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Capitolo 5 L’intervento di progettazione e partecipazione

5.2 La progettazione per gruppi

La seconda fase del progetto è rappresentata dalla divisione della classe in sot- togruppi, ciascuno dei quali è incaricato di progettare una storia in modo indipen- dente dagli altri. L’operatore svolge in questa fase un compito di coordinamento ed interviene quando ritiene sia necessario stimolare la partecipazione, oppure nei mo- menti in cui viene interpellato direttamente dai gruppi. In generale, in questa fase l’operatore ha un contatto più intenso con i destinatari divisi in gruppi di lavoro, e può intervenire per promuovere la partecipazione di ciascuno.

In questa fase la classe viene suddivisa in sottogruppi composti da 4 o 5 alunni. La divisione della classe in gruppi non è stato il risultato di una negoziazione con la classe stessa, infatti, al fi ne di rendere più rapida l’operazione di divisione in gruppi, l’operatore ha scelto arbitrariamente la composizione di ciascun gruppo. Invece, come si vedrà nella sequenza successiva, si è scelto di lasciare decidere ai ragazzi la disposizione spaziale da assumere per intraprendere i lavori di gruppo.

Nella scelta della disposizione dello spazio si osserva, innanzitutto, un orienta- mento alla promozione dell’autonomia personale. Anche se viene proposta una di- sposizione diversa da quella tradizionale, prima in cerchio, poi in piccoli gruppi di quattro banchi, la proposta non diventa mai un’imposizione, ma in tutti gli inter- venti si chiede ai ragazzi se sono d’accordo di adottare la nuova disposizione. Nella

scelta di come usare lo spazio, così come in tante altre decisioni da prendere, è la- sciata grande autonomia ai destinatari e ampio spazio alle loro preferenze.

[S11]

[Siamo all’inizio del secondo intervento; l’operatore propone ai ragazzi di mettersi in

cerchio per discutere dell’intervento precedente. Tutti si sono spostati in cerchio. Solo Rashid e Kevin sono rimasti al loro posto]

1. Martina [fa un gesto per dire che deve spostarsi]: Rashid - 2. Op: Rashid ti va di andar lì?

3. Rashid: dove?

4. Op: di cambiar posto? 5. Rashid: sì

6. Op: no (..) ti va o non ti va? 7. Rashid: sì:!

8. Op: no no seriamente (..) nel senso che se non ti va puoi star lì - 9. Rashid: no, no non c’è nessun problema -

10. Op: ah va bene (..) tu [rivolto a Kevin] vuoi star lì? 11. Kevin: sì

12 Op: va beh (..) alle volte si può anche rispettare le esigenze di un altro, no? [L’operatore inizia la discussione]

L’operatore agisce soprattutto per rassicurare e confermare le aspettative astratte iniziali. Si osserva inoltre, il tentativo di ricondurre la scelta autonoma dei bambini nell’ambito della partecipazione al progetto: non sedere nel gruppo non signifi ca tirarsi fuori dall’attività, ma partecipare in modo alternativo (turni 8, 12).

Durante i lavori di progettazione l’operatore gira tra i gruppi dedicando ad ognuno qualche minuto per ascoltare l’evoluzione dei loro lavori, fornire suggeri- menti, incentivare la partecipazione nel caso si osservino problemi di esclusione o di espressione. In questa fase l’operatore ha un contatto più intenso con i destina- tari divisi in gruppi di lavoro, e può intervenire per promuovere la partecipazione di ciascun componente del gruppo.

In generale, è possibile affermare che la promozione dei contributi personali dei destinatari ha quasi sempre fatto sì che essi potessero auto-esprimersi e partecipare alla progettazione delle loro storie in modo autonomo e non determinato dall’ope- ratore. Questo funzionamento è evidente nella sequenza 12. Siamo agli inizi del se- condo incontro, i ragazzi si sono appena disposti in cerchio, l’operatore prende la parola.

[S12]

1. Op: va bene, allora (..) ditemi per piacere cosa avete fatto e continuiamo (.) fate da soli (.) e così poi iniziamo (.) io non servo (.) vi raccontate fi n dove siete ar- rivati e poi prendete una decisione su come continuare (.) questo è l’obiettivo (.) io non ci sono, se intervengo, intervengo solo (.) per aiutarvi, ok? Allora ca- pito l’obiettivo? Riassumere e continuare -

[Un attimo di esitazione]

2. Elisa: noi abbiamo fatto una storia usando delle immagini - 3. Beatrice: dopo avevamo deciso di interpretarla (.) con le foto -

4. Elena: intanto ci siamo divisi in gruppi, poi abbiamo fatto le foto e abbiamo scritto tutta la storia

5. Elisa: c’erano delle altre foto, loro le facevano e poi la prossima volta cioè oggi ce le dava -

6. Federico: e adesso dobbiamo trovare una decisione per come continuare - 7. Giovanni [assente la volta prima]: beh abbiamo detto che dobbiamo parlare di

questa storia -

8. Elisa: no, tutte diverse!

9. Beatrice: ogni gruppo aveva delle immagini diverse 10. Elisa: no, tutte uguali

11. Elena: e (.) oggi dovremmo continuare 12. Giovanni: cioè cominciate?

13. Tutti: no, continuare perché alcuni non l’hanno fi nita

14. Federico: poi dobbiamo partecipare anche noi con le foto che ci ha fatto (..) come si chiama? Marco, mi sembra (.) con le foto che ci ha fatto -

Alla sollecitazione iniziale dell’operatore (turno 1), che ridimensiona il proprio ruolo, segue una lunga discussione animata e gestita esclusivamente dai ragazzi. L’intervento dell’operatore è minimo e volto a riprendere le fi la del lavoro per ri- lanciarlo. Allo stesso modo, nelle scuole medie, dove sembrava più diffi cile cattu- rare l’attenzione e arrivare al coinvolgimento personale dei ragazzi, l’operatore ha cercato il più possibile di sollecitare una conversazione dai toni amichevoli con i ra- gazzi. Nella sequenza 13, l’operatore approfi tta degli spunti forniti dalle storie emerse nella prima parte della progettazione per introdurre rifl essioni e racconti personali che ribadiscono il clima di reciprocità che si è andato consolidando.

[S13]

1. Op: secondo me sua mamma l’ha portata via [la protagonista della storia] a fare questa gita e lei voleva rimanere a casa con le sue amiche (.) ti capita?

2. Francesca [ridendo]: sì

3. Op: per esempio io quando porto via mio fi glio con me lui (.) lui non è conten- tissimo -

4. Francesca: dipende da dove mi porta mia madre! 5. Gervaso: se ti porta a prendere le scarpe -

6. Francesca: no, mi annoio!

Una narrazione in prima persona di questo tipo è stata osservata ripetutamente nel corso degli interventi: gli operatori attingono volentieri al loro mondo perso- nale per fare esempi legati al lavoro in classe e favoriscono così l’espressione degli altri partecipanti. In alcuni casi, il riferimento non è solo all’identità personale ma anche a quella culturale di qualche bambino o ragazzo (sequenza 14).

[S14]

1. Op: sei nato qua? E i concerti là li fanno [in Pakistan]? 2. Shadi [cenno d’assenso]

3. Op: e tu sei mai andato a un concerto? 4. Shadi [cenno d’assenso]

5. Op: io di Pakistano ho ascoltato (..) il nome non me lo ricordo, ma c’è un can- tante, un musicista, che è stato scoperto da Peter Gabriel (..) lo conoscete Pe- ter Gabriel?

[Fanno no con la testa]

6. Op: è un cantante che ha fatto il giro del mondo e ha raccolto esperienze mu- sicali da tutto il mondo e poi le ha messe insieme. C’è questo cantante Paki- stano che [??] io ho un disco a casa solo che il nome è diffi cile e non me lo ri- cordo (..) però non fa musica rock fa musica legata alla sua terra (..) tu invece ascolti musica rock?

[Fa sì con la testa]

L’operatore non nasconde la sua incompetenza in materia culturale e interpella Shadi come testimone a cui non è richiesta necessariamente una competenza. In realtà Shadi si limita a rispondere alle domande dell’operatore il quale, però, testi- monia un suo interesse e coinvolgimento per l’espressione del bambino.

In altri casi, questi brevi scambi di informazioni personali permettono di racco- gliere spunti anche per il lavoro che si sta svolgendo.

[S15]

1. Op: io ho un cane a casa che è un po’ un pacioccone, per cui lui non mi ver- rebbe a cercare -

2. Luca: ma neanche il mio! Il mio è un [??] sta sempre a letto!

3. Op: sta sempre disteso? Il mio si sveglia solo quando è ora di andare a fare la passeggiata, allora mi viene lì, mi abbaia (.) il tuo no?

4. Antonio: il mio invece solo quando mi picchiano - 5. Op: si arrabbia?

6 Antonio: quando fan fi nta di picchiarmi (.) salta (.) 7. Op: quindi ti difende? È grande o piccolo?

8. Antonio: piccolo però fa male

9. Antonio: ma tu Marco hai un cane abbastanza grande?

Allo scopo di promuovere l’auto-espressione, poi, in tutti gli interventi, si pone l’accento sulla creatività. In risposta alle continue domande su cosa si può e non si può fare (“possiamo usare tutte le foto?”, “possiamo colorarle?”), gli operatori sot- tolineano che i ragazzi possono fare tutto quello che vogliono e che le regole sono loro a crearle. Nella sequenza 16, l’operatrice ascolta la storia fantasiosa del gruppo senza mai commentare in nessun modo l’adeguatezza dei contenuti rispetto ad uno standard: non c’è alcuna valutazione di tipo educativo.

[S16]

1. Op: fatemi vedere, com’era questa storia, me la raccontate? [Giada racconta la storia]

2. Giada: vedono Sherlock Holmes, il famoso detective, ubriaco più che mai 3. Op: [riferendosi ad una discussione avvenuta precedentemente] quindi è sul de-

tective ubriaco che c’è disaccordo - 4. Tutti: sì:

5. Riccardo: sono io -

6. Op: a te piaceva che fosse ubriaco il detective - 7. Riccardo: sì anche che andava in manicomio -

8. Giada: però alla fi ne io non l’ho fatto andare in manicomio, l’ho fatto svenire 9. Op: l’hai fatto svenire!

10. Giada [continuando a leggere la storia]: sì

11. Op: posso fermarmi un attimo con voi? Allora, in questa storia a me sembra che ci fossero dei punti di vista discordanti sul fatto che Sherlock Holmes fosse ubriaco. E voi come avete fatto per mettervi d’accordo?

12. Ulia: ma niente, loro [i maschi] decidevano tutto quello che dovevamo scrivere poi dopo lei lo ha scritto

13. Op: però in effetti, su questa cosa che Sherlock Holmes era ubriaco non era- vate tutti d’accordo, avevate dei punti di vista diversi (..) [alle femmine] qual era il vostro punto di vista?

14. Giada: io volevo che Sherlock Holmes incontrasse Conan -

15. Fabio: eh, anch’io e che dopo risolvessero insieme i casi più diffi cili - 16. Ulia: incontrano -

17. Riccardo: Shimici, incontrano Conan e Shimici

18. Op: allora come facciamo a trovare una soluzione cha vada bene a tutti a que- sto punto?

19. Ulia: lo modifi chiamo 20. Riccardo: No:!

21. Op: modifi chiamo il brano - 22. Ulia: tipo, ubriaco lo togliamo

23. Op: però lui voleva lasciarlo come facciamo? 24. Riccardo: gli mettiamo solo che va in manicomio - 25. Ulia: mettiamo ubriaco basta che -

26. Giada: ecco, poi non va in manicomio 27. Op: va bene questa soluzione?

28. Riccardo: sì, basta che sia ubriaco!

29. Op: basta che sia ubriaco? A lui piaceva questa cosa. Ma voi la volete anche in- terpretare questa scena e voi [le femmine] non siete d’accordo?

30. Giada: a me va anche bene 31. Ulia: ma sì va bene anche a me

32. Op: va bene questa soluzione? Può andare bene questa mediazione cha ab- biamo fatto?

Di questa sequenza possono essere evidenziati due aspetti fondamentali. Da una parte la totale mancanza di valutazioni e critiche alla proposta dei bambini, dall’al- tra l’azione di coordinamento svolta dall’operatrice. I due aspetti sono strettamente legati tra di loro. L’operatrice invita a ripercorrere non solo la storia, ma anche il processo creativo che l’ha prodotta: in questo modo, diventano visibili i punti di contrasto e le parti che le sostengono (v. anche cap. 6). Sempre in una logica pro- mozionale, l’operatrice insiste sull’importanza di affrontare il disaccordo piuttosto che aggirarlo o intervenire in modo autoritario. Nei turni 14 e 24, l’operatrice ali- menta il dibattito affermando l’importanza di accogliere i pareri di tutti anche se minoritari. Inoltre, si assiste ad una separazione tra le posizioni (le scelte discor- danti sulla sceneggiatura) e gli interessi2 (la volontà di partecipare attivamente al

processo di creazione della storia) che favorisce il ridimensionamento dei primi e il soddisfacimento dei secondi. Si assiste quindi ad un coordinamento dei parteci- panti attraverso l’amplifi cazione delle possibilità di partecipazione.

È proprio questa la funzione più frequentemente svolta dagli operatori. Nei casi in cui un gruppo mostri diffi coltà a lavorare in gruppo, come nella sequenza 17, gli operatori si fanno carico di sostenere e promuovere il dialogo attraverso: a) l’espres- sione del proprio punto di vista; b) la promozione dell’auto-espressione dei desti- natari; c) la conferma, la valorizzazione e la chiarifi cazione dei contributi; d) la con- nessione dei contributi.

[S17]

1. Marta: allora, io scrivo la storia -

2. Emanuela: eh, però dovevamo andare noi in mezzo alla storia! 3. Marta: sì, devo fi nirla, adesso fi nisco la storia.

4. Op: Antonio, ascolta se ti va bene (.) voi potete apportare dei suggerimenti (.) perché mi avevate detto che non vi piaceva che uno solo stesse a fare la storia -

5. Marta: io fi nisco la storia intanto in brutta

6. Emanuela: e ci siamo anche noi in quella storia lì? 7. Marta: sì

8. Emanuela: e viene anche lei [Karin]?

9. Marta: aspetta un attimo (.) io scrivo tutta la storia

10. Emanuela [a Karin]: un attimo (.) tu vuoi entrare nella storia?

11. Karin: sì, ma io volevo dire che mentre noi due disegniamo diamo anche a lei [Marta] le idee -

12. Op: che bella, questa idea è fantastica!

[I componenti del gruppo discutono tra di loro su quali nomi assumere nella storia] 13. Marta: allora, l’idea era (.) io scrivo la storia -

14. Op: hai ascoltato la loro intanto? 15. Marta: sì

2 R. Fischer, W.L. Ury e B. Patton, Getting to Yes, Penguin Books, New York 1991 (ed it. L’arte el negoziato, Mon-

16. Op: e come vi sembra questa idea, a me sembrava anche carina, eh, vi va bene questa cosa? Tu cose ne pensi [Antonio], ti va bene?

17. Antonio: a me sì, va bene

18. Op: Hai un’altra idea al proposito? 19. Antonio: no

20. Op: sentiamo l’idea di Marta

21. Marta: allora, io scrivo la storia in brutta, tutta la fi nisco (..) poi gliela leggo, se va bene anche a loro la fi nisco anche tutta in bella -

22. Op: ma loro dicevano un’altra cosa?

23. Marta: loro (.) aspetta (.) mentre loro disegnano fanno quello che gli pare io fi - nisco la storia, io non voglio suggerimenti perché la scrivo tutta in brutta e dopo gliela leggo -

24. Karin: ma noi ti diamo dei suggerimenti!

25. Op: ma allora, posso dire quello che vedo io? vedo che stai facendo la storia da sola in questo modo, e allora come funziona?

26. Karin: ti va bene così? Che noi mentre disegniamo diamo dei suggerimenti a lei, così facciamo tutti un po’ la storia?

27. Op: questo signifi ca che fate la storia insieme in questo modo? 28. Karin: sì

29. Op: mentre il metodo di Marta, come lo vedi? È un metodo che fai la storia un po’ da sola -

30. Marta: ma si fa anche veloce così

31. Op: eh, però ti ricordi, a noi non interessa neanche fi nirla, a noi interessa che la facciate insieme!

32. Karin: collaborare

33. Op: collaborare. Puoi fare uno sforzo e venirgli incontro, così come loro hanno accettato la tua storia che gli piaceva? Posso dire quello che vedo? Loro hanno accettato la storia e hanno detto che è bella, hai visto, leggendola hanno visto che è bella la tua storia e quindi hanno apprezzato il tuo lavoro, però loro stanno facendo delle proposte per fare un lavoro insieme, anche se è più lento non im- porta, qui nessuno vi dà il voto non vi dovete preoccupare. A me sembra che il loro suggerimento, se non ne avete di altri, sia un bel suggerimento, che la costruite insieme. A te non sembra? Hai un altro suggerimento?

34. Karin: Cos’è che non ti va bene Marta? Devi scrivere tu, noi non dobbiamo scrivere

35. Op: allora, io vi lascio continuare, vi ricordo solo questo, che voi vi dovete preoccupare di fare la storia insieme perché qui non c’è fretta. Non vi dovete preoccupare neanche di fi nirla, solo di farla insieme e magari anche di diver- tirvi. Provate ad andare avanti rispetto al punto dove siete arrivati. Avete già trovato una soluzione siete stati molto bravi, provate a parlarne ancora e a co- struire pian piano, senza preoccuparvi perché avete dimostrato di riuscire ad andare avanti. Io vi lascio perché ho un altro gruppo. Con un piccolo sforzo vedrete che siete bravi e che ce la fate, ok? Buon lavoro a questa équipe della Walt Disney!

Questa sequenza presenta la gran parte degli aspetti promozionali sopra indi- cati. Da una parte l’operatore non rinuncia ad esprimere il proprio parere perso- nale (turni 16, 25, 29, 33) ed invita i bambini a fare la stessa cosa (turni 18, 29, 33), dando valore ed importanza ai contributi che di volta in volta emergono (turni 12, 33, 35). Dall’altra parte, si assiste ad un’opera di rielaborazione e chiarifi ca- zione dei vari contributi (turni 22, 27) e al tentativo di proporre collegamenti e legami tra questi (turni 14, 16, 20, 22). In tal modo, l’operatore promuove dia- logo nel gruppo. Va però notato come la sequenza si chiuda con un appello va- gamente normativo al fi ne di ricomporre le condizioni di lavoro proposte nell’in- tervento (turni 31, 35). Questo scostamento dalla forma di comunicazione fi no a quel punto utilizzata evidenzia la diffi coltà nel creare un accordo. Come nella se- quenza precedente, anche in questa l’operatore si preoccupa di gestire una trat- tativa3 tra i membri del gruppo e cerca di proporre soluzioni alternative e risolu-

tive. Nel momento in cui queste soluzioni non vengono accettate da una delle due parti, il dialogo tende a perdere le sue caratteristiche e a cedere ad una sorta di opera di convincimento. Nel turno 33 si osserva l’evidente sforzo dell’operatore nel “sensibilizzare” il bambino riottoso alle esigenze altrui. Gli aspetti relativi alla gestione del confl itto verranno approfonditi nel capitolo 6, per quanto riguarda invece l’organizzazione e lo svolgimento dell’intervento va di nuovo osservato il ricorrente problema di conciliazione tra le forme e gli obiettivi dell’intervento. Non si tratta di un problema di coerenza, quanto piuttosto di un possibile para- dosso: nel momento in cui si enfatizza la centralità degli obiettivi la comunica- zione prende un’altra forma. Per rimanere all’esempio fornito dall’ultima sequenza, nel momento in cui il coordinamento e la cooperazione vengono presentati come dei valori ai quali attenersi, la comunicazione fatica a mantenere una forma dia- logica. In altri termini, l’operatore fa appello al mantenimento delle “regole del gioco” a fronte della richiesta dei partecipanti di apportare modifi che sostanziali alla progettazione, che a suo modo è anche questo un risultato della promozione della partecipazione. Questo caso è ben chiarito nella sequenza 18.

[S18]

1. Op: voi come avete deciso di lavorare? Volete lavorare ognuno su un singolo personaggio, quindi lui fa il suo, tu fai il tuo -

2. Annina: tutti insieme!

3. Filippo [facendo il verso ad Annina]: tutti insieme!

4. Terenzio: possiamo fare due storie una raccontarla noi e una che la raccontano loro?

5. Elisabetta: possono fare la loro storia e noi facciamo la nostra? 6. Op: no

3 Il termine è utilizzato nel senso in cui la letteratura specialistica internazionale utilizza la categoria del bargaining

vedi a questo proposito, G.R. Shell, Bargaining styles and negotiation: The Thomas-Kilmann Confl ict Mode Instru-

7. Filippo: e ma dai, ma allora! Loro vogliono fare cappuccetto rosso, cappuc- cetto blu, quelle cavolate lì!

8. Op: perché il compito del gioco non è tanto (..) il gioco prevede che lavoriate insieme -

9. Filippo: e va beh, cambiamo le regole - 10. Op: non si può

11. Filippo: ma allora dai...

In questo caso il richiamo alla normatività si fa perentorio: alla richiesta di creare un sottogruppo, l’operatore risponde con un chiaro e inappellabile rifi uto. Ciò rap- presenta una premessa ad un potenziale confl itto tra operatore e bambini, annun- ciato dall’insistenza di Filippo (turno 11). La stessa dinamica può essere osservata nei casi in cui l’operatore osserva un disgregamento del gruppo di lavoro.

[S19]

1. Op: allora voi non siete un gruppo, vi siete sciolti! 2. Valeria [indicando le tre femmine]: siamo un gruppo

3. Op: il gruppo iniziale era questo e doveva rimanere questo! Dai venite qua, trovate una soluzione! Niente? Ho capito.

[Il gruppo si è spaccato in due fazioni, maschi e femmine. L’operatore cerca di ricom-

porlo attraendoli con la possibilità di fare foto di gruppo]

4. Op: questo gruppo, mi sembra che stiate facendo un lavoro molto bello, però rischia di non avere un personaggio diverso che sono io insieme a voi. Perché l’unica possibilità è che facciamo una foto tutti insieme. Niente?

[Valeria fa no con la testa] 5. Isabella: il problema è che - 6. Op: qual è il problema scusa?

7. Isabella: il problema è che abbiamo già fatto una storia - 8. Valeria: loro [i maschi] non ci vengono -

9. Isabella: eh, infatti! Se abbiamo già fatto la storia poi facciamo la foto con loro non c’entra niente...

10. Op: no, potete continuare la storia, la storia non deve essere trasformata. Come mai non c’entrano niente? Possiamo farceli entrare. Entrano dei nuovi perso- naggi, anch’io non c’entro niente fi no adesso. Adesso c’entro. Si può fare una