CAPITOLO II – LA TUTELA PENALE CONTRO IL FENOMENO
2.3 Il nuovo reato di atti persecutori
2.3.7 Possibile configurazione del tentativo
Il reato di stalking è astrattamente compatibile con il tentativo112. Stabilisce infatti l’art. 56 c.p. che “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”. Il tentativo esige, dunque, l'intenzione di commettere un reato, il dolo. Se dal punto di vista soggettivo il reato può infatti considerarsi perfetto, nella sfera oggettiva esso è incompleto, perché l'ipotesi delittuosa descritta dal Legislatore nella norma è realizzata solo in parte. Due requisiti devono esser presenti affinché si possa parlare di tentativo: l’idoneità degli atti a produrre quel determinato evento e l’univocità di essi a commettere il delitto. L’idoneità deve essere valutata in concreto e deve essere intesa come capacità degli atti a produrre l’evento; l’univocità invece sussiste laddove emerge l’intenzione criminosa del soggetto. Con riferimento allo stalking, ogni volta, allora, in cui uno dei tre eventi descritti non si verifica e la condotta dell’agente assume i caratteri dell’idoneità e dell’univocità, sarà configurabile il tentativo. A questa conclusione si giunge poiché tali eventi sono, come visto, elementi costitutivi del reato, elementi, cioè, necessari ai fini della sussistenza della fattispecie di reato e in cui rileva l’elemento soggettivo, in questo caso il dolo.
Mi sembra in questa sede opportuno riportare la tesi di un’autorevole giurista, Ferrando Mantovani, il quale sostiene che, stante l’ambigua formula legislativa “in modo da cagionare…o da ingenerare”, gli eventi descritti dal Legislatore debbono considerarsi non come elementi costitutivi del reato
112 F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e
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ma come condizioni obiettive di punibilità. Egli sostiene, infatti, che tali eventi non “accentrano in sé” la sfera di offesa del reato, ma la “arricchiscono soltanto”113. In altre parole, Mantovani rileva come non sia corretto individuare nella verificazione dell’evento il momento di produzione dell’offesa, essendo, questa, già stata prodotta in un momento anteriore attraverso le condotte reiterate di minaccia e/o molestia. Tali comportamenti hanno, senza dubbio, già generato la lesione dei beni giuridici protetti dalla norma, quali la libertà morale e la libertà di autodeterminazione, per cui il verificarsi di un grave e perdurante stato di ansia, di un fondato timore per l’incolumità, o un mutamento delle abitudini di vita, costituisce soltanto un quid pluris rispetto ad un’offesa che è già realizzata e rispetto ad un reato, quindi, che è già stato compiuto.
Altro argomento esposto dal giurista a sostegno della sua tesi è quello per cui, dovendo gli eventi intesi come elementi costitutivi rientrare necessariamente nel dolo, a differenza di quelli considerati come condizioni obiettive di punibilità, il richiedere nel soggetto attivo la rappresentazione e la volontà almeno uno di essi, “comporterebbe nella pressoché totalità dei casi l’insussistenza del reato per difetto di dolo. E, quindi, un’interpretatio abrogans dell’art. 612-bis”114. Egli giunge a tale conclusione sulla base della possibile scusabilità dell’errore in materia. Ex art. 47 c.p., infatti, “L’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente”. Tale situazione si verifica quando si prova che chi ha errato voleva un fatto diverso da quello costituente reato a seguito di una falsa
113 F. MANTOVANI, Diritto penale – Parte speciale. Delitti contro la
persona, op. cit., p. 343.
114 F. MANTOVANI, Diritto penale – Parte speciale. Delitti contro la
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rappresentazione della realtà. Secondo Mantovani, basterà, allora, dimostrare che lo stalker voleva un fatto differente da quello tipizzato dal legislatore, per poter applicare la scusante. L’errore, quindi, opera come causa di esclusione della colpevolezza, per cui, escludendo la configurabilità dell’elemento soggettivo del reato, in questo caso il dolo, fa venir meno uno degli elementi essenziali dell’illecito penale e quindi il reato stesso.
Ritornando al tema centrale del paragrafo, la configurabilità o meno del tentativo riguardo al reato di stalking, vediamo quali sono le conseguenze che derivano dalla tesi prospettata dal Mantovani secondo cui gli eventi richiesti dall’art. 612-bis c.p. sono condizioni obiettive di punibilità. Recita in proposito l’art. 44 c.p. che “Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto”. Le condizioni obiettive di punibilità, secondo parte della dottrina costituiscono avvenimenti futuri e incerti, da cui dipende la punibilità di un fatto che integra già tutti gli elementi costitutivi di un reato115. Pertanto, il reato è già perfetto ma, per motivi di opportunità, il Legislatore ne subordina la punibilità al verificarsi di una determinata condizione. Quest’ultima, non è dunque un avvenimento richiesto per l’integrazione del reato, una condizione per l’esistenza di esso, in quanto si confonderebbero, in tal modo, le condizioni di punibilità con gli elementi essenziali del reato. La condizione è allora un evento successivo alla realizzazione del fatto di reato, del tutto autonomo e distinto da quest’ultimo, non legato alla condotta
115 G. AZZALI, Le condizioni obiettive di punibilità, in Studi nelle scienze
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dell’agente da alcun nesso causale e non coperto da alcun elemento psicologico. Se, dunque, i tre eventi richiesti dall’art. 612-bis sono considerati condizioni obiettive di punibilità e non elementi costitutivi del reato, non sarà configurabile il tentativo, in quanto il mancato verificarsi di essi impedirà solo la punibilità del soggetto attivo, non anche l’integrazione della fattispecie di reato che, peraltro, è già stato compiuto.