Gianpasquale Preite
3. Consenso informato e privacy
Il principio del cosiddetto “consenso informato” nasce nell’ambito di una rinnovata cultura sociale sul modo di intendere il rapporto medico paziente, la stessa che ha influenzato anche la
10 In argomento si veda U. Izzo, Medicina e diritto nell’era digitale: i problemi giuridici della cybermedicina, cit.
11 Cfr. K.W. Goodman, Etica, informatica e medicina, Roma, Pensiero Scientifico, 1999, pp. 143 ss.; F. Trimarchi, Il camice
giurisprudenza, che ha prima recepito e poi ritenuto fondamentale l’obbligatorietà del consenso informato. Non è un caso che un crescente numero di ammalati abbia fatto valere giudizialmente la (presunta) colpa professionale del medico, fondata in molti casi sull’imprudenza e negligenza nel formulare la diagnosi o sul mancato approfondimento degli accertamenti diagnostici, oltre che sulla mancata informazione e acquisizione del consenso, incrementando notevolmente il contenzioso su tale delicata materia. Il consenso informato rappresenta, infatti, il diritto del paziente di scegliere, accettare o anche rifiutare i trattamenti (diagnostici-terapeutici) che gli vengono proposti, dopo essere stato pienamente informato (salvo sua esplicita rinuncia) sulla diagnosi e il decorso previsto della malattia, sulle alternative terapeutiche (incluso il loro rifiuto), sulle loro conseguenze. La questione, tuttavia, si rende complessa quando si analizzano gli effetti della telemedicina sul consenso informato, i quali si estendono anche alla possibilità che il paziente riceva una prestazione derivante dall’apporto conoscitivo di altri medici per via telematica. Occorre chiedersi, infatti, se ed in che misura la telematica possa essere chiamata a migliorare i processi cognitivi attraverso cui il paziente riceve l’informazione esplicativa oggetto del consenso informato.
Negli Stati Uniti sono già da tempo commercializzati sistemi di divulgazione su supporti informatici, che possono essere consegnati dal medico al paziente per agevolare l’apprendimento dei contenuti delle informazioni che accompagnano quest’ultimo verso la scelta di sottoporsi ad una data procedura terapeutica o diagnostica. Questi sistemi guidano il paziente alla comprensione dell’informazione ricevuta, e ne misurano l’effettivo grado attraverso griglie di test, il supporto informatico documenta alla fine del percorso gli esiti del processo cognitivo seguito dal paziente. La tecnologia digitale, inoltre, prospetta la possibilità di implementare nuovi strumenti idonei a tutelare l’autodeterminazione del paziente, si può già oggi ipotizzare che l’implementazione delle carte sanitarie digitali possa fornire a chiunque la possibilità di rendere conoscibili le proprie determinazioni in ordine agli scenari terapeutici conseguenti ad un evento improvviso, con un margine di certezza e sicurezza, nonché con una versatilità funzionale al contesto critico nel quale tali determinazioni devono essere rese conoscibili ai sanitari, del tutto ignota ai tradizionali documenti cartacei.
Con riferimento al consenso informato l’impiego delle ICT rappresenta la possibilità di offrire risposte al problema dell’incerta ripartizione dell’onere di provare in giudizio se (ed in che modo) il consenso informato sia stato effettivamente prestato. Sullo sfondo della questione si colloca l’antinomia tra un’impostazione penalistica che finisce per addossare l’onere della prova al medico convenuto12, e una impostazione contrattualistica che approda a conclusioni opposte, aprendo al
paziente l’esperienza difficile della prova di un fatto negativo affidata alle escussioni testimoniali. A questo problema la prassi ospedaliera ha reagito pragmaticamente, eleggendo a norma l’impiego di moduli informativi accomunati dal fatto di rivolgersi alla firma del paziente nella forma immutabile di un prestampato. L’informatica, di contro agevola la condivisione decisionale fra medico e paziente nell’avvio di una cura o di un atto diagnostico invasivo, decisione che può istituzionalizzarsi ad un livello diverso da quello entro cui oggi sembra collocarsi, per effetto di una prassi che si affida ciecamente al valore legale di una firma. Informare un paziente è compito
12 U. Nannini, Il consenso al trattamento medico, Milano, Giuffrè, 1989, p. 74; cfr. inoltre P.G. Monateri, La
oneroso nella medicina moderna, che non può essere ridotto alla esclusiva premura di premunitosi di firme liberatorie, piuttosto è necessario istituzionalizzare il momento della comunicazione medico- paziente, assegnando al compito relazionale ed informativo del medico un valore economico che prenda atto del costo professionale associato alla necessità di trasmettere l’informazione al paziente nei termini onnicomprensivi tratteggiati dall’evoluzione giurisprudenziale.
Il principio della centralità della persona costituisce uno dei cardini dell’ordinamento costituzionale italiano ed il diritto alla salute ne realizza un elemento caratterizzante. La centralità della persona nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale si estrinseca in una serie di diritti fondamentali esercitabili da parte dei singoli utenti. Tradizionalmente, la medicina ed il diritto tutelano la salute dell’individuo da prospettive diverse e non di rado confliggenti. Il progresso tecnologico, nell’estendere il grado di efficacia e di sofisticazione dell’intervento medico, ha progressivamente innalzato le aspettative sociali che l’individuo rivolge alla medicina, con l’effetto di assoggettare l’esercizio di tutte le attività che interagiscono con la salute individuale e collettiva ad un’esigenza di controllo giuridico sempre più penetrante. La pervasività di questo controllo appare oggi direttamenteproporzionale al modo in cui l’innovazione tecnologica influisce sull’esercizio e sulle modalità di erogazione delle attività dirette a salvaguardare la salute.
Come accade in ogni settore della società, anche in medicina la digitalizzazione delle informazioni sta rendendo possibili nuove forme di interazioni (di tipo culturale, professionale, organizzativo e sociale) in una dimensione che si proietta ontologicamente ben al di là dei singoli contesti nazionali. L’avvento della telemedicina, ovvero della pratica di erogare la medicina a distanza, così come il trasferimento di informazioni digitalizzate reso possibile dalle reti telematiche, è forse il fenomeno più immediatamente evidente di questo nuovo scenario. Accanto ad esso si sviluppano, tuttavia, nuovi fenomeni sociali legati agli inediti processi di condivisione e fruizione delle informazioni mediche (o comunque inerenti la salute) concessi dal web13. Non è difficile
individuare il nesso che lega l’insieme di questi fenomeni cioè dell’informazione, come “bene” che tradizionalmente assume un ruolo di assoluto rilievo nell’esplicarsi di tutte le attività volte a ristabilire la salute. La trasformazione dell’informazione medica in dato sanitario affida agli operatori della sanità un compito importante e funzionale alla garanzia dei diritti del paziente, il rispetto della privacy, diritto che ha mutato profondamente la tradizionale impostazione incentrata sul valore etico (ancor prima che giuridico) del segreto.
Il nuovo valore sociale e giuridico dei dati personali è evidenziato nell’espressione “idonei a rivelare lo stato di salute” , in specie si evidenzia che il sintagma «dato sensibile» è entrato nel linguaggio comune unitamente al complesso di adempimenti e cautele previste dal sistema normativo che presidiano la riservatezza dei dati, ma che collidono con le esigenze legate alla funzione scientifica e professionale dell’informazione medica.
L’aggregazione e la standardizzazione delle informazioni sanitarie personali concessa dalla tecnologia digitale conferisce a queste informazioni un valore non solo scientifico, ma anche, economico del tutto inedito14, dando luogo alla necessità di garantire effettività ad un regime
13 U. Izzo, Medicina e diritto nell’era digitale: i problemi giuridici della cybermedicina, cit., p. 807.
14 Ibidem; cfr. inoltre S. Rodotà Le informazioni geniche, in Aa. Vv., Società dell’informazione, tutela della riservatezza, Milano,
Giuffrè, 1998, p. 73; A. Santosuosso, La genetica: problemi di legittimazione medica e di controllo sociale, in A. Santosuosso, M. Barni (a cura di), Medicina e diritto. Prospettive e responsabilità della professione medica oggi, Milano, Giuffrè, 1995, pp. 327 e ss.
giuridico a geometria variabile, che non può permettersi di intralciare lo sfruttamento di queste informazioni a fini scientifici e terapeutici, ma deve reprimerne ogni altro impiego che non rispetti il doppio livello di controllo (basato sul consenso scritto del titolare e sull’autorizzazione del Garante) cui è subordinata la circolazione dei dati sensibili . E se è vero che l’effettività di una disciplina giuridica è funzione della sua idoneità a prestarsi ad un’implementazione che non ingessi la prassi quotidiana (determinando la sua sistematica disapplicazione ovvero la sua applicazione ad un livello meramente formale), vi è motivo di credere che negli anni a venire il successo della tutela giuridica dei dati sensibili dipenderà in larga misura dal modo in cui la stessa tecnologia saprà interpretare (e rendere agevolmente azionabili nella prassi quotidiana) i criteri di controllo giuridico sui dati personali sanitari portati in esponente dalla Legge n. 675/96 e codificati con la successiva adozione del Codice in materia di protezione dei dati personali, D. lgs n. 196/2003. I problemi innescati dalla digitalizzazione dell’informazione sanitaria, con riferimento alla creazione di standards documentali elettronici atti a soddisfare le esigenze certificative tradizionalmente assolte in formato cartaceo dai documenti sanitari tipizzati dalla legge, come la cartella clinica, il referto o la scheda di dimissione ospedaliera, sono oggi al centro di un’intensa azione legislativa (si pensi allo statuto giuridico del documento informatico, formulato dalla Legge n. 59/97 ed alla disciplina delle carte sanitarie elettroniche art. 6 del D. lgs. 30 luglio 1999, n. 282), che ha però fin qui omesso di definire i parametri di standardizzazione tecnica necessari a far sì che la documentazione digitale sanitaria sia uniformemente condivisibile su tutto il territorio nazionale, con notevoli problemi nascenti dal mancato coordinamento delle regioni e delle provincie autonome incaricate di implementare sul piano gestionale le innovazioni riconosciute dalla legislazione nazionale. Il problema di fondo, in ogni caso, resta quello di coniugare la necessità di garantire un livello di sicurezza che tenga conto del moltiplicarsi dei rischi di divulgazione sottesi alla natura digitale dell’informazione con la formulazione di standard di natura tecnica atti a vestire di realizzabilità ed effettività il potere di controllare la circolazione dei dati personali di natura sanitaria, riconosciuta ai soggetti titolari dalla Legge 675/96. Non va poi dimenticato che il principale fenomeno connesso agli sviluppi applicativi della telemedicina, ovvero la circolazione su scala mondiale dei dati sanitari legati all’esigenza di cura del soggetto che ne è titolare, suscita oggi notevoli incognite alla luce dell’art. 28 della legge sul trattamento dei dati personali. Il divieto di trasferire dati in uno stato di transito o destinazione che non preveda un livello di tutela della riservatezza dei dati delle persone equivalente a quello assicurato dall’ordinamento italiano parrebbe oggi inibire il trasferimento di dati sanitari in un ordinamento, come per esempio quello statunitense, che ancora dibatte sull’opportunità di dotarsi di un sistema normativo federale che esprima un livello di garanzia di riservatezzadei dati paragonabile a quello adottato negli ordinamenti dei quindici in base alla normativa uniforme.
Un problema di rilievo nella gestione di dati sanitari, e delle relative cartelle cliniche (anche elettroniche), è strettamente legato all’esercizio del diritto di accesso ai dati, alle informazioni e ai documenti da parte di soggetti terzi nel caso in cui il paziente sia deceduto15.
Il Codice per la protezione dei dati personali affronta il problema sotto un duplice aspetto. L’art. 9, comma 3, del Codice riconosce tale diritto, a prescindere dallo status di erede, a “chi ha un interesse
proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione”. Caso distinto è invece quello disciplinato dall’art. 92, comma 2, del Codice, di richiesta di presa visione o di rilascio copia della cartella clinica, e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera, di persone decedute da parte di persone diverse dall’interessato o comunque diverse dal soggetto che si trovi nella particolare situazione legittimante (art. 9, comma 3). A tal proposito, il Garante ha chiarito le peculiarità e le differenze tra le due norme in una serie di provvedimenti. Nel caso dell’art. 9, comma 3, l’interessato ha il diritto di accedere ai dati personali riguardanti il defunto senza dover fornire giustificazioni documentali della necessità di ottenere tali informazioni; nel caso dell’art. 92, comma 2, invece, la richiesta deve essere giustificata dalla documentata necessità di tutelare una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile16. Il Garante ha
anche precisato che nell’ipotesi prevista dall’art. 9, comma 3, tale diritto di accesso ai dati personali conservati dal titolare del trattamento consente all’interessato di ottenere, ai sensi dell’art. 10 del Codice, la sola comunicazione in forma intelligibile dei dati personali effettivamente detenuti, estrapolati dai documenti o dagli altri supporti che li contengono ovvero, quando l’estrazione dei dati risulti particolarmente difficoltosa secondo una valutazione che pertiene al titolare medesimo, la consegna in copia dei documenti, con l’omissione di tutto ciò che non costituisce dato personale dell’interessato (art. 10, commi 4 e 5, del Codice).
Da quanto detto, si evince come la diversità tra le due forme di accesso sia non solo nei loro presupposti ma anche nel risultato che può essere ottenuto dal richiedente: nel caso dell’art. 9, comma 3, quest’ultimo può ottenere un’estrazione in “forma intelligibile” dei dati contenuti nella cartella clinica, ma non necessariamente copia della cartella clinica richiesta; mentre nella fattispecie di cui all’art. 92, comma 2, al richiedente è permessa la presa visione o il rilascio di copia della cartella e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera17. Tale prospettiva pone in
evidenza come il diritto alla riservatezza appartenga alla categoria dei diritti della personalità, tradizionalmente configurati come inalienabili, intrasmissibili e imprescrittibili, per tale ragione il diritto alla riservatezza si estingue con la morte del titolare.
16 Cfr. Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 6 del 12 gennaio 2012. 17 Ivi, p. 332.
Riferimenti bibliografici
- Aydin C.E., Occupational Adaptation to Computerized Medical Information Systems, in «Journal of Health & Social Behavior», 163-79, 1989.
- Bin R. ., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Torino, Giappichelli, 2011.
- Buccoliero L., Caccia C., Nasi G., eHealth: percorsi di implementazione dei sistemi informativi in sanità, Milano, Mc Graw Hill, 2005.
- Fiori A., Bottone E., D’Alessandro E., Medicina legale della responsabilità medica, Milano, Giuffrè, 1999.
- Frosini V., Contributi ad un diritto dell’informazione, Napoli, Liguori, 1991. - Goodman K.W., Etica, informatica e medicina, Roma, Pensiero Scientifico, 1999.
- Izzo U., Medicina e diritto nell’era digitale: i problemi giuridici della cybermedicina, in «Danno e responsabilità», 2000, 8-9.
- Mancarella M., eHealth e diritti. L’apporto dell’Informatica giuridica, Carocci, Roma, 2013.
- Monateri P.G., La responsabilità civile, in R. Sacco (a cura di), Trattato di diritto civile, UTET, Torino, 1998.
- Nannini U., Il consenso al trattamento medico, Milano, Giuffrè, 1989. - Pavani G., Concetto e ambito dei nuovi diritti, in www.filodiritto.com.
- Preite G., Il riconoscimento biometrico: sicurezza versus privacy, Trento, UNIService, 2007.
- Rodotà S., Le informazioni geniche, in Aa. Vv., Società dell’informazione, tutela della riservatezza, Milano, Giuffrè, 1998.
- Santosuosso A., La genetica: problemi di legittimazione medica e di controllo sociale, in Id. (a cura di),
Medicina e diritto. Prospettive e responsabilità della professione medica oggi, Milano, Giuffrè, 1995.
- Trimarchi F., Il camice strappato. «Sostanze e accidenti» nella medicina clinica, Cosenza, Rubbettino, 2003.
Rivista elettronica di Diritto, Economia, Management N. 3 - 2014 • pp. 117-130