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L’elemento soggettivo

CAPITOLO II – LA TUTELA PENALE CONTRO IL FENOMENO

2.3 Il nuovo reato di atti persecutori

2.3.6 L’elemento soggettivo

Ricordiamo che, nel nostro sistema penale, l’elemento volontaristico può concretarsi attraverso il dolo105 o la colpa. Occorre, allora, stabilire prima di tutto se, con riferimento al reato di atti persecutori, il Legislatore abbia previsto un’ipotesi di responsabilità a titolo di colpa o a titolo di dolo. Molteplici sono i motivi che fanno propendere per quest’ultima tesi. Innanzitutto è proprio lo stesso art. 42, co. III, c.p. a stabilire che il delitto è ordinariamente doloso, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. A parte il dato letterale, è la stessa struttura del reato in esame ad indicarne la natura dolosa. La necessità che vi sia una reiterazione della condotta implica una volontà ripetuta di perpetrare molestie e minacce verso un certo soggetto. Queste ultime, di per sé, come fattispecie autonome, richiedono la sussistenza del dolo106. Inoltre, ultimo motivo, è il fatto che la condotta debba esser posta in essere nei confronti del

105 Il dolo è definito dall’art. 43 c.p.: “Il delitto è doloso o secondo

l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.

106 F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e

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medesimo soggetto (unidirezionalità della condotta). Ciò è dimostrato dalla previsione di tre eventi pregiudizievoli a danno di un soggetto-vittima e non a danno di incertam personam107.

Confermata, perciò, la natura dolosa del reato in questione, occorre adesso stabilirne il tipo. Il dolo, infatti, può atteggiarsi in vari modi. Il dolo generico corrisponde alla nozione tipica dell’art. 43 c.p. e richiede semplicemente che il fatto illecito previsto dalla fattispecie penale, sia rappresentato e voluto dall’agente, a prescindere dal motivo specifico che lo ha portato a compiere l’azione o l’omissione. E’ a tale scopo sufficiente che il soggetto attivo si rappresenti e voglia porre in essere le condotte reiterate di molestia e minaccia idonee a cagionare almeno uno dei tre eventi descritti dalla norma. Altra tipologia di dolo è il c.d. dolo specifico. Esso si dice tale quando la legge esige che l’autore agisca (ovviamente con coscienza e volontà) per una particolare finalità, cioè quando deve sussistere una causa specifica che ha portato il soggetto ad agire o ad omettere l’azione. In questo senso, può essere definito come tipizzazione del movente108. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 15 maggio 2013, n. 20993, precisa che nello stalking, “trattandosi di reato abituale di evento, è sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo il dolo generico, quindi la volontà di porre in essere le condotte di minaccia o di molestia, con la consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente necessari per l’integrazione della fattispecie legale, che risultano dimostrate

107 F. BARTOLINI, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e

civile, op. cit., p. 113.

108 Tipico esempio di dolo specifico è il reato di furto (art. 624 c.p.), per

il quale la norma richiede che l’impossessamento avvenga allo scopo di trarre profitto per sé o per altri.

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proprio dalle modalità ripetute ed ossessive della condotta persecutoria compiuta” dall’imputato “e dalle conseguenze che ne sono derivate sullo stile di vita della persona offesa”109. Continua poi la Cassazione affermando che “ non occorre una rappresentazione anticipata del risultato finale, ma, piuttosto, la costante consapevolezza […] dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto, insista nella perdurante aggressione […] della sfera privata della persona offesa”.

Riguardo all’intensità del dolo pare doversi escludere che, ai fini dell’integrazione del reato di stalking sia necessario il dolo intenzionale. Esso costituisce la forma massima del dolo e si ha quando la realizzazione dell’evento costituisce il preciso fine dell’agente. Potrebbe rimandare a tale concetto il termine “cagionare” previsto dall’art. 612-bis c.p., in quanto richiama un certo fine, ovvero quello di provocare un grave stato di ansia e di paura, un fondato timore per l’incolumità fisica o un mutamento delle abitudini di vita. A tal proposito, occorre rilevare, però, come lo stalker difficilmente agisce per cagionare uno dei tre eventi previsti. Anzi, studi psichiatrici hanno evidenziato casi in cui l’agente è convinto che il suo comportamento sia gradito alla vittima110. In certi casi, infatti, lo scopo dello stalker può essere di tipo affettivo: egli pone in essere tutta una serie di comportamenti volti, ad esempio, a riprendere la relazione con l’ex partner o a ricevere particolari

109 Cass. Pen., sez. V, 15 maggio 2013, n. 20993, in www.altalex.com.

Nel caso concreto la difesa dello stalker era basata sul fatto che avrebbe dovuto escludersi la configurabilità del reato contestato per assenza di dolo specifico e di uno scopo premeditato.

110 P.E. MULLEN, M. PATHE’, R. PURCELL, R. MACKENZIE, Lo stalker:

creazione di una nuova categoria di paura, di reato e di studio, op.

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attenzioni da parte di qualcuno, anche famoso. Lo stalker, in questo contesto, crede di “corteggiare”, di compiere dei gesti carini nei confronti della vittima, ( si pensi all’invio ripetuto di lettere d’amore o di mazzi di fiori ) e non è consapevole che potrà ingenerare uno degli eventi previsti. Egli non si rende conto di perseguitare, per cui crede che i suoi atti siano del tutto legittimi e dovuti. Tale intento affettivo difficilmente risulta compatibile con la volontà di cagionare l’ evento descritto dalla norma in esame111. Lo stalker, in questi casi, pone in essere la

propria condotta molesta intenzionalmente, con coscienza e volontà, ma egli non agisce per cagionare l’evento, ma per altri fini, per lui del tutto leciti. Pare, dunque, si debba escludere che per realizzare la fattispecie di atti persecutori sia richiesto il dolo intenzionale. Non occorrerebbe, infatti, che la condotta perpetrata sia finalizzata intenzionalmente a causare l’evento, essendo sufficiente, così come impone il dolo generico, che il soggetto agente ponga in essere con coscienza e volontà le minacce e le molestie idonee a cagionare almeno uno dei tre eventi descritti dalla disposizione. Così come strutturato, dunque, l’elemento soggettivo sembra potersi atteggiare nelle forme del dolo eventuale in quanto si ritiene che sia richiesta quantomeno la rappresentazione dell’evento quale possibile conseguenza della reiterazione delle condotte volontariamente poste in essere.

111 A.M. MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e

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