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Capitolo 2 La metodologia e i signifi cati dell’intervento

3.3 Le conseguenze del confl itto

L’esclusione

Come abbiamo già visto nella sequenza 4, il paradigma competitivo può avere come conseguenza la costruzione di un “paradigma di esclusione”, che produce una distinzione tra contributi accettabili ed altri inaccettabili. I confl itti che esclu- dono sono processi comunicativi che producono l’emarginazione di uno o più in- dividui. Riprendendo la teoria degli “identity-based confl icts” di Leo F. Smyth7 i

confl itti che escludono possono essere associati al processo di costruzione di una forma di identità sociale all’interno della classe.

I bambini/preadolescenti hanno osservato azioni o espressioni considerate de- vianti, che hanno prodotto forme di esclusione o di auto-esclusione. Defi nendo un’azione come deviante si fi ssano dei limiti di adeguatezza, che giustifi cano un’esclu- sione o un rifi uto. Gli intervistati ricavano questi limiti soprattutto da standard che reperiscono nei sistemi sociali cui partecipano o rispetto a criteri di “buon senso”:

[FG D] “Oh, Fokir non sa far le foto, è proprio scemo!”.

[FG D] “Non volevamo far scrivere ad Alfredo perché scriveva male”.

[FG C] “Quando giochiamo a pallavolo c’è un mio amico nella mia squadra che mi dice ‘non sai giocare, non sai fare niente’, e a me mi si blocca lo stomaco e dalla paura di non riuscire a prender la palla dopo non riesco a prenderla perché ho paura che lui mi dica che non so giocare e quindi non so più giocare”.

[FG C] “Magari non è che non volevo dare ascolto a lui, solo che diceva delle idee che… che magari non erano tanto adatte”.

[FG H] “No (.) le loro idee erano molto creative (.) va bene che siano creative fi no a un punto”.

[FG E] SERGIO: “Quelle che non c’entravano niente le escludevamo”. OLGA: “Se dicevano delle stupidate noi non le ascoltavamo perché non le volevamo met-

tere nella storia, mettevamo solo quelle più sensate”. RIC: “E come ci rimaneva quello che vedeva la sua idea scartata?”. SERGIO: “Triste”. RIC: “Come stabili- vate qual era sensata? Chi lo stabiliva?”. SERGIO: “Un po’ tutti insieme”.

Questi processi si confi gurano come combinazione di (1) richieste di adegua- mento ad aspettative cognitive e normative e (2) pratiche di esclusione ai danni dei partecipanti che deludono tali aspettative. I processi comunicativi combinano la costruzione di un’identità riconosciuta alla categorizzazione negativa dei parteci- panti i cui contributi sono osservati come inadeguati rispetto a tale identità. Ciò si produce in relazione sia a prestazioni individuali, sia a differenze etnocentriche tra gruppi.

[S6. Eugenia sta rivendicando attraverso un’azione aggressiva il diritto alla par- tecipazione attiva, nel caso specifi co ad incollare una foto sul cartellone del gruppo. L’operatore che ha osservato l’apertura del confl itto, interviene]

Op: [rivolto a Eugenia, che è visibilmente alterata] perché non ti fanno incollare? Iside: ha rovinato la foto!

Op: perché non ti fanno incollare? Iside: perché di colla ce n’è una!

Op: perché di colla ce n’è una? e questo è un motivo secondo te? E secondo te? (..) Marco, secondo te? Allora qual è il motivo, quello che c’è una colla soltanto? ho capito (2) ma lei [Eugenia] quante ne ha incollate?

Iside: una!

Op: una? o zero? questa chi l’ha incollata?

Eugenia: [rispondendo alla domanda al turno 7] nessuna! [indica Iside per spie- gare chi ha incollato la foto in questione]

Op: te? Iside: sì

Iside: tu quale hai incollato? Emma: questa

Op: tu quale? [a Marco] Marco: niente!

Op: quante foto avete? Iside: sette

Op: allora? lei può incollare questa foto? Iside: sì

Op: allora qual è il problema? perché non la fate incollare, perché c’è una colla? Emma: perché non si impegna

Op: non si impegna tanto (quindi) non ha incollato (.) però vuole incollare! perché quindi dici che non si impegna?

Emma: perché intanto prima non ha colorato, [ha rovinato - Iside: [eh: non si impegna

La contrapposizione tra il Noi di competenti per le performance di ruolo ade- guate (Emma e Iside) ed il Lei incompetente (Eugenia) indica una forma di comu- nicazione etnocentrica che assicura il riprodursi dei processi comunicativi all’in- terno della classe ed allo stesso tempo riproduce la categorizzazione di una ragazza come inadeguata, quindi la sua emarginazione, anche al di fuori delle attività edu- cative. Il gruppo, stimolato sistematicamente dall’operatore (turni 1, 3, 5, 6, 7, 9, 11, 15, 19, 21, 23), produce una rifl essione sulle conseguenze di questa forma co- municativa, ma tuttavia conferma l’esclusione di Eugenia, osservata come un peri- colo, rispetto al quale non è possibile fare niente, che ci si deve limitare a mettere sul conto dell’esperienza8.

[S7. L’operatore, prima di riprendere le attività, promuove una rifl essione sul- l’incontro precedente, che fa emergere un confl itto che porta ad esclusione] Op: ecco (ci siamo) (.) voi avete lavorato bene!

Classe: perfetto!

Op: (.) niente discussioni - Gino: beh, un po’ noi - Op: voi (..) molte?

Lara: beh: sì (.) eh, con Roberto in [mezzo -

Gino: [scrivevano anche delle parolacce sul cartellone... Op: ho capito (.) e questo non va bene per voi?

Lara: eh, ha detto la maestra che se la prossima volta lo rifà noi lo dobbiamo sta- nare!

Op: ah, ho [capito -

Ins: [sì (..) una regola della classe, quando si lavora in gruppo, è che se c’è qualcuno che disturba gli altri quel giorno, per quel giorno deve lavorare da solo, capito? Questa è la regola che abbiamo deciso già alla fi ne della seconda: quando si lavora insieme si può discutere ma se il gruppo capisce che una persona fa lo sciocco, a decisione, si decide che (.) uno non ha il diritto di rovinare tutto il lavoro del gruppo!

[S8. Durante la lettura di una storia di gruppo, alcuni bambini danno ripetuti segni di insofferenza nei confronti dell’attività, si apre così un confl itto, nel corso del quale i bambini ricorrono ad azioni violente, sollecitando infi ne un intervento dell’insegnante]

Op: adesso stavo discutendo con questi ragazzi che hanno sempre lavorato in modo esemplare perché hanno discusso con tranquillità, si sono messi d’accordo laddove c’erano delle diffi coltà. Io devo dire che è successo tutto in un attimo (.) per que- sto io inizio a credere che loro hanno ragione a dire che sono stanchi -

Ins: dunque ieri siamo andati in gita e ci siamo molto stancati e stressati -

Op: io volevo parlare di questo a questo punto perché se sono stanchi (..) è inutile che ci stanchiamo di più perché a me dispiace che in una classe dove si è lavorato sempre bene, perché avete fatto dei bellissimi lavori, io vi ho detto che non mi in- teressa se fi nite la storia perché dobbiamo stare bene (.) Allora, io vi credo se mi dite che siete stanchi, perché diffi cilmente si trovano delle persone che scattano da un momento all’altro (.) o succede così di solito?

Ins2: saranno anche stanchi però - Ins: no! (.) se mi [permette - Op: [hanno esagerato! Ins2: [sì!

Ins [rivolta ad op]: [se mi permette, io ho la sensazione che visto che lei non appar- tiene di solito a questo gruppo (.) perché l’insegnante di solito assume un ruolo per cui poco ti puoi permettere di fare lo sciocco, con noi due (.) perché ti conosciamo da vecchia data, e alla fi ne poi stringi stringi (..) con la persona nuova si credono di poter fare il momento di protagonismo perché dicono adesso ti faccio vedere chi sono io, che con me e la G. (altra insegnante) poco si permettono!

Op: ma, forse (.) è anche questo che dice la vostra insegnante ragazzi? Ins: eh: sì

Op: forse è anche questo (.) un po’ dipende dal fatto che sono io qui, o dal fatto che in effetti siete un po’ stanchi e si fa più fatica -

Ins: quello anche, di sicuro, però mi meraviglia (2) Roberto, lo scatto che ha fatto ce l’ha di suo, e questo non mi meraviglia, non mi meraviglia neanche Valeria. Mi sono meravigliata solo di Ugo, perché Ugo di solito non fa queste cose. Locatelli e Santori, di quei due non mi meraviglio perché sono così tutti e due (..) però non vorrei rimanere qua a fare la castigamatti, perché non devo farlo!

Gli insegnanti delle classi nelle sequenze 7 e 8 confermano la categorizzazione negativa di alcuni bambini in base alla loro inadeguatezza di ruolo, che ne legittima l’emarginazione dalle attività, nel corso dell’intervento da parte di bambini con- formi alle aspettative del sistema scolastico. La sequenza 7 evidenzia un’evoluzione normativa di aspettative cognitive tipiche della forma educativa, che nell’esempio in questione riguardano il fatto di imparare a lavorare in gruppo in vista di un obiet- tivo: si tratta di una struttura che si ripete frequentemente. Nella sequenza 8, l’in- segnante attribuisce il confl itto, connotato negativamente, alla sospensione delle aspettative normative prodotta dall’intervento, rispetto alla quale i bambini, osser- vati come non autonomi, non sono preparati.

Il contributo dell’insegnante nel turno 12 appare in contrasto con il suo speci- fi co ruolo di osservatore che si astiene dall’azione nel quadro dell’intervento.

La sequenza 9 presenta diverse componenti che indicano una forma di esclu- sione radicale.

[S9. L’operatore, in apertura al terzo incontro nella classe, avvia la rifl essione sull’intervento precedente; egli ha però notato l’assenza di Oscar che è all’angolo della stanza, in piedi a fi anco dell’insegnante che ne sta esaminando il quaderno]

Op: ma (.) siamo tutti qua?

Toni: no, manca Alle, quello che si depila le gambe! [risate] Luca: no: e lui, e lui [indicano Oscar]

Op: lui non può farlo? Lara: è in punizione

Op: devo capire (.) lui viene? [rivolto all’insegnante]

Ins: lui viene se gli date il permesso; [Oscar va verso i compagni] però: un momento! chiedi a lui il permesso se puoi, chiedi al tuo gruppo, spiega a modo il perché non ci sei!

Oscar [fl ebilmente]: posso venire? Alcuni: [sì!:

Altri: [no!:

Lara: lo sappiamo tutti il perché! Op: eh, io no!

Ins [a Oscar]: spiega a modo il perché

Oscar: [guardando a terra]: perché non ho fatto i compiti Lara: non solo per [questo!

Pia: [perché dai fastidio!

Sara: poi in ricreazione ha picchiato tutti!

Ernesto: l’ultima volta ha scritto sul foglio delle parolacce... (...)

Lara: l’ultima volta ha scritto delle parolacce sul cartellone (..) e non ci ha aiutato a scrivere la storia -

Oscar: [no! la prima volta, la seconda no! Lara: [sì, l’hai fatto!

Op: scusate un [attimo - Lara: [è lui, in pratica

Op: [no “lui” (.) adesso ci mettiamo bene in cerchio, provate a parlarvi Ernesto [rivolto all’operatore]: sono quattro anni che ci proviamo Oscar: eh: cinque o sei! [ride]

Op: no, no (.) non dovete dire le cose a me, parlate con lui, tranquillamente [??]

Op: dài, parlatevi Toni: perché ci picchi? [risate, anche Oscar ride] Nico: è tutta la vita che picchi! Toni: e perché fai sempre lo sciocco? [??]

Sara: perché quando lavoriamo in gruppo non ci aiuti? Oscar: eh: ma: (.) non mi fate fare niente!

Sara: perché te non riesci a lavorare: con (.) serenità, hai [capito? Toni: [eh, mi fa delle smorfi e!

Oscar: gne gne gne!

Pia: [è sempre un gioco

Oscar: eh c***o di giochi volete che faccia! Op: scusa, c’è lei che vuole dirti qualcosa -

Sara: è già quattro anni che cerchiamo [di convincerlo - Ernesto: [quattro anni che lo sopportiamo!

Pia: [mi fai sempre quei gestacci con il dito (.) quando faccio qualcosa, non ti guardo, non ti dico niente, tu fai sempre quei gestacci con il dito!

Ernesto: tu ami prendere in giro, tu sei nato per prendere in giro!

Op: adesso intervengo un attimo e dico: “va beh, abbiamo capito” (..) [a Oscar] hai capito cosa ti dicono?

Oscar: boh

Op: hai capito, no? [Oscar annuisce]

Op: hai capito (..) però loro adesso dovrebbero fare uno sforzo - Alcuni: eeh:?

Sara: è da minimo quattro [anni che - Op: [ho capito (.) [va beh: -

Nico: [ma: (.) non ce la facciamo più!

Toni: ooh: (.) l’abbiamo accettato con la torta e lo mandiamo via, con il carbone nero! nero, nero più della pece!

Oscar [minaccioso, rivolto a Toni]: la mia testa (.) mi dice di ammazzarti! Ernesto: vedi [come fa?

Toni: [eh, vedi come fa? Op: [ma(.) [scusa -

Rajid: [ma: non vedi come ha fatto? Ernesto: e poi (.) lui è lo 0% della classe!

Al turno 54, ad esempio, Toni evidenzia la delusione di aspettative affettive per legittimare l’esclusione di Oscar: il rinvio all’affettività nasconde la natura normativa e cognitiva delle aspettative che Oscar delude, come rivelano, ad esem- pio, i turni 16, 33, 38, 39. Il turno 60 chiarisce come l’esclusione di Oscar faccia parte della cultura della classe: Oscar non solo è minoranza, ma lo “zero per- cento”, cioè nessuno. La sua identità, all’interno della classe, è costruita per con- trasto rispetto al ruolo previsto dalla forma educativa. L’insegnante per parte sua conferma l’etnocentrismo della classe attraverso norme che assegnano ai bambini competenti il ruolo di censori nei confronti di chi rallenta le attività della classe (turni 7, 13)9.

La devianza viene osservata da bambini/preadolescenti primariamente nel si- stema educativo, in base alle richieste di prestazione e valutazione, e viene ripro- dotta nell’attività di gruppo, dove tende ad accompagnarsi a forme gerarchiche, portando alla negazione della diversità e all’esclusione.

[FG D] RICCARDO: “Il mio gruppo ha avuto due discussioni perché non vo- levamo far scrivere ad Alfredo perché scriveva male”. RIC: “E come avete fatto a mettervi d’accordo?”. RICCARDO: “Non l’abbiamo fatto scrivere”. RIC: “E lui era d’accordo?”. RICCARDO: “No”. M: “Poi dopo alla fi ne ha letto la storia”. RIC- CARDO: “Sì, gli abbiamo detto di prendere i colori così intanto lui si distraeva e noi abbiamo fi nito di scrivere la storia”. (Risate). CHIARA: “Secondo me Alfredo che era nel mio gruppo si è sentito un po’ escluso perché le cose che dovevamo de- cidere le decidevamo solo noi 4, io, Giulia, Mauri e Samuele e poi con lui non par- lavamo”. RIC: “E Alfredo c’è qua?”. CHIARA: “No”. RIC: “E secondo te si sen- tiva escluso?”. CHIARA: “Eh un po’ sì, e poi anche per il fatto che non lo facevamo scrivere perché scriveva male”. RIC: “C’è qualcun altro qui del tuo gruppo?”. CHIARA: “Sì, Mauri, Samuele e Giulia”. RIC: “Anche secondo voi Alfredo si sen- tiva escluso?”. RICCARDO: “Sì, fantasma”. RIC: “Voi avete provato a fare qual- cosa?”. MAURI: “Noi volevamo fargli fare delle cose che lui non voleva fare, ad esempio non volevamo che lui scrivesse ma (?) poi dopo lui scrive male”. SARA: “Scrive così (fa l’imitazione di una scrittura molto arrotondata) e poi fa delle lettere grandi così, poi una piccolina così e poi una grande”. CHIARA: “Secondo me Al- fredo non ha avuto lo spazio che abbiamo avuto noi di dire la sua”. RIC: “Perché voi glielo avete impedito? Perché lui non riusciva a prenderselo? Secondo te per- ché?”. CHIARA: “Ma, un po’ tutte e due perché lui lo diceva ma noi la reputavamo sempre una cosa scema, una cosa sciocca e in effetti lo era secondo me”. EMA- NUELE: “Secondo me Chiara ha detto così perché Alfredo anche in classe è sem- pre stato un grande egoista dalla prima”. CHIARA: “Sì, è vero, adesso è vicino a me e voglio assolutamente cambiare posto”. EMANUELE: “Allora quando è vi- cino a qualcuno non lo fa mai parlare, vuol sempre parlare lui poi rompe sempre le merende poi secondo me se lo meritava poco spazio per parlare, vuole sempre par- lare lui!”. CHIARA: “E poi dice cose che non hanno neanche molto senso”.

In questo caso, il confl itto viene osservato come effetto del trattamento della di- versità come devianza, che oppone un individuo al gruppo. Una prima motivazione è data dalla mancata accettazione nel gruppo della diversità espressa da Alfredo, ri- spetto ad un criterio prefi ssato: la devianza rispetto ad un livello defi nito di presta- zione toglie ad Alfredo la possibilità di partecipare all’attività e di prendere parte alle decisioni del gruppo. Su di lui grava però anche il peso di uno stigma: “lui lo diceva ma noi la reputavamo sempre una cosa scema, una cosa sciocca e in effetti lo era secondo me”. La consapevolezza relativa al senso di esclusione provato da Alfredo non impedisce di osservare la legittimità della scelta del gruppo. La dele- gittimazione della partecipazione di Alfredo e la negazione della sua persona rice- vono sostegno in una valutazione negativa che sembra diffi cilmente intaccabile e che si riproduce da tempo: “Alfredo anche in classe è sempre stato un grande egoi- sta dalla prima”. L’egoismo di Alfredo, che viene descritto come attitudine anche prevaricatrice nei confronti dei compagni (“allora quando è vicino a qualcuno non lo fa mai parlare, […] poi rompe sempre le merende”), giustifi ca l’atto di esclusione come reazione inevitabile. Ciò testimonia la diffusione della cultura della prevari-

cazione, che viene osservata come una forma vincolante, che si riproduce attraverso la risposta ad azioni offensive: la reazione difensiva nei confronti della prevarica- zione viene considerata inevitabile, a partire dall’osservazione di un’ingiustizia su- bita, e viene legittimata alla luce di questa inevitabilità. Nonostante condannino le azioni offensive, bambini e preadolescenti fi niscono così per riprodurre forme di negazione della persona, come l’esclusione dal gruppo. La strategia di esclusione innesca poi ulteriori confl itti, riducendo ulteriormente la considerazione per le per- sone.

Il blocco decisionale

I confl itti sono stati spesso associati dai bambini e dai preadolescenti alla diffi - coltà nel procedere con il lavoro, che ha fatto emergere la preoccupazione per la sua conclusione, secondo i criteri di accettabilità decisi nei gruppi ed entro i tempi prestabiliti.

[FG G] F: “Il primo giorno è stato diffi cile. Fabio faceva delle battute più che delle idee e più che altro si rideva”. RIC: “E invece tu, Fabio ti arrabbiavi?”. FA- BIO: “No, io cercavo di fare qualcosa di serio”. […] FABIO: “La seconda [volta] siamo solo riusciti a litigare e a strappare un sacco di fogli”. RIC: “Perché litiga- vate?”. FABIO: “Uno voleva disegnare, uno voleva ritagliare”. [Emerge che i litigi erano tra un bambino (M2) e una bambina (F1)] RIC: “Tu FABIO come ti sei com- portato mentre litigavano?”. F1: “Stava zitto e diceva basta”. FABIO: “Cercavo di lavorare”. RIC: “La seconda volta cosa c’è stato di diverso?”. FABIO: “All’inizio ancora la stessa cosa, poi circa da metà più o meno abbiamo cominciato a lavorare abbastanza bene”.

Il confl itto competitivo può comportare dunque un blocco dell’attività decisio- nale, in conseguenza dell’affermarsi di componenti come la connotazione negativa dell’altro, l’azione aggressiva, il primato dell’azione sull’esperienza altrui nella presa del turno ed il primato della prospettiva dell’attore. Questo blocco viene osservato da terzi, che inutilmente tentano di mettere fi ne al confl itto e richiede dunque un intervento dell’operatore.

Nella sequenza 10, si osserva il blocco delle attività a causa di un disaccordo a proposito della scelta dei personaggi della storia: ciascuna parte è bloccata sulla propria posizione (turni 4, 8, 11, 15, 18, 22) e contestualmente svaluta quella del- l’altra parte (turni 12, 20), impedendo che una decisione venga presa.

[S10. In un gruppo nasce un confl itto tra maschi e femmine, a causa del fatto che le ragazze vorrebbero prendere spunto da una foto in cui compaiono Imen ed Enrico per fare ricoprire ai due il ruolo di genitori nella storia, ma Enrico non vuole entrare come personaggio nella storia]

Enrico: non lo può fare Claudio [il genitore]? Op: spiegatemi cosa sta succedendo

Stefania: lui non vuole fare il papà! Enrico: lo fa Claudio!

Op: allora, spiegatemi bene cosa sta succedendo

Stefania: nella foto sono venuti lei e lui, e non stavamo guardando

Op: vi piace l’idea di fare i genitori, siete tutti dell’idea (.) tutti quanti siete dell’idea che ci vogliono i genitori?

Enrico: no, scordatelo

Op: mi spieghi i motivi? Ascoltatelo. Perché non vuoi farlo, devi dirci il motivo se no loro non capiscono. Vi interessa il motivo per cui lui non vuole fare i genitori? Gruppo: sì

Enrico: non voglio fare i genitori punto eh? Amina [prendendolo in giro]: punto eh? Enrico: se ne può fare un’altra, no?

Imen: e chi la potrebbe fare secondo te la madre? Stefania: no, bisogna usare quella

Amina: basta -