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Conglomerati bituminosi a bassa energia LEA (Lea-Co, France)

Capitolo 7 Tecnologie innovative a tiepido

7.4. Trasformazione del bitume in schiuma

7.4.4. Conglomerati bituminosi a bassa energia LEA (Lea-Co, France)

Lea-Co France e, contestualmente, Lea-Co International, si sono poste l’obiettivo di promuovere e gestire lo sviluppo dei due processi di confezionamento dei conglomerati brevettati EBE® (Enrobé à Basse Énergie) ed EBT® (Enrobé à Basse Temperature),

confezionati a circa 95°C e stesi a 70-90°C, ovvero una nuova generazione di conglomerati che riescono a coniugare al tempo stesso il carattere ecologico del conglomerato a freddo, la diminuzione dell’impatto ambientale lungo tutta la filiera produttiva, e le prestazioni del conglomerato a caldo [46], [4].

I due processi, anche conosciuti come LEA (Low Energy Asphalt), consistono nell’essiccare “parzialmente” lo scheletro granulare, eliminando l’umidità di una parte degli aggregati; successivamente sfruttano l’acqua contenuta in una seconda parte di aggregati, per schiumare il bitume.

Durante il processo LEA, gli aggregati grossolani sono riscaldati approssimativamente fino a 150°C (302°F) e sono successivamente uniti con tutta la quantità di bitume richiesta, alla temperatura di circa 170°C, appropriata per il caso [55].

Viene aggiunta (al bitume) una quantità di additivo indicativa dello 0,5% in peso sul legante, poco prima della fase di miscelazione, che favorisce il rivestimento e la schiumatura. Dopo che gli aggregati grossolani son stati ricoperti, vengono miscelati con aggregati finissimi, umidi e freddi. Idealmente gli aggregati fini dovrebbero

contenere il 3-4% di umidità. Questa umidità si trasforma in vapore e fa in modo che il legante presente sopra gli aggregati si schiumi, aumentando così il suo volume: la durata di questo “stato” è relativamente breve, ma sufficiente ad inglobare anche gli aggregati fini.

Questa fase di vaporizzazione fa sì che la temperatura della miscela finale (in equilibrio) sia inferiore ai 100°C (212°F): l’acqua diventa nuovamente liquida (fase di condensazione), sottoforma di piccole goccioline, e favorisce la lavorabilità della miscela.

La percentuale di sabbia umida può arrivare anche fino al 40% in peso rispetto alla miscela totale e contenere dallo 0 al 100% di RAP [49].

Fig. 7.19: Umidificazione dell’aggregato fine Fig. 7.20: Elevatore freddo della sabbia bagnata

Se l’aggregato fino è troppo secco, può essere addizionata dell’acqua, mentre se è troppo umido, una parte viene convogliata al tamburo essiccatore per essere asciugata insieme agli aggregati grossolani. Il trasporto, come per i conglomerati a caldo, avviene con dei teloni che evitano un abbassamento della temperatura, a causa dell’evaporazione per ventilazione, che ne provocherebbe una diminuzione di lavorabilità. La temperatura di stesa e compattazione è di circa 77°C (170°F), e può essere effettuata con gli stessi macchinari delle tecniche HMA, eccetto per una maggior energia impiegata, che consiste semplicemente in qualche passata supplementare col compattatore. Inoltre, essendo la temperatura di partenza più bassa, il raffreddamento avviene più velocemente, e altrettanto velocemente sono raggiunte le caratteristiche nominali [49]. Gli impianti tradizionali, continui o discontinui, non prevedono particolari modifiche all’impianto, fuorché per un apposito “kit”: sono compresi una tramoggia che permette di misurare la quantità di sabbia umida da introdurre nel miscelatore, un dispositivo per l’aggiunta di acqua alla sabbia (se necessario), ed un sistema di misurazione del bitume

per l’eventuale aggiunta di un tensioattivo.

Negli impianti continui, è anche possibile aggiungere gli aggregati fini attraverso l’anello previsto per l’aggiunta del RAP.

Fig. 7.21: Processo produttivo LEA in impianto

LEA può diminuire le emissioni che provocano l’effetto serra (CO2, N2O, e CH4) fino al

50%.

Seppur questo sistema sia stato usato e perfezionato molto negli ultimi anni, l’idoneità per i paesi nordici è ancora da verificare, essendo stata finora impiegata in località con temperature più elevate.

Fig. 7.22: Il processo LEA

Il processo, schematicamente mostrato nella figura precedente, è il seguente:

I. L’aggregato di progetto viene diviso in due frazioni, una più grossolana e una più fine. La parte più grossolana viene riscaldata fino a 120-150°C circa (20°C

in meno rispetto alle tecniche HMA.

II. Gli aggregati grossolani vengono uniti al legante riscaldato alla temperatura di miscelazione standard, di circa 170°C, finché non si ottiene il totale ricoprimento degli stessi. Poco prima dell’introduzione nell’impianto, un additivo appositamente formulato, è aggiunto al bitume, per mezzo di una pompa volumetrica ad un tasso dello 0,5% in peso sul legante: l’additivo ha lo scopo di regolare la schiumatura del bitume, ma ha anche un effetto antistripping, in funzione della tipologia di aggregati presenti.

III. Gli aggregati, asciugati e riscaldati, sono ricoperti con la quantità totale di legante che deve essere aggiunta alla miscela. La parte grossolana dovrà essere indicativamente del 60% in peso sul totale degli inerti.

IV. Il rimanente 40% degli inerti, costituito da particelle fini e umide a temperatura ambiente, viene introdotto mediante il sistema di alimentazione separato, o l’anello di riciclaggio del RAP, per poi essere successivamente mescolato con gli aggregati grossolani. I fumi vengono allontanati grazie ad un particolare processo brevettato.

V. Quando gli aggregati caldi, ricoperti di bitume, vengono a contatto con i fini umidi, il legante aumenta il suo volume assumendo la consistenza di una schiuma, e inglobando le particelle più piccole; queste ultime si riscaldano a contatto con gli aggregati rivestiti, fino al completamento dell’equilibrio, che avviene ad una temperatura di circa 100°C.

VI. L’umidità residua della miscela, presente sotto forma di piccole goccioline, favorisce la lavorabilità della miscela a basse temperature.

Va sottolineato che il risparmio energetico consentito dal processo, che può arrivare fino al 50%, deriva dal fatto che solo per il rivestimento di una frazione degli aggregati (quella grossolana), sono richieste temperature superiori ai 100°C [49].

L’aspetto superficiale, la macrotessitura e le prestazioni raggiunte dal conglomerato sopra descritto, sono paragonabili a quelle di un conglomerato tradizionale a caldo.