3. IL CASO GRUPPO EDITORIALE ZANARDI S.R.L
3.2 Dal successo alla crisi
3.2.1 Le cause della crisi
La realtà con la quale la Zanardi si è trovata di fronte alla crisi, non può essere assoggettata, come in larghissima parte nel nostro paese accade ed è accaduto a molte imprese, alle pressioni ed al soffocamento legato alla crisi economica, beh per certi versi possiamo considerare in questo caso la crisi economica come un ulteriore alone negativo a contorno di una situazione che negli anni si stava compromettendo sempre di più. La Zanardi era un’impresa sana, produttiva, e con un core business tale che le avrebbe permesso, al netto degli avvicendamenti che verranno analizzati successivamente, di poter superare la crisi economica senza particolari problemi come confermato anche dall’Ing. Grillo, l’attuale presidente della Cooperativa Lavoratori Zanardi, che meglio di chiunque altro può conoscere i punti di forza e di debolezza dell’attività in oggetto.
Prima di affrontare i punti cruciali che hanno portato da un declino iniziale fino ad una situazione disastrosa, è opportuno, anche ai fini di una maggiore comprensione delle cause, entrare nell’ottica e nella mentalità che ha contraddistinto i fratelli Zanardi fin dall’origine dell’attività. I fratelli Zanardi, non erano solo degli imprenditori, il loro concetto di dirigere un’azienda non era un concetto risolvibile solo attraverso l’impartire linee guida e scelte strategiche, in sostanza non erano imprenditori-manager, ma piuttosto imprenditori-lavoratori. Al mattino erano i primi ad arrivare in azienda, ed alla sera gli ultimi ad uscirne, ognuno si occupava di una dorsale importante di gestione, in particolare Rodolfo gestiva la parte commerciale, Antonio curava la parte relativa alle macchine e Giorgio si occupava della produzione.
La dedizione e la passione al lavoro che contraddistingueva i fratelli Zanardi li ripagava con splendidi risultati, non è certo cosa da tutti imparare un mestiere, iniziare a condurlo in maniera familiare in una piccola stanza da 25 mq e ritrovarsi un impero da oltre 150 dipendenti che fattura quasi 40 miliardi di Lire. La famiglia
Zanardi che in origine era una famiglia umile, il padre abbandonò l’attività di alimentari per credere nella legatoria, si trovò grazie al duro lavoro a poter godere di un tenore di vita decisamente più alto.
Questo breve preambolo ci serve per comprendere maggiormente gli avvicendamenti che si sono susseguiti dal 1996 in poi. In quegli anni come già anticipato la Zanardi si trovava nel suo momento di massimo splendore, basti pensare che fino a qualche anno prima, in azienda non era presente una mensa aziendale vera e propria infatti i dipendenti ricevevano il pranzo direttamente dalla madre dei fratelli Zanardi che cucinava per tutti. Così come avviene in molte realtà, quando si hanno risorse economiche di grande rilievo si pone una minore importanza o attenzione a come spendere tali risorse, nel 1996 infatti avvenne, oltre all’introduzione di una vera e propria mensa aziendale, l’ultimo degli otto traslochi di sede effettuati dalla Zanardi nella sua storia, acquistando un terreno e costruendoci sopra un imponente e fatiscente struttura di 18.000 mq.
Questo fu il primo passo verso le difficoltà, infatti in quegli anni era in vigore la Legge n. 489 del 1994 detta Legge Tremonti che permetteva alle imprese di ottenere un notevole sgravio fiscale sugli utili a patto che venissero effettuati degli investimenti, e se inizialmente l’investimento effettuato per la costruzione dello stabilimento e per le numerose nuove attrezzature acquistate, alcune delle quali quasi mai state utilizzate, poteva essere finanziariamente sostenibile, venuta meno la legge, la Zanardi si trovò di fronte a dover adempiere al pagamento di canoni di leasing decisamente troppo onerosi per far fronte all’investimento nella struttura, accompagnato dal fatto che nella seconda metà degli anni 90 il mercato occupato dalla Zanardi iniziava a saturarsi e quindi la copertura finanziaria del debito risultava ancor più difficoltosa.
L’Ing. Grillo usa le parole “questo si è mangiato tutto” riferendosi appunto all’edificio di 18.000 mq che ci stava circondando al momento dell’intervista che mi ha concesso, e che attualmente ospita l’attività della Cooperativa. Lo stabilimento inoltre, appare più come una costruzione che sacrifica l’aspetto della disposizione funzionale dei locali, per privilegiare l’aspetto estetico. Il fatturato
dopo il picco di quasi 40 miliardi di Lire seguiva con il tempo un trend in discesa, dovuto appunto alla situazione del mercato, ed il mix tra fatturato in calo e canoni di leasing da pagare a fronte dei precedenti investimenti provocò a poco a poco il sorgere dei primi segni di difficoltà in azienda.
Arrivati alle porte degli anni 2000 nella situazione appena riportata, i fratelli Zanardi si dovettero scontrare con uno degli aspetti più comuni, delicati e rischiosi in ambito imprenditoriale, ovvero il problema legato al passaggio generazionale. I fratelli Zanardi infatti, iniziavano ad avere un’età critica, all’alba della quale per pensare al futuro dell’azienda è necessario inserire nel panorama nuovi soggetti, i figli nel caso di specie non mostrarono interesse nella prosecuzione dell’attività costruita negli anni dai loro padri, cosicché i fratelli Zanardi decisero di rivolgersi, affidandone le scelte gestionali, a dei consulenti esterni, confidando nelle capacità di soggetti professionalmente preparati a tale compito e nominandoli amministratori. I fratelli Zanardi infatti, come già accennato, non avevano le competenze per svolgere un autonomo piano di gestione, in sostanza più che un ruolo di manager, essi riuscirono a costruire un piccolo impero, con il duro lavoro ed il sacrificio piuttosto che attraverso scelte manageriali azzeccate.
Come anticipato ad inizio paragrafo, le cause di declino della Zanardi, sono cause molto specifiche, che non rientrano nel novero del più ampio problema della crisi economica, ma piuttosto in un groviglio di scelte manageriali non azzeccate e mala fede. Prima di procedere è opportuno ricordare che per le vicende sotto menzionate esiste una causa penale in corso presso il Tribunale di Padova.
La storia della Zanardi dalla fine degli anni 90, fino all’entrata in liquidazione nel 2014, ci racconta di un’azienda totalmente cambiata rispetto al passato, ci furono vari avvicendamenti riguardanti l’assetto proprietario dovuti a dismissione di quote societarie e incorporazioni con altre aziende, così di fatto i nuovi soci pur detenendo una quota minoritaria, assunsero la guida dell’azienda e con l’avvento del nuovo
management, che si trovò nelle mani un impero non suo, senza aver speso una goccia di sudore, la Zanardi entrò pian piano sempre più in difficoltà. Le riunioni che fino ad allora venivano svolte ogni dieci giorni e si basavano sul confronto tra i capi area e il management, al fine di mettere in atto decisioni ponderate sull’effettiva esigenza, con il nuovo assetto proprietario persero importanza, e venivano effettuate da una cerchia molto più ristretta di persone senza coinvolgere i capi area.
Vennero messe in atto scelte sbagliate, sia nel campo dell’ordinaria amministrazione, con un eccessivo sperperio di risorse aziendali sia in ambito di straordinaria amministrazione attraverso ad esempio l’acquisizione di società in profonda crisi, come la Lloyd Editoriale di Triste, con la quale la Zanardi iniziò una partnership molti anni prima, al fine di integrare ai propri servizi anche quello di stampaggio di livello, tali acquisizioni con tutta la relativa situazione debitoria correlata, destabilizzarono la Zanardi. Nel caso specifico della Lloyd, i dipendenti “acquisiti” pretendevano stipendi molto più alti del normale, trattative che in fase di progetto di fusione il management “malsano” della Zanardi o non aveva valutato oppure aveva affrontato con poco interesse. Anche gli stipendi interni alla Zanardi erano lievitati, sempre facendo riferimento agli stipendi del management, il conto spese passò alle stelle, venivano fatte cene apparentemente di lavoro con cadenza settimanale in ristoranti di lusso della zona, acquistate auto aziendali di grossa cilindrata, mobilia ed altri beni mai visti in azienda. Un caso molto singolare riguardò l’immissione nel Gruppo Editoriale Zanardi, tramite acquisizione, di una società vantante una cospicua somma di crediti in bilancio poi rivelatasi inesistente, sorretta quindi da un bilancio falsificato e da un presunto incasso da parte del cedente di tali crediti esterno al circuito azienda, con la particolarità che tale fattispecie non fu mai denunciata dal management “malsano” della Zanardi.37
37 Si presume un incasso di tali crediti al di fuori del circuito azienda da parte del cedente, quietanzando le fatture. Il motivo per cui tale ammanco non sia mai stato denunciato dal Management malsano della Zanardi è rimesso alla valutazione del lettore.
Insomma, nel giro di pochi anni l’azienda veniva, da parte del management, tenuta in vita per essere “munta” più che per essere alimentata e farla stare in salute, le scelte non venivano adottate con l’obiettivo fondamentale dell’economicità e della produttività, così con il tempo la Zanardi si ritrovò in una situazione di grande difficoltà.
È opportuno ricordare che quanto appena riportato, non è l’esito di una sentenza giuridica, dalla quale, è mia speranza ed anche quella degli onesti lavoratori della Cooperativa Lavoratori Zanardi che ci sia una pronuncia in un orizzonte temporale breve, infatti ancora non si hanno evoluzioni in merito alla causa, sembra che siano state depositate in Tribunale tutte le carte, correlate da prove documentali a sostegno di tali fatti e che si attenda che il magistrato proceda ad analizzarle, quindi per scelta non verranno fatti nomi in questo elaborato.