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LA CONDANNA PER LITE TEMERARIA: ISTITUTO CON FUNZIONE SANZIONATORIA?

Nel documento Pene private (pagine 126-130)

F IGURE SINTOMATICHE DI PENE PRIVATE

1. L E PENE PRIVATE GIUDIZIAL

1.1. LA CONDANNA PER LITE TEMERARIA: ISTITUTO CON FUNZIONE SANZIONATORIA?

La regola operativa rileva che la di là dei dibattiti dottrinari nel sistema giuridico, lentamente ma progressirvamente, stanno facendo ingresso nuovi istituti privatistici e pubblicistici che sostanzialmente sembrano assolvere una funzione preventivo-sanzionatoria, tra i quali, ad esempio, la condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex articolo 96 c.p.c.

Tale istituto prevede la condanna di colui che nel corso di un processo ha agito o resistito con dolo o malafede201.

201 L’articolo 96, c.p.c., è stato modificato con la Legge 18 giugno 2009, n. 69,

“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in

materia di processo civile”, il cui nuovo terzo comma prevede il risarcimento del danno a

favore di una controparte quando “risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in

giudizio con malafede o colpa grave.” Secondo la dottrina E. MORANO CINQUE, Lite

La struttura e la funzione hanno indotto taluni interpreti e studiosi a ritenere che con siffatto istituto avesse fatto ingresso nel nostro sistema l’istituto delle pene private prevedendosi la condanna al pagamento di un risarcimento del danno, oltre alle spese processuali, per la parte che non abbia agito con buona fede.

La dottrina ha ritenuto che “con la nuova previsione dell’articolo 96, comma 3, c.p.c, viene introdotta una fattispecie a carattere sanzionatorio che prende le distanze dalla struttura tipica dell’illecito civile per confluire nelle cd condanne punitive, e con la quale il giudice può (e, invero, deve) responsabilizzare la parte ad una giustizia sana e funzionale (…)202.”

La ratio dell’istituto de quo si rinverrebbe nell’intento di sanzionare la “slealtà processuale203.”

Tale tesi non ha trovato il plauso di coloro che, invece, ritengono che in linea teorica le pene private non potrebbero avere ingresso nel nostro sistema.

Tuttavia, anche questa dottrina difficilmente riesce a collocare il risarcimento ex articolo 96 c.p.c all’interno del tradizionale istituto della

risarcitoria, in Resp. civ. e prev. 2010, n. 9, p. 1837, in base all’articolo 96 c.p.c.

“analogamente viene condannato al risarcimento dei danni, qualora vi sia una domanda in

tal senso, l’attore o il creditore procedente che abbia agito senza la normale prudenza, se il giudice accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca catastale.”

202Testualmente E. M

ORANOCINQUE, Lite temeraria: la condanna ex articolo 96, comma 3,

c.p.c., tra funzione punitiva e funzione risarcitoria, op. cit., p. 1839.

203Si veda P. C

IRILLO, Le Autorità amministrative indipendenti, Cedma 2009, p. 17 secondo il quale “chi agisce in giudizio infondatamente (e quindi sia soccombente) e senza

gravi ed eccezionali ragioni deve pagare le spese del processo, ed eventualmente la sanzione accessoria ex art. 96 ult. co. c.p.c. (peraltro la legge non precisa i presupposti della condanna né quantifica tale sanzione) ed anche la pubblicazione della decisione assume connotati non solo risarcitori ma anche sanzionatori (grazie al riferimento all’art. 96 c.p.c; inoltre, in caso di colpa grave o mala fede deve pagare il risarcimento del danno alla parte vittoriosa.”

responsabilità civile, non ravvisandosi una funzione prettamente compensativa.

Al fine di mitigare entrambe le teorie, è stato sostenuto che con l’istituto della lite temeraria potrebbe ipotizzarsi una sorte di “funzione di pena accessoria di natura civile posta a presidio di un interesse pubblico, volta a reprimere forme di abuso del processo204”.

Tale tesi muove dal presupposto che il processo assolve comunque “una funzione pubblica” e che il “legislatore ha chiaramente inteso perseguire la funzione deterrente, scoraggiando il contenzioso fine a se stesso che (…) crea nocumento alle altre cause in trattazione, nonché agli interessi pubblici primari dello Stato205.”

La particolarità della figura giuridica ex articolo 96 c.p.c. consisterebbe prevalentemente nelle modalità con le quali il legislatore persegue tale obiettivo di deflazione del contenzioso: ovvero demandare al privato il compito di richiedere al giudice di condannare a titolo di sanzione colui che ha instaurato un giudizio senza alcun valido presupposto. Sebbene tale modalità operativa possa sembrare insolita rispetto ai tradizionali istituti giuridici italiani, tuttavia, un’analisi dell’istituto consente di evidenziare che forse l’introduzione delle pene private non è sostanzialmente tanto inopinabile.

Infatti, una delle motivazioni che hanno spinto da sempre studiosi e interpreti a ritenere non ammissibile all’interno del nostro sistema giuridico l’istituto de quo consiste nell’osservazione che i privati cittadini non possono prevedere sanzioni a carico dei consociati essendo di competenza

204Cfr. E. M

ORANOCINQUE, op.ult. cit., p. 1840.

205Testualmente E. M

esclusiva dello Stato l’inflizione delle pene, ai sensi dell’ articolo 25 Cost.. Tuttavia, allorché il cittadino richieda al giudice di valutare se disporre o meno simile sanzione, sostanzialmente demanda all’equità dell’interprete la valutazione in merito alla sua opportunità.

In tal modo, sebbene per il filtro della richiesta del privato, la sanzione sarebbe inflitta dal giudice, ovvero da colui che a livello costituzionale e legislativo è deputato a condannare i consociati. Inoltre, nell’ipotesi di cui all’articolo 96 c.p.c. si deve rilevare che l’inflizione della sanzione è ex ante prevista dalla legge; si applica allora il tradizionale meccanismo previsto anche a livello legislativo secondo cui le sanzioni possono essere previste solo dalla legge ed eventualmente applicate dal giudice.

Se tale analisi non è priva di fondamento, non s’intravede ragione per cui tale istituto non possa essere equiparato alle pene private di matrice anglosassone, laddove anche in quest’ultimo sistema i punitive damages sono applicati esclusivamente dall’autorità giurisdizionale che basa le sue decisioni su criteri prestabiliti da precedenti ormai consolidati della giurisprudenza.

Continuare a sostenere che la responsabilità civile possa assolvere solo una funzione riparatoria-compensativa potrebbe comportare allora il rischio di rimanere sostanzialmente ancorati a concezioni anacronistiche e non adeguate alla nuova realtà sociale, all’interno della quale le nuove esigenze e l’incessante proliferazione di nuovi dati socio-economici comportano la necessità di rivedere antichi dogmi al fine di evitare che il diritto non sia più in linea con i tempi.

1.2. UN’INNOVATIVA SENTENZA DEI GIUDICI SEMBRA APRIRE IL VARCO

Nel documento Pene private (pagine 126-130)