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Il confronto fra Dante e Ulisse

3 L'ULISSE DANTESCO

3.5 Il confronto fra Dante e Ulisse

A questo punto della ricerca, è necessario stabilire un confronto tra Dante protagonista della Commedia e il personaggio Ulisse. Il confronto è fondamentale, poiché spiega la differenza per cui Dante ha successo nel suo viaggio verso la conoscenza, mentre Ulisse è destinato a fallire. Nonostante le differenze, vi sono tuttavia notevoli somiglianze fra i due, ed è possibile individuare un parallelismo davvero marcato tra l'estremo viaggio di Ulisse oltre le colonne d'Ercole e il viaggio di Dante attraverso i tre regni dell'Oltretomba. Incominceremo proprio con l'analizzare questo parallelismo.

Per prima cosa bisogna affermare che entrambi i viaggi sono narrati dal viaggiatore stesso485: Dante oltre ad essere lo scrittore è anche il protagonista della Commedia e le avventure, i pericoli e gli incontri avvenuti con le anime dei dannati sono da lui narrati in prima persona. Allo stesso modo, Ulisse non racconta le vicende vissute da altri, ma descrive proprio i tragici eventi che l'hanno condotto alla morte in un punto imprecisato dell'oceano. Il secondo punto di contatto, è che sia Ulisse che Dante tendono a raggiungere una meta assai difficile; una meta desiderata al di sopra di qualsiasi altra cosa. Questa meta di radicale importanza esistenziale è la salvezza486. Già dal primo canto dell'Inferno, Dante è consapevole del luogo dove è destinato ad andare e soprattutto dove desidera recarsi: il colle rivestito dai raggi del sole. Questo monte lo avrebbe risollevato una volta per tutte dal disordine interiore

484 M. FUBINI, Il canto XXVI dell'Inferno, p. 19.

485 G. CERRI, Dante e Omero, il volto di medusa, Ed. Argo, Lecce 2007. p. 118

che lo agitava e che lui voleva rifuggire. La selva oscura, simbolo del traviamento interiore che allontana da Dio, lo riempiva di paura, tanto da fargli affermare che tale condizione (la selva) è tanto amara che la morte lo è poco di più (Inf., I, 7). Sebbene egli sia conscio della meta che deve raggiungere perché essa rappresenta l'unica possibilità di riscattarsi dallo stato di peccato, tuttavia dovrà prima affrontare un aspro viaggio attraverso l'Inferno constatando lui stesso, quanto in basso possa cadere un uomo. La meta agognata da Ulisse è la medesima, in quanto la montagna del Purgatorio, che egli vede da lontano, è anche per lui fonte di redenzione e conoscenza che cancella le ombre dell'ignoranza.

Il terzo punto di contatto, è che anche Ulisse cerca un luogo dove trovare finalmente una pacificazione per il suo desiderio interiore che lo spinge a navigare senza sosta. Questo porto di quiete può essere chiamato “patria”. Come abbiamo detto, però, l'Ulisse dantesco a differenza dell'eroe omerico non si accontenta di una patria terrena; ciò che egli ricerca è in verità la “patria celeste”, la sede della conoscenza e la dimora pacifica in cui il desiderio umano può trovare pienezza e, dunque, pace. Dante vuole «tornare a se stesso in quanto cristiano»487: desidera cioè ricongiungersi a Dio.

Un ulteriore punto di contatto, è che il viaggio di Ulisse dura dieci anni, anzi venti, se si considera anche il tempo in cui ha combattuto nella guerra di Troia; se si aggiunge poi il tempo trascorso nella navigazione verso le colonne d'Ercole e infine i cinque mesi nell'oceano, si può affermare che il viaggio dell'eroe greco dura tutta una vita. Il viaggio di Dante dura invece pochi giorni, ma in un certo senso «ingloba in sé tutta la sua vita»488.

Il percorso di Dante attraverso i tre regni dell'oltretomba, è un cammino spirituale che coinvolge l'interezza della sua persona, non solo l'intelletto, ma anche il corpo fisico. Se prendiamo in considerazione l'Inferno, Dante vive integralmente l'esperienza del terribile luogo in cui anche la speranza sembra essersi dissolta. Attraverso i dialoghi, i colloqui, i ricordi, le profezie, Dante esprime un processo spirituale che riguarda, non solo il tempo presente nel quale affronta il viaggio, ma anche il passato e il futuro. Inoltre, la mistica esperienza non riguarda unicamente la sua persona, ma anche la vita dei trapassati di tutte le epoche, dei contemporanei e degli uomini che devono ancora venire (basti pensare a Inf., I, 101-102, dove viene preannunciato l'arrivo di un “veltro” che un giorno giungerà a scacciare la lupa, simbolo della cupidigia).

Anche il viaggio di Ulisse è un itinerario esistenziale: i numerosi incontri con divinità,

487 Ibidem.

ninfe, creature mitologiche, svariate popolazioni, arricchiscono interiormente il navigatore. «Il viaggio è, nell'uno e nell'altro caso fonte di conoscenza profonda, fino al limite consentito all'uomo»489.

Un fondamentale punto di contatto fra il Poeta e l'eroe greco è che entrambi sono ben coscienti della grande difficoltà dell'impresa non pienamente comprensibile con la sola ragione. Dante nutre dei dubbi sulla possibilità di poter intraprendere un simile viaggio, anche perché lui non è né un grande eroe epico destinato a fondare una grande città, qual era Enea, e nemmeno un santo come Paolo - entrambi discesi vivi nell'oltretomba (Inf., II, 32)-; egli inoltre non si ritiene più degno di altri uomini di scoprire i misteri dell'aldilà (Inf., II, 33). Dante teme che il viaggio indicatogli da Virgilio sia superiore alle sue possibilità e, a quelle dell' intelletto umano:

«per che, se del venire m'abbandono, temo che la venuta non sia folle.

Sè savio: intendi me' ch'i' non ragiono» (Inf., XXVI, 34-36).

Da osservare il termine “folle” alla fine del verso 35. Il termine comparirà anche nel racconto di Ulisse, il quale è consapevole della “follia” di oltrepassare le colonne d'Ercole (Inf., XXVI, 125). Dante dubita che un uomo comune possa affrontare un viaggio tanto ardito. Egli è consapevole del limite oltre il quale la natura umana non può andare, pena la violazione dell'armonia cosmica. Anche in Ulisse vi è la consapevolezza del limite: infatti egli stesso definisce il suo “folle” il suo volo. L'eroe greco rappresenta «l'incarnazione perfetta della cultura classica più alta, la quale, pur non avendo conosciuto né potuto prevedere la parola di Cristo, sa bene che la mente umana può con la forza della ragione andare lontano, e sublimarsi nella felicità della scienza»490.

Tuttavia, Ulisse non si accontenta del limite dell'intelligenza umana e vuole andare oltre, per attingere alla conoscenza totale e risolvere il mistero dell'esistenza. «Ulisse vorrebbe vedere più dell'Aldilà, non si stancherebbe mai di continuare l'indagine appassionante»491. È interessante notare che l'Ulisse omerico è più prudente rispetto all'Ulisse dantesco. Odisseo non si lascia ingannare dal canto delle sirene; se avesse sostato troppo a lungo presso gli scogli delle sirene, sarebbe impazzito. Egli ha l'intelligenza di passare oltre con la nave e di evitare una morte sicura. Alla fine Odisseo torna ad Itaca e si accontenta di vivere il resto del tempo che gli rimane fra i suoi cari e la sua gente492. Ulisse invece, è completamente in balìa

489 Ibidem.

490 Ivi, pp. 118-119.

491 Ibidem.

del suo desiderio di conoscenza e per questo fallisce.

Se nella consapevolezza del limite Dante e Ulisse sono simili, non lo sono quanto riguarda l'esaltazione estrema delle capacità umane, presente in Ulisse e assente in Dante. Il viaggio di Dante può essere interpretato come il proseguimento del viaggio di Ulisse, perseguito però con i giusti mezzi: la Fede, la Rivelazione e soprattutto la Grazia divina.