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Capitolo 2 La metodologia e i signifi cati dell’intervento

3.1 Il signifi cato della diversità

Attraverso questionari e interviste, i bambini e i preadolescenti hanno espresso un signifi cato di diversità soprattutto come opportunità e ricchezza. Tuttavia il tema del valore della diversità viene considerato in modo ambivalente (tab. 1): infatti, come già era accaduto nella prima fase della ricerca2, i due terzi dei bambini e dei

preadolescenti osservano la diversità come a volte positiva ed a volte negativa.

Tab. 1 - Valore della diversità

Totale Elementari Medie Maschi Femmine

A volte positiva a volte negativa 62,4 (128) 65 (104) 53,3 (24) 66,7 (66) 53,7 (51) Positiva 36,1 (74) 33,8 (54) 44,4 (2) 31,3 (31) 46,3 (44) Non risponde 1,5 (3) 1,2 (2) 2,2 (1) 2,0 (2) – Negativa – – – – – Totale 100 (205) 100 (160) 100 (45) 100 (99) 100 (95)

È interessante osservare che, contrariamente a quanto esaminato nella prima parte della ricerca, le femmine si pronunciano in modo decisamente più diffuso a favore del valore positivo della diversità. Viene comunque ampiamente osservata l’esigenza di accettare la diversità in modo generalizzato, anche in questo caso però meno diffusamente dai maschi (tab. 2), il che fa sì che la percentuale sia inferiore rispetto a quanto emerso nella prima parte della ricerca.

1 Federico Farini ha scritto i §§ 3.1, 3.2, 3.3 e 3.5. Giulia Zoboli ha scritto il § 3.4.

2 C. Baraldi e V. Iervese, L’osservazione della diversità, del confl itto e del dialogo, in C. Baraldi (a cura di), Costruire

Tab. 2 - È importante accettare tutti?

Totale Elementari Medie Maschi Femmine

Sì 89,8 (184) 88,7 (142) 93,3 (42) 82,8 (82) 98,9 (94)

No 8,3 (17) 9,4 (15) 4,5 (2) 14,2 (14) –

Non risponde 1,9 (4) 1,9 (3) 2,2 (1) 3,0 (3) 1,1 (1)

Totale 100 (205) 100 (160) 100 (45) 100 (99) 100 (95)

È comunque evidente la discrepanza tra ciò che è ritenuto importante e ciò che è ritenuto possibile: infatti, soltanto i tre quinti dei bambini e dei preadolescenti ri- tengono possibile accettare chiunque, in questo caso con uno scarso divario tra ma- schi e femmine, fatto che fa risaltare maggiormente il gap tra importanza e possibi- lità di accettazione nella prospettiva femminile (tab. 3).

Tab. 3 - È possibile accettare tutti?

Totale Elementari Medie Maschi Femmine

Sì 59,5 (122) 58,1 (93) 64,4 (29) 54,5 (54) 58,9 (56)

No 34,2 (70) 35,6 (57) 28,9 (13) 39,4 (39) 35,8 (34)

Non risponde 6,3 (13) 6,3 (10) 6,7 (3) 6,1 (6) 5,3 (5)

Totale 100 (205) 100 (160) 100 (45) 100 (99) 100 (95)

Diversi bambini si esprimono a favore della riproduzione di una diversità di ge- nere, che emerge prevalentemente come contrapposizione etnocentrica tra gruppi maschili e femminili. Il brano che segue, registrato durante una discussione sul- l’eventuale ripetizione dell’esperienza dell’intervento, riproduce l’ambivalenza tra valore della diversità ed etnocentrismo basato sul genere:

[FG H] MATTEO: “Io cambierei i gruppi perché sicuramente se vado con altre persone le idee sarebbero diverse”. ELEONORA: “Sì non è perché non gli piaceva il mio gruppo, ma cambiare per fare un’altra storia e avere delle nuove idee”. MA- RINA: “Io cambierei persone, io farei, io, Mary, Annika e Eleonora”. ALICE: “E però son tutte femmine”. MARINA: “Eh, oh”. ELEONORA: “Io invece farei un miscu- glio… li sorteggerei come facciamo di solito con la maestra”. FILIPPO: “Io invece farei Matteo, Simone, Paolo e Antonio”. PAOLO: “Facciamo maschi e femmine”. SIMONE: “Tutti maschi”. ELEONORA: “Io invece sceglierei anche i maschi”. ALICE: “Io invece farei io, l’Eleonora, Filippo e Simone… però misto”. ELEO- NORA: “Sì perché se no, tutte femmine, dopo facciamo una storia un po’ troppo femminile, invece con qualche maschio”. ALICE: “Si può inventare di più!”.

Non mancano, dunque, coloro che dichiarano di apprezzare il mescolamento e l’arricchimento delle prospettive: si osserva infatti in modo positivo la diversità nel

gruppo, che rende possibile mettere in comune una pluralità di visioni e di scelte, valorizzando le specifi cità personali a prescindere dalle appartenenze e dalle dina- miche relazionali consolidate (“lavorare in gruppo anche se non ci sono i migliori amici ti diverti di più perché pensi le cose con più persone”):

[FG D] RIC: “Vi è piaciuto lavorare in questo modo?”. VOCI: “Sì, sì”. RIC: “Secondo voi ci sono delle differenze tra come avete lavorato con OP e come lavo- rate di solito in classe normalmente?”. SARA e al.: “Sì”. RIC: “Ad esempio?”. ALES- SIO: “È stato più divertente”. CHIARA: “È stata un’esperienza nuova perché in classe ognuno ha il suo banco invece qui eravamo in gruppo e facevamo delle cose divertenti”. SARA: “Quando lavoriamo da soli, ognuno ha soltanto (.) abbiamo sol- tanto una scelta, mentre quando siamo in gruppo abbiamo tante scelte”. RIC: “In che senso dici questo della scelta?”. SARA: “Non so, ad esempio con i nomi, uno voleva dare OP e uno Matteo, io volevo dare un altro nome, invece quando sei da solo puoi mettere soltanto una scelta, un nome”. RIC: “Quindi ti è piaciuto che ci fossero tante idee a confronto?”. SARA: “Sì”. MAURIZIO: “Poi se sei da solo e devi avere un voto, se sei da solo fai meno cose e anche rischi di sbagliare, fai delle cose che (.) invece se sei in gruppo tipo, tu non hai studiato perché hai fatto lo sciocco allora chiedi agli altri compagni cosa bisognava fare e loro te lo dicono”. RIC: “Quindi secondo te lavorare in gruppo ti dà più possibilità di distrarti o di sbagliare senza che ci siano pericoli, non so di essere sgridato o di non capire”. MAURIZIO: “Poi tipo in gruppo prendi ottimo e da solo prendi insuffi ciente”. VOCI: “Eh (.) adesso!”. NICO: “Quando lavoriamo da soli prendiamo dei voti meno alti perché ci impegniamo di meno perché a lavorar da soli non è che ci si di- verte tanto mentre lavorare in gruppo anche se non ci sono i migliori amici ti di- verti di più perché pensi le cose con più persone, vengono fuori più idee quindi ti diverti di più a scegliere le idee (.) invece lavorar da solo, magari alcune idee non ti vengono (?)”. RIC: “Ma secondo voi in questo lavoro vi davano dei voti alla fi ne?”. VOCI: “No, no”. M: “Secondo me se ci davano i voti dicevamo no”. CHIARA: “Secondo me loro volevano che noi lavoravamo in gruppo”. ARIANNA: “Se si la- vora in gruppo si possono dire le cose che si pensano, se si lavora da soli rimangono dentro”. RIC: “Siete d’accordo con Arianna?”. VOCI: “Sì”. MAURIZIO: “Poi dopo se tu dici una cosa in gruppo e la dici a tutti gli altri poi dopo casomai te la dimentichi gli altri sanno già cos’è e te la possono dire, se sei da solo invece pensi poi te la dimentichi”. RIC: “Può essere la memoria di tutti no? Il gruppo?”. MAU- RIZIO: “Sì però basta che lo dici perché se non lo dici ti scordi”.

Il gruppo è osservato come contesto in cui l’espressione della diversità può es- sere apprezzata in quanto apre ad un confronto e permette di ampliare il ventaglio delle possibilità esistenti, “perché se si lavora in gruppo, si possono dire le cose che si pensano” mentre “se si lavora da soli rimangono dentro”, senza che questo com- porti un annullamento della propria specifi cità personale. Il gruppo è un contesto comunicativo alternativo ad un’educazione fondata sulla competizione e sulla prio- rità delle prestazioni individuali. La collaborazione di gruppo comporta tre van-

taggi, che evidenziano ancora l’ambivalenza tra valore della diversità e valore della condivisione: 1) incrementa le possibilità di produrre conoscenza (“se sei da solo fai meno cose”; “invece lavorar da solo, magari alcune idee non ti vengono”); 2) preserva dai rischi di una prestazione deviante (“e anche rischi di sbagliare”); 3) permette di creare una memoria comune (“se tu dici una cosa in gruppo […] dopo casomai te la dimentichi gli altri sanno già cos’è e te la possono dire”).