SECONDA PARTE IL TEMA DELLA VELLEITAS IN RIFERIMENTO ALLA FIGURA DI ULISSE
2. L'ULISSE LATINO E L'EVOLUZIONE STORICA DEL PERSONAGGIO
2.3 L'Ulisse latino
«La tradizione latina classica aggiunge dei tratti originali alla leggenda greca di Ulisse: la dilatazione atlantica dei suoi viaggi e la sete di conoscenza»226. Fra il II e il I secolo d. C, «un grammatico greco Asclepiade di Mirlea, nel suo Commento all'Odissea, racconta di offerte votive di Ulisse, di suoi anathémata, conservati in un tempio di Atena eretto in un'ignota città detta Odysseía da localizzare sulla costa mediterranea dell'Iberia»227. Lo testimonia Strabone228 in età augustea il quale, in questo come in altri contesti229, sostiene che Omero avrebbe localizzato nell'Atlantico buona parte delle avventure di Ulisse.
Risale a tradizioni di età romano-repubblicana, la notizia dell'esistenza di una città chiamata Olisippo o Ulisippo in Lusitania. Ne parlano Pomponio Mela in Chorographia (III 1), e Plinio il Vecchio in Naturalis historia (IV, 22). Solino in Collectanea (XXIII, 6) la definisce “Oppidum ab Ulixe conditum”. Anche secondo il parere di Marziano Capella in De nuptiis (V, 629) la città è stata fondata da Ulisse. Questa dilatazione atlantica del teatro di azione di Ulisse «nulla ha da spartire con il mondo greco, ed è interferenza mitica di incidente marca latina»230.
Se in età romano-repubblicana Ulisse viene proiettato sul litorale atlantico dell'Iberia, in epoca romano-imperiale, raggiungerà l'oceano settentrionale. La Britannia in età cesariana e la Germania in età augustea costituiranno gli estremi confini del mondo nell'orizzonte dell'esplorazione oceanica, da Cadice alle foci del Reno e dall'Elba alle isole britanniche, alla
226 C. SENSI, Isole e viaggi: l'Ulisse di Dante, a cura di S. Re Fiorentin, Leia, Berna 2012, p. 59.
227 L. BRACCESI, Sulle rotte di Ulisse. L'invenzione della geografia omerica, Laterza, Roma-Bari, 2010, pp.
119-120.
228 STRABONE, Geographia Iberica et Gallica, trad. it. di F. Tratta, Geografia Iberica e Gallia, Biblioteca
Universale Rizzoli, Milano 1996. III, p. 149.
229 STRABONE, Strabonis, geographica, a cura di F. Sbordone, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1963,
I, p. 157.
ricerca di un passaggio settentrionale che consentisse di scendere verso il Mar Caspio231. Il progetto è quello di porre l'oceano come confine dell'impero. Virgilio dirà al riguardo: «nascerà, da origine eletta, Cesare Troiano: egli all'impero confine porrà l'Oceano, alla gloria gli astri, Giulio di nome, che egli discende dal grande Iulo»232. Al di là delle dispute filologiche ellenistiche fra Aristarco di Samotracia e Cratete di Mallo sugli spazi marittimi percorsi da Ulisse,
decisamente romano è lo spirito con cui, a partire dall'età augustea, risorge l'antico interrogativo circa i confini del viaggio di Ulisse. Ancora più romano, inoltre, è l'animus che proietta l'eroe fin oltre lo stretto di Gibilterra, fin oltre le Colonne di Eracle, su rotte atlantiche di sconcertante respiro oceanico. Nell'età augustea, e quindi Giulio-Claudia, in seguito alle spedizioni nordiche di Druso e del fratello Tiberio e del figlio Germanico, ci si torna a domandare con insistenza, e ideologizzando il problema in chiave politica, se le avventure di Ulisse abbiano avuto come teatro il Mediterraneo, ovvero un mare innanzi ignoto. Inutile aggiungere che la riflessione sulla geografia romana di conquista influenza l'interpretazione della stessa geografia omerica233.
Seneca testimonia l'attitudine dei Latini di considerare Ulisse come un navigatore oceanico quando instaura un paragone tra le tempeste dell'animo e le sofferenze affrontate da Ulisse nella sua navigazione forse extra notum nobis orbem234.
Nel 1501 Cristoforo Colombo compilò una singolare antologia nota come il Libro de Las Profecías e conservata nella Biblioteca Colombina di Siviglia. Quest'opera è composta da passi biblici e profezie di Padri della chiesa relativi alla fine del mondo, alla necessaria conversione di tutti i popoli, a terre e isole lontane; accanto a questi passi, egli tradusse in castigliano cinque versi del coro della Medea di Seneca, a lui noti dall'Imago mundi del cardinale Pietro d'Ailly: «verrà un'epoca, in anni tardi, in cui l'Oceano scioglierà i vincoli delle cose e grande si mostrerà la terra e Teti rivelerà nuovi mondi, e Tule non sarà più l'ultima delle terre»235.
Il navigatore genovese vedeva forse in questi versi la previsione delle sue future scoperte; a noi invece interessano, poiché testimoniano della grande apertura della cultura romana del I secolo d.C, verso le regioni al di fuori dei confini dell'impero. «Già Augusto aveva fatto incidere, tra gli elogi del proprio principato, il fatto che le navi romane si erano spinte dalle foci del Reno fino alle terre dei Cimbri ad oriente, là dove nessun romano prima di questo tempo si era spinto, per terra o per mare»236.
231 C. SENSI, Isole e viaggi: l'Ulisse di Dante, p. 60.
232 VIRGILIO, Eneide, trad. it. E. Oddone, Feltrinelli, Milano 2008. I, 286-288.
233 L. BRACCESI, Sulle rotte di Ulisse. L'invenzione della geografia omerica, pp. 60-61.
234 SENECA, Epistulae ad Lucilium, trad. it. di C. Barone, Lettere a Lucilio, Garzanti, Milano 2010,
LXXXVIII, 7.
235 SENECA, Medea, trad. it. di A. Németi, Edizioni ETS, Pisa 2003, 375-379.
Nerone, attirato dall'ambra baltica, organizzò una spedizione che aveva anche la missione di esplorare accuratamente le coste del nord d'Europa237.
In effetti le navi romane erano in grado di affrontare l'Atlantico, le cui rotte erano collegate al Mediterraneo sia attraverso lo stretto di Gibilterra, sia attraverso le valli fluviali della Gallia, ma le regioni oceaniche della Gallia non avevano conosciuto una forte urbanizzazione: soltanto Bordeaux conservò la sua importanza nella tarda antichità, anche nel VI secolo, come testimoniano molti passi della Historia Francorum di Gregorio di Tours; i suoi legami marittimi erano con la Galizia e la regione cantabrica. Per via di terra, prodotti dell'Aquitania, come i marmi dei Pirenei, erano esportati verso l'interno della Gallia. La navigazione antica trovava nel periplo della Bretagna grossi problemi ed aveva dunque difficoltà a passare dall'Atlantico alla Manica. Probabilmente esistevano due sistemi di comunicazioni marittime indipendenti l'uno dall'altro238.
In età posteriore, altri autori proiettano decisamente l'eroe sulle rotte nordiche al di là delle Colonne. Tacito fa di Ulisse un esploratore di terre atlantiche:
altri poi credono che anche Ulisse, sbattuto da quel suo lungo, leggendario peregrinare, abbia raggiunto questo oceano approdando alle terre germaniche, e che abbia fondato una città, che chiamò Askipýrgion, l'odierna Asciburgium, posta sulle rive del Reno e ancora oggi abitata. Anzi, una volta fu ritrovato là un altare da lui consacrato, e dove era stato scolpito anche il nome del padre di lui, Laerte239.
Ma Ulisse giunge addirittura in Britannia, in Scozia! Lo testimonia, nel III secolo d. C, Solino: «fine dell'orbe era la costa del litorale della Gallia, se si eccettua l'isola di Britannia che per la sua ampiezza in qualche modo si merita quasi il nome di altro mondo. Infatti spazia per estensione ottocento e più miglia, misurandola fino all'insenatura della Calidonia, recesso nel quale un altare con un'iscrizione greca testimonia che Ulisse sia arrivato ramingo»240. L'Ulisse latino:
sfuma la propria immagine in quella onirica di Alessandro Magno, o meglio dell'Alessandro della leggenda postuma, al cui mito si adeguano e si conformano, in un processo di imitatio, palese od occulta, tutti i condottieri romani che progettano la conquista della Germania o vagheggiano la circumnavigazione dell'oceano settentrionale, ricercando il mitico passaggio che li porti ad solis orientis regionem. Entrambi gli eroi, Alessandro e Ulisse, vengono ora a simboleggiare l'ardimento latino; tanto quello reale, oggetto di imitazione continua, quanto quello leggendario, irreale, che instancabilmente ricicla il suo mito di eterno navigatore. Li accomuna, in fondo, una nota che li caratterizza entrambi: l'ansia dell'esplorazione e con essa l'anelito alla sete di conoscenza241.
Sarà proprio dai Latini che Dante riprenderà l'immagine di Ulisse: navigatore proiettato verso la conquista di nuovi orizzonti. Bisogna ricordare però che l'Ulisse dantesco non insegue una meta terrena, ma una meta soprannaturale. L'Ulisse latino, invece, è ancora un
237 Ibidem.
238 M. TANGHERONI, Commercio e navigazione nel Medioevo, Laterza, Roa-Bari 1996, pp. 32-33.
239 P. C.TACITO, Germania, trad. it. di E. Risari, Germania, Mondadori, Milano 1991 , III, 3.
240 C.G.SOLINO-B.BASILE, Da Roma a Taprobane. Dai collectanea rerum memorabilium, Carocci,
Roma, 2010, XXI, I.
eroe che mira a scoprire nuovi popoli e paesi lontani. Nonostante questo, egli si muove ancora entro “confini terrestri” e dunque entro un orizzonte terreno. L'orizzonte, invece, in cui si muoverà l'Ulisse dantesco e con lui tutta la cultura cristiano-medievale, è infinitamente più vasto, poiché coinvolge la presenza di Dio: la Trascendenza.