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2. IL WBO IN ITALIA

2.3 WBO in numeri

Da una ricerca empirica effettuata nel 2015 da Marcelo Vieta intitolata “Recuperating Enterprises, Reviving Communities: Converting Businesses into

Labour- Owned and Labour-Managed Organizations” presso l’Euricse, possiamo

conoscere a livello numerico la rilevanza del fenomeno del WBO nel nostro paese. La ricerca, che è stata condotta sulle cooperative di lavoro italiane che hanno ricevuto finanziamenti grazie alla Legge Marcora, mostra i dati, in seguito riportati, sulla numerosità dei casi di WBO, sul trend che ha avuto il fenomeno nel tempo, sui tassi di attivazione e di chiusura e le dimensioni aziendali delle imprese, al fine di valutare la capacità del fenomeno di WBO, non solo di risanare imprese in crisi ma anche di concedere ai lavoratori il beneficio di continuità dell’occupazione. Il numero di WBO secondo tale ricerca ha sempre avuto una correlazione diretta con il tasso di disoccupazione, il seguente grafico ne mostra gli effetti:

Figura 3 – Comparazione fra l’andamento dei tassi di nascita dei WBO e dei tassi di disoccupazione in Italia. Valori %. Grafico estrapolato dalla ricerca empirica del Dr. Vieta,

Il periodo dal 2000 al 2007, evidenzia un numero di WBO inesistente o molto basso, ed è dovuto al temporaneo blocco della Legge Marcora, in tale periodo infatti CFI forniva consulenza tecnica a WBO già esistenti, ma non investiva in nuovi progetti. Con l’inizio della crisi finanziaria nel 2008, e il nuovo avvio della Legge Marcora, si può notare un trend crescente di Workers Buyout, totalmente in linea con il tasso di disoccupazione.

Analizzando invece la correlazione tra WBO e numero di lavoratori impiegati nelle imprese interessate, possiamo notare che l’istituto è maggiormente utilizzato nelle piccole medie imprese, ed è facile immaginarne i motivi. Una ridotta dimensione dell’impresa in termini di lavoratori occupati si appresta ad una gestione da parte dei lavoratori stessi molto più semplice rispetto fattispecie dimensionali più rilevanti, in termini di risposta alle esigenze immediate del sistema azienda, come soddisfare la domanda, rendere efficiente la produzione e così via.

Nella seguente tabella si riportano i dati numerici sull’utilizzo del WBO in base alle dimensioni dell’impresa:

Figura 4 – Dimensione dei WBO italiani in funzione del numero dei lavoratori (lavoratori soci e lavoratori assunti) (1979-2014) Grafico estrapolato dalla ricerca empirica del Dr. Vieta, Euricse

Al fine di misurare la rilevanza dei WBO nel nostro paese, secondo il Dr. Vieta, è utile misurare il rapporto tra i tassi di apertura di nuovi WBO e tassi di chiusura. Tale rapporto è calcolato dividendo il numero di WBO esistenti durante il periodo preso in considerazione con il numero totale dei WBO formati. Nella seguente figura vengono mappati i tassi globali di nascita e di chiusura dei WBO italiani negli ultimi 36 anni:

Figura 5 – WBO attivi all’anno rispetto alle aperture e chiusure di WBO per anno (1979-2014) Grafico estrapolato dalla ricerca empirica del Dr. Vieta, Euricse 2015

È vero tuttavia che, causa la lacuna legislativa e il positivo andamento dell’economia italiana, nel periodo 2000-2007 sono nati solo tre WBO e ciò ha portato quasi a zero il tasso di apertura. Quando si guarda invece agli anni di pieno funzionamento della Legge Marcora (1990-1999 e 2008-2014), i tassi di apertura e di chiusura si fanno più significativi, sottolineando un tasso di formazione di WBO superiore alla media delle imprese manifatturiere sia italiane che degli altri paesi OCSE: tra 1990-1999 e tra 2008-2014 i WBO italiani hanno registrato un tasso

medio di apertura pari al 6,9% a fronte di un tasso medio di chiusura del 4,6%. Sebbene il primo dato sia leggermente inferiore al tasso medio di apertura calcolato per le imprese manifatturiere italiane (intorno 7,5%), il tasso medio di chiusura di WBO è tuttavia molto inferiore rispetto a quello di tutte le imprese manifatturiere italiane (prossimo al 7%) e della media paesi OCSE (che è intorno al 6,5%). Inoltre, questo basso tasso di chiusura dei WBO è significativo visto che, sulla base di dati storici, esso è anche molto più basso di quello di tutte le imprese italiane nell’arco di tempo compreso fra il 1975 ed il 1981 (calcolato al 9,3%). Nei sette anni compresi fra il 2008 e il 2014, invece, si rilevano tassi di apertura elevati - 9,9% in media - e tassi di chiusura bassi - 5,4%. Questi indicatori si dimostrano ancora una volta più positivi di quelli rilevati per le imprese del settore manifatturiero nella maggioranza dei paesi OCSE e ancor più significativi di quanto rilevato in paesi portati, ad esempio, per il fenomeno dei WBO, come l’Argentina (Ruggeri, 2014).35

Il successo, anche a livello numerico dell’istituto del Workers Buyout è dato dal fatto che per lo stato questo strumento costituisce un duplice vantaggio, infatti attraverso il mantenimento dei posti di lavoro può ottenere un notevole risparmio in tema di eventuale cassa integrazione ed indennità di disoccupazione ed al tempo stesso vengono mantenute in vita attività che contribuiscono alla forza dell’economia nazionale. Con un investimento di circa 205 Mln di Euro, dai dati riportati direttamente da CFI, in 30 anni di attività, nel corso dei quali ha realizzato in prevalenza interventi a sostegno delle ristrutturazioni aziendali, utilizzando il workers buyout in forma cooperativa quale strumento per affrontare la crisi d’impresa, si è permesso di creare o salvare 14520 posti di lavoro e realizzare interventi in 370 imprese cooperative, salvaguardando competenze e mestieri che altrimenti sarebbero andati perduti.36

35 VIETA M. - “Recuperating Enterprises, Reviving Communities: Converting Businesses into

Labour- Owned and Labour-Managed Organizations” Euricse 2015