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2. La teoria e la pratica dell’ACB

2.3 Le conseguenze della disoccupazione e le politiche attive del lavoro

un benessere più basso sia per le persone che per le loro famiglie e per le loro comunità. Il disoccupato di lungo periodo tende a guadagnare meno anche quando trova un nuovo lavoro; tende ad avere una salute peggiore e figli con risultati scolastici peggiori. Le comunità con un'alta quota di disoccupati di lungo periodo tendono ad avere tassi di criminalità più elevati. Da qui i tentativi di misurare gli effetti e il costo della disoccupazione, specie di lungo termine, e la scelta di politiche attive per contrastarla.

55-66 1.160 0.013 13.5

65 o più 1.072 0.015 4.84

ND 1.048 0.013 3.72

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15 Dal paragrafo precedente rileviamo che un’analisi ACB che abbia come gruppo di riferimento i disoccupati o gli inoccupati deve essere capace di calcolare i benefici del contrasto alla disoccupazione non limitandosi ai prezzi di mercato, ma considerando anche i benefici indiretti per la comunità. Ma sappiamo anche che misurare gli effetti sociali della disoccupazione non è facile, poiché i disoccupati possono avere caratteristiche che contribuiscono alla loro disoccupazione; cioè la disoccupazione può essere associata alla povertà ma non è detto che ne sia la causa, quanto piuttosto un fenomeno risultante da un effetto di segmentazione. Un altro fattore complicante è l'ampiezza con cui l'associazione tra povertà e disoccupazione di lungo termine è radicata: dipende dall’involontaria perdita del lavoro di per sé o dalla quantità di tempo spesa per cercare un lavoro? Infine i problemi di salute, di gestione della famiglia e i risultati scolastici dei figli potrebbero essere influenzati dalla perdita di reddito associata alla disoccupazione e isolare gli effetti di reddito da quelli diretti della disoccupazione è difficile.

Dagli studi condotti in questo campo possiamo trarre indicazioni utili per l’ACB di queste politiche? Su questi aspetti fanno il punto una recente rassegna dell’Urban Institute di Washington3 e un recente articolo di World Bank che commenta altre ricerche recenti negli USA, in America Latina e in Europa4. La disoccupazione di lungo termine può influire sulla vita degli individui, delle famiglie e delle comunità anzitutto in modo diretto. Lontano dal lavoro la professionalità si riduce col passare del tempo, il che comporta che il disoccupato guadagnerà meno qualora riesca a trovare un nuovo lavoro.

L'assenza dal lavoro inoltre riduce il capitale sociale, la rete di contatti che rende più facile trovare un nuovo e buon lavoro, al punto che la disoccupazione può diventare uno stigma sociale. La gente infatti tende a pensare che se non lavori è colpa tua. Infine l'ansia dovuta allo stato di disoccupazione può influenzare la salute fisica e mentale, le dinamiche familiari e il benessere dei figli.

La disoccupazione di lungo termine può anche influenzare indirettamente i risultati. Durante la disoccupazione, il reddito della famiglia diminuisce e questo riduce la quantità e la qualità di beni e servizi che la famiglia può acquistare. I programmi di trasferimento fiscale possono aiutare a mitigare quelle

3 Urban Institute, “Consequences of Long-Term Unemployment”, Washington. 2013.

4 NBER Working Paper 20748. 2014. “Unemployment and Health Behaviors over the Business Cycle. A Longitudinal View.”

NBER Working Paper 19287. 2013. “Recessions, Healthy no More?.”

BMJ. 2013. “Impact of 2008 global economic crisis on suicide: time trend study in 54 countries.”

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16 conseguenze. Ma se la disoccupazione è una condizione condivisa in una determinata area, l'intera comunità può soffrire per l'aumento della domanda di servizi pubblici e la diminuzione della base fiscale, il che riduce la qualità delle scuole e dei servizi pubblici.

Identificare i meccanismi attraverso cui la disoccupazione agisce sugli individui, le famiglie e le comunità è complicato dal fatto che durante le recessioni la perdita di lavoro e i lunghi periodi di disoccupazione non sono eventi casuali: i lavoratori con caratteristiche meno vantaggiose tendono a rimanere fuori dal lavoro o sperimentano risultati peggiori nella nuova occupazione. Se questo effetto di selezione è importante, le differenze osservate tra disoccupati non sono date solo dalla durata del periodo.

Lo studio evidenzia i ragionevoli legami teorici che connettono la durata della disoccupazione al peggioramento dei risultati.

Anzitutto la diminuzione del reddito e quindi del consumo. Nei paesi anglofoni durante la recessione il reddito delle famiglie cade del 40% e più per la maggior parte dei disoccupati di lungo periodo. Nel 2011 i lavoratori disoccupati di lungo termine avevano doppia probabilità di essere poveri rispetto ai disoccupati con meno di sei mesi, e almeno quattro volte rispetto agli occupati. Le famiglie con un lavoratore disoccupato hanno consumi più bassi del 16% dopo sei mesi di disoccupazione e del 24% se il disoccupato è l'unico che lavora. I consumi calano meno del reddito in parte grazie a prestiti, al ricorso ai risparmi o al mancato pagamento delle rate del mutuo o dell'affitto. In secondo luogo, è ben documentato un effetto negativo sui salari successivi al periodo di disoccupazione. Il disoccupato che trova un nuovo lavoro guadagna dal 5 al 15%

in meno di un lavoratore dalle stesse caratteristiche che non ha perso il lavoro.

Non c'è grande differenza etnica o di genere. I lavoratori spiazzati dalle crisi industriali nei primi anni ‘80 soffrirono di una diminuzione del 30% dei loro salari, anche 15 -20 anni dopo le ristrutturazioni. Il salario di riserva – il livello minimo che un lavoratore è disposto ad accettare in cambio del lavoro - diminuisce nel tempo al crescere del bisogno dei lavoratori.

In terzo luogo, c’è differenza tra selezione (segmentazione) e screening. Col termine “selezione” ci si riferisce a differenze esistenti tra i lavoratori che perdono il loro lavoro, mentre col termine “screening” ci si riferisce agli imprenditori che osservano il disoccupato e da questo inducono che si tratta di un lavoratore meno produttivo. La selezione non riflette impatto causale mentre lo screening sì. Si dimostra anche che l'aumento della durata della

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17 disoccupazione causato da cambiamenti dell'indennità di disoccupazione abbassa l'offerta salariale degli imprenditori, ma non influisce sul salario di riserva dei lavoratori.

In quarto luogo, vi è il problema della diminuzione del capitale umano e del capitale sociale. La diminuzione dei salari non è dovuta solo a selezione o a screening, ma anche a perdite reali di produttività dovute al deprezzamento del capitale umano o sociale, specialmente se il mercato del lavoro si muove velocemente rispetto al tipo di lavori perduti. Purtroppo le ricerche che misurano il deprezzamento del capitale umano usano i salari come misura;

cosicché non si può distinguere tra l'effetto del capitale umano e gli altri fattori che influenzano i salari. Un anno fuori dal lavoro è associato ad una diminuzione di cinque punti percentuali della professionalità rispetto a chi continua a lavorare, ma questa stima non è molto robusta. C’è anche poca evidenza circa la perdita di capitale sociale. I programmi di formazione professionale hanno risultati misti sul fatto che l'addestramento sia strumento sufficiente per crescere i salari di occupazione. I programmi di occupazione sovvenzionata paiono funzionare meglio.

Per quanto riguarda l’impatto sulla salute mentale e fisica, le perdite di salute sono più grandi per coloro che sono già più cagionevoli. Non c'è grande evidenza di deterioramento della salute durante un periodo di disoccupazione se un disoccupato fa più esercizio, fuma e beve meno, perde peso. Invece le conseguenze sulla mortalità tra i colpiti da ristrutturazione aziendale sono forti e vanno dal 50 al 100% di aumento dei tassi di morte nell'anno che segue la ristrutturazione e dal 10 al 15% nei 20 anni successivi. Per un quarantenne ciò implica una diminuzione dell'aspettativa di vita da un anno a un anno e mezzo. In generale sembra che questo impatto sia dovuto alla diminuzione del reddito più che a un diretto impatto sulla salute, per cui il legame tra reddito e salute non è nettamente causale. Anche se l’impatto del reddito è sensibile: il lavoratore disoccupato rinuncia a visite e a cure diventate costose. Insomma in questo campo i risultati sono contrastanti: in alcuni casi la disoccupazione è correlata positivamente col benessere, in altri pare che la disoccupazione di lunga durata aumenti il tasso di suicidi, l'alcolismo e la malattia mentale. Teoricamente i legami sono chiari: al crescere delle difficoltà economiche l’incidenza dei disordini da ansietà aumenta e l'individuo precipita nella gerarchia sociale. Ma l'evidenza empirica con la salute mentale non è chiara.

Infine, l’impatto sulle comunità. Alti tassi di disoccupazione possono devastare le comunità locali, dato che la prospettiva di un reddito ridotto per tutta la vita

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18 induce a cambiamenti di comportamento e altera le relazioni sociali, poiché si vive in un ambiente popolato da altri disoccupati. Aumentano l'uso della pubblica assistenza e il tasso di criminalità. Oltre all'adozione di comportamenti che mettono a rischio la salute e la riduzione di investimenti in abitazioni, la disoccupazione di lungo periodo può indurre anche a cercare lavoro nel settore illegale.

In conclusione le ricerche mostrano che la perdita del lavoro può condurre a una perdita del reddito nel breve termine, a salari durevolmente più bassi e ad una salute mentale e fisica peggiore che comporta tassi di mortalità più elevati.

Inoltre la perdita di lavoro ostacola i progressi dei figli nell'istruzione. Il legame tra durata della disoccupazione e le conseguenze peggiori è più tenue. Salari e redditi più bassi sono associati con un lungo periodo di disoccupazione ma le ragioni della diminuzione dei guadagni non è chiara. C'è bisogno di distinguere tra spiegazioni in contrasto tra loro e in particolare si deve identificare più chiaramente se è la selezione-segmentazione o lo screening dell’imprenditore che è responsabile della diminuzione del salario di riserva e del capitale umano.