ALL’ARTICOLO 2059 C.C.
9. PROBLEMI DI QUANTIFICAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE STRUMENTO PER CONSENTIRE L’INTRODUZIONE DEI PUNITIVE DAMAGES
Al pari dei sistemi di common law, anche in quelli appartenenti alla tradizione di civil law, si pongono problemi di quantificazione del danno essendo lesi diritti della personalità che non hanno un corrispondente “valore di mercato194.”
L’assenza di un preciso equivalente monetario determina che “la quantificazione del danno avviene in base a criteri, più o meno razionali,
192Cfr. Corte di Cassazione, Sez. lavoro, 6 giugno 2008, n. 15067. 193Si veda L. V
IOLA, I danni punitivi nella responsabilità civile della p.a., in Resp. civ. 2008, I, p. 73 secondo il quale “quanto più i beni, gli interessi e i diritti da proteggere
presentano una connotazione non patrimoniale, tanto più spiccata si rileva la propensione del rimedio punitivo, incidente sull’assetto patrimoniale dell’autore della violazione, a svolgere la propria funzione preventivo-retributiva.”
194Si veda sul punto P. G
più o meno generalizzati, che in qualche modo sono inidonei a soddisfare il sentimento di giustizia delle persone nei vari contesti sociali e periodi storici195.”
Se è vero, quindi, che non vi sono criteri oggettivi per consentire una quantificazione del danno “viene a sfumare anche la distinzione tra risarcimento del danno in senso stretto e sanzione196.”
Tuttavia, proprio al fine di sopperire a tale rischio, secondo parte della dottrina, vi sarebbe il principio in base al quale l’ammontare del risarcimento del danno non deve oltrepassare la lesione subita dal danneggiato, onde evitare un indebito arricchimento di quest’ultimo197. Tale principio è stato alla base dell’elaborazione della differenztheorie come metodo di quantificazione del danno198.
195Testualmente P. G
ALLO, op. ult. cit., p. 83.
196Cfr. P. G
ALLO, op. ult. cit., p. 83, il quale si interroga su come è “possibile accertare
che una data somma comminata in caso di lesione all’integrità psico-fisica della salute o dell’onore di una persona costituisce risarcimento del danno e non piuttosto sanzione o pena privata? Come è possibile stabilire il punto oltre al quale cessa di parlarsi di mero risarcimento del danno e si entra nel campo delle pene private in senso stretto?”
197Si veda sul punto C.M. B
IANCA, Diritto civile, 5, La responsabilità, op. cit., p. 159 “il
danneggiante deve risarcire tutto il danno che il danneggiato ha sofferto e niente più del danno; il risarcimento non deve servire di pena al danneggiante né di lucro al danneggiato.”
198 Sulla base della differenztheorie si identifica il danno risarcibile con il danno
patrimoniale differenziale: vale a dire con la differenza fra la situazione patrimoniale complessiva del danneggiato a seguito dell'illecito e la situazione patrimoniale che si sarebbe determinata in mancanza dell’illecito. Nell’originaria formulazione della
differenztheorie, il danno patrimoniale si contrappone al danno reale, che a sua volta è
frutto dell’evoluzione del concetto di danno materiale (o naturale). Il danno patrimoniale consente il risarcimento delle spese e del lucro cessante. Nell’opera di MOMMSEN, Zur
Lehre von dem Interesse (Beiträge zum Obligationenrecht) vol. II, ed. Braunschweig, 1855,
p. 3 ss., e di WINDSCHEID, Diritto delle pandette, trad. it., II, Torino, 1925, § 257, p. 36, la concezione reale del danno (aestimatio rei) è soppiantata da una concezione patrimoniale (quanti interest), che ha riguardo all’intero patrimonio del danneggiato. Questa evoluzione, per certi versi può essere considerata un recupero del significato originario dei termini: “il
quod interest, ravvisato nel suo significato originario, allude ad una aspettativa protetta dal diritto ed esprime – mediante un raffronto fra due situazioni, l’una di carenza l’altra di appagamento – l’interesse di una persona al verificarsi dell’evento o dello stato di fatto cui si rivolge la sua aspettativa”: così E. BETTI, “Id quod interest” in Nov. Dig. It., vol. VIII, Torino, 1962, p. 133.
Tuttavia il principio dell’equivalenza tra il danno subito e il risarcimento da attribuire sembra che inizi a vacillare in considerazione della “maggiore sensibilità per la sfera del danneggiato e delle nuove funzioni che si vogliono attribuire alla responsabilità civile199.”
Se si continuasse ad applicare la differenztheorie, si potrebbe incorrere nel rischio che l’istituto della responsabilità civile non assolva più la funzione di soddisfare le pretese del danneggiato.
Tuttavia, anche qualora non si volesse più accreditare la tradizionale differenztheorie, non sarebbe agevole sostenere che accanto alla funzione compensativa – riparatoria che caratterizza il risarcimento del danno si stia affiancando anche una funzione sanzionatoria-punitiva.
È stato, infatti, sostenuto che “potrà iniziarsi a parlare di pene private solo quando le modalità di quantificazione dell’obbligazione risarcitoria e/o sanzionatoria sono tali da lasciar chiaramente comprendere che si è usciti dal campo della responsabilità civile in senso stretto per entrare in quello delle pene private: il che avviene ogniqualvolta in sede di accertamento del quantum si faccia riferimento non solo alla gravità della lesione in sé e per sé considerata, ma anche di altre circostanze che a rigor di logica dovrebbero esulare da un problema di quantificazione del danno in senso stretto, come per esempio il grado della colpevolezza del soggetto agente, la sua situazione patrimoniale, o ancora l’arricchimento realizzato mediante il fatto ingiusto200.”
Tali motivazioni, quindi, sembrano rendere particolarmente ostica l’ammissibilità delle pene private nell’ordito giuridico nazionale.
199Si veda sul punto S. P
ATTI, Il risarcimento del danno e il concetto di prevenzione, in La
responsabilità civile, 2, ed. Utet, 2009, p. 166.
200Si veda P. G
L’analisi sistematica dell’ordinamento, tuttavia, consente di rilevare che sul proscenio giuridico nazionale, anche nel settore dell’illecito extracontrattuale e non solo contrattuale, stanno emergendo forme di responsabilità civile che sebbene formalmente assolvano una funzione prettamente compensativa-riparatoria sostanzialmente mascherano anch’esse una funzione punitiva-sanzionatoria.
Alla luce di quanto sinora affermato, pertanto, sembra opportuno indagare i nuovi istituti, anche di matrice processuale, che progressivamente stanno contribuendo a scardinare la concezione che la responsabilità, sia essa contrattuale o extracontrattuale, possa assolvere una funzione esclusivamente e prettamente compensativa.