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coniugium: il sostantivo ha qui il significato generico di “matrimonio”,

Testo e traduzione.

10 coniugium: il sostantivo ha qui il significato generico di “matrimonio”,

come spesso in Virgilio (cfr. Aen. 3, 475; 4, 172), ma ha in più una sottile sfumatura di “unione coniugale”.

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pietate fideque: cfr. CIC. nat. deor. 1, 41, 116 est enim pietas iustitia adversum

deos; inoltre, sul significato di pietas si veda Pétré 1948, p.252: “le mot pietas

a été adopté par la langue chrétienne avec plusieurs sens différents. Difficile à traduire, il exprimait, dans la langue profane, un idéal de fidélité à tous les devoirs: devoirs envers les dieux, la patrie, la famille, les amis. Il avait donc une signification mal définie mais correspondait, dans tous les cas, à una haute valeur morale”. Qui come nel verso, l’espressione viene associata al concetto di fides, formando un’endiadi che nella tradizione classica racchiudeva un concetto molto particolare: l’unione tra la responsabilità politico-sociale e l’impegno morale non solo verso la divinità, ma anche nei confronti del prossimo. La formula ricorre spesso nella poesia e nella prosa: a questo proposito, si vedano LIV. 23, 9, 5 non fides, non religio, non pietas; SEN. Thy. 217 sanctitas pietas fides; LUCAN. 4, 498-499 exhibuit monimenta fides,

servataque ferro/militiae pietas; 5, 297 sic eat, o superi, quando pietasque fidesque; 10, 407 nulla fides pietasque viris; SIL. 9, 437 anteibat Latius, melior pietate fideque.

L’associazione metrica dei due termini in posizione finale di verso è attestata per la prima volta in CIC. carm. frg. 6, 68 rite etiam vestri, quorum pietasque

fidesque, ed è utilizzata spesso nella poesia epica (LUCAN. 5, 297 sic eat, o superi, quando pietasque fidesque; SIL. 9, 437 anteibat Latius, melior pietate fideque); nella letteratura cristiana il suo impiego è episodico, e più che una

vera e propria risemantizzazione il termine sembra aver trovato un reimpiego mantenendo il suo significato classico: cfr. CORIPP. Ioh. 8, 139 sed rerum

memores. Movit pietasque fidesque.

11 lex…amoris: questo verso sottolinea che l’amore coniugale trova la sua più

alta destinazione e il suo scopo più profondo nell’amore di Dio e nell’adempimento della sua legge.

lex divina: nel latino cristiano il termine indica le Sacre Scritture, dunque “la

legge di Dio”: COMM. apol. 30, 230, 311, 313, 375, 540, 579, 698, 706, 956. Come ricorda Van Der Weijden 1967, p.64, l’espressione è equivalente a lex

Dei, nel senso che la legge appartiene a Dio: nella lingua cristiana l’aggettivo divinus è utilizzato in sostituzione del genitivo dei per far riferimento ad azioni,

opere ed attributi di Dio. Esempi di ciò si possono trovare in TERT. paenit. 4, 3; 4, 8; 6, 9; anim. 3, 3; 21, 6; 33, 2; bapt. 2, 1; PRUD. apoth. 32; 252; 568;

ham. 178; 657-658. A questo proposito, si veda anche AUG. enarr. 45, 7 liber tibi sit pagina divina, e civ. 1, 1 providens divina.

meritum: anche questo è un termine tecnico appartenente all’ambito dei

giureconsulti, traducibile con “merito, beneficio”. Cfr. PROSP. epigr. 7, 4

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12 et votum…morte: il verso costituisce l’introduzione ad un nuovo quadro,

che non può in alcun modo essere associato con il precedente in quanto diametralmente opposto: mentre lo scenario pregresso enfatizza l’amore coniugale e la fiducia della coppia nei confronti del Cristianesimo, la nuova immagine proposta dall’anonimo è incentrata sullo spettro della morte, che drammaticamente si staglia sul panorama anticipando la sventurata sorte per uno dei due sposi. Van Der Weijden 1967, p.65: “der Vers bildet die Einleitung der folgenden Erzählung und lässt sich in keiner Weise mit dem vorhergehenden, der zu der ehelichen Liebe und Treue auch das Christentum des Paares hervorhebt, zusammenschkiessen”.

socium: il termine indica il partner in matrimonio, il compagno di vita. In

questo senso si trova spesso associato a tori, come per esempio in OV. met. 14, 678 Vertumnumque tori socium tibi selige.

praecedere morte: la clausola è epicheggiante. Essa è utilizzata in contesti

differenti, ma che sempre preannunciano scenari infelici: nei Metamorphoseon ovidiani, quando Ìnaco scopre con dolore la trasformazione di Io in una bianca giovenca, e spera di spegnere il suo dispiacere con la morte e nella Pharsalia di Lucano, quando Cesare è impegnato nella campagna di Spagna e ragiona sul non uccidere i nemici con una morte vile. Cfr. OV. met. 1, 224 nocte gravem

somno necopina perdere morte; LUCAN. 4, 165 nec liceat pavidis ignava occumbere morte.

13 maerorique…sepulcri: la linea di pensiero qui proposta è già preannunciata

nel verso precedente: entrambi i coniugi desiderano reciprocamente che l'altra persona possa vivere più a lungo.

maerori: è la tristezza provata dal partner sopravvissuto. Scrive Van Der

Weijden 1967, p.66: “dit kan zowel op de man als op de vrouw betrekking hebben. Het hangt er maar van af wie het eerst zou sterven”.

pio: cfr. il commento al v.10 pietate fideque.

mandare sepulcri: un’altra sola attestazione poetica di un nesso simile (pur

tuttavia non essendo identico ed isometrico) è presente in STAT. Ach. 1, 76

litus et Iliaci scopulos habitare sepulcri.

14 sed prior…legit: in questo verso ci troviamo di fronte all’enallage, la figura

retorica che consiste nello scambio di una parte del discorso con un’altra per dare maggiore incisività al dettato. In questo caso, prior viene grammaticamente riferito a pagina e non ad uxorem. Esempi di tale genere si possono ritrovare in VERG. Aen. 6, 884-885: animamque nepotis / his saltem

accumulem donis invece di haec dona accumulem animae nepotis; LUCR. 5,

1205 super stellisque micantibus aethera fixum, dove fixum più che al cielo si riferisce alle stelle, fisse appunto nel firmamento.

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decreti pagina: scrive Van Der Weijden 1967, p.66: “de gedachtengang is de

volgende. Door God is's mensen leven tot in de kleinste bijzonderheden nauwkeurig van te voren bepaald. De dichter stelt zich nu voor, dat de verschillende gebeurtenissen in het leven der mensen chronologisch beschreven zijn in een boek, waarvan telkenseen pagina wordt omgeslagen. Zo ging de bladzijde, waarop de dood van de vrouw vermeld stond, vooraf aan die waarop het sterven van de man geboekstaafd was”.

Qui decretum è sinonimo di fati, dei voluntas, fatum ipsum, proprio come PLIN.

nat. 2, 5, 23 semelque in omnes futuros umquam deo decretum, in reliquum vero otium datum; AUG. civ. 5, 7 ad caeleste negabunt pertinere decretum;

MACR. Sat. 5, 16, 8 soli decreto, quam μοῖρα vocat, omnia regenda committit; COMM. apol. 814 decretoque Dei captivat ex parte subactos.

Il nesso così come appare risulta essere una prima attestazione; in seguito verrà ripresa da Gregorio Magno in epist. 9, 139.

Va infine sottolineato che il termine si ritrova spesso nel linguaggio giuridico, basti pensare alle innumerevoli testimonianze epigrafiche relative ai decreti del senato di Roma e dei senati municipali attestate in tutto il mondo romano: cfr. ULP. 33 ad Sab. D. 24, 1, 32, 24.

15 desolatus: la resa desolutus viene corretta dalla manus tertia, il Morel, in

dissolutus.

Il Fabricius probabilmente non pensava forzare troppo il senso generale del discorso convertendo il desolutus in vir sollicitus (lezione ripresa poi anche dall’Arevalo), una reminiscenza virgiliana: VERG. Aen. 7, 81 at rex sollicitus. La lezione proposta nel testo, desolatus, è accolta da Brandes 1887, p.11, da Van Der Weijden 1967, p.68 e da Salzano 2001, pp.57-58.

cavari: OV. ars 1, 476 dura tamen molli saxa cavantur aqua.