CAPITOLO II – LA TUTELA PENALE CONTRO IL FENOMENO
2.3 Il nuovo reato di atti persecutori
2.3.2 La condotta
Come già anticipato, l’art. 612-bis c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, con condotte reiterate, minaccia o molestia un’altra persona. Secondo la dottrina, reiterazione significa ripetizione di comportamenti connotati da persistenza e frequenza61 aventi le medesime caratteristiche. Il disvalore che la nuova fattispecie penale mira a colpire risiede nella ripetitività di condotte, che prese singolarmente possono anche non integrare alcun reato, essendo perfettamente lecite, oppure che di per sé sarebbero già punibili in via autonoma, ma che a causa della reiterazione si caratterizzano per un maggior valore offensivo62. Il Legislatore, accogliendo l’orientamento prevalente in altri Ordinamenti, ha perciò optato per la scelta di una fattispecie abituale. Il reato di atti persecutori è quindi un delitto abituale proprio63. Esso implica una pluralità di gesti e
61 L. PISTORELLI, Nuovo delitto di “atti persecutori” (cd. stalking), in
Sistema penale e sicurezza pubblica. Le riforme del 2009, a cura di S.
CORBETTA, A. DELLA BELLA, G.L. GATTA, Ipsoa, Milano 2009, pp. 163- 164.
62 B. LIBERALI, Il reato di atti persecutori, op. cit., p. 65.
63 A.M. MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e
promozione mediatica, op. cit., p. 106. F. MANTOVANI, Diritto penale – Parte speciale. Delitti contro la persona, op. cit., p. 343. Ciò è
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azioni aventi contenuto intimidatorio che si ripetono con continuità ed abitualità nel tempo, creando nella vittima una situazione di sofferenza psicologica. Perché la fattispecie possa dirsi integrata, non è necessario che vi sia reiterazione dello stesso tipo di condotta potendo anche aversi una combinazione di diversi comportamenti. Ciò che conta è che gli atti siano distinti l’uno dall’altro e che si susseguano nel tempo64. Non si
potrebbe parlare di reiterazione, ma di permanenza, in caso di azione che si prolunga per un certo lasso temporale. La norma in proposito, non indica i limiti temporali entro i quali deve realizzarsi la pluralità dei fatti, ma occorre che gli intervalli tra l’uno e l’altro non abbiano una durata tale da interrompere la fattispecie criminosa: un’eccessiva lontananza nel tempo, farebbe infatti venir meno il carattere dell’abitualità.
Come si ricava dalla norma, la condotta reiterata può realizzarsi attraverso la minaccia o la molestia. Riguardo alla minaccia si richiama l’ art. 612 c.p. che punisce “Chiunque minaccia ad altri un danno ingiusto”. Secondo la Cassazione65 il reato di minaccia è un delitto contro la libertà psichica. Rientra perciò nella disposizione qualsiasi tipo di condotta che risulti limitativa della libertà psichica altrui. In particolare, una recente sentenza della Suprema Corte definisce la minaccia come la “prospettazione di un male futuro ed ingiusto capace di incutere timore alla vittima per le possibili conseguenze pregiudizievoli
confermato anche dalla giurisprudenza, Uff. Indagini preliminari Reggio Emilia, 12 marzo 2009, in Redazione Giuffré, 2009.
64 F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e
civile, op. cit., p. 99.
65 Cass. pen., Sez. V, sent. 19 giugno 1974, n. 8210, secondo cui il reato
di minaccia è un delitto contro la libertà individuale, in particolare contro la libertà psichica. Si concreta nel prospettare a un soggetto un male futuro, il cui verificarsi dipende dalla volontà di chi minaccia.
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scaturenti dalla paventata condotta”66. Precisa poi che non è necessario che effettivamente si verifichi uno stato d’intimidazione concreta nella vittima, bastando la sola attitudine ad intimorire67.
La minaccia può quindi realizzarsi, non solo mediante gesti espliciti e parole minatorie che impauriscono la vittima, ma è sufficiente che venga posto in essere qualsiasi tipo di comportamento idoneo a turbare la psiche della persona offesa68, in modo da limitarne la propria libertà di autodeterminazione. In questo modo, sebbene la minaccia avvenga in modo subdolo, la vittima rimane comunque intimorita e ciò è quello che spesso accade nello stalking. Secondo la Cassazione, la valutazione dell’idoneità della condotta ad integrare la minaccia deve esser effettuata in base ad un giudizio ex ante69, cioè tenendo conto di circostanza oggettive, come tempo, luogo e forme in cui può essere attuata, capacità a delinquere del soggetto attivo, condizioni fisiche e psicologiche della vittima e conoscenza di esse da parte di chi minaccia al momento del fatto. Sempre secondo la giurisprudenza, non si può parlare di condotta minacciosa quando il male futuro che si prospetta non dipende da un comportamento attivo e volontario dell’agente, ma è un semplice auspicio di un fatto negativo e spiacevole per la
66 Cass. pen. , Sez. V, 18 giugno 2008, n. 38711, N.G., in Diritto &
Giustizia, 2008.
67 Cass. pen. , Sez. V, 7 giugno 2001, n. 31693, in Cass. pen., 2002, 2373. 68 Cass. pen., sez. V, 26 novembre 1984, n. 11256, in CED Cass., Rv.
167163.
69 Cass. pen., sez. VI, 26 giugno 2008, n. 36700, in Guida al diritto, 2008,
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vittima70. E ancora, non è minaccia l’intimidazione fatta allo
scopo di dissuadere un soggetto dal porre in essere un’azione illecita.
Per quanto riguarda la molestia, invece, la fattispecie di riferimento è costituita dall’art. 660 c.p. (Molestia o disturbo alle persona), che, come già ricordato71punisce “Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo”. Per siffatta nozione, la Cassazione intende un atteggiamento di insistenza eccessiva, e perciò fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell’altrui sfera di libertà72. La Suprema Corte ha anche osservato, che la petulanza deve consistere in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella vita altrui73 e da turbarne la tranquillità. Ne consegue che la pluralità di azioni petulanti è elemento costitutivo del reato. Nella fattispecie di atti persecutori non è espressamente richiesta la petulanza ma le condotte reiterate dovranno comunque molestare la vittima e quindi si tratterà, di un modo d’agire pressante, insistente ed indiscreto che finirà, allo stesso modo, per condizionare le abitudini e la sfera psichica della persona offesa.
La Cassazione ha precisato che la molestia può realizzarsi non solo con una sola azione di disturbo o di molestia74, ma può
70 Cass., Sez. V, 22 aprile 1999, n. 7571, in Cass. pen., 2000, 2277. 71 Vedi retro, par. 2.1, p. 25.
72 Cass., Sez. V, sent. 27 settembre 2007, n. 40748, in Guida al diritto,
2007, 46, 87.
73 Cass. pen., 26 novembre 1998, n. 13555, in Giust. Pen. 1999, II, 606. 74 Cass.pen., Sez I, sent. 9 aprile 2008, n. 1778, in Cass. pen, 2008.
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derivare anche dalla reiterazione di condotte in sé lecite, che proprio per il carattere ripetitivo diventano illecite e determinano un’indebita intromissione nell’ altrui libertà e serenità. Per cui, lo stalker può porre in essere condotte che in sé non molestano perché inoffensive, ma che ripetute nel tempo possono offendere i beni tutelati dalla fattispecie in esame, risultando moleste. Ad esempio, fare una telefonata ad una persona costituisce comportamento sicuramente lecito, ma lo squillo ripetuto dell’apparecchio telefonico integra gli estremi del reato in esame, qualora la condotta sia tenuta nella consapevolezza d’arrecare fastidio75. Lo stesso, in caso di invio di sms: messaggi insistenti e ripetuti costituiscono comunque una forma di disturbo alla tranquillità della persona.
Comunque, va detto che le minacce e le molestie non avvengono solo attraverso espressioni verbali o altri mezzi di comunicazione in generale. Esse possono concretizzarsi in atteggiamenti e condotte diverse, quali appostamenti, pedinamenti, compimento di atti vandalici ed altre simili condotte. L’esperienza ha dimostrato come sia vasta la gamma di attività che finisce per interferire nell’altrui sfera psichica e proprio per questo, il reato di stalking può essere definito come reato a forma libera di tipo commissivo76, seppure caratterizzato dalla necessità che le condotte poste in essere siano reiterate.
75 Cass.pen., Sez. VI, 4 settembre 2003, n. 35544, in Riv. Penale, 2004,
35.
76 B. LIBERALI, Il reato di atti persecutori, op. cit., p. 66, secondo cui è
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