabilmente se fossero stati pagati i fornitori, le banche avrebbero richiesto immediatamente istanza di fallimento. Fu proprio in questo scenario, dove la Zanardi si trovava ormai senza possibilità di continuità ed esposta ancor di più a cattiva luce sotto i riflettori dei media locali a causa della protesta, che Giorgio Zanardi decise di compiere il più intimo e tragico dei gesti.

Un paio di settimane dopo la protesta infatti, la mattina del 13 Febbraio 2014, Giorgio Zanardi si impiccò nel proprio ufficio.

Il Sig. Zanardi, che in azienda ricopriva il ruolo di dirigenza della dorsale di produzione, come testimoniano le persone che gli erano vicine, dai collaboratori allo stesso fratello Rodolfo, era una persona timida, sensibile e taciturna, da sempre impegnato alla risoluzione pratica dei problemi ed alla creatività manuale che applicava ai suoi nuovi progetti editoriali. La maggior parte delle ore del giorno le passava nel suo ufficio a lavorare, essendo uno dei primi a recarsi in azienda al mattino ed uno degli ultimi ad uscire alla sera.

Giorgio Zanardi raramente andava in giro per la fabbrica, preferendo restarsene nella sua posizione di lavoro, e se non aveva altri compiti di ordinaria amministrazione da portare a termine, era consuetudine che si impegnasse nella creazione di nuovi progetti editoriali. Da una piccola stanza di 25 mq nei primi anni 60, i fratelli Zanardi avevano nel tempo eretto un vero e proprio piccolo impero, ed aimè, ormai impotenti lo vedevano franare insieme al loro progetto di vita per il quale avevano tanto lavorato.

Giorgio Zanardi sentiva la sua onorabilità, per la quale tanto aveva faticato, infangata dal sospetto di non volere onorare i suoi debiti, provando così vergogna ed umiliazione nel non poter dare risposte adeguate alla rabbia dei suoi fornitori, alle accuse pubbliche, ed alla gogna mediatica. Il timore di essere scambiato per farabutto convinse Giorgio Zanardi a pensare che l’unico modo per difendersi da un’ignominia del genere fosse rinunciare alla propria vita a dimostrazione della sua innocenza.39

Come se i fatti appena menzionati non fossero già causa di un anno, il 2014, colmo di eventi disastrosi che portarono all’effettiva fine della Gruppo Editoriale Zanardi S.r.l., due settimane dopo la morte di Giorgio Zanardi l’azienda subì un furto che fruttò ai malviventi 8.000 metri di cavi di rame che privò l’azienda della dorsale

che alimentava le linee elettriche, bloccando la produzione. Nonostante fosse attivo allora un servizio di vigilanza che passava due volte a notte (sempre allo stesso orario) i malviventi riuscirono ad entrare dentro la fabbrica con un camion, utilizzato poi per il trasporto del rame da diverse centinaia di quintali.

Come conferma Mario Grillo, le dinamiche, ed il modus operandi di questa vicenda sono molto sospette, in particolar modo chi ha compiuto il furto era a perfetta conoscenza di ogni aspetto relativo allo stabilimento, dalla disposizione dei locali, degli strumenti, dei punti cruciali nei quali intervenire ed anche ai tempi adatti e necessari per compiere tale operazione. Il danno derivante dal furto fu calcolato in Euro 500.000 derivante dal costo del solo rame, da aggiungere al costo dei macchinari e danni causati dalla devastazione, senza tenere conto del blocco della produttività legata all’assenza di elettricità per il funzionamento dei macchinari, che in quel momento era necessario tenere attivi per il completamento di quattro commesse in scadenza.

Come ultimo atto da imprenditore e anche come forma di orgoglio personale, l’ormai unico Zanardi rimasto in azienda, Rodolfo, racconta come in quel momento acquistando dei generatori elettrici riuscirono a far funzionare alcuni tra i macchinari che consumavano meno energia, e commissionando a terzi legatori parte della lavorazione riuscirono a garantire la consegna del prodotto in tempo ai clienti, nonostante tutti gli avvicendamenti sopra menzionati.

Nel frattempo L’Ing. Grillo che si ritrovò a gestire una situazione ormai impossibile, in cui i lavoratori avanzano varie mensilità, era alla ricerca di qualche possibile acquirente che avesse il coraggio di investire e credere nell’azienda, ma senza risultati, e fu così che come unica ed estrema possibilità si arrivò all’utilizzo dello strumento del Workers Buyout. Dal novembre 2014 la storia, la passione ed il nome Zanardi passarono ad operare sotto la forma di Cooperativa Lavoratori Zanardi. La domanda di concordato in bianco presentata in data 9 gennaio 2014, come da disposizioni di legge prevedeva l’obbligo di presentazione, nei termini compresi tra i 60 e i 120 giorni, prorogabili di altri 60 dal Tribunale, della proposta

di concordato preventivo, del relativo piano e della documentazione di cui all’art 161, commi II e III, L.F. Depositati tutti gli ulteriori documenti appena menzionati ed una volta verificata, da parte del Tribunale, la regolarità formale della domanda unita alla correttezza e completezza del piano proposto, lo stesso Tribunale ammise la società ricorrente alla procedura richiesta, ovvero il concordato di tipo liquidatorio che avendo raggiunto successivamente la maggioranza dei consensi da parte dell’adunanza dei creditori venne omologato in data 17 settembre 2015. La procedura risulta ad oggi ancora aperta, ma al fine del presente elaborato non verranno approfonditi ulteriori aspetti legati al concordato, concentrandoci sull’operazione di Workers Buyout e, sul come essa è stata resa possibile.