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Il materiale fresato

Nel documento Il riciclaggio delle pavimentazioni stradali (pagine 119-122)

Capitolo 8 Materie prime secondarie per utilizzo stradale

8.4. Materiale recuperato in sito

8.4.1. Il materiale fresato

La manutenzione stradale, ordinaria e straordinaria comporta interventi di minor o maggior entità, al fine di garantire l’integrità delle infrastrutture; in alcuni casi è prevista la rimozione degli strati ammalorati mediante fresatura, con il conseguente accumulo di materiale di risulta, comunemente denominato fresato (o anche conosciuto come

Reclaimed Asphalt Pavement).

Per fresato si intende un materiale solido contenente aggregati lapidei, che presentano una curva granulometrica caratterizzata da un’elevata percentuale di inerti di piccola pezzatura (fini), e bitume invecchiato; esso si ottiene dalla fresatura o frammentazione a blocchi di strati di una pavimentazione ammalorata. Può quindi essere considerato come un materiale inerte bitumato e non consolidato.

Inoltre è bene precisare la differenza tra fresato e RAP: per “fresato” intendiamo il materiale prodotto dalla dismissione con macchine fresatrici a tamburo, preferibilmente a freddo o con un leggero preriscaldamento, tale da non compromettere il legante presente; per “RAP” invece intendiamo il materiale risultante dalla dismissione, con

qualsiasi mezzo, ripper, escavatore o martello demolitore, e successiva frantumazione degli strati bituminosi delle pavimentazioni degradate. Le due differenti modalità di demolizione della sovrastruttura, sono anche citate negli articoli Art. 1.1 e 1.2 delle “NORME TECNICHE D’APPALTO PRESTAZIONALI” (AUTOSTRADE SPA, 2004).

La scelta della successiva destinazione d’uso del fresato, costituito da materiali pregiati, ossia aggregati lapidei e legante bituminoso invecchiato, è una questione di notevole rilevanza della quale si sono occupati per molto tempo i ricercatori e gli operatori del settore stradale. Per questo motivo l’opzione di messa a discarica del conglomerato bituminoso fresato, peraltro caratterizzata dai più elevati costi operativi ed ambientali, viene oggi accantonata a vantaggio di alternative che prevedono il riciclaggio nelle pavimentazioni stradali stesse, dando soluzione ad un problema di “macro-scala”.

Tuttavia in Italia la quantità di materiale fresato riutilizzato è ancora troppo bassa, con una percentuale di reimpiego che si aggira attorno al 15%, rispetto a percentuali molto più elevate di altri paesi Europei, che arrivano addirittura al 100%.

Le tecniche analizzate fin’ora sono il riciclaggio a caldo, a freddo e a tiepido, a seconda delle esigenze che devono essere soddisfatte per ogni singolo caso; certo è che la tendenza degli ultimi decenni è rivolta proprio alla salvaguardia ambientale che si concretizza con il risparmio energetico, l’eliminazione dei fattori inquinanti e la tutela di risorse non rinnovabili; non va però dimenticato che questo tipo di approccio non solo ha dei vantaggi sotto l’aspetto “ecologistico”, ma anche da un punto di vista più “pratico ed economico”, in quanto tende al risparmio sui costi dei materiali, alla riduzione delle apparecchiature, alla diminuzione dei tempi operativi, con conseguente snellimento del traffico: e proprio per questo motivo le miscele a caldo vengono sempre meno preferite.

Difatti nel caso di riciclaggio a caldo, ed in particolare in situ, abbiamo già avuto modo di vedere come le emissioni di fumi nocivi, e l’eccessivo ingombro dei mezzi operativi, ne rendevano impraticabile l’operatività su piccole e medie strade. Col passare del tempo, quindi, sono stati sempre più approfonditi gli studi relativi al riciclaggio a freddo, con emulsioni bituminose o bitume schiumato: ciò è stato possibile grazie alla progettazione di speciali macchine fresatrici-riciclatrici, che non avendo il forno mescolatore, assumevano (ed assumono tutt’oggi) dimensioni notevolmente ridotte, permettendo così un’operatività anche su strade provinciali, comunali, consortili. Il naturale processo evolutivo ha aperto la strada anche alle nuove tecnologie tiepide, che

eliminano la gran parte degli svantaggi delle tecniche a caldo, sia dal punto di vista ambientale che pratico ed economico, ma anche le difficoltà che le tecniche a freddo presentano a causa del ricoprimento non ottimale degli aggregati da parte del legante (difatti le emulsioni non rivestono completamente le pezzature più grossolane, mentre il bitume schiumato è particolarmente efficace solo sulle frazioni fini) e sulla conoscenza dell’effettiva durata delle miscele a lungo termine: le tecnologie tiepide rappresentano dunque un ottimo punto di incontro delle tradizionali tecniche di riciclaggio.

Gli impianti di cui ci si avvale per realizzare conglomerati bituminosi con materiale di recupero, possono essere di tipo fisso o di tipo mobile; nel primo caso, la produzione può essere di tipo continuo o discontinuo, per tutte e tre le tecniche produttive, apportando solo delle piccole modifiche che permettano l’utilizzo del RAP; nel secondo caso invece vengono impiegati dei gruppi di attrezzature semoventi, i cosiddetti “treni”, appositamente progettati per il riciclaggio, che procedono lungo la pavimentazione stradale, eseguendo le operazioni di scarifica, miscelazione e stesa: questa seconda tipologia di impianto è però presente solo per le tecniche a caldo e a freddo, mentre per le tecniche a tiepido dovremo ancora aspettare, e ciò ne determinerà definitivamente la massima efficienza.

Per entrambe le tipologie di impianto (fisso o mobile), ove necessario, la componente lapidea delle miscele riciclate a freddo potrà essere integrata con l’aggiunta di aggregati di primo impiego, detti per l’appunto aggregati di integrazione.

Sulla base di studi preliminari, al momento, ci si può aspettare di procedere alla rigenerazione della pavimentazione non meno di 3-4 volte; a tale riguardo va nuovamente ribadita l’importanza dei materiali costituenti la miscela originaria in quanto dalla loro qualità e quantità, forse più che da quelle dei materiali di aggiunta per la rigenerazione, dipende la possibilità di replicare n volte gli interventi di riciclaggio. Diventa fondamentale il ruolo dei produttori dei materiali di partenza, specialmente del legante, che deve garantire elevate prestazioni nel tempo, soprattutto rispetto al traffico e agli agenti atmosferici; anche gli inerti però devono possedere determinate caratteristiche di qualità per essere riutilizzati, ed in particolare non dovranno produrre troppi fini durante le operazioni di scarifica stradale, specialmente se si tratta di un riciclaggio per strati drenanti fonoassorbenti: in questo caso le tipologie di inerti che meglio resistono sono basaltici e porfirici.

Relativamente al legante, esso viene riutilizzato completamente e addizionata una piccola quantità di bitume nuovo contenente un rigenerante: ne conseguono notevoli

risparmi anche sui prodotti di distillazione petrolifera, sui costi di trasporto e sui combustibili necessari per il confezionamento del conglomerato nuovo; anche i tempi operativi sono notevolmente ridotti e ciò favorisce uno snellimento del traffico sulle strade interessate dagli interventi di manutenzione.

Col tempo infatti il bitume subisce un invecchiamento e quindi una trasformazione chimica che ha inizio già dalle fasi di confezionamento e stesa del conglomerato e prosegue nel tempo in maniera continuativa, a causa del traffico e degli agenti atmosferici, come ad esempio il gelo e la neve.

Il legante risente anche di un invecchiamento fisico, che ha come diretta conseguenza un aumento della viscosità e quindi una maggior fragilità; mediante prove di laboratorio si è constatato col passare del tempo una diminuzione della penetrazione, nonché un aumento della temperatura di Palla Anello (P.A.) [34].

La rigenerazione del bitume è pertanto affidata a due circostanze fondamentali: il bitume nuovo aggiunto al vecchio deve essere ad alta penetrazione, per ovviare all’invecchiamento fisico, ma deve contenere determinate componenti aromatiche perse dal legante originario: ciò è facilmente rilevabile anche dall’analisi chimica effettuata su campioni, realizzata con il metodo delle separazioni nelle frazioni SARA (Saturi, Aromatici, Resine, Asfalteni) dove si nota una discreta diminuzione della percentuale aromatica già nella fase della lavorazione e stesa. Difatti il bitume si distribuisce attorno all’inerte attraverso una pellicola sottile, subendo un riscaldamento localizzato che lo porta a perdere la sua frazione leggera.

Chiaramente nella scelta del nuovo bitume intervengono svariati fattori, tra cui le caratteristiche del bitume di partenza, il trattamento termico subito durante la stesa, la composizione del conglomerato e la sua funzione all’interno del pacchetto stradale, il tempo di invecchiamento, le condizioni climatiche.

In ogni caso i criteri seguiti nella “progettazione” di un intervento di riciclaggio, possono essere diversi a seconda del Capitolato che viene considerato, tra cui i più importanti sono quello dell’ANAS, della Società AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA e del MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), che come avremo modo di vedere in seguito si stanno sempre più avvicinando ad un approccio di tipo “prestazionale”, rispetto al più tradizionale approccio di tipo “prescrizionale”.

Nel documento Il riciclaggio delle pavimentazioni stradali (pagine 119-122)