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La conferma della nostra ricostruzione può trovarsi nell’antesignano normativo, espressamente codificato, della figura atipica di cui stiamo parlando.

Nel documento Polizze unit linked e index linked (pagine 56-60)

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7. La conferma della nostra ricostruzione può trovarsi nell’antesignano normativo, espressamente codificato, della figura atipica di cui stiamo parlando.

A ben guardare, infatti, l’art. 2 del d.l. n. 347 2003 (c.d. Legge M arzano come convertita e modificata), dopo aver contemplato, al comma 1, le modalità e la cronologia della presentazione dell’istanza di ammissione all’amministrazione straordinaria, sancisce testualmente “Con proprio decreto il Ministro delle attività produttive provvede, valutati i requisiti di cui all'articolo 1 all’ammissione immediata dell'impresa alla procedura…. e alla nomina del commissario straordinario, con le modalità di cui all'articolo 38 del decreto legislativo n. 270 del 1999….”.

Al comma 2 bis aggiunge “Il decreto di cui al comma 2 determina lo spossessamento del debitore e l’affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente. Determina altresì gli effetti di cui all'articolo 48 del decreto legislativo n. 270 e agli articoli 42, 44, 45, 46 e 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”. Nei quindici giorni, poi, dalla comunicazione del decreto il tribunale dichiara lo stato di insolvenza dell'impresa. Qualora il tribunale respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza ovvero accerti l'insussistenza di anche uno solo dei requisiti previsti dall’articolo 1, cessano gli effetti del decreto di cui all'articolo 2, comma 2. Restano in ogni caso salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura (art. 4, commi 1 e 2)

Il decreto del M inistro, dunque, non è altro che un provvedimento amministrativo cautelare a tutela dell’impresa e dell’attività economica, e come si legge testualmente nella norma non produce la sostituzione del commissario straordinario agli organi sociali, nè rende quest’ultimo legale rappresentante della società, ma determina lo

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La norma sancisce: “Il decreto, previsto dall’articolo 2409 del codice, che nomina l’amministratore giudiziario nelle societa (spa e sapa) del codice, priva l`imprenditore, dalla sua data, dell`amministrazione della società nei limiti dei poteri conferiti all`amministratore giudiziario. Salvo che il decreto disponga diversamente, l’amministratore giudiziario non puo` compiere atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza l`autorizzazione del tribunale. Entro i limiti dei poteri conferitigli l`amministratore sta in giudizio nelle controversie, anche pendenti, relative alla gestione della società. All’amministratore giudiziario possono essere attribuiti per determinati atti, poteri dell’assemblea. Le relative deliberazioni non sono efficaci senza l`approvazione del tribunale. Il compenso dell’amministratore giudiziario è determinato dal tribunale. La sentenza che nomina l’amministratore incaricato di assumere la gestione dell’impresa priva l’imprenditore, dalla sua data, dell’amministrazione dell'impresa nei limiti dei poteri conferiti all’amministratore giudiziario”.

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spossessamento del debitore e l’affidamento della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente.

E come per l’art. 15, comma 8, l. fall., in caso di mancata dichiarazione di insolvenza cessano gli effetti del provvedimento cautelare. L’unica differenza è l’attribuzione della gestione dell’impresa nel periodo intermedio al commissario nominato dal M inistro, con il vantaggio competitivo (di non poco conto) di inibire espressamente (art.2 comma 2 bis) azioni esecutive individuali anche speciali sul patrimonio dell’impresa149. Effetto che, come visto, non può essere determinato dai provvedimenti cautelari resi ex art. 15, comma 8, della legge fallimentare 150.

Al legislatore insomma, a differenza che ad una certa giurisprudenza, è ben chiara la differenza tra società ed impresa, tra amministratore giudiziario della persona giuridica e commissario-custode del patrimonio aziendale del debitore, ed infatti contempla espressamente il secondo modello escludendo il primo.

D’altra parte la valorizzazione del termine impresa (intesa in senso strumentale e del relativo substrato fattuale e giuridico), e la netta distinzione dall’imprenditore (individuale o collettivo), è stata avviata con le leggi sull’amministrazione straordinaria, per poi trovare accesso nella riforma della legge fallimentare151 come per tante altre innovazioni. Ed è quanto mai appropriato e decisivo che il legislatore parli di “spossessamento del debitore e affidamento al commissario straordinario della gestione dell'impresa e dell'amministrazione dei beni dell’imprenditore insolvente” e non di amministrazione giudiziaria della società.

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Viceversa il comma 2 bis dell’art. 2 del d.l. n. 347 2003 non attribuisce al provvedimento amministrativo cautelare gli effetti, pure assai rilevanti dell’art. 50 del d.lgs. n. 270 del 1999 riguardante i contratti in corso.

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Trib. Monza, 20 novembre 2009, cit.; T rib. Milano 25 marzo 2010, cit.; T rib. Prato, 4 febbraio 2011, cit., T rib. Prato, 23 marzo 2011, cit.

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Questa impostazione emerge chiaramente nella legge Prodi bis che non a caso utilizza ripetutamente, e soprattutto con riferimento all’indirizzo della ristrutturazione, il termine impresa. Orbene quando l’impresa in crisi ha grandi dimensioni, emerge nell’ordinamento un peculiare interesse dell’economia alla sua sopravvivenza che consente di sacrificare entro certi limiti l’interesse dei creditori. Ciò giustifica un esercizio provvisorio che da eccezione nella procedura fallimentare (art. 104 l. fall.) diventa nell’amministrazione straordinaria una regola inderogabile e che può in linea di principio anche arrecare pregiudizio ai creditori purchè sia funzionale al recupero prospettico dell’equilibrio economico (al riguardo FIMMANÒ, La ristrutturazione m ediante concordato della grande im presa in amm inistrazione straordinaria, in Dir. fall., 2010, I, 328 s.).

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D’altra parte dal punto di vista della successiva trattazione del procedimento pre- concorsuale, se così non fosse il Tribunale fallimentare troverebbe paradossalmente come contraddittore lo stesso amministratore giudiziario da se stesso nominato.

M a anche su questo tema la legge M arzano offre una chiara definizione dei ruoli. L’art. 4 del decreto, al comma 1 sancisce, infatti che : “Il tribunale, con sentenza pubblicata entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto di cui all'articolo 2, comma 2, sentiti il commissario straordinario, ove lo ritenga necessario, e il debitore nelle ipotesi di cui all’articolo 3, comma 3, dichiara lo stato di insolvenza dell'impresa e assume i provvedimenti di cui all'articolo 8, comma 1, lettere a), d) ed e), del decreto legislativo n. 270…”.

Il legislatore prevede espressamente che il debitore sia sentito come soggetto diverso dal commissario che evidentemente non lo rappresenta e costituisce un diverso centro autonomo di imputazione di rapporti soggettivi attivi e passivi.

La riforma della legge fallimentare ha statuito nel medesimo senso per la liquidazione coatta amministrativa sancendo, all’art. 195, l. fall., che se un’impresa, assoggettata alla procedura, si rivela insolvente, il tribunale competente, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, dichiara lo stato di insolvenza con sentenza e adotta d’ufficio, anche con successivo decreto, i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni152 nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione153. La norma al comma 3

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In realtà mentre i provvedimenti di cui all’art. 15 l. fall. sono rimessi all’istanza di parte e sono strumentali al giudizio che porta alla dichiarazione di fallimento, i provvedimenti di cui all’art. 195 l. fall. hanno carattere officioso e seguono necessariamente la pronuncia del Tribunale. Ciò in quanto la sentenza dichiarativa di insolvenza può essere emanata quando ancora non è aperta la procedura di liquidazione coatta, con il rischio che l'imprenditore possa compiere atti dispositivi con finalità distrattive o comunque pregiudizievoli per i creditori. La norma quindi attribuisce al T ribunale la possibilità di svolgere una funzione di tutela nell’arco temporale che intercorre tra la dichiarazione di insolvenza e l’emanazione del provvedimento amministrativo di apertura della procedura (GHIGNONE, op. cit.,499). T uttavia, in una lettura costituzionalmente orientata alla parità di trattamento, occorre ritenere che anche nella procedura di liquidazione coatta il Tribunale possa disporre i provvedimenti cautelari su istanza di parte (contra PLATANIA, Sub art. 195 l. fall., in LO CASCIO (a cura di), Codice comm entato del fallim ento, Milano, 2008, 1678).

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L’art. 200 l.fall. sancisce altresì che “Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47 e se l’impresa è una società o una persona giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall'art. 214. II. Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore”. Come si vede il

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precisa che “prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore, con le modalità di cui all’articolo 15, e l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa” 154. La stessa cosa vale evidentemente per il fallimento, dove nella fase dell’istruttoria il debitore non può che conservare tutti i poteri di rappresentanza processuale che in alcun modo possono essere attributi dal tribunale ad un terzo dallo stesso nominato155.

Tutto ciò vale anche per la versione dell’amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. 270/1999, cui è applicabile il sistema di cui all’art. 15, comma 8, l. fall., per lo strettissimo nesso di «corrispondenza biunivoca» sussistente tra le due procedure concorsuali e per l’identità di ratio della norma, che anzi è ancora più funzionale considerato che nella Prodi-bis la continuazione dell’impresa non è eventuale, come nel fallimento, ma essenziale156.

legislatore parla di rappresentanza processuale per i rapporti patrimoniali dell’impresa e non della società.

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Non va confuso il commissario straordinario od il commissario liquidatore, organi di una procedura concorsuale, con il commissario governativo nominato in società in bonis dall’autorità amministrativa in relazione ai poteri di esercitati su tali società soggette alla relativa vigilanza (cooperative, banche, assicurazioni), figura omologa all’amministratore giudiziario nominato ex art. 2409 c.c. dall’autorità giudiziaria e che quindi ne ha propriamente la rappresentanza legale. Ecco perché la Cassazione ha avuto modo di affermare che “nel procedimento per la dichiarazione dello stato di insolvenza di una società, su richiesta, ai sensi dell'art. 202 l. fall., del commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa, il contraddittorio, per l'esercizio del diritto di difesa, deve essere instaurato, ex art. 195 e 15 l. fall., nei confronti dell'organo che aveva la rappresentanza legale dell'ente stesso alla data cui si fa risalire detta insolvenza, nella specie dichiarata avendo riguardo al momento della messa in liquidazione della società; ne consegue che, in caso di previo commissariamento governativo, legittimato al contraddittorio è solo il commissario governativo alla predetta epoca investito della carica, la quale comprende, di regola, tra i poteri di gestione ordinaria, le medesime prerogative degli amministratori, ivi inclusa la piena rappresentanza processuale (Cass., 2 dicembre 2010, n. 24547, in Rep. giust. civ. Mass., 2010, 12).

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Nello stesso senso BELLÈ, op. cit., 13 (il quale osserva che “ nel caso di società di capitali, in cui l’art. 152 l.fall. rimette agli amministratori, in assenza di deroghe statutarie, la decisione di proporre concordato preventivo, l’amministratore giudiziario finirebbe per essere astrattamente legittimato addirittura alla predisposizione di tale procedura, che diverrebbe, magari su autorizzazione del T ribunale, uno scenario possibile: il che appare al di fuori del perimetro entro cui si dise gna l’attuale assetto dell’ingerenza attiva dell’autorità giudiziaria rispetto all’attività di impresa”).

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Si riferiscono a procedure di pre-insolvenza ex d.lgs. 270 del 1999 anche Trib. Vibo Valentia 19 marzo 2010, cit.; T rib. T erni, 13 aprile 2011 cit.; T rib. Prato, 4 febbraio 2011, cit., T rib. Prato, 23 marzo 2011 cit.; T rib. Novara, 24 febbraio 2010, in Fallim ento, 2010, 1180, con nota di MARZOCCHI, I provvedim enti cautelari cit. (secondo cui anzi in questo caso la misura

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Queste misure possono essere emesse fino al momento della dichiarazione di insolvenza considerato che il tribunale potrebbe, in assenza dei requisiti, optare comunque per la dichiarazione di fallimento. Per la fase successiva invece l’art. 21, d.lgs. 270 del 1999, stabilisce che “il Tribunale con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza o con successivo decreto, adotta i provvedimenti conservativi opportuni nell'interesse della procedura”, d’ufficio (questa volta) per tutelare l’impresa nel lasso di tempo compreso tra la pronuncia dello stato di insolvenza e l’inizio della gestione commissariale157.

8. Dunque anche nel caso limite della nomina dell’amministratore giudiziario

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